Corte costituzionale
Sentenza 21 luglio 2025, n. 114
Presidente: Amoroso - Redattore: Buscema
[...] nei giudizi di legittimità costituzionale dell'art. 5, commi 1 e 2, del decreto-legge 7 giugno 2024, n. 73 (Misure urgenti per la riduzione dei tempi delle liste di attesa delle prestazioni sanitarie), convertito, con modificazioni, nella legge 29 luglio 2024, n. 107, promossi dalla Regione Toscana, con ricorso notificato il 25 settembre 2024, depositato in cancelleria in pari data, e dalla Regione Campania, con ricorso notificato il 30 settembre 2024, depositato in cancelleria il 1° ottobre 2024, iscritti rispettivamente ai numeri 35 e 36 del registro ricorsi 2024 e pubblicati nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica, numeri 42 e 43, prima serie speciale, dell'anno 2024.
Visti gli atti di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nell'udienza pubblica dell'11 giugno 2025 il Giudice relatore Angelo Buscema;
uditi gli avvocati Marcello Cecchetti per la Regione Toscana, Almerina Bove per la Regione Campania e l'avvocato dello Stato Giacomo Aiello per il Presidente del Consiglio dei ministri;
deliberato nella camera di consiglio del 11 giugno 2025.
RITENUTO IN FATTO
1.- La Regione Toscana, con ricorso iscritto al n. 35 reg. ric. del 2024, depositato in data 25 settembre 2024, ha promosso questioni di legittimità costituzionale dell'art. 5, comma 2, secondo periodo, del decreto-legge 7 giugno 2024, n. 73 (Misure urgenti per la riduzione dei tempi delle liste di attesa delle prestazioni sanitarie), convertito, con modificazioni, nella legge 29 luglio 2024, n. 107 - laddove dispone che i piani dei fabbisogni triennali per il Servizio sanitario regionale (SSR) predisposti dalle regioni sono approvati con decreto del Ministro della salute, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze - per violazione degli artt. 32, 117, commi terzo e quarto, 118 e 119 della Costituzione.
1.1.- La disposizione impugnata violerebbe innanzitutto l'art. 117, commi terzo e quarto, Cost. in quanto, nel prevedere l'approvazione dei piani triennali dei fabbisogni del personale del Servizio sanitario regionale da parte del Ministro della salute, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, afferirebbe ad aspetti pubblicistico-organizzativi riconducibili sia alla materia dell'organizzazione regionale, rientrante tra le competenze legislative residuali delle regioni ai sensi dell'art. 117, quarto comma, Cost., in quanto l'organizzazione del SSR sarebbe parte essenziale del sistema regionale, sia alla materia di competenza legislativa concorrente della tutela della salute di cui all'art. 117, terzo comma, Cost.
Ad avviso della ricorrente, le decisioni relative al numero e alla tipologia del personale sanitario da assumere per l'efficiente erogazione dei servizi sanitari atterrebbero all'organizzazione del servizio sanitario, e quindi alla materia della tutela della salute. Infatti, il piano triennale dei fabbisogni di personale, richiamato dall'art. 5 del d.l. n. 73 del 2024, come convertito, previsto e disciplinato dall'art. 6 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (Norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche), rappresenterebbe per l'ente il quadro generale delle esigenze di personale nel triennio di riferimento e costituirebbe un adempimento obbligatorio e preliminare all'avvio di tutte le procedure di reclutamento di personale per garantire la piena funzionalità dei servizi, coerentemente con l'attività di programmazione generale dell'ente, nel rispetto dei vincoli finanziari.
La disposizione impugnata, che attribuisce all'amministrazione statale il compito di approvare i piani di fabbisogno di personale sanitario regionale determinerebbe un'interferenza nelle scelte organizzative delle regioni condizionando l'efficacia del piano stesso.
1.2.- La disposizione in esame violerebbe il medesimo art. 117, commi terzo e quarto, unitamente all'art. 118 Cost.
Ritiene la ricorrente che la lesione delle competenze regionali in materia di organizzazione (art. 117, quarto comma, Cost.) e di tutela della salute (art. 117, terzo comma, Cost.), non potrebbe ritenersi superata dalla previsione dell'intesa per l'adozione del decreto ministeriale di approvazione dei piani dei fabbisogni del personale.
Ciò in quanto la predisposizione e l'approvazione dei piani in questione rientrerebbero nell'alveo dell'autonomia organizzativa della Regione, attenendo a profili pubblicistico-organizzativi del lavoro pubblico nonché, per il personale sanitario, nella materia della tutela della salute, essendo la Regione responsabile dell'organizzazione del SSR.
Neppure, ad avviso della Regione Toscana, potrebbe ritenersi sussistente il presupposto giuridico che legittima la chiamata in sussidiarietà: in base alla giurisprudenza costituzionale, la deroga al riparto delle competenze, ai fini dell'allocazione di competenze amministrative a livello statale, è ammissibile soltanto ove ricorrano i presupposti per il loro esercizio unitario e, più specificamente, laddove la valutazione di tale interesse unitario sia proporzionata, non risulti affetta da irragionevolezza e sia oggetto di un accordo con la regione interessata.
Nel caso in esame, la finalità della disposizione impugnata non sottenderebbe un'esigenza di esercizio unitario, a livello statale, delle funzioni assegnate le quali, peraltro, sarebbero individuate in modo generico, a prescindere da qualsiasi valutazione sulla adeguatezza del livello territoriale di governo coinvolto, sulla base di una valutazione aprioristica e presuntiva del tutto insufficiente a rendere legittima la chiamata in sussidiarietà, con conseguente violazione dell'art. 118 Cost.
1.3.- La medesima disposizione violerebbe altresì l'art. 119 Cost.
Assume la ricorrente che, pur a voler ritenere che essa possa essere ricondotta alla competenza statale in materia di principi fondamentali per il «coordinamento della finanza pubblica» - in quanto il potere ministeriale sarebbe finalizzato al riscontro di congruità finanziaria - la disposizione impugnata sarebbe comunque costituzionalmente illegittima in quanto non conterrebbe norme di principio, ma una norma di dettaglio che toglierebbe alle regioni il potere di approvare i piani di fabbisogni del personale, attribuendolo al Ministro della salute, di concerto con quello dell'economia e delle finanze, determinando così un vincolo all'autonomia organizzativa della Regione e una indebita ingerenza nell'autonomia finanziaria regionale, in violazione dell'art. 119 Cost.
1.4.- Infine, l'art. 5, comma 2, secondo periodo, del d.l. n. 73 del 2024, come convertito, violerebbe l'art. 32 Cost., unitamente all'art. 117, terzo comma, Cost.
Lamenta la ricorrente che la disposizione impugnata non avrebbe stabilito iter e tempi per l'approvazione dei piani di fabbisogno di personale da parte del Ministro della salute e del Ministro dell'economia e delle finanze e ciò impedirebbe agli enti e alle aziende del SSR di disporre le assunzioni del personale necessario a garantire l'erogazione delle prestazioni sanitarie e il soddisfacimento dei livelli essenziali di assistenza (LEA).
Da ciò discenderebbero la violazione delle competenze legislative regionali in materia di tutela della salute e la lesione del diritto alla salute consacrato nell'art. 32 Cost.
1.5.- In data 19 maggio 2025 la Regione Toscana ha depositato una memoria con la quale ha richiamato integralmente tutte le argomentazioni già esposte nel ricorso introduttivo del giudizio, ribadendo che le censure riguardano il procedimento amministrativo, non rispettoso delle competenze regionali in materia di tutela della salute e di organizzazione del Sistema sanitario regionale in quanto l'approvazione del piano dei fabbisogni sanitari costituirebbe un atto di controllo su un documento di programmazione regionale; controllo che, ad avviso della ricorrente, si porrebbe in contrasto con gli artt. 117, commi terzo e quarto, e 118 Cost.
2.- Con ricorso iscritto al n. 36 reg. ric. del 2024, depositato in data 1° ottobre 2024, la Regione Campania ha promosso questioni di legittimità costituzionale dell'art. 5, commi 1 e 2, del d.l. n. 73 del 2024, come convertito.
2.1.- La Regione impugna innanzitutto il primo periodo del comma 2 dell'art. 5 del citato decreto-legge, ritenendolo lesivo della sfera di attribuzioni regionali presidiata dagli artt. 3, 5, 32, 97, 117 e 119 Cost., laddove prevede che «[a] decorrere dall'anno 2025, ai fini della determinazione della spesa per il personale delle aziende e degli enti del SSN delle regioni, nell'ambito del livello del finanziamento del fabbisogno sanitario nazionale standard cui concorre lo Stato e fermo restando il rispetto dell'equilibrio economico e finanziario del Servizio sanitario regionale, con uno o più decreti del Ministro della salute, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, è adottata una metodologia per la definizione del fabbisogno di personale degli enti del SSN in coerenza con i valori di cui al comma 1».
Tale disposizione inciderebbe negativamente sulla sfera di attribuzioni della ricorrente per le conseguenze del divario, sul piano della sicurezza sanitaria e della certezza delle cure, che essa produrrebbe tra le diverse aree del Paese, laddove non prevede - né direttamente, né attraverso la relativa prescrizione in sede attuativa - alcuno strumento di perequazione territoriale.
La Regione Campania sottolinea come vi siano disuguaglianze tra le regioni in ordine al personale occupato nel Servizio sanitario nazionale (SSN) sia in valori assoluti, sia per numero di unità di personale ogni mille abitanti residenti e, in particolare, asserisce che il numero delle unità di personale sanitario occupato nel proprio territorio sarebbe più basso rispetto a quello occupato in Regioni, come l'Emilia-Romagna o il Lazio, simili per dimensione e numero di abitanti.
A fronte di tali dati, la mancata previsione di strumenti finalizzati alla perequazione quantitativa e qualitativa dei sistemi sanitari regionali da parte della disposizione impugnata determinerebbe la lesione degli artt. 3 e 97 Cost., che sanciscono i principi di eguaglianza, buon andamento e imparzialità della pubblica amministrazione.
Un'adeguata immissione nei ranghi della pubblica amministrazione di personale idoneo per preparazione e cultura - impedito dalla disposizione impugnata - sarebbe, ad avviso della ricorrente, strumentale al rispetto dei predetti parametri costituzionali e altresì al rispetto del diritto alla salute di cui all'art. 32 Cost.
Dalla lesione delle predette norme costituzionali emergerebbero profili di ridondanza nella sfera di attribuzioni della Regione Campania, essendo la tutela della salute tra le materie di legislazione concorrente ai sensi dell'art. 117, terzo comma, Cost.
La dedotta ridondanza sarebbe più evidente proprio rispetto alla ricorrente, sottoposta a commissariamento statale del Servizio sanitario regionale sin dal luglio 2009 e tuttora in piano di rientro dal disavanzo del SSR, con tutte le connesse conseguenze riguardanti le limitazioni di spesa e di investimento.
La mancata previsione nell'art. 5, comma 2, primo periodo, del d.l. n. 73 del 2024, come convertito, di strumenti perequativi contribuirebbe, infatti, in maniera determinante alla perpetrazione e cristallizzazione di condizioni di fatto che limiterebbero la possibilità, per le regioni più svantaggiate (tra cui la ricorrente), di esercitare le proprie prerogative in materia di tutela della salute, tenuto conto altresì che l'art. 117, sesto comma, Cost. attribuisce alle regioni la potestà regolamentare in tutte le materie diverse da quelle di legislazione esclusiva statale.
La disposizione impugnata, inoltre, comprometterebbe l'autonomia della Regione Campania, sancita dagli artt. 5 e 119 Cost.
Essa, infatti, non solo non predisporrebbe strumenti perequativi, ma determinerebbe una maggiore differenziazione nel territorio nazionale facendo confluire meno risorse verso le aree più svantaggiate, che avrebbero minore autonomia e minori strumenti per l'assolvimento delle proprie funzioni in materia di tutela della salute.
2.2.- La Regione Campania impugna altresì il secondo periodo del comma 2 dell'art. 5 del d.l. n. 73 del 2024, come convertito, per violazione degli artt. 5, 97, 117, commi terzo, quarto e sesto, e 118 Cost.
Ad avviso della ricorrente, gli enti del SSR sarebbero riconducibili al sistema amministrativo regionale e soggetti al potere di coordinamento delle regioni, in guisa che l'approvazione dei piani triennali dei fabbisogni di personale sarebbe un atto riconducibile alla materia dell'organizzazione amministrativa regionale, di competenza legislativa residuale esclusiva delle regioni ai sensi dell'art. 117, quarto comma, Cost.
Infatti, mentre l'impiego pubblico anche regionale andrebbe ricondotto, per i profili privatizzati del rapporto, all'ordinamento civile e quindi alla competenza legislativa statale esclusiva, i profili pubblicistico-organizzativi afferenti alle valutazioni e ai provvedimenti relativi al fabbisogno di personale rientrerebbero nell'ordinamento e nell'organizzazione amministrativa regionale e, quindi, alla competenza legislativa residuale delle regioni.
Dunque, l'avocazione dell'approvazione dei piani dei fabbisogni di personale per il SSR a organi dello Stato sarebbe costituzionalmente illegittima, per violazione dell'art. 117, quarto comma, Cost.
La disposizione impugnata sarebbe altresì costituzionalmente illegittima per violazione del principio di buon andamento di cui all'art. 97 Cost., nonché dei principi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza di cui all'art. 118 Cost. poiché, secondo la Regione Campania, afferirebbe alla materia dell'organizzazione regionale di competenza legislativa residuale ex art. 117, quarto comma, Cost. e inciderebbe sulle ulteriori materie della tutela della salute e del coordinamento della finanza pubblica, entrambe attribuite dall'art. 117, terzo comma, Cost. alla competenza legislativa concorrente di Stato e regioni, nelle quali è rimessa al primo la sola determinazione dei principi fondamentali.
Evidenzia la Regione Campania come il decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 (Riordino della disciplina in materia sanitaria, a norma dell'articolo 1 della legge 23 ottobre 1992, n. 421) assegni alle regioni un ruolo centrale nell'organizzazione e nell'erogazione dell'assistenza sanitaria, disponendo, tra l'altro, all'art. 2, comma 2, che «[s]pettano [...] alle regioni la determinazione dei principi sull'organizzazione dei servizi e sull'attività destinata alla tutela della salute e dei criteri di finanziamento delle unità sanitarie locali e delle aziende ospedaliere, le attività di indirizzo tecnico, promozione e supporto nei confronti delle predette unità sanitarie locali ed aziende, anche in relazione al controllo di gestione e alla valutazione della qualità delle prestazioni sanitarie».
L'art. 5, comma 2, secondo periodo, del d.l. n. 73 del 2024, come convertito, in modo irrazionale - con un precetto puntuale e specifico e, quindi, non qualificabile come principio fondamentale - avocherebbe ai ministri una competenza regionale in assenza di qualsivoglia giustificazione e/o valutazione circa l'adeguatezza del livello territoriale di governo da coinvolgere nell'azione amministrativa, producendo, in tal modo, una chiamata in sussidiarietà dal carattere aprioristico e arbitrario.
Tale avocazione di funzioni integrerebbe una violazione anche del principio di buon andamento dell'amministrazione di cui all'art. 97 Cost., poiché potrebbe allungare a dismisura i tempi di definizione dei piani e, quindi, delle assunzioni di personale, compromettendo le funzioni di programmazione sanitaria.
La disposizione impugnata, risolvendosi in un arbitrario accentramento di poteri, violerebbe altresì l'art. 5 Cost., che imporrebbe al legislatore di attuare, nei servizi che dipendono dallo Stato, il più ampio decentramento amministrativo adeguando i principi e i metodi della sua attività alle esigenze dell'autonomia e del decentramento.
Ciò avrebbe rilievo ai fini della ridondanza delle violazioni di parametri costituzionali non competenziali nella sfera di attribuzioni della Regione in materia di organizzazione poiché, pregiudicando la corretta gestione e organizzazione del SSR, impedirebbe alla stessa di assolvere adeguatamente le funzioni costituzionali di cui è depositaria in materia sanitaria.
2.3.- La Regione Campania impugna, infine, l'art. 5, comma 1, secondo periodo, del d.l. n. 73 del 2024, come convertito, in quanto lesivo della sfera di attribuzioni regionali di cui agli artt. 5, 117, 118 e 119 Cost.
La ricorrente sostiene che la disposizione impugnata sarebbe costituzionalmente illegittima nella misura in cui riconosce al livello di governo centrale un potere di verifica e di autorizzazione in materie nelle quali la Costituzione - soprattutto a seguito della riforma del Titolo V - non assegna al Governo alcun potere di controllo o ingerenza.
In ragione dei profili di natura pubblicistico-organizzativa incisi, la disposizione impugnata avrebbe ricadute sulla potestà legislativa residuale ex art. 117, quarto comma, Cost., in materia di organizzazione amministrativa regionale. Inoltre, nella parte in cui subordina l'incremento della spesa del personale del 5 per cento (fino alla concorrenza del 15 per cento) all'autorizzazione del Ministro della salute e del Ministro dell'economia e delle finanze, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, violerebbe la sfera di attribuzioni regionali di cui agli artt. 117 e 118 Cost., risolvendosi in un accentramento di funzioni contrario ai principi di autonomia (anche finanziaria) sanciti dagli artt. 5 e 119 Cost.
3.- In entrambi i giudizi si è costituito il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, con atti depositati il 31 ottobre 2024.
3.1.- Con riguardo alle questioni di legittimità costituzionale aventi ad oggetto l'art. 5, comma 2, del d.l. n. 73 del 2024, come convertito, l'Avvocatura generale eccepisce la non fondatezza sia delle censure, rivolte dalla sola Regione Campania, al primo periodo, sia di quelle mosse da entrambe le Regioni ricorrenti al secondo periodo del medesimo comma.
Rileva innanzitutto la difesa statale che l'art. 5 del d.l. n. 73 del 2024, come convertito, interviene sui limiti di spesa per il personale del SSN delle regioni al fine di ampliare la flessibilità dei vincoli di spesa previsti dall'art. 11 del decreto-legge 30 aprile 2019, n. 35 (Misure emergenziali per il servizio sanitario della Regione Calabria e altre misure urgenti in materia sanitaria), convertito, con modificazioni, nella legge 25 giugno 2019, n. 60. Evidenzia che la disposizione consente un incremento del 10 per cento rispetto ai valori autorizzati per l'anno 2023, più un ulteriore incremento del 5 per cento, subordinato, quest'ultimo, all'adozione di misure compensative. Soltanto gli incrementi di spesa del 5 per cento sarebbero subordinati all'autorizzazione con decreto ministeriale previa verifica della congruità delle misure compensative della maggiore spesa di personale.
Precisa, altresì, che la finalità di detta verifica non sarebbe quella di sindacare nel merito la scelta delle manovre alternative di risparmio (aspetti che atterrebbero all'autonomia gestionale della regione), quanto piuttosto la loro idoneità a garantire l'invarianza complessiva della spesa per salvaguardare gli equilibri di bilancio e preservare l'equilibrio economico-finanziario del SSN che lo Stato deve assicurare anche con riguardo al SSR, in attuazione dei principi di coordinamento della finanza pubblica.
Quanto alle questioni di legittimità costituzionale promosse sul primo periodo del comma 2 dell'art. 5 del d.l. n. 73 del 2024, come convertito, ad avviso dell'Avvocatura generale, non sarebbe fondata l'asserita violazione degli artt. 5 e 119 Cost. perché gli atti programmatori, quali il piano sanitario regionale e i LEA, sarebbero già strutturati in funzione di profili variabili, quali la consistenza della popolazione e le differenze territoriali, e terrebbero conto delle peculiarità delle singole realtà territoriali; di talché la disposizione impugnata non potrebbe aggravare i divari socio-economici esistenti tra le regioni italiane.
Con riferimento all'impugnazione del secondo periodo del comma 2 dell'art. 5 del medesimo decreto-legge, evidenzia la difesa statale come la finalità della disposizione sia quella di mantenere l'attuale regime di determinazione del fabbisogno di personale regionale, per il calcolo della spesa corrispondente, fino all'adozione della nuova metodologia, salvaguardando la dinamica del trattamento accessorio prevista dal quinto periodo del comma 1 dell'art. 11 del d.l. n. 35 del 2019, come convertito.
L'Avvocatura dello Stato assume, altresì, che le disposizioni sulla programmazione del personale e sulla fissazione di limiti alle assunzioni afferirebbero a plurimi settori di competenza legislativa, sia esclusiva che concorrente.
Nel caso di specie, l'intervento legislativo statale inciderebbe sia sull'organizzazione sanitaria in materia di tutela della salute, come si evincerebbe dal tenore letterale della disposizione impugnata che si collocherebbe in un quadro giuridico finalizzato a una «graduale revisione della disciplina delle assunzioni» del personale degli enti del SSN, sia sulla materia, di competenza legislativa statale esclusiva, della fissazione dei livelli essenziali delle prestazioni, sia, infine, sulla competenza legislativa statale a determinare i principi fondamentali nella materia concorrente del coordinamento della finanza pubblica.
Si sarebbe, dunque, in presenza di competenze legislative sia esclusive che concorrenti strettamente correlate, nessuna con carattere prevalente, situazione che richiederebbe l'applicazione del principio di leale collaborazione.
Per questo profilo, la difesa statale rileva che il decreto interministeriale di approvazione del piano del fabbisogno triennale di personale previsto dalla disposizione impugnata è subordinato all'intesa in sede di Conferenza Stato-regioni, la quale garantirebbe il rispetto della leale collaborazione e l'effettivo coinvolgimento delle regioni.
Ciò escluderebbe, nel caso di specie, la violazione delle competenze regionali nelle materie di tutela della salute e organizzazione di cui all'art. 117, commi terzo e quarto, Cost.
Osserva inoltre l'Avvocatura generale che il decreto interministeriale di approvazione del piano di fabbisogno triennale di personale sarebbe adottato ai soli fini «del riscontro di congruità finanziaria», quindi non sarebbe destinato a sindacare il merito delle scelte organizzative di competenza regionale.
Non sarebbero, pertanto, lese le competenze concorrenti e residuali - rispettivamente, nelle materie della tutela della salute e dell'organizzazione del personale - poiché la disposizione impugnata fisserebbe un principio generale in materia di coordinamento della finanza pubblica volto all'efficientamento della spesa pubblica.
In merito alla pretesa violazione degli artt. 97 e 118 Cost. asserisce la difesa statale che non vi sarebbe stata alcuna «allocazione a livello statale di funzioni regionali» e che già l'art. 11 del d.l. n. 35 del 2019, come convertito, subordinava l'efficacia del piano dei fabbisogni di personale alla preventiva approvazione da parte del tavolo tecnico per la verifica degli adempimenti (in seguito, anche: tavolo di verifica) istituito, ai sensi dell'art. 12, comma 1, dell'intesa sancita dalla Conferenza Stato-Regioni il 23 marzo 2005 (Intesa, ai sensi dell'articolo 8, comma 6, della legge 5 giugno 2003, n. 131, in attuazione dell'articolo 1, comma 173, della legge 30 dicembre 2004, n. 311), presso il Ministero dell'economia e delle finanze congiuntamente al comitato paritetico permanente per la verifica dell'erogazione dei LEA, istituito dall'art. 9 della medesima intesa.
Ritiene l'Avvocatura generale che il carattere finalistico dell'azione di coordinamento comporterebbe che, a livello centrale, si possano collocare non solo le norme fondamentali della materia ma anche i poteri necessari per la concreta realizzazione della finalità di coordinamento. Ne conseguirebbe che alla legge statale non sarebbe preclusa la possibilità di prevedere e disciplinare tali poteri.
Altresì non fondata e generica sarebbe la censura afferente alla violazione del principio di buon andamento della pubblica amministrazione di cui all'art. 97 Cost., in quanto una violazione di tale principio sarebbe configurabile solo ove l'intervento del legislatore statale si spingesse al punto da pregiudicare l'erogazione di un servizio pubblico; evenienza che non si verificherebbe, invece, nel caso in esame.
Sottolinea, inoltre, la difesa statale che la Regione Campania è stata sottoposta a commissariamento del Servizio sanitario regionale sin dal luglio 2009 ed è tuttora sottoposta a piano di rientro del disavanzo sanitario, con ogni conseguenza sul piano delle limitazioni di spesa e investimento che detti regimi comportano.
Infine, secondo l'Avvocatura generale, non sarebbe corretto inquadrare l'intervento normativo di cui all'art. 5 del d.l. n. 73 del 2024, come convertito, nell'ambito dell'attrazione in sussidiarietà della materia dell'organizzazione del SSR, con la pretesa violazione dell'art. 118 Cost., dal momento che, nel caso di specie, non si configurerebbe un'ipotesi di allocazione a livello statale di funzioni regionali o di altri enti territoriali, ma si realizzerebbe un intervento diretto dello Stato, a livello legislativo, in una materia di sua competenza.
La difesa statale conclude quindi per la manifesta infondatezza del secondo motivo di ricorso.
3.2.- Per le medesime ragioni, sarebbe non fondata anche la doglianza prospettata dalla Regione Campania nei confronti del comma 1 dell'art. 5 del d.l. n. 73 del 2024, come convertito.
Ad avviso della difesa statale, infatti, la disposizione impugnata non inciderebbe sull'organizzazione amministrativa della regione, visto che l'intervento statale sarebbe finalizzato unicamente ad assicurare il rispetto dei vincoli di finanza pubblica e si collocherebbe pertanto nel quadro delle competenze legislative assegnate allo Stato.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.- Le Regioni Toscana e Campania (con ricorsi iscritti al reg. ric. numeri 35 e 36 del 2024) hanno complessivamente impugnato l'art. 5, commi 1 e 2, del d.l. n. 73 del 2024, come convertito.
2.- La Regione Toscana, con ricorso iscritto al n. 35 reg. ric. del 2024, ha promosso questioni di legittimità costituzionale dell'art. 5, comma 2, del d.l. n. 73 del 2024, come convertito, laddove prevede, al secondo periodo, che «[i] piani dei fabbisogni triennali per il servizio sanitario regionale predisposti dalle regioni sulla base della predetta metodologia sono approvati con decreto del Ministro della salute, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, ai fini del riscontro di congruità finanziaria», lamentando la violazione degli artt. 32, 117, commi terzo e quarto, 118 e 119 Cost.
2.1.- Sarebbe violato innanzitutto l'art. 117, commi terzo e quarto, Cost. poiché l'approvazione dei piani triennali dei fabbisogni del personale sanitario da parte del Ministro della salute, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, inciderebbe sulle competenze della Regione afferendo ad aspetti pubblicistico-organizzativi riconducibili alla materia della tutela della salute, in quanto le decisioni relative al numero e alla tipologia del personale sanitario da assumere riguarderebbero la materia organizzazione sanitaria, rientrante tra le competenze legislative residuali delle regioni ai sensi dell'art. 117, quarto comma, Cost. essendo l'organizzazione del SSR parte essenziale del sistema regionale. Il vulnus denunciato non sarebbe, d'altro canto, superato dalla previsione dell'intesa in sede di Conferenza Stato-regioni, quale condizione per l'adozione del decreto ministeriale di approvazione dei piani, non essendo nella specie ravvisabile un intreccio di competenze statali e regionali.
2.2.- La disposizione in esame violerebbe il medesimo art. 117, commi terzo e quarto, unitamente all'art. 118 Cost.
Ritiene la ricorrente che la lesione delle competenze regionali in materia di organizzazione regionale (art. 117, quarto comma, Cost.) e di tutela della salute (art. 117, terzo comma, Cost.), non potrebbe ritenersi superata dalla previsione dell'intesa per l'adozione del decreto ministeriale di approvazione dei piani dei fabbisogni del personale.
Neppure, ad avviso della Regione Toscana, potrebbe ritenersi sussistente il presupposto giuridico che legittima la chiamata in sussidiarietà, in quanto la finalità della disposizione impugnata non sottenderebbe un'esigenza di esercizio unitario, a livello statale, delle funzioni assegnate, con conseguente violazione dell'art. 118 Cost.
2.3.- La ricorrente ritiene che sia violato anche l'art. 119 Cost. in quanto, pur volendo ritenere che la disposizione impugnata sia ascrivibile alla materia di competenza legislativa concorrente del coordinamento della finanza pubblica, nella quale allo Stato spetta la determinazione dei principi fondamentali, essa non conterrebbe norme di principio, ma di dettaglio, e, attribuendo al Ministro il potere di approvare i piani di fabbisogno del personale, determinerebbe una limitazione dell'autonomia organizzativa della ricorrente stessa e una indebita ingerenza nella sua autonomia finanziaria.
2.4.- Infine, la disposizione violerebbe l'art. 32 Cost. unitamente all'art. 117, terzo comma, Cost. in quanto, non prevedendo tempi e iter di approvazione dei piani di fabbisogno di personale, non consentirebbe agli enti e alle aziende del SSR di disporre assunzioni, di garantire l'erogazione delle prestazioni sanitarie e di soddisfare i LEA e, in tal modo, comprometterebbe il diritto alla salute.
3.- Con ricorso iscritto al n. 36 reg. ric. del 2024 la Regione Campania ha promosso questioni di legittimità costituzionale dell'art. 5, commi 1 e 2, del d.l. n. 73 del 2024, come convertito, in riferimento, complessivamente, agli artt. 3, 5, 32, 97, 117, 118 e 119 Cost.
3.1.- La Regione impugna innanzitutto l'art. 5, comma 2, primo periodo, del d.l. n. 73 del 2024, come convertito, lamentando la violazione degli artt. 3, 5, 32, 97, 117, commi terzo, quarto e sesto, e 119 Cost.
La disposizione, secondo la ricorrente, limiterebbe l'esercizio delle competenze regionali in materia di tutela della salute poiché, non prevedendo strumenti perequativi, farebbe confluire meno risorse verso le regioni più svantaggiate, che si troverebbero sempre più sprovviste di strumenti per tutelare la salute dei cittadini e con sempre minore autonomia.
3.2.- La ricorrente censura altresì il secondo periodo del comma 2 dell'art. 5 del d.l. n. 73 del 2024, come convertito, lamentando il contrasto con gli artt. 5, 97, quest'ultimo per lesione del principio di buon andamento, 117, commi terzo, quarto e sesto, per violazione della sfera di attribuzioni regionali, e 118 Cost., con riguardo ai principi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza.
3.3.- Infine, la Regione Campania impugna il comma 1 dell'art. 5 del d.l. n. 73 del 2024, come convertito, per violazione degli artt. 5, 117, 118 e 119 Cost., laddove subordina, al secondo periodo, l'incremento della spesa del personale (del 5 per cento fino alla concorrenza del 15 per cento) all'autorizzazione del Ministro della salute, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, d'intesa con la Conferenza Stato-regioni.
La disposizione sarebbe costituzionalmente illegittima nella misura in cui riconosce al livello di governo centrale un potere di verifica e di autorizzazione in materie di competenza legislativa concorrente e residuale della regione, determinando un accentramento di funzioni contrario ai principi di autonomia (anche finanziaria) sanciti dagli artt. 5 e 119 Cost. e ledendo altresì la sfera di attribuzioni regionali di cui agli artt. 117 e 118 Cost.
4.- I due ricorsi promuovono questioni in parte analoghe con riguardo sia alle disposizioni impugnate, sia ai parametri costituzionali evocati; pertanto, i relativi giudizi possono essere riuniti, per essere definiti con un'unica pronuncia.
5.- Prima di affrontare il merito delle questioni, è opportuno premettere che l'art. 11 del d.l. n. 35 del 2019, come convertito, aveva già stabilito un limite alla spesa per il personale degli enti del SSN delle regioni prevedendo la possibilità di un incremento annuo, ulteriormente rivedibile al rialzo a determinate condizioni.
In particolare, era stabilito che, dall'anno 2019, la spesa per il personale sanitario delle regioni, nell'ambito del livello del finanziamento del fabbisogno sanitario nazionale standard cui concorre lo Stato, non poteva superare il valore della spesa sostenuta nell'anno 2018, come certificata dal tavolo di verifica o, se superiore, il valore della spesa prevista dall'art. 2, comma 71, della legge 23 dicembre 2009, n. 191, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2010)». Tali valori potevano essere aumentati annualmente per un importo pari al 10 per cento dell'incremento del Fondo sanitario regionale rispetto all'esercizio precedente. Qualora nella regione fossero emersi ulteriori oggettivi fabbisogni di personale rispetto alle assunzioni consentite, valutati congiuntamente dal tavolo di verifica degli adempimenti e dal comitato permanente per la verifica dell'erogazione dei livelli essenziali di assistenza, poteva essere concesso un ulteriore incremento del 5 per cento, fermo restando il rispetto dell'equilibrio economico e finanziario del Servizio sanitario regionale.
Dall'anno 2022 il predetto incremento è stato subordinato all'adozione di una metodologia per la determinazione del fabbisogno di personale degli enti del Servizio sanitario nazionale.
La metodologia relativa alla definizione del fabbisogno di personale degli enti del SSN per gli anni 2022, 2023 e 2024 è stata adottata, ai sensi dell'art. 11, comma 1, del d.l. n. 35 del 2019, come convertito, con decreto del Ministro della salute, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, 24 gennaio 2023, emanato previa acquisizione dell'intesa in sede di Conferenza Stato-regioni, in data 21 dicembre 2022.
Tale metodologia trova applicazione fino all'adozione di quella prevista dall'art. 5, comma 2, del d.l. n. 73 del 2024, come convertito.
6.- Nel merito, le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 5, comma 2, del d.l. n. 73 del 2024, come convertito, laddove, al secondo periodo, prevede che «[i] piani dei fabbisogni triennali per il servizio sanitario regionale predisposti dalle regioni sulla base della predetta metodologia sono approvati con decreto del Ministro della salute, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, ai fini del riscontro di congruità finanziaria», promosse dalle Regioni Toscana e Campania, sono fondate in riferimento all'art. 117, commi terzo e quarto, Cost.
L'art. 6 del d.lgs. n. 165 del 2001 ha introdotto il piano triennale di fabbisogno del personale (PTFP), atto di programmazione adottato annualmente dalle amministrazioni pubbliche con una prospettiva triennale e approvato secondo la disciplina prevista dai relativi ordinamenti.
Il decreto del Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione 8 maggio 2018 (Linee di indirizzo per la predisposizione dei piani dei fabbisogni di personale da parte delle amministrazioni pubbliche), nel confermarne la natura programmatoria, specifica che il PTFP deve essere approvato dal competente organo deputato all'esercizio delle funzioni di indirizzo politico-amministrativo, ai sensi dell'art. 4, comma 1, del d.lgs. n. 165 del 2001.
Il PTFP, come già osservato da questa Corte, è, infatti, uno strumento programmatico, modulabile e flessibile per le esigenze di reclutamento e di gestione delle risorse umane necessarie all'organizzazione, nel cui ambito le amministrazioni possono coprire i posti vacanti, nei limiti delle facoltà di assunzione previste a legislazione vigente nonché nei limiti di spesa per il personale (in tal senso, sentenza n. 154 del 2019).
Il piano in questione è preliminare all'avvio di tutte le procedure di reclutamento da attivare per garantire la piena funzionalità dei servizi, coerentemente con l'attività di programmazione generale, e può essere modificato in relazione ai mutamenti delle esigenze normative, organizzative o funzionali, compatibilmente con le disponibilità finanziarie, con i limiti alle assunzioni di personale e con i vincoli di finanza pubblica.
La finalità del piano è quella di ottimizzare l'impiego delle risorse pubbliche disponibili perseguendo obiettivi di performance organizzativa, efficienza, economicità e qualità dei servizi, di talché la sua adozione richiede che ciascuna amministrazione verifichi l'ottimale distribuzione delle risorse umane; individui le necessarie disponibilità finanziarie; indichi la consistenza della dotazione organica e la sua eventuale rimodulazione in base ai fabbisogni programmati.
Non a caso, infatti, l'art. 6, comma 2, del d.lgs. n. 165 del 2001 prevede che, nell'ambito di tale piano, le amministrazioni pubbliche curano l'ottimale distribuzione delle risorse umane attraverso la coordinata attuazione dei processi di mobilità e di reclutamento del personale, attività che, nel caso delle regioni, attengono, evidentemente, alla responsabilità regionale.
Il PTFP è contenuto nel piano integrato di attività e organizzazione (PIAO), previsto per le amministrazioni pubbliche con più di 50 dipendenti dall'art. 6 del decreto-legge 9 giugno 2021, n. 80, recante «Misure urgenti per il rafforzamento della capacità amministrativa delle pubbliche amministrazioni funzionale all'attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) e per l'efficienza della giustizia», convertito, con modificazioni, nella legge 6 agosto 2021, n. 113, il quale, al comma 2, lettera c), dispone che quest'ultimo debba definire, tra l'altro, gli strumenti e gli obiettivi del reclutamento di nuove risorse e della valorizzazione delle risorse interne; lo stesso PTFP deve altresì essere coerente con quanto stabilito dalle linee di indirizzo di cui all'art. 6-ter del d.lgs. n. 165 del 2001, aventi la finalità di orientare le amministrazioni pubbliche nella predisposizione dei rispettivi PTFP anche con riguardo a fabbisogni prioritari o emergenti legati alla transizione digitale ed ecologica.
Per quanto riguarda le aziende e gli enti del SSN, le linee guida definite con il d.m. 8 maggio 2018 prevedono che i PTFP devono essere predisposti in coerenza con i rispettivi atti aziendali, nel rispetto della legislazione vigente in materia di contenimento del costo del personale, essere compatibili con la cornice finanziaria del SSN, essere approvati dalle rispettive regioni e successivamente adottati in via definitiva dalle aziende e dagli enti stessi.
La definizione dei PTFP delle aziende e gli enti del SSN si fonda, quindi, su una complessiva analisi dei compiti istituzionali in termini di obiettivi, competenze, attività esercitate direttamente e professionalità necessarie in termini quantitativi e qualitativi.
Pertanto, la predisposizione e l'approvazione di tali piani attengono alla organizzazione, trattandosi di atti puntuali e vincolanti rivolti alla concreta programmazione e gestione delle risorse umane, che incidono direttamente sull'attività amministrativa e organizzativa della regione.
L'approvazione del piano triennale di fabbisogno del personale sanitario regionale non può quindi che essere affidato alla regione, in quanto, diversamente, si determinerebbe un vulnus all'autonomia programmatoria e gestionale delle regioni, in violazione dell'art. 117 Cost.
Dunque, la previsione contenuta nella disposizione impugnata, che attribuisce a organi statali la competenza ad approvare i PTFP, incide sia sulla competenza legislativa residuale in materia di organizzazione regionale di cui all'art. 117, quarto comma, Cost., sia sulla competenza legislativa concorrente in materia di tutela della salute di cui all'art. 117, terzo comma, Cost. (sentenze n. 84 del 2025, n. 202 del 2024, n. 9 del 2022 e n. 207 del 2010). Ne consegue l'illegittimità costituzionale della disposizione impugnata.
Restano assorbite le ulteriori censure.
7.- Le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 5, comma 2, primo periodo, del d.l. n. 73 del 2024, come convertito, promosse dalla Regione Campania in riferimento agli artt. 3, 5, 32, 97, 117 e 119 Cost., non sono fondate.
La disposizione impugnata stabilisce che «[a] decorrere dall'anno 2025, ai fini della determinazione della spesa per il personale delle aziende e degli enti del SSN delle regioni, nell'ambito del livello del finanziamento del fabbisogno sanitario nazionale standard cui concorre lo Stato e fermo restando il rispetto dell'equilibrio economico e finanziario del Servizio sanitario regionale, con uno o più decreti del Ministro della salute, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, è adottata una metodologia per la definizione del fabbisogno di personale degli enti del SSN in coerenza con i valori di cui al comma 1».
Posti, per un verso, il rilievo del diritto costituzionale alla salute e, per l'altro, la sua natura di diritto finanziariamente condizionato, questa Corte ha «introdotto a partire dalla sentenza n. 169 del 2017, la nozione di "spesa costituzionalmente necessaria" (ripresa poi nelle sentenze n. 220 del 2021, n. 197 del 2019 e n. 87 del 2018)» (sentenza n. 195 del 2024), per rimarcare la necessità che, in un contesto di risorse limitate e caratterizzato dall'esigenza di contenimento della spesa pubblica, siano «prioritariamente ridotte le [...] spese indistinte» e sia, invece, garantita quella funzionale al «"fondamentale" diritto alla salute di cui all'art. 32 Cost., che chiama in causa imprescindibili esigenze di tutela anche delle fasce più deboli della popolazione, non in grado di accedere alla spesa sostenuta direttamente dal cittadino» (sentenza n. 195 del 2024).
Proprio in questa prospettiva il d.l. n. 73 del 2024, come convertito, prevede il superamento del tetto di spesa per l'assunzione di personale sanitario, pur nel rispetto dell'equilibrio economico e finanziario, sulla base di una metodologia adottata con decreto interministeriale che tiene conto delle peculiarità dei servizi sanitari da erogare.
La metodologia attualmente in vigore, adottata con il già citato decreto del Ministro della salute, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, 24 gennaio 2023 - che riguarda in particolare la determinazione del fabbisogno del personale ospedaliero e di quello operante in assistenza domiciliare integrata -, fornisce i criteri per quantificare la disponibilità attuale di personale e per stimare il fabbisogno futuro, sulla base di dati forniti in modo volontario da nove regioni, tra le quali la Regione Campania.
Essa definisce, oltre agli standard organizzativi, il cosiddetto "metabolismo minimo", ossia il fabbisogno di funzionamento che rappresenta la dotazione di personale necessaria a garantire la possibilità di "rendere disponibile" il servizio, così come previsto nella programmazione regionale, e un "criterio di massima", in relazione all'attività programmatoria dei servizi.
La nuova metodologia dovrà determinare il fabbisogno di personale sanitario in relazione agli obiettivi fissati da atti programmatori adottati a monte, quali il piano sanitario nazionale (PSN) e quelli regionali (PSR), strutturati, questi ultimi, in funzione di profili variabili quali, ad esempio, fattori di contesto, che riguardano le caratteristiche socio-demografiche e i bisogni della popolazione, fattori organizzativi, tipi, volumi e costi delle attività erogate e di quelle che si intende erogare, strumenti tecnologici, caratteristiche professionali del personale sanitario già in forza e di quello che si reputa necessario acquisire.
Il PSN, alla cui predisposizione collaborano le regioni elaborando proposte per la soddisfazione delle esigenze territoriali (art. 1, comma 4, del d.lgs. n. 502 del 1992), è lo strumento di programmazione sanitaria principale nel quale vengono definite le priorità da realizzare per rendere concreto il diritto alla salute. Esso indica le aree prioritarie di intervento con l'obiettivo di ridurre diseguaglianze sociali e territoriali, definisce i LEA, stabilisce la quota annuale di finanziamento da assicurare alle regioni, le finalità generali e i settori principali della ricerca nonché i criteri di verifica dei livelli di assistenza.
Il PSR rappresenta il piano strategico, nel quale sono definiti gli interventi per gli obiettivi di tutela della salute e per il funzionamento dei servizi occorrenti per soddisfare le esigenze specifiche della popolazione regionale anche in riferimento agli obiettivi del PSN.
Contestualmente all'individuazione dei LEA, per il periodo di validità del PSN, sono individuate le risorse finanziarie occorrenti, compatibilmente con i vincoli di finanza pubblica e con gli obblighi assunti dall'Italia in sede euro-unitaria (art. 1, comma 3, del d.lgs. n. 502 del 1992).
È dunque in sede di predisposizione del piano sanitario nazionale e di quelli regionali, di definizione e aggiornamento dei LEA e di stanziamento delle risorse occorrenti per assicurare l'erogazione delle prestazioni sanitarie sul territorio nazionale, che vengono stabilite le opportune misure di perequazione evocate dalla ricorrente, occorrenti per ovviare alle diseguaglianze tra le regioni e tra i cittadini e per realizzare gli obiettivi di tutela della salute perseguiti dal SSN in ciascuna regione.
Una distribuzione iniqua delle risorse determina una disparità di trattamento nell'accesso ai servizi sanitari, in quanto risorse insufficienti compromettono la capacità di fornire servizi sanitari adeguati, mettendo a rischio il diritto alla salute dei cittadini, garantito - quale diritto fondamentale dell'individuo e interesse dell'intera collettività - dall'art. 32 Cost. Tuttavia, la disposizione impugnata si limita a prevedere l'adozione di una metodologia per la definizione di criteri generali destinati a determinare il fabbisogno di personale sanitario sulla base di valori stabiliti attraverso un iter condiviso con le regioni: tale disposizione non è, pertanto, di per sé, in grado né di aggravare, né di colmare i divari socio-economici esistenti tra le regioni italiane e di violare il diritto alla salute di cui all'art. 32 Cost., né tantomeno di invadere la competenza legislativa attribuita alle regioni dall'art. 117 Cost.
Neppure risulta violata l'autonomia regionale ex artt. 5 e 119 Cost. in quanto le regioni vengono coinvolte nel procedimento di definizione della predetta metodologia.
Quanto già argomentato vale anche a escludere la lesione dei principi di eguaglianza (art. 3 Cost.), buon andamento e imparzialità della pubblica amministrazione (art. 97 Cost.), considerato che i criteri relativi al fabbisogno di personale sanitario, così come definiti con la predetta metodologia, vengono applicati a tutte le regioni sulla base di elementi oggettivi idonei a rendere possibile il corretto funzionamento del servizio sanitario regionale.
Per le ragioni che precedono non sono fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 5, comma 2, primo periodo, del d.l. n. 73 del 2024, come convertito, promosse, dalla Regione Campania, in riferimento a tutti i parametri evocati.
8.- La questione di legittimità costituzionale, promossa dalla Regione Campania, dell'art. 5, comma 1, secondo periodo, del d.l. n. 73 del 2024, come convertito, è fondata in riferimento agli artt. 5, 117, terzo e quarto comma, e 119 Cost. per violazione della sfera di attribuzioni regionali.
La citata disposizione prevede che l'«incremento della misura massima del 5 per cento è autorizzato, previa verifica della congruità delle misure compensative della maggiore spesa di personale, con decreto del Ministro della salute, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, di intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano».
La disposizione impugnata, infatti, condiziona espressamente l'incremento del 5 per cento dei valori della spesa per il personale sanitario all'adozione di misure compensative per neutralizzare i corrispondenti costi e sottopone tali misure alla verifica della loro congruità da parte del Ministro della salute e del Ministro dell'economia e delle finanze, ai fini dell'autorizzazione alla maggiore spesa per l'assunzione del personale sanitario delle regioni.
Si tratta, nel caso specifico, di un controllo su decisioni relative alla riallocazione delle risorse del bilancio regionale che attiene a profili organizzativi di competenza della regione, dal momento che la scelta delle spese da ridurre per compensare i maggiori costi occorrenti per incrementare il personale sanitario costituisce il risultato di una ponderata valutazione delle possibili opzioni per la realizzazione delle finalità dell'ente.
La disposizione impugnata investe scelte regionali in una materia, la tutela della salute, di competenza legislativa concorrente di cui all'art. 117, terzo comma, Cost., oltretutto in un ambito afferente all'organizzazione del personale, che attiene alla funzione amministrativa regionale di competenza legislativa residuale ex art. 117, quarto comma, Cost., comprimendo, in tal modo, l'autonomia organizzativa e finanziaria, di cui agli artt. 5 e 119 Cost.
Come previsto nell'ultimo periodo del terzo comma dell'art. 117 Cost., nelle materie di legislazione concorrente spetta alle regioni la potestà legislativa, salvo che per la determinazione dei principi fondamentali, riservata alla legislazione dello Stato. Nel caso di specie, la disposizione statale impugnata non si limita ad affermare il principio fondamentale dell'equilibrio economico e finanziario del SSR e della compatibilità con la programmazione regionale in materia di assunzioni, ma introduce una disposizione di dettaglio, di immediata applicazione nei confronti delle regioni, la quale subordina l'incremento della spesa per il personale sanitario regionale (nella misura massima del 5 per cento) alla verifica delle misure compensative adottate dalla regione e all'autorizzazione da parte del Ministro della salute, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano.
Il legislatore statale, per ragioni di coordinamento finanziario connesse a obiettivi nazionali condizionati anche dagli obblighi eurounitari, potrebbe imporre alle regioni vincoli alle politiche di bilancio, anche se questi si dovessero tradurre in limitazioni indirette all'autonomia di spesa degli enti territoriali, ma, come osservato da questa Corte, la legge statale, nell'imporre tali vincoli, affinché possa considerarsi rispettosa dell'autonomia delle regioni, può solo stabilire un limite complessivo della spesa, lasciando a queste ampia libertà di allocazione delle risorse fra i diversi ambiti e obiettivi (in tal senso, sentenze n. 45 del 2025, n. 70 del 2023, n. 43 del 2016, n. 417 del 2005 e n. 36 del 2004).
La disposizione impugnata, nel prevedere l'autorizzazione con decreto ministeriale, di intesa con la Conferenza Stato-regioni, per poter incrementare i valori della spesa per il personale delle aziende e degli enti del SSN delle regioni e nel subordinare detta autorizzazione alla verifica della congruità delle misure compensative della maggiore spesa, incide nel merito delle singole scelte regionali, in tal modo, invadendo la competenza della Regione in ambiti a essa riservati, e si risolve, pertanto, in un accentramento di funzioni contrario ai principi di autonomia sanciti dagli artt. 5 e 119 Cost.
Restano assorbiti gli ulteriori profili di censura.
P.Q.M.
LA CORTE COSTITUZIONALE
riuniti i giudizi,
1) dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 5, comma 2, secondo periodo, del decreto-legge 7 giugno 2024, n. 73 (Misure urgenti per la riduzione dei tempi delle liste di attesa delle prestazioni sanitarie), convertito, con modificazioni, nella legge 29 luglio 2024, n. 107;
2) dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 5, comma 1, secondo periodo, del d.l. n. 73 del 2024, come convertito;
3) dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 5, comma 2, primo periodo, del d.l. n. 73 del 2024, come convertito, promosse, in riferimento agli artt. 3, 5, 32, 97, 117, commi terzo, quarto e sesto, e 119 della Costituzione, dalla Regione Campania, con il ricorso indicato in epigrafe.