Consiglio di Stato
Sezione VI
Sentenza 27 giugno 2025, n. 5569
Presidente: Montedoro - Estensore: Ponte
FATTO
Con il primo degli appelli in esame la società Espansione s.r.l. - quale soggetto espressamente individuato dall'odierna appellata tra i controinteressati destinatari della notifica per pubblici proclami autorizzata dal giudice di prime cure - impugnava la sentenza n. 14139 del 2023 del T.A.R. Lazio, recante parziale accoglimento dell'originario gravame. Quest'ultimo era stato proposto dalla odierna parte appellata, Canale 7 s.r.l., al fine di ottenere l'annullamento del decreto 0061059.14 ottobre 2019 a firma del Direttore generale del Ministero dello sviluppo economico, Direzione generale per i servizi di comunicazione elettronica e di radiodiffusione e postali, Divisione V - Emittenza radiotelevisiva. Contributi, mediante il quale sono approvati la graduatoria definitiva delle domande ammesse al contributo per l'anno 2018 delle emittenti televisive a carattere commerciale e l'elenco degli importi dei contributi spettanti ai relativi soggetti beneficiari, ai sensi del comma 6 dell'art. 5 del d.P.R. 146/2017, come riportati negli allegati A e B, nella parte in cui alla ricorrente è stato attribuito un punteggio di 960,676 inferiore a quello dovuto risultando collocata in posizione n. 102.
All'esito del giudizio di primo grado il T.A.R. accoglieva la censura concernente il c.d. scalino preferenziale.
In particolare, il T.A.R., sul presupposto che le sentenze del Consiglio di Stato n. 7878, 7880 e 7881 del 2022, e in particolare la sentenza n. 7880 del 2022, abbiano già dichiarato "(con forza di giudicato) illegittimità del testo regolamentare, relativamente alla previsione, di cui all'art. 6, comma 2, del D.P.R. n. 146/2017", ha parzialmente accolto il ricorso di primo grado ritenendo, che: "va dichiarato improcedibile, in parte qua, il gravame, nella parte in cui vengono gravate le disposizioni dello stesso Decreto, già annullate con sentenza della Sezione VI del Consiglio di Stato, n. 7880 del 2022 (riguardanti il c.d. "scalino differenziale"); e vanno accolte le censure - fondate su fonte normativa in parte qua illegittima - avverso il gravato Decreto mise.AOO_COM.REGISTRO UFFICIALE.Int.0061059.14-10-2019, mediante il quale sono approvati la graduatoria definitiva delle domande ammesse al contributo per l'anno 2018 delle emittenti televisive a carattere commerciale e l'elenco degli importi dei contributi spettanti ai relativi soggetti beneficiari". Per l'effetto di queste statuizione il T.A.R., inoltre, ha da ultimo osservato "che la valenza conformativa promanante dalla presente pronunzia, sulla base di quanto - ancora una volta - precisato dal Giudice d'appello con la più volte citata sentenza n. 7880 del 2022, imporrà all'Amministrazione la rideterminazione, in favore dei concorrenti già graduati, dei contributi dovuti per l'anno 2018, con destinazione del 100% dello stanziamento annuale in favore della totalità di essi e conseguente liquidazione del contributo, a ciascuno di essi spettante, in proporzione del rispettivo punteggio per come riportato nella graduatoria approvata (conseguentemente, senza applicazione dello scalino preferenziale, già annullato con forza di giudicato con la citata sentenza del Consiglio di Stato) e tenendo esclusivamente conto dei punteggi assegnati in sede amministrativa, in applicazione dei criteri selettivi di cui allo stesso D.P.R.".
Nel ricostruire in fatto e nei documenti la vicenda, parte appellante censurava la sentenza impugnata deducendo i seguenti motivi di appello:
- "Error in iudicando. Violazione degli artt. 4-bis, comma 1, del d.l. n. 91 del 2018, inserito in sede di conversione dall'art. 1, comma 1, della l. n. 108 del 2018, 13, comma 1-bis, del d.l. n. 145 del 2023, inserito in sede di conversione 11 dalla l. n. 191 del 2023, e 12 delle disposizioni preliminari al Codice civile. Intervenuto conferimento della forza di legge alle norme del Regolamento";
- "Error in iudicando. Violazione degli artt. 4-bis, comma 1, del d.l. n. 91 del 2018 e 2909 c.c. Errata interpretazione dell'efficacia del giudicato della sentenza di codesto Ecc.mo Consiglio di Stato n. 7880 del 2022, che va limitata agli anni 2016 e 2017";
- "Error in iudicando. Violazione degli artt. 1, comma 163, l. n. 208 del 2015 e 4-bis, comma 1, del d.l. n. 91 del 2018. Sulla piena conformità dell'art. 6, comma 2 del Regolamento al principio del pluralismo informativo".
Chiedeva altresì l'autorizzazione alla integrazione del contraddittorio, mediante notifica per pubblici proclami nei confronti di tutte le altre emittenti inserite nella graduatoria per l'erogazione dei contributi relativi all'anno 2018, aventi potenziale qualità di soggetti controinteressati (e, quindi, di parti necessarie del giudizio).
La parte appellata originaria ricorrente si costituiva in giudizio chiedendo il rigetto dell'appello.
Alla pubblica udienza del 19 giugno 2025 la causa passava in decisione.
Con il secondo degli appelli in esame, il Ministero odierno appellante impugnava la medesima sentenza del T.A.R. Lazio predetta, deducendo i seguenti motivi di appello: violazione e falsa applicazione dell'art. 4-bis del d.l. n. 81/2018 conv. con l. n. 108/2018 nonché dell'art. 13, comma 1-bis, d.l. 145/2023, conv. in l. n. 191/2023.
Si costituiva in giudizio la sola parte originaria ricorrente, chiedendo il rigetto dell'appello.
Con ordinanza n. 1620 del 2024 la domanda cautelare veniva respinta in pendenza dei giudizi di costituzionalità avviati rispetto ad analoghi contenziosi.
Alla pubblica udienza del 19 giugno 2025 la causa passava in decisione.
DIRITTO
1. Preliminarmente, va disposta la riunione degli appelli in esame ex art. 96 c.p.a., in quanto proposti avverso la medesima sentenza.
2. A fronte dell'esito del giudizio di costituzionalità sollevato in analoghi contenziosi, l'appello è prima facie fondato, con conseguente applicazione degli artt. 74 e 49 comma 2 c.p.a.; a quest'ultimo proposito, infatti, l'infondatezza degli originari gravami - da cui la fondatezza dell'appello - impone l'applicazione del principio generale per cui "il giudice non dispone l'integrazione del contraddittorio nei ... casi in cui il ricorso sia manifestamente irricevibile, inammissibile, improcedibile o infondato".
2.1. Inoltre, va considerato come, secondo la condivisibile giurisprudenza amministrativa, "l'appello proposto da uno solo dei soccombenti, sia esso l'Amministrazione o uno dei controinteressati, non deve essere notificato alle altre parti che rivestono la medesima posizione processuale di cointeressati al gravame e che, pertanto, non sono parti necessarie nel giudizio di secondo grado" (C.d.S., Sez. IV, 16 gennaio 2019, n. 400). La corretta esegesi della previsione di cui all'art. 95 c.p.a. postula, infatti, la necessità di distinguere il soggetto controinteressato all'impugnazione (cui spetta la notificazione del gravame) da quello soltanto cointeressato alla lite (cui non spetta la detta notificazione); in quest'ultimo caso, infatti, non sussiste l'interesse a contraddire in ordine al gravame, essendo la posizione processuale rivestita da tale soggetto, rispetto alla sentenza gravata, di sostanziale omogeneità (C.d.S., Sez. V, 20 dicembre 2013, n. 6136; 7 luglio 2015, n. 3342; Sez. VI, 24 novembre 2022, n. 9032).
2.2. L'integrazione del contraddittorio non si impone neppure nei confronti dei soggetti collocati nelle posizioni della graduatoria successive al numero 100. Infatti, tali soggetti devono considerarsi, propriamente, come dei meri cointeressati alla domanda originaria, e, come tali, legittimati ad un mero intervento nel giudizio instaurato da tale operatore ma, altresì, onerati di proporre autonome impugnazioni della graduatoria del 2018. Deve, quindi, escludersi che gli stessi siano parti necessarie di questo giudizio (C.d.S., Sez. VI, 15 ottobre 2023, n. 1580), neppure qualora destinatari della notifica del ricorso di primo grado (C.d.S., Sez. II, 4 agosto 2022, n. 6829).
3. Procedendo, quindi, ad esaminare il merito dei ricorsi in appello, il Collegio osserva come la questione logico-giuridica preliminare riguardi la portata dell'intervento di legificazione di cui all'art. 4-bis del d.l. n. 91/2018, e, in particolare, se tale intervento si sia realizzato fin dall'entrata in vigore di tale disposizione (come evidenziato da Espansione e dal Ministero) o, al contrario, solo a partire dal 2019 (come ritenuto dal T.A.R.). Da tale questione discendono rilevanti conseguenze considerato che: i) affermare che la legificazione sia avvenuta a partire dal 2018 e riguardi, quindi, anche la procedura oggetto di giudizio, comporterebbe l'impossibilità per il Collegio di sindacare le disposizioni di cui al d.P.R. n. 146/2017, soggette, esclusivamente, al sindacato della Corte costituzionale, che, sul punto, si è, però già espressa nella sentenza n. 44/2025, decidendo alcune questioni rimesse proprio dalla Sezione; ii) affermare, invece, che la legificazione sia avvenuta solo a partire dall'annualità 2019 comporterebbe la persistenza del sindacato giurisdizionale di questo Giudice, al pari di quanto accaduto per le annualità 2016 e 2017, oggetto delle sentenze n. 7878, n. 7880 e n. 7881 del 2022, di questo Consiglio di Stato.
3.1. La questione indicata deve risolversi alla luce delle statuizioni contenute nella sentenza n. 44/2025 della Corte costituzionale. In tale sentenza la Corte ha chiarito, in primo luogo, che: i) l'art. 4-bis, con il richiamo al d.P.R. n. 146 del 2017, ha operato una legificazione delle norme regolamentari da esso recate, effettuando un rinvio di carattere recettizio, che opera una novazione della fonte, elevando la norma richiamata al rango primario; ii) il carattere recettizio del rinvio in esame discende dal dato testuale atteso che il legislatore non si è limitato a indicare il d.P.R. n. 146 del 2017 come fonte competente a regolare la materia, ma ha utilizzato la "tanto peculiare quanto pregnante locuzione" «da intendersi qui integralmente riportato»; iii) tale interpretazione della volontà legislativa risponde ad una basilare esigenza di linearità delle fonti e di coerenza dell'ordinamento, considerato che l'art. 4-bis ha modificato una specifica norma del regolamento (l'art. 4, comma 2, ultimo periodo, del d.P.R. n. 146 del 2017), tramite l'aggiunta di alcune parole («mentre per le domande inerenti all'anno 2019 si prende in considerazione il numero medio di dipendenti occupati nell'esercizio precedente, fermo restando che il presente requisito dovrà essere posseduto anche all'atto della presentazione della domanda»); iv) il legislatore è quindi intervenuto, con una fonte primaria, su una fonte secondaria e, ove le disposizioni contenute nella fonte secondaria non fossero state elevate al rango legislativo, l'interprete si sarebbe trovato al cospetto di un "ircocervo giuridico", ossia di un testo regolamentare recante, all'interno di una sua disposizione, un "frammento" normativo primario; v) non conduce a una diversa conclusione il rilievo operato dalle ordinanze della Sezione nel rimettere la questione in Corte costituzionale [secondo cui «perché sia possibile configurare un rinvio recettizio (superando la presunzione favorevole al rinvio formale), occorre che il richiamo sia indirizzato a norme determinate ed esattamente individuate dalla stessa norma che lo effettua» (sentenza n. 311 del 1993; nello stesso senso, sentenza n. 250 del 2014)], in quanto "il rinvio integrale a uno specifico regolamento è, infatti, un rinvio a tutte, nessuna esclusa, le norme in esso contenute".
3.2. Appurato, quindi, che l'intero regolamento è stato legificato, va chiarita la portata degli effetti temporali della legificazione. Sul punto deve osservarsi come la sentenza n. 44/2025 della Corte costituzionale abbia osservato come la circostanza che l'art. 4-bis avesse modificato il regime transitorio dei criteri di ammissione a contribuzione delle emittenti radiofoniche incidendo sul solo anno 2019 aveva ingenerato il dubbio, nella giurisprudenza amministrativa, che anche l'assunzione del valore e della forza di legge da parte delle norme recate dal d.P.R. n. 146 del 2017 fosse stata voluta dal legislatore per il solo anno in questione e non a regime.
La Corte ha, quindi, richiamato le tesi espresse dal T.A.R. per il Lazio e in particolare: i) le sentenze oggetto dei giudizi di appello in cui la Sezione aveva sollevato le questioni di legittimità costituzionale poi decise da tale sentenza, secondo le quali la legificazione sarebbe stata effettuata limitatamente all'anno 2019; ii) la sentenza n. 9966 del 2023 del T.A.R. per il Lazio, secondo la quale la legificazione sarebbe stata tout court. La Corte ha, poi, osservato come la sentenza della Sezione n. 7880 del 2022, nell'affrontare l'argomento in un lungo ed articolato obiter dictum, avesse ravvisato la sussistenza una «legificazione pro futuro» (quindi priva di effetti retroattivi), "oscillando, però, tra la sua delimitazione all'anno 2019 e la sua configurazione come disciplina stabile".
Secondo la Corte costituzionale, quest'ultima opzione ermeneutica è preferibile in quanto: i) il rinvio al d.P.R. n. 146 del 2017 è contenuto in un inciso distante dalla parte della disposizione che opera la modifica del regime transitorio relativo al ricordato criterio di ammissione e non connotato dalla stessa sua perimetrazione temporale; ii) il conferimento del valore e della forza di legge alle norme regolamentari, per quanto occasionato dalla cennata modifica del regime transitorio dei criteri di ammissione relativi alle emittenti radiofoniche locali, risponde anche alla volontà del legislatore, chiaramente desumibile dai lavori preparatori, di "sbloccare" i fondi per quelle televisive, facendo assurgere al livello legislativo i «criteri meritocratici» posti dalla fonte regolamentare per la concessione dei contributi (così, nella seduta del Senato della Repubblica del 3 agosto 2018); iii) tale integrale legificazione risulta "più rispondente alla ricordata basilare esigenza di linearità delle fonti e di coerenza dell'ordinamento, che impone di guardare con sfavore ad un'opzione ermeneutica che assegni al medesimo precetto una forza ed un valore più volte cangianti nel tempo".
3.3. Secondo la Corte costituzionale la legificazione del d.P.R. n. 146/2017 è stata, quindi, integrale (ricomprendendo l'insieme delle regole ivi contenute) e ha prodotto i propri effetti dalla data di entrata in vigore della previsione di cui all'art. 4-bis del d.l. n. 91 del 2018 (22 settembre 2018; data di entrata in vigore della legge di conversione n. 108/2018, a cui si deve l'inserimento della disposizione nell'ordinamento). Di conseguenza, il provvedimento di approvazione della graduatoria del 14 ottobre 2019 (impugnato nel presente giudizio), nel dare applicazione al meccanismo del c.d. scalino preferenziale, risulta pienamente conforme a disposizioni che hanno assunto rango primario, e, come tali, non sono sindacabili da parte di questo Giudice, ma solo dalla stessa Corte costituzionale. Alla luce della sentenza della Corte costituzionale, vengono, quindi, meno i due tasselli logico-giuridici su cui si è fondata la pronuncia di primo grado, considerato che: i) la legificazione ha interessato anche l'annualità 2018, diversamente da quanto affermato dal T.A.R.; ii) non è neppure predicabile un'illegittimità degli atti applicativi per l'invalidità del d.P.R. n. 146/2017 sancita dalle sentenze n. 7878, 7880 e 7881 del 2022 della Sezione, in quanto "il giudicato in questione non può che coprire l'illegittimità della norma regolamentare sino alla sua avvenuta legificazione ad opera dell'art. 4-bis del d.l. n. 91 del 2018, come convertito" (punto 7.3 del "Considerato in diritto").
3.4. Ciò rende, quindi, infondati i motivi del ricorso introduttivo articolati in parte qua dall'odierna parte appellata (stante la già decretata aderenza dei provvedimenti impugnati a regole di rango primario), facendo divenire rilevanti le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 4-bis del d.l. n. 91 del 2018, formulate in via di subordine. Questioni divenute sì rilevanti, ma, comunque, manifestamente infondate alla luce della sentenza n. 44 del 2025 della Corte costituzionale, che ha infatti: i) escluso la violazione dell'art. 77 della Costituzione (v. punti 9.4.1-9.4.2 del "Considerato in diritto"); ii) escluso la violazione degli artt. 3, 24, 103 e 111, commi primo e secondo, e 113 della Costituzione (v. punto 10.3 del "Considerato in diritto"); iii) escluso la violazione degli artt. 3, 111, commi primo e secondo, e 117, primo comma, della Costituzione, quest'ultimo in relazione all'art. 6 della C.E.D.U., (v. punti 11.2 e 11.3.2-11.3.3 del "Considerato in diritto"); iv) escluso la violazione degli artt. 2, 3, 21, 41 e 117, primo comma, della Costituzione, quest'ultimo in relazione agli artt. 10 e 14 della C.E.D.U., con argomentazioni che rendono manifestamente infondate anche le questioni relative alla lesione delle autonomie, ritenendo la Corte conforme a Costituzione un meccanismo integralmente disciplinato dalla norma statale, che mira, inoltre, a "superare la logica del mero sostentamento delle numerose emittenti televisivi locali" (punti 12.3-12.4 del "Considerato in diritto").
4. Alla luce delle considerazioni svolte i ricorsi in appello devono essere accolti e, per l'effetto, in parziale riforma della sentenza appellata, deve essere integralmente respinto il ricorso introduttivo del giudizio di primo grado. Le questioni esaminate esauriscono la disamina dei motivi, essendo stati toccati tutti gli aspetti rilevanti a norma dell'art. 112 c.p.c., in aderenza al principio sostanziale di corrispondenza tra il chiesto e pronunciato (cfr., ex plurimis, C.d.S., Sez. VI, 2 settembre 2021, n. 6209; 13 settembre 2022, n. 7949), con la conseguenza che gli argomenti di doglianza non espressamente esaminati sono stati dal Collegio ritenuti non rilevanti ai fini della decisione e, comunque, inidonei a supportare una conclusione di tipo diverso.
5. Le spese del doppio grado di giudizio possono essere compensate tra le parti attesa la complessità della questione, che ha richiesto l'intervento della Corte costituzionale.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sugli appelli, come in epigrafe proposti, li accoglie e per l'effetto, in riforma della sentenza impugnata, respinge il ricorso di primo grado.
Spese del doppio grado di giudizio compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Note
La presente decisione ha per oggetto TAR Lazio, sez. IV, sent. n. 14139/2023.