Corte costituzionale
Sentenza 21 luglio 2025, n. 117

Presidente: Amoroso - Redattore: Petitti

[...] nei giudizi di legittimità costituzionale dell'art. 69, quarto comma, del codice penale, promossi dal Giudice dell'udienza preliminare del Tribunale ordinario di Sassari, con ordinanza del 23 ottobre 2024, dal Giudice dell'udienza preliminare del Tribunale ordinario di Cagliari, con ordinanza del 5 dicembre 2024 e dalla Corte di cassazione, prima sezione penale, con ordinanza del 17 marzo 2025, iscritte rispettivamente ai numeri 226 del registro ordinanze 2024, 2 e 57 del registro ordinanze 2025, pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica, prima serie speciale, n. 50 dell'anno 2024 e numeri 4 e 15 dell'anno 2025.

Udito nella camera di consiglio del 23 giugno 2025 il Giudice relatore Stefano Petitti;

deliberato nella camera di consiglio del 23 giugno 2025.

RITENUTO IN FATTO

1.- Con ordinanza del 23 ottobre 2024, iscritta al n. 226 del registro ordinanze 2024, il Giudice dell'udienza preliminare del Tribunale ordinario di Sassari ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, primo comma, e 27, primo e terzo comma, della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell'art. 69, quarto comma, del codice penale, nella parte in cui prevede il divieto di prevalenza della circostanza attenuante del fatto di lieve entità, introdotta con la sentenza n. 86 del 2024 di questa Corte, sulla circostanza aggravante della recidiva di cui all'art. 99, quarto comma, cod. pen.

Il rimettente espone di dover giudicare, nelle forme del rito abbreviato, delle imputazioni per rapina impropria e per lesioni personali nei confronti di un soggetto che, dopo aver prelevato dagli espositori di un negozio un giubbotto del valore di 249,90 euro, si era dato alla fuga in bicicletta; inseguito e afferrato da un carabiniere fuori servizio, che si era immediatamente qualificato esibendo il tesserino, per divincolarsi lo strattonava, causandogli un trauma distorsivo a un dito della mano.

1.1.- Ad avviso del giudice a quo, la questione sarebbe rilevante in quanto, sulla base delle risultanze probatorie, non vi sarebbero dubbi sulla qualificazione giuridica dei fatti contestati come rapina impropria e lesioni personali, rispettivamente aggravate ex art. 61, numero 10), cod. pen. ed ex artt. 585 e 576, primo comma, numero 5-bis), cod. pen., per aver commesso il fatto contro un pubblico ufficiale; sussisterebbe, inoltre, la circostanza aggravante della recidiva specifica quinquennale; nel giudizio di bilanciamento tra circostanze, tuttavia, secondo il rimettente, l'art. 69, quarto comma, cod. pen. impedirebbe di ritenere prevalente la circostanza attenuante del fatto di lieve entità introdotta da questa Corte con la sentenza n. 86 del 2024, applicabile alla fattispecie alla luce del valore modico del bene sottratto, dell'estemporaneità della condotta violenta, della modesta offesa all'integrità fisica e dell'assenza di profili organizzativi, con l'effetto ulteriore di determinare l'aumento di pena previsto dall'art. 81, quarto comma, cod. pen., per cui la pena in concreto irrogabile, pur contenuta entro il minimo edittale e con la diminuzione per il rito, non sarebbe inferiore a quattro anni, cinque mesi, dieci giorni di reclusione e alla multa di euro 824.

1.2.- Il giudice rimettente ritiene la questione non manifestamente infondata sulla base delle sentenze di questa Corte che hanno già dichiarato l'illegittimità costituzionale parziale dell'art. 69, quarto comma, cod. pen. in relazione a specifiche circostanze attenuanti, tra cui in particolare la sentenza n. 143 del 2021, che ha eliso il divieto di prevalenza in rapporto alla circostanza della lieve entità del fatto introdotta con la sentenza n. 68 del 2012 per il reato di sequestro di persona a scopo di estorsione; analogamente, la disposizione censurata neutralizzerebbe la circostanza attenuante di cui alla sentenza n. 86 del 2024, ponendosi in contrasto con l'art. 27, primo e terzo comma, Cost., per la sproporzione della pena rispetto alla gravità del fatto e la sua inidoneità alla rieducazione del condannato, e con l'art. 3, primo comma, Cost., per l'irragionevolezza di un trattamento identico imposto a situazioni diverse.

Il divieto di prevalenza previsto dall'art. 69, quarto comma, cod. pen., inoltre, aggraverebbe il trattamento sanzionatorio anche in forza dell'art. 81, quarto comma, cod. pen., che prevede un ulteriore aumento di pena per i reati commessi da soggetti nei cui confronti sia stata applicata la recidiva reiterata, determinando anche in questo caso l'effetto di pene elevatissime e del tutto sproporzionate rispetto alla gravità del fatto commesso.

2.- Con ordinanza del 5 dicembre 2024, iscritta al n. 2 del registro ordinanze 2025, il Giudice dell'udienza preliminare del Tribunale ordinario di Cagliari ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 69, quarto comma, cod. pen., per violazione degli artt. 3, primo comma, 25, secondo comma, e 27, terzo comma, Cost., nella parte in cui non consente che la circostanza attenuante del fatto di lieve entità nel delitto di rapina impropria, introdotta dalla sentenza n. 86 del 2024 di questa Corte, possa essere ritenuta prevalente rispetto alla recidiva aggravata reiterata.

Il rimettente espone di dover giudicare, anch'egli nelle forme del rito abbreviato, dell'imputazione di rapina impropria per la sottrazione di magliette e di bermuda dal banco di esposizione di un negozio compiuta da un soggetto che, datosi alla fuga, gridava alla commessa che lo inseguiva una minaccia di morte.

2.1.- In ordine alla rilevanza, il giudice a quo qualifica il fatto come di lieve entità alla luce degli indici individuati nella sentenza n. 86 del 2024, trattandosi di rapina impropria in cui non vi è stata violenza e la minaccia è consistita in un'unica frase pronunciata durante la fuga; sussisterebbero, inoltre, i presupposti per la recidiva reiterata e infraquinquennale, rispetto alla quale, tuttavia, l'attenuante della lieve entità non potrebbe essere ritenuta prevalente per il divieto imposto dall'art. 69, quarto comma, cod. pen., sicché non sarebbe irrogabile una pena inferiore al minimo edittale di cinque anni di reclusione, ridotti a tre anni e quattro mesi per il rito.

2.2.- Come il GUP del Tribunale di Sassari, il GUP del Tribunale di Cagliari ritiene la questione non manifestamente infondata sulla base dei precedenti di questa Corte relativi al divieto di prevalenza di cui all'art. 69, quarto comma, cod. pen., tra cui in particolare la sentenza n. 143 del 2021, evocando, tuttavia, come parametri, accanto agli artt. 3, primo comma, e 27, terzo comma, Cost. anche l'art. 25, secondo comma, Cost., in quanto il divieto di prevalenza di cui all'art. 69, quarto comma, cod. pen. genererebbe un automatismo che paralizza la funzione costituzionalmente necessaria di riequilibrio della pena propria dell'attenuante, inficiando in questo modo anche il principio della proporzione della pena rispetto all'offensività del fatto.

3.- Con ordinanza del 17 marzo 2025, iscritta al n. 57 del registro ordinanze 2025, la Corte di cassazione, prima sezione penale, ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 69, quarto comma, cod. pen., per violazione degli artt. 3, 25, secondo comma, e 27, primo e terzo comma, Cost., nella parte in cui prevede il divieto di prevalenza della circostanza attenuante prevista dall'art. 311 cod. pen., applicabile in forza della sentenza n. 86 del 2024 di questa Corte, sulla recidiva aggravata ai sensi dell'art. 99, quarto comma, cod. pen.

La Corte rimettente espone di doversi pronunciare sul ricorso promosso avverso un'ordinanza del Tribunale ordinario di Roma, quale giudice dell'esecuzione, che ha applicato a soggetto condannato per il delitto di rapina aggravata di cui all'art. 628, terzo comma, numeri 1) e 3-ter), cod. pen. e per il delitto di cui all'art. 493-ter cod. pen. l'attenuante introdotta dalla sentenza n. 86 del 2024, ma ha ritenuto di non poter procedere a una valutazione di prevalenza in quanto il giudice della cognizione aveva già riconosciuto la sussistenza della recidiva reiterata, specifica e infraquinquennale. Con l'unico motivo di ricorso, il ricorrente ha eccepito, pertanto, l'illegittimità costituzionale del divieto di prevalenza di cui all'art. 69, quarto comma, cod. pen.

3.1.- La Corte di cassazione ritiene la questione rilevante poiché l'applicazione dell'aggravante di cui all'art. 99, quarto comma, cod. pen. da parte del giudice di merito sarebbe vincolante, stante l'intangibilità del giudicato, e il riconoscimento della nuova attenuante rimarrebbe ininfluente nel giudizio di bilanciamento, se non in termini di mera equivalenza, comportando una pena eccezionalmente severa per un fatto che il giudice dell'esecuzione motivatamente ritiene di lieve entità.

3.2.- In ordine alla non manifesta infondatezza, anche la Corte di cassazione richiama nel dettaglio i precedenti di questa Corte sull'art. 69, quarto comma, cod. pen., ritenendo che la ratio decidendi della sentenza n. 143 del 2021 dovrebbe valere anche nel caso di specie, atteso che il divieto imposto dalla norma censurata impedirebbe l'operatività della "valvola di sicurezza" introdotta con la sentenza n. 86 del 2024, in violazione dei parametri evocati.

4.- Il Presidente del Consiglio dei ministri non è intervenuto in nessuno degli indicati giudizi, né si sono costituiti gli imputati.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1.- Con le tre ordinanze indicate in epigrafe, i Giudici dell'udienza preliminare dei Tribunali di Sassari e di Cagliari e la Corte di cassazione, prima sezione penale, hanno sollevato questioni di legittimità costituzionale dell'art. 69, quarto comma, cod. pen., nella parte in cui prevede il divieto di prevalenza della circostanza attenuante del fatto di lieve entità, introdotta con la sentenza di questa Corte n. 86 del 2024, sulla circostanza aggravante della recidiva di cui all'art. 99, quarto comma, cod. pen.

Tutti i rimettenti ritengono che la disposizione censurata violi gli artt. 3, primo comma, e 27, terzo comma, Cost., per la sproporzione della pena rispetto alla gravità del fatto e per la sua inidoneità alla rieducazione del condannato; il GUP del Tribunale di Sassari e la Corte di cassazione denunciano altresì la violazione dell'art. 27, primo comma, Cost., dal momento che la disposizione censurata renderebbe impossibile l'individualizzazione del trattamento sanzionatorio; il GUP del Tribunale di Cagliari e la Corte di cassazione lamentano anche la violazione dell'art. 25, secondo comma, Cost., in quanto l'automatismo cui il giudice è soggetto determinerebbe la sproporzione della pena rispetto all'offensività del fatto.

Quanto alla non manifesta infondatezza, tutte le ordinanze di rimessione, sulla premessa che i reati oggetto di contestazione nei relativi giudizi devono ritenersi di lieve entità, richiamano la giurisprudenza di questa Corte in ordine al divieto di prevalenza di alcune attenuanti sulla recidiva aggravata (art. 99, quarto comma, cod. pen.), previsto dal quarto comma dell'art. 69 cod. pen., e segnatamente la sentenza n. 143 del 2021, in cui tale divieto è stato dichiarato costituzionalmente illegittimo in relazione alla circostanza della lieve entità del fatto introdotta dalla sentenza n. 68 del 2012 per il sequestro di persona a scopo di estorsione, e sostengono che il divieto di prevalenza dell'analoga attenuante di cui alla sentenza n. 86 del 2024 per il reato di rapina renderebbe la pena sproporzionata alla gravità del fatto e inidonea alla rieducazione.

2.- Le ordinanze di rimessione sollevano questioni identiche o analoghe, sicché i relativi giudizi devono essere riuniti per essere definiti con un'unica sentenza.

3.- Le questioni sono fondate in riferimento agli artt. 3, primo comma, e 27, primo e terzo comma, Cost.

3.1.- Costituisce affermazione risalente nella giurisprudenza di questa Corte quella che il giudizio di bilanciamento tra circostanze eterogenee consente al giudice di valutare il fatto in tutta la sua ampiezza, sia eliminando dagli effetti sanzionatori tutte le circostanze (equivalenza), sia tenendo conto solo di quelle che aggravano la quantitas delicti, oppure soltanto di quelle che la diminuiscono (sentenza n. 38 del 1985; da ultimo, sentenza n. 56 del 2025).

Le deroghe al regime ordinario del bilanciamento tra circostanze, come disciplinato in via generale dall'art. 69 cod. pen., sono costituzionalmente ammissibili e rientrano nell'ambito delle scelte discrezionali del legislatore, ma non possono determinare un'alterazione degli equilibri costituzionalmente imposti sulla strutturazione della responsabilità penale (ancora, sentenza n. 56 del 2025).

L'ampia discrezionalità di cui gode il legislatore nella definizione della politica criminale, in particolare nella determinazione delle pene applicabili a chi abbia commesso reati, così come nella stessa selezione delle condotte costitutive di reato, non equivale infatti ad arbitrio (tra le molte, sentenze n. 46 del 2024, n. 207 del 2023 e n. 117 del 2021). Le disposizioni che costituiscono espressione di tale discrezionalità, e segnatamente quelle che determinano il trattamento sanzionatorio, in quanto destinate a incidere sulla libertà personale dei loro destinatari, sono suscettibili di controllo da parte di questa Corte per gli eventuali vizi di manifesta irragionevolezza o di violazione del principio di proporzionalità (sentenza n. 74 del 2025). E ciò vale anche per il concorso tra circostanze, il cui regime influisce certamente sulla determinazione della pena in concreto.

3.2.- Sulla base di questi principi, l'art. 69, quarto comma, cod. pen. è stato oggetto di numerose pronunce di illegittimità costituzionale parziale, che hanno colpito il divieto di prevalenza di varie circostanze attenuanti, specificamente individuate, sulla recidiva reiterata di cui all'art. 99, quarto comma, cod. pen.

L'alterazione degli equilibri costituzionalmente imposti è stata rinvenuta in relazione a circostanze attenuanti riconducibili essenzialmente a tre rationes: circostanze espressive di un minor disvalore del fatto dal punto di vista della sua dimensione offensiva (sentenze n. 188, n. 141 e n. 94 del 2023, n. 143 del 2021, n. 205 del 2017, n. 105 e n. 106 del 2014, n. 251 del 2012), circostanze inerenti alla persona del colpevole (sentenze n. 55 del 2021 e n. 73 del 2020) e circostanze attinenti alla collaborazione del reo post delictum (sentenze n. 56 del 2025, n. 201 del 2023 e n. 74 del 2016).

4.- Le odierne questioni attengono alla prima delle ragioni indicate, in quanto il divieto di prevalenza opera in relazione all'attenuante della lieve entità del fatto introdotta con la sentenza n. 86 del 2024 per il reato di rapina, propria e impropria.

4.1.- Con tale sentenza, infatti, questa Corte ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 628, secondo comma, cod. pen., per il delitto di rapina impropria - e, in via consequenziale, del primo comma dello stesso articolo, per il reato di rapina propria -, «nella parte in cui non prevede che la pena da esso comminata è diminuita in misura non eccedente un terzo quando per la natura, la specie, i mezzi, le modalità o circostanze dell'azione, ovvero per la particolare tenuità del danno o del pericolo, il fatto risulti di lieve entità».

Sulla scia delle precedenti pronunce in materia di sequestro di persona a scopo di estorsione (sentenza n. 68 del 2012), cosiddetto sabotaggio militare (sentenza n. 244 del 2022) ed estorsione (sentenza n. 120 del 2023), l'attenuante della lieve entità del fatto è stata ritenuta necessaria per la rapina, in entrambe le sue forme, in quanto "valvola di sicurezza" rispetto a una fattispecie tipica assoggettata a un minimo edittale particolarmente elevato e caratterizzata dalla ampia latitudine oggettiva, dunque suscettibile di applicazione a condotte marcatamente dissimili sul piano del disvalore (da ultimo, sentenza n. 83 del 2025). Tali condotte finiscono per comprendere anche comportamenti occasionali di minimo impatto personale, volti a conseguire un lucro modesto e tali da recare alla vittima un pregiudizio esiguo.

L'impossibilità per il giudice di qualificare il fatto-reato come di lieve entità è stata ritenuta, pertanto, in contrasto con l'art. 3 Cost., per l'ingiustificata disparità di trattamento rispetto al reato di estorsione, che già prevedeva l'attenuante della lieve entità per effetto della sentenza n. 120 del 2023, e con l'art. 27, primo e terzo comma, Cost., per la sproporzione del trattamento rispetto alla gravità del fatto e l'incapacità di adeguarsi al suo concreto disvalore, in contrasto con i principi di individualizzazione e di finalità rieducativa della pena.

4.2.- Nelle precedenti pronunce dichiarative dell'illegittimità costituzionale parziale dell'art. 69, quarto comma, cod. pen. in rapporto ad attenuanti che attengono alla dimensione offensiva del fatto la ragione dell'illegittimità costituzionale è stata individuata nella centralità del fatto oggettivo rispetto alla qualità soggettiva del colpevole, nella prospettiva di un "diritto penale del fatto", dovendosi escludere che aspetti relativi alla maggiore colpevolezza o pericolosità dell'agente possano assumere, nel processo di individualizzazione della pena, una rilevanza tale da renderli nel giudizio di comparazione prevalenti rispetto al fatto oggettivo (sentenze n. 56 del 2025; nello stesso senso, sentenza n. 141 del 2023).

4.3.- Con la sentenza n. 143 del 2021, puntualmente richiamata dai rimettenti, questa Corte ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del divieto di prevalenza di cui all'art. 69, quarto comma, cod. pen. in relazione all'attenuante comune della tenuità del fatto risultante dalla sentenza n. 68 del 2012 per il reato di sequestro di persona a scopo di estorsione. Si è osservato in quella occasione che l'attenuante inerisce marcatamente al piano dell'offensività, mentre la recidiva reiterata, riflettendo i due aspetti della colpevolezza e della pericolosità e operando su un piano strettamente soggettivo, non può assumere nel processo di individualizzazione della pena un rilievo comparativamente prevalente rispetto al fatto oggettivo (in senso analogo, già sentenze n. 205 del 2017 e n. 251 del 2012).

Si è ritenuto, pertanto, che l'art. 69, quarto comma, cod. pen., nella misura in cui impedisce in modo assoluto al giudice di ritenere prevalente la diminuente della tenuità del fatto quando concorre con l'aggravante della recidiva reiterata, frustra gli effetti che l'attenuante mira a determinare e ne compromette la necessaria funzione di riequilibrio sanzionatorio, in violazione degli artt. 3, primo comma, e 27, terzo comma, Cost.

4.4.- Il divieto di prevalenza dell'art. 69, quarto comma, cod. pen. si espone ai medesimi vizi in relazione all'attenuante della tenuità del fatto introdotta con la sentenza n. 86 del 2024.

Anche rispetto a questa attenuante, la norma censurata vanifica irragionevolmente la funzione di "valvola di sicurezza" che è alla radice dell'addizione operata da questa Corte nei termini sopra richiamati. Impedisce, inoltre, al giudice di applicare una sanzione diversa per situazioni diverse sul piano dell'offensività della condotta, determinando una violazione dell'art. 3, primo comma, Cost. anche sotto il profilo del principio di eguaglianza.

A fronte di una fattispecie astratta, come già detto, connotata da intrinseca variabilità nella manifestazione in concreto degli elementi costitutivi, l'impossibilità per il giudice di ritenere prevalente l'attenuante contraddice, inoltre, il principio di individualizzazione della pena (art. 27, primo comma, Cost.), che richiede di tenere conto dell'effettiva entità e delle specifiche esigenze dei singoli casi, e il principio di finalità rieducativa della pena, che deve orientare sia le scelte del legislatore nella individuazione del trattamento sanzionatorio, sia le decisioni dei giudici che determinano la pena da irrogare in concreto (sentenza n. 86 del 2024).

Il divieto inderogabile di prevalenza dell'attenuante in esame non è, dunque, compatibile neppure con il principio di proporzionalità della pena, idonea a tendere alla rieducazione del condannato ai sensi dell'art. 27, terzo comma, Cost., che implica «un costante principio di proporzione tra qualità e quantità della sanzione, da una parte, e offesa, dall'altra (sentenza n. 185 del 2015)» (sentenza n. 143 del 2021).

5.- In conclusione, deve essere dichiarata l'illegittimità costituzionale dell'art. 69, quarto comma, cod. pen., per violazione degli artt. 3, primo comma, e 27, primo e terzo comma, Cost., nella parte in cui prevede il divieto di prevalenza della circostanza attenuante del fatto di lieve entità, introdotta con sentenza n. 86 del 2024 di questa Corte in relazione al delitto di rapina, sulla circostanza aggravante della recidiva reiterata di cui all'art. 99, quarto comma, cod. pen.

Resta assorbita la questione di legittimità costituzionale sollevata in riferimento all'art. 25, secondo comma, Cost.

P.Q.M.
LA CORTE COSTITUZIONALE

riuniti i giudizi,

dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 69, quarto comma, del codice penale, nella parte in cui prevede il divieto di prevalenza della circostanza attenuante del fatto di lieve entità, introdotta con sentenza n. 86 del 2024 di questa Corte in relazione al delitto di rapina, sulla circostanza aggravante della recidiva reiterata di cui all'art. 99, quarto comma, cod. pen.