Corte costituzionale
Sentenza 28 luglio 2025, n. 136

Presidente: Amoroso - Redattrice: Sandulli M. A.

[...] nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 1, comma 2; 2, commi 1 e 2; 3, commi 1, 2, 3 e 8; 4, commi 1, 2, 3 e 6; 5, commi 1 e 2; 6, comma 2; 7, comma 2; 10, comma 6, e 15, comma 1, lettera b), del decreto-legge 25 giugno 2024, n. 84 (Disposizioni urgenti sulle materie prime critiche di interesse strategico), convertito, con modificazioni, nella legge 8 agosto 2024, n. 115, promosso dalla Regione autonoma della Sardegna con ricorso notificato l'11 ottobre 2024, depositato in cancelleria in pari data, iscritto al n. 38 del registro ricorsi 2024 e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 45, prima serie speciale, dell'anno 2024.

Visto l'atto di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;

udita nell'udienza pubblica del 10 giugno 2025 la Giudice relatrice Maria Alessandra Sandulli;

uditi l'avvocata Alessandra Putzu per la Regione autonoma della Sardegna e gli avvocati dello Stato Maria Gabriella Mangia e Melvio Maugeri per il Presidente del Consiglio dei ministri;

deliberato nella camera di consiglio del 10 giugno 2025.

RITENUTO IN FATTO

1.- Con ricorso depositato l'11 ottobre 2024, iscritto al n. 38 del registro ricorsi 2024,la Regione autonoma della Sardegna ha promosso questioni di legittimità costituzionale di varie disposizioni del decreto-legge 25 giugno 2024, n. 84 (Disposizioni urgenti sulle materie prime critiche di interesse strategico), convertito, con modificazioni, nella legge 8 agosto 2024, n. 115 e, segnatamente, degli artt. 1, comma 2; 2, commi 1 e 2; 3, commi 1, 2, 3 e 8; 4, commi 1, 2, 3 e 6; 5, commi 1 e 2; 6, comma 2; 7, comma 2; 10, comma 6, e 15, comma 1, lettera b).

2.- Con il primo motivo di ricorso, la Regione censura gli artt. 1, comma 2, 2, commi 1 e 2, e 15, comma 1, lettera b), del d.l. n. 84 del 2024, come convertito, in riferimento agli artt. 3, lettere a), h) ed m); 4, lettera a); 6; 14; 46 e 54 della legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3 (Statuto speciale per la Sardegna); in relazione agli artt. 1; 2, comma 2; 3; 6; 8; 9; 21, comma 2, lettere b) e c); 37, commi 1 e 2, lettera d), e 48 del d.P.R. 19 giugno 1979, n. 348 (Norme di attuazione dello Statuto speciale per la Sardegna, in riferimento alla legge 22 luglio 1975, n. 382, e al d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616); in riferimento agli artt. 5; 114; 116; 117, commi primo, terzo, quarto e quinto; 118 e 120, secondo comma, della Costituzione, anche in combinato disposto con l'art. 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione); in relazione agli artt. 6, comma 1, e 8 della legge 5 giugno 2003, n. 131 (Disposizioni per l'adeguamento dell'ordinamento della Repubblica alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3); agli artt. 36, comma 2 (recte: comma 1-bis); 40, commi 3 e 4, e 41 della legge 24 dicembre 2012, n. 234 (Norme generali sulla partecipazione dell'Italia alla formazione e all'attuazione della normativa e delle politiche dell'Unione europea); nonché ai principi di leale collaborazione e ragionevolezza.

In particolare, la Regione contesta l'art. 1, comma 2, nella parte in cui dispone che il d.l. n. 84 del 2024, come convertito, stabilisce «criteri uniformi per assicurare la tempestiva ed efficace realizzazione dei progetti strategici di estrazione, trasformazione o riciclaggio delle materie prime strategiche»; gli artt. 2, commi 1 e 2, e 15, comma1, lettera b), nella parte in cui dispongono che, quando sia presentata alla Commissione europea una domanda di riconoscimento del carattere strategico di un progetto di estrazione, trasformazione o riciclaggio sulla terraferma delle materie prime strategiche, spetti al Comitato interministeriale per la transizione ecologica (d'ora in poi, anche: CITE) pronunciarsi, sentita la regione interessata, sulla sussistenza di eventuali motivi ostativi al suddetto riconoscimento.

La ricorrente precisa preliminarmente di non dolersi della possibilità per lo Stato di stabilire criteri e principi che accelerino la prassi amministrativa, bensì di contestare «il disconoscimento dell'autonomia regionale che si realizza attraverso la previsione di criptiche competenze uniformi che fanno traslare importanti poteri legislativi e amministrativi, di tipo decisionale e procedimentale, dalla Regione autonoma allo Stato, in forza di una legge ordinaria con la quale si pretende di effettuare un'arbitraria modificazione del sistema statutario (in violazione dell'art. 54 statuto speciale)».

Secondo la difesa regionale, le riferite disposizioni detterebbero una disciplina «oltremodo invasiva, in una materia, quale quella in argomento, di stretta competenza legislativa e amministrativa della Regione Sardegna, sancendo illegittimamente che l'Autorità regionale si venga a trovare, nell'esercizio delle sue attribuzioni, in una condizione di subordinazione e strumentalità palesemente lesiva delle proprie prerogative». Nello specifico, esse invaderebbero le competenze legislative conferite alla Regione dal suo statuto speciale nelle materie: «ordinamento degli uffici e degli enti amministrativi della Regione e stato giuridico e economico del personale» (competenza primaria attribuita dall'art. 3, lettera a); «acque minerali e termali» (competenza primaria attribuita dall'art. 3, lettera h); «esercizio dei diritti demaniali e patrimoniali della Regione relativi alle miniere, cave e saline» (competenza primaria attribuita dall'art. 3, lettera m); «industria, commercio ed esercizio industriale delle miniere, cave e saline» (competenza ripartita attribuita dall'art. 4, lettera a), unitamente alle corrispondenti funzioni amministrative (art. 6). Materie in cui, peraltro, la Regione avrebbe già esercitato la suddetta potestà legislativa (legge della Regione Sardegna 11 giugno 1990, n. 16, recante «Adeguamento della struttura amministrativa regionale per l'esercizio delle funzioni in materia di miniere, cave e saline»; legge della Regione Sardegna 7 giugno 1989, n. 30, recante «Disciplina delle attività di cava»; legge della Regione Sardegna 9 agosto 2002, n. 15, recante «Integrazioni e modifiche alla legge regionale 22 aprile 2002, n. 7 [legge finanziaria 2002], alla legge regionale 22 aprile 2002, n. 8 [legge di bilancio] e alla legge 24 aprile 2001, n. 6 [legge finanziaria 2001]», art. 8; e legge della Regione Sardegna 12 giugno 2006, n. 9, recante «Conferimento di funzioni e compiti agli enti locali», art. 23).

In particolare, nell'ambito delle competenze in materia di diritti demaniali e patrimoniali relativi alle miniere, cave e saline, andrebbe ricompresa «la facoltà della Regione Sardegna di vagliare e delineare i motivi di opposizione allo status di progetto strategico da realizzarsi nel suo territorio», che le disposizioni impugnate attribuiscono al CITE, organo a composizione esclusivamente statale. Secondo la ricorrente, la dedotta invasione non potrebbe essere superata «dalla mera previsione di una semplice consultazione ("sentita") della Regione», non essendo «pensabile che le competenze legislative e amministrative attribuite dallo Statuto speciale [...] possano relegarsi ad un mero parere improduttivo di qualsivoglia effetto sulle scelte Statali che, palesemente in spregio all'autonomia costituzionalmente garantita alla Regione (artt. 114 e 116), pongono le decisioni dell'ente autonomo alla stregua di quelle di ente strumentale dello Stato».

2.1.- Sempre con il primo motivo di ricorso, la Regione censura le disposizioni ivi impugnate anche in quanto «lo Stato si sostitui[rebbe] all'amministrazione regionale nell'adottare i provvedimenti necessari senza dovere prendere in considerazione le motivazioni del parere rilasciato dalla Regione autonoma su materie su cui ha esclusiva competenza», violando l'art. 117, commi terzo, quarto e quinto, in combinato disposto con gli artt. 118 e 120, secondo comma, Cost., per come procedimentalizzati dalla legge n. 131 del 2003. Tanto più - aggiunge il ricorso - che il termine di 60 giorni per pronunciarsi su eventuali motivi ostativi «fisserebbe comunque le condizioni per addivenire ad un valutazione concordata e motivata della decisione inerente al riconoscimento dello status di progetto strategico».

2.2.- Con un secondo motivo di ricorso, la Regione, oltre alle disposizioni oggetto del primo motivo, censura, con riferimento ai medesimi parametri statutari e costituzionali (nonché all'art. 1 del decreto legislativo 17 aprile 2001, n. 234, recante «Norme di attuazione dello Statuto speciale della regione Sardegna per il conferimento di funzioni amministrative, in attuazione del Capo I della legge n. 59 del 1997», anche in relazione all'art. 7 del decreto legislativo 30 maggio 2008, n. 117, recante «Attuazione della direttiva 2006/21/CE relativa alla gestione dei rifiuti delle industrie estrattive e che modifica la direttiva 2004/35/CE»), anche gli artt. 3, commi 1, 2, 3 e 8; 4, commi 1, 2, 3 e 6; 5, commi 1 e 2; 6, comma 2; 7, comma 2, e 10, comma 6, del d.l. n. 84 del 2024, come convertito.

In particolare, le censure investono: a) l'art. 3, commi 1, 2, 3 e 8, ove istituisce un punto unico di contatto presso la competente direzione generale del Ministero dell'ambiente e della sicurezza energetica (d'ora in poi, anche: MASE) per il rilascio di ogni titolo abilitativo alla realizzazione dei progetti strategici di estrazione di materie prime critiche strategiche, e dispone che le verifiche di completezza delle istanze siano espletate sentite le altre amministrazioni competenti, senza prevedere che la regione, se interessata, sia coinvolta o sentita nella procedura di rilascio dei titoli abilitativi che prende avvio dalla data di effettuazione di tali verifiche; b) l'art. 4, commi 1, 2, 3 e 6, ove, analogamente, istituisce un punto unico di contatto presso la medesima direzione generale del MASE per il rilascio dell'autorizzazione alla realizzazione di progetti strategici di riciclaggio delle suddette materie, e dispone che le verifiche di completezza delle istanze siano espletate sentite le altre amministrazioni competenti, senza prevedere che la regione, se interessata, sia coinvolta o sentita nella procedura di rilascio che prende avvio dalla data di effettuazione di tali verifiche; nonché ove dispone che le medesime procedure siano applicate quando nel progetto strategico è compresa, oltre all'attività di estrazione o riciclaggio, anche l'attività di trasformazione; c) l'art. 5, commi 1 e 2, ove attribuisce alla competente direzione generale del Ministero delle imprese e del made in Italy il potere di convocare la conferenza di servizi e adottare l'autorizzazione unica per i progetti strategici di trasformazione delle stesse materie (richiamando l'art. 13 del decreto-legge 10 agosto 2023, n. 104, recante «Disposizioni urgenti a tutela degli utenti, in materia di attività economiche e finanziarie e investimenti strategici», convertito, con modificazioni, nella legge 9 ottobre 2023, n. 136, unicamente nel suo comma 6 e non anche nei commi 1, 2 e 3, che «avrebbero garantito una leale collaborazione tra Stato e Regione nella fase di attuazione ed esecuzione del Regolamento n. 2024/1252/UE»); d) l'art. 6, comma 2, ove attribuisce al CITE l'approvazione del Piano nazionale delle materie prime critiche, senza prevedere un coinvolgimento della regione e/o della Conferenza Stato-Regioni; e) gli artt. 10, comma 6, e 15, comma 1, lettera b), ove attribuiscono al medesimo Comitato, sentite le regioni interessate, l'approvazione del Programma nazionale di esplorazione delle materie prime critiche; f) l'art. 7, comma 2, ove dispone che, ai fini dell'avvio dell'attività, il permesso di ricerca relativo a materie prime strategiche è comunicato al punto unico di contatto presso la direzione generale competente del MASE, senza prevedere che la regione, quando interessata, sia coinvolta o informata della procedura amministrativa di avvio delle attività di ricerca.

La ricorrente ribadisce gli argomenti dedotti con il primo motivo, rilevando che gli artt. 6, comma 2; 10, comma 6, e 15, comma 1, lettera b), del d.l. n. 84 del 2024, come convertito, nella parte in cui conferiscono al CITE i suddetti poteri di approvazione, sarebbero lesivi delle competenze attribuite alla Regione dall'art. 8 del d.P.R. n. 348 del 1979 e comunque in contrasto con le norme che le conferiscono la «competenza esclusiva sull'estrazione, riciclaggio e trasformazione delle materie minerarie e relativa industrializzazione».

Con riferimento alle competenze legislative e amministrative in materia di riciclaggio, il ricorso aggiunge che la Regione le avrebbe già esercitate con l'art. 36 della legge reg. Sardegna n. 30 del 1989 e che, in ogni caso, il d.lgs. n. 117 del 2008, all'art. 7, già disciplinerebbe la procedura delle autorizzazioni all'attività di riciclo e trasformazione dei rifiuti di estrazione, che, ai sensi del d.lgs. n. 234 del 2001, si applicherebbe «anche alla regione e agli enti locali della Regione Sardegna».

2.3.- La Regione censura le disposizioni impugnate anche con riferimento all'art. 117, primo comma, Cost., per contrasto con i vincoli derivanti dal regolamento n. 2024/1252/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 aprile 2024, che «istituisce un quadro atto a garantire un approvvigionamento sicuro e sostenibile di materie prime critiche e che modifica i regolamenti (UE) n. 168/2013, (UE) 2018/858, (UE) 2018/1724 e (UE) 2019/1020)». Dai considerando n. 29 e n. 35 e dagli artt. 2, paragrafo 1, numero 20, 7, paragrafo 1, 9, paragrafi 1, 2 e 3, 12, paragrafo 2 (recte: art. 10, paragrafo 3) e 13 del suddetto regolamento non si evincerebbero, infatti, né esigenze di chiamata in sussidiarietà, né (esigenze) di tempistiche particolarmente stringenti, sicché «l'applicazione dei procedimenti amministrativi [...] già in essere nell'ordinamento regionale non [avrebbe] ostacolato l'adempimento delle tempistiche regolamentari». Secondo la Regione, il regolamento prefigurerebbe una procedura di rilascio delle autorizzazioni rispettosa del sistema di riparto delle competenze statali e regionali, in quanto, a differenza delle disposizioni impugnate, non contemplerebbe un punto unico di contatto che, «in totale solitudine, decida sul rilascio di tutte le autorizzazioni della procedura in spregio agli ordinamenti e alle competenze costituzionalmente garantite dal diritto degli Stati membri», ma un punto unico di contatto deputato a «facilitare e coordinare» la procedura di rilascio delle autorizzazioni nel rispetto del diritto nazionale e comunitario e di tutte le autorità interessate a livello locale, regionale o nazionale, o a qualsiasi altro livello amministrativo. In ogni caso il regolamento non imporrebbe l'istituzione a livello nazionale di un unico punto di contatto, ma consentirebbe (a garanzia di una corretta attuazione dell'esigenza partecipativa dei diversi livelli di governo) «l'istituzione o la designazione di una o più autorità quali punti di contatto unici».

2.4.- Con un terzo motivo di ricorso, la Regione censura le disposizioni impugnate anche con specifico riferimento ai principi di buon andamento della pubblica amministrazione (art. 97 Cost.) e ragionevolezza, poiché avrebbero creato una nuova autorità che duplica uffici amministrativi già esistenti e operanti in Sardegna a livello regionale, senza apportare alcuna semplificazione dell'attività amministrativa, come dimostrerebbe la riduzione delle competenze amministrative e legislative in materie da sempre esercitate dalla Regione.

3.- Con atto depositato il 18 novembre 2024 si è costituito in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che il ricorso fosse dichiarato inammissibile e comunque infondato.

Il resistente premette che il d.l. n. 84 del 2024, come convertito, è stato emanato per dare immediata attuazione al regolamento n. 2024/1252/UE, con l'esplicito obiettivo di «rafforzare le capacità dell'Unione lungo le diverse fasi della catena del valore (estrazione, trasformazione o riciclaggio), allo scopo di rendere l'industria più resiliente e meno dipendente da paesi terzi» e di individuare a tal fine progetti strategici che potranno beneficiare di una riduzione degli oneri amministrativi e dei termini delle procedure di autorizzazione.

Il d.l. n. 84 del 2024, come convertito, è, quindi, volto a «superare la frammentazione normativa in materia di ricerca, coltivazione ed estrazione mineraria, ad oggi di competenza regionale ma che, in quanto disorganica e disomogenea, rischiava di compromettere l'approvvigionamento delle materie prime critiche», nonché a dare nuovo impulso al settore minerario, relativamente agli aspetti afferenti all'approvvigionamento delle materie prime critiche, «riportando a livello statale la competenza in materia di autorizzazioni e concessioni relative alla ricerca, all'estrazione, alla trasformazione e al riciclo di materie prime strategiche, così da rafforzare le diversi fasi della catena del valore di approvvigionamento e promuovere un ecosistema di materie prime sostenibile e diversificato». In particolare, la normativa statale, in linea con l'indicato regolamento UE, avrebbe istituito «una governance ad hoc attraverso un sistema di sussidiarietà verticale che incentra in capo allo Stato alcune competenze relativamente ai progetti riconosciuti come strategici, tra cui il potere di rilascio delle autorizzazioni per la ricerca, l'estrazione, la trasformazione mineraria e il riciclaggio», mentre i rimanenti progetti, che non sono riconosciuti come strategici, continuerebbero a seguire l'ordinario riparto di competenze tra Stato e regione.

3.1.- Secondo l'Avvocatura, le disposizioni impugnate non lederebbero le competenze regionali in quanto, come può evincersi anche dal suddetto regolamento UE, la normativa oggetto di scrutinio sarebbe riconducibile a diverse materie assegnate dall'art. 117 Cost. alla legislazione esclusiva dello Stato, quali la difesa e la sicurezza dello Stato (considerando n. 2), la tutela del risparmio, dei mercati finanziari e della concorrenza (considerando n. 3) e la tutela dell'ambiente e dell'ecosistema (considerando n. 34).

Poiché l'intervento normativo risulterebbe ricompreso in via prevalente in materie di competenza statale, in base al criterio di prevalenza sarebbe lo Stato il soggetto titolare della relativa potestà legislativa. Conseguentemente, eventuali competenze regionali dovrebbero recedere in presenza «di quelle esigenze di unitarietà» che giustificherebbero la competenza statale. In altri termini, non vi sarebbe dubbio che la «preminenza degli interessi statali» e la «conseguente necessità di garantire l'unitarietà dell'azione amministrativa» richiedano una «disciplina uniforme per tutto il territorio nazionale delle funzioni disciplinate dal DL n. 84 del 2024». Le disposizioni impugnate recherebbero peraltro norme fondamentali di riforma economico-sociale, che rappresentano un limite per la competenza legislativa della Regione autonoma della Sardegna.

Le richiamate esigenze di unitarietà legittimerebbero anche l'accentramento in capo allo Stato delle competenze amministrative oggetto di contestazione da parte della Regione.

A ciò si aggiunge che le disposizioni impugnate, in forza della loro diretta derivazione dal diritto dell'Unione europea, devono «rispettare anche i relativi vincoli, riconducibili al limite degli obblighi internazionali previsto dagli statuti speciali».

3.2.- L'atto di costituzione dello Stato nega altresì che tali disposizioni contrastino con il regolamento n. 2024/1252/UE, come può evincersi da alcuni dei suoi considerando (in particolare, si citano i considerando n. 26, n. 28, n. 29 e n. 32). Rileva poi che la normativa censurata assicura comunque il coinvolgimento delle regioni. Infatti, il Comitato tecnico per le materie prime e strategiche di cui all'art. 6 del d.l. n. 84 del 2024, come convertito, - che predispone e sottopone al CITE il Piano nazionale delle materie prime critiche - è composto non solo da rappresentanti delle amministrazioni statali, ma anche da «tre rappresentanti della Conferenza unificata, di cui due nominati dalle Regioni e dalle Provincie autonome di Trento e di Bolzano tra i rappresentanti delle stesse». Altre disposizioni prevedono che le regioni siano «sentite», sia pur attraverso pareri non vincolanti (artt. 1, comma 2; 3, commi 3 e 9, e 6, comma 3). Sotto questo profilo, la memoria osserva che l'eventuale previsione di pareri vincolanti avrebbe svuotato «di significato l'intero impianto normativo contenuto nel decreto-legge in esame, determinando il ritorno ad una procedura estremamente frammentaria, come tale potenzialmente inidonea ad assicurare il rispetto degli obblighi imposti a livello unionale». Aggiunge inoltre la difesa dello Stato che il Programma nazionale di esplorazione è approvato dal CITE, sentito il presidente della giunta della regione interessata, ai sensi dell'art. 57-bis del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Norme in materia ambientale), così come modificato dall'art. 15 del d.l. n. 84 del 2024, come convertito. Quanto alla procedura di cui all'art. 7 di tale decreto-legge, relativa al rilascio dei permessi di ricerca, la gestione da parte di organi a composizione statale assicurerebbe «l'uniformità e rapidità della stessa in linea con l'articolo 118, comma 1, della Costituzione e con il principio di sussidiarietà da esso richiamato».

4.- Nelle memorie depositate in vista dell'udienza pubblica le parti hanno insistito nelle rispettive conclusioni.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1.- Con il ricorso indicato in epigrafe (reg. ric. n. 38 del 2024), la Regione autonoma della Sardegna ha promosso questioni di legittimità costituzionale di varie disposizioni del d.l. n. 84 del 2024, come convertito, e, segnatamente, degli artt. 1, comma 2; 2, commi 1 e 2; 3, commi 1, 2, 3 e 8; 4, commi 1, 2, 3 e 6; 5, commi 1 e 2; 6, comma 2; 7, comma 2; 10, comma 6, e 15, comma 1, lettera b).

1.1.- Con i primi due motivi di ricorso, la Regione denuncia l'illegittimità costituzionale delle disposizioni impugnate in riferimento agli artt. 3, lettere a), h) ed m); 4, lettera a); 6; 14; 46 e 54 dello statuto speciale; in relazione agli artt. 1; 2, comma 2; 3; 6; 8; 9; 21, comma 2, lettere b) e c); 37, commi 1 e 2, lettera d), e 48 del d.P.R. n. 348 del 1979; in riferimento agli artt. 5; 114; 116; 117, commi primo, terzo, quarto e quinto; 118 e 120, secondo comma, Cost., anche in combinato disposto con l'art. 10 della legge cost. n. 3 del 2001; e in relazione agli artt. 6, comma 1, e 8 della legge n. 131 del 2003; agli artt. 36, comma 1-bis; 40, commi 3 e 4; e 41 della legge n. 234 del 2012; nonché in riferimento ai principi di leale collaborazione e ragionevolezza.

In violazione degli indicati parametri, le suddette disposizioni lederebbero le competenze legislative attribuite alla Regione dal suo statuto speciale nelle materie: «ordinamento degli uffici e degli enti amministrativi della Regione e stato giuridico e economico del personale», «acque minerali e termali», «esercizio dei diritti demaniali e patrimoniali della Regione relativi alle miniere, cave e saline», «industria, commercio ed esercizio industriale delle miniere, cave e saline»; nonché le competenze amministrative attribuitele dallo stesso statuto e dalle relative norme di attuazione nelle indicate materie, senza peraltro garantire, in alcuni casi, un coinvolgimento, e, in altri casi, un adeguato coinvolgimento, della Regione nel loro concreto esercizio. Le medesime disposizioni violerebbero anche il regolamento n. 2024/1252/UE, in quanto lo stesso «non dispone di annientare le autonomie locali costituzionalmente istituite negli Stati membri».

1.2.- Con il terzo motivo di ricorso, la Regione ha impugnato le suddette disposizioni anche con riferimento ai principi di buon andamento della pubblica amministrazione (art. 97 Cost.) e di ragionevolezza, perché avrebbero creato una nuova autorità (il punto unico di contatto) che duplica uffici amministrativi già esistenti e operanti in Sardegna a livello regionale, senza apportare alcuna semplificazione all'attività amministrativa.

1.3.- Il Presidente del Consiglio dei ministri, costituitosi in giudizio, ha confutato le riferite censure, sostenendo che le disposizioni impugnate sarebbero riconducibili a materie attribuite dall'art. 117 Cost. alla legislazione esclusiva dello Stato, quali la difesa e la sicurezza dello Stato, la tutela del risparmio, dei mercati finanziari e della concorrenza, la tutela dell'ambiente e dell'ecosistema e rileverebbero altresì come norme fondamentali di riforma economico-sociale. La «preminenza degli interessi statali» e la «conseguente necessità di garantire l'unitarietà dell'azione amministrativa», giustificherebbero anche l'accentramento in capo allo Stato delle corrispondenti competenze amministrative. Inoltre, non sarebbe ravvisabile alcun contrasto con il regolamento n. 2024/1252/UE, al quale il d.l. n. 84 del 2024, come convertito, darebbe corretta attuazione nell'ordinamento nazionale.

2.- In via preliminare, deve essere dichiarata l'inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale promosse, tra le altre, con i primi due motivi di ricorso, in riferimento agli artt. 117, commi terzo, quarto e quinto, 118, 120, secondo comma, Cost., in combinato disposto con l'art. 10 della legge cost. n. 3 del 2001; agli artt. 6, comma 1, e 8, della legge n. 131 del 2003 e agli artt. 36, comma 1-bis; 40, commi 3 e 4; e 41 della legge n. 234 del 2012. Parimenti inammissibili sono le questioni poste, con il terzo motivo di ricorso, con riferimento ai principi di ragionevolezza e di buon andamento (art. 97 Cost.).

Parametri, questi, che il ricorso si limita a evocare, senza assolvere l'onere argomentativo necessario affinché questa Corte possa valutare nel merito le censure prospettate.

Secondo la costante giurisprudenza costituzionale, invero, «il ricorrente ha l'onere di individuare le disposizioni impugnate e i parametri costituzionali dei quali denunzia la violazione, proponendo una motivazione che non sia meramente assertiva, ma contenga una specifica e congrua indicazione delle ragioni per le quali vi sarebbe il contrasto con i parametri evocati, con il sostegno di una sintetica argomentazione di merito» (sentenza n. 28 del 2025).

3.- Prima di procedere all'esame nel merito delle altre questioni promosse con i primi due motivi di ricorso, è opportuno inquadrare il contesto in cui è maturata l'adozione del d.l. n. 84 del 2024.

3.1.- L'approvvigionamento sicuro e sostenibile delle materie prime critiche è oggetto di specifica attenzione da parte dell'Unione europea, che si è tradotta nell'adozione del regolamento n. 2024/1252/UE. Con l'espresso richiamo all'art. 114 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, il suddetto regolamento opera come misura di ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri ai fini del corretto funzionamento del mercato interno.

Esso si occupa di materie prime non energetiche e non agricole, quali, tra le molte, bauxite, rame, litio, nichel, tungsteno, qualificate come materie prime strategiche e materie prime critiche, secondo quanto rispettivamente indicato nei suoi Allegati I e II.

Le ragioni di una disciplina sull'approvvigionamento sicuro e sostenibile di tali materie prime sono chiarite in alcuni "considerando" del regolamento, che possono così sintetizzarsi: i) esiste una serie di materie prime non energetiche e non agricole, considerate critiche per la loro grande importanza economica, ossia per il ruolo fondamentale che assumono «nella realizzazione delle transizioni verde e digitale» e per il loro «significativo» utilizzo in applicazioni di difesa e aerospaziali» e in settori strategici quali le «energie rinnovabili» e l'«industria digitale» (considerando n. 1 e n. 2); ii) in un contesto di crescenti tensioni geopolitiche e di una sempre più forte concorrenza per le risorse, il rischio di perturbazioni nell'approvvigionamento di tali materie è destinato ad aumentare, anche a causa di «azioni non coordinate da parte degli Stati membri», che rischiano di «compromettere il funzionamento del mercato interno» e di «falsare la concorrenza» (considerando n. 2 e n. 3); iii) per salvaguardare il funzionamento del mercato interno, garantire la sicurezza dell'approvvigionamento delle materie prime critiche e salvaguardare la resilienza economica e l'autonomia strategica dell'Unione, è pertanto necessario istituire un quadro comune, che definisca tali materie, individui e sostenga i progetti aventi ad oggetto la loro «estrazione», «trasformazione» o «riciclaggio», li riconosca come strategici e di pubblico interesse; e, iv) per garantire lo sviluppo di progetti strategici in tutta l'Unione, essi «dovrebbero beneficiare di procedure di autorizzazione semplificate e prevedibili e di un sostegno nell'accesso ai finanziamenti», che al contempo assicurino un «livello elevato di protezione ambientale e consent[ano] lo sfruttamento sostenibile delle potenzialità dell'Unione lungo la catena del valore delle materie prime» (considerando n. 4, n. 14, n. 24, n. 25, n. 26 e n. 27).

In sostanza, il regolamento n. 2024/1252/UE intende garantire l'autosufficienza dell'Unione europea nell'approvvigionamento delle materie prime critiche, per ridurne la dipendenza da Paesi terzi e rafforzarne l'autonomia strategica e la resilienza economica, oltre che per assicurare una più efficace gestione o reazione alle crisi, particolarmente necessaria nell'attuale contesto di tensioni geopolitiche. Come altri recenti interventi a livello eurounitario, il regolamento mira, quindi, a perseguire e tutelare la sicurezza dell'Unione, secondo un concetto di sicurezza in rapida e continua evoluzione, che non si esaurisce nella dimensione prettamente difensiva sul piano militare, ma si estende alla dimensione economica, sociale e tecnologica, nella prospettiva di un sistema capace di assolvere alle sue funzioni essenziali in maniera autonoma e autosufficiente. In quest'ottica, la realizzazione dei progetti strategici assume una rilevanza decisiva tale da richiedere procedure ad hoc rapide e uniformi, quali appunto quelle contemplate dal regolamento.

Il quadro che emerge dai riportati "considerando" è ribadito dall'art. 1 del regolamento, il quale precisa che l'obiettivo dell'intervento è quello «di migliorare il funzionamento del mercato interno istituendo un quadro atto a garantire l'accesso dell'Unione a un approvvigionamento sicuro, resiliente e sostenibile di materie prime critiche, anche favorendo l'efficienza e la circolarità lungo tutta la catena del valore» e che, di conseguenza, è necessario stabilire misure volte a: «a) ridurre il rischio di perturbazioni dell'approvvigionamento relative alle materie prime critiche suscettibili di falsare la concorrenza e frammentare il mercato interno, in particolare individuando e sostenendo progetti strategici che contribuiscono a ridurre le dipendenze e a diversificare le importazioni e compiendo sforzi per incentivare il progresso tecnologico e l'efficienza delle risorse al fine di moderare l'aumento previsto del consumo di materie prime critiche nell'Unione; b) migliorare la capacità dell'Unione di monitorare e attenuare il rischio di approvvigionamento connesso alle materie prime critiche; c) garantire la libera circolazione delle materie prime critiche e dei prodotti contenenti materie prime critiche immessi sul mercato dell'Unione assicurando al contempo un livello elevato di protezione dell'ambiente e di sostenibilità, anche attraverso il miglioramento della loro circolarità».

Più in dettaglio, il regolamento stabilisce che il «progetto relativo alle materie prime critiche» è «qualsiasi impianto pianificato o espansione significativa pianificata o riconversione di un impianto esistente attivo nell'estrazione, nella trasformazione o nel riciclaggio di materie prime critiche» (art. 2, numero 14) e che sono riconosciuti "strategici" i progetti di estrazione, trasformazione o riciclaggio che soddisfano specifici criteri, tra i quali la fattibilità entro un tempo ragionevole e la sostenibilità della relativa attuazione «in particolare per quanto riguarda il monitoraggio, la prevenzione e la riduzione al minimo degli impatti ambientali»; «l'uso di pratiche commerciali trasparenti con idonee politiche di conformità volte a prevenire e ridurre al minimo i rischi di impatti negativi sul corretto funzionamento della pubblica amministrazione, tra i quali la corruzione e la concussione» (art. 6).

Quanto agli aspetti procedurali, il regolamento dispone che la domanda di riconoscimento della strategicità di un progetto di estrazione, trasformazione o riciclaggio di materie prime critiche è presentata alla Commissione europea (art. 7); che, una volta riconosciuto il carattere strategico del progetto, gli Stati membri attuano le procedure di rilascio delle autorizzazioni attraverso una o più autorità designate quali «punti di contatto unici», con l'incarico di «facilitare e coordinare la procedura di rilascio delle autorizzazioni per i progetti relativi a materie prime critiche», garantendo che le procedure si svolgano nel modo più rapido possibile entro termini predefiniti, con l'acquisizione delle eventuali valutazioni ambientali (artt. 9, 10, 11 e 12; si vedano anche i considerando n. 28, n. 29 e n. 34); che ciascuno Stato membro, nell'ambito delle rispettive funzioni di pianificazione, è chiamato a valutare la possibilità di includere nei relativi strumenti disposizioni per l'elaborazione di progetti relativi a materie prime critiche, nonché a elaborare un Programma nazionale di esplorazione generale per le stesse, che può includere misure di mappatura dei minerali, indagini geoscientifiche, elaborazione dati, contribuendo a incrementare le informazioni disponibili sulla presenza di materie prime critiche nell'Unione (artt. 13 e 19).

L'estrema importanza dei progetti strategici è ulteriormente confermata dalle disposizioni che demandano alla Commissione europea il compito di intraprendere attività «volte ad accelerare e incentivare gli investimenti privati in progetti strategici», con la precisazione che esse «possono, fatti salvi gli articoli 107 e 108 TFUE, includere l'erogazione e il coordinamento di un sostegno a favore di progetti strategici che abbiano difficoltà ad accedere ai finanziamenti» (art. 15).

3.2.- Il d.l. n. 84 del 2024, come convertito, ha inteso dare immediata attuazione al suddetto regolamento nell'ordinamento interno, nelle more dell'adozione di una disciplina organica del settore delle materie prime critiche. Il suo art. 1 dispone, infatti, che il medesimo decreto-legge «definisce, nelle more di una disciplina organica del settore delle materie prime critiche, misure urgenti finalizzate all'attuazione di un sistema di governo per l'approvvigionamento sicuro e sostenibile delle materie prime critiche considerate "strategiche" ai sensi degli articoli 3, paragrafo 1, e 4, paragrafo 1, del regolamento n. 2024/1252/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 aprile 2024, in ragione del ruolo fondamentale delle stesse nella realizzazione delle transizioni verde e digitale e nella salvaguardia della resilienza economica e dell'autonomia strategica» (comma 1), precisando che «[i]n ragione del preminente interesse nazionale nell'approvvigionamento delle materie prime critiche strategiche di cui al comma 1 e considerata la necessità di garantire sul territorio nazionale il raggiungimento degli obiettivi previsti dal regolamento (UE) 2024/1252, le disposizioni di cui al presente decreto stabiliscono criteri uniformi per assicurare la tempestiva e efficace realizzazione dei progetti di cui all'articolo 2» (comma 2) e che «[l]e disposizioni del presente decreto si applicano nelle regioni a statuto speciale e nelle province autonome di Trento e di Bolzano, compatibilmente con le disposizioni dei rispettivi statuti e le relative norme di attuazione» (comma 3).

In sostanza, per il raggiungimento degli obiettivi posti dal regolamento, il d.l. n. 84 del 2024, come convertito, è volto a stabilire dei «criteri uniformi» ai fini di una «tempestiva e efficace» realizzazione dei progetti strategici di estrazione, riciclaggio o trasformazione di materie prime critiche strategiche, ribadendo il ruolo fondamentale delle stesse nella realizzazione della transizione verde e digitale e nella salvaguardia della resilienza economica e dell'autonomia strategica.

4.- Passando al merito, come sopra esposto (punti 2, 2.1. e 2.2. del Ritenuto in fatto), con i primi due motivi di ricorso la Regione contesta innanzitutto l'invasione da parte di tutte le disposizioni impugnate delle competenze legislative riconosciutele dagli artt. 3, lettere a), h) ed m), e 4, lettera a), dello statuto speciale, rispettivamente, nelle materie: «ordinamento degli uffici e degli enti amministrativi della Regione e stato giuridico e economico del personale», «acque minerali e termali», «esercizio dei diritti demaniali e patrimoniali della Regione relativi alle miniere, cave e saline», «industria, commercio ed esercizio industriale delle miniere, cave e saline»; e delle corrispondenti competenze amministrative attribuitele dall'art. 6 del medesimo statuto e dalle relative norme di attuazione. La Regione lamenta altresì che le suddette funzioni verrebbero esercitate dallo Stato, in alcuni casi, senza alcun coinvolgimento della regione e, in altri casi, in assenza di un adeguato coinvolgimento della stessa, in violazione degli artt. 118 e 120, secondo comma, Cost., anche in relazione agli artt. 6, comma 1, e 8 della legge n. 131 del 2003 e agli artt. 36, comma 1-bis, 40, commi 3 e 4, e 41 della legge n. 234 del 2012.

Le disposizioni impugnate sarebbero costituzionalmente illegittime anche per contrasto con gli artt. 5, 114 e 116 Cost., nonché con gli artt. 14, 46 e 54 dello statuto.

4.1.- Le questioni non sono fondate, in quanto la potestà legislativa statale di cui sono espressione le disposizioni impugnate è stata esercitata in attuazione e nel rispetto dei vincoli derivanti dall'ordinamento eurounitario e si sostanzia nell'adozione di norme fondamentali di riforma economico-sociale, che sono peraltro riconducibili a materie di competenza legislativa esclusiva dello Stato a carattere trasversale.

4.2.- Merita in primo luogo ribadire che il regolamento n. 2024/1252/UE risponde alla finalità di ravvicinare le legislazioni degli Stati membri e mette in risalto l'estrema rilevanza degli obiettivi perseguiti dall'Unione in termini di sicurezza dell'approvvigionamento di materie prime strategiche e salvaguardia del funzionamento del mercato interno, sul presupposto che i progetti strategici siano funzionali e determinanti per salvaguardare la «resilienza economica e l'autonomia strategica aperta dell'Unione» (considerando n. 4). Obiettivi il cui raggiungimento è, nell'attuale contesto geopolitico, sempre più urgente e ineludibile. La riferita finalità di ravvicinamento riflette la consapevolezza che un ambito essenziale per l'economia europea, e, più in generale, per la sicurezza dell'Unione nel più ampio concetto dinanzi illustrato, debba essere oggetto di una disciplina uniforme negli Stati membri, sicché i richiamati obiettivi «non possono essere conseguiti in misura sufficiente [da questi ultimi], ma, a motivo della loro portata e dei loro effetti, possono essere conseguiti meglio a livello di Unione» (considerando n. 74).

Pertanto, ferma restando la diretta applicabilità del regolamento, la fonte più idonea a darvi attuazione nell'ordinamento interno è un atto legislativo statale, in quanto eventuali interventi regionali limitati ai rispettivi territori rischierebbero di non raggiungere gli obiettivi e perpetrare quell'eterogeneità e difetto di coordinamento che il diritto dell'Unione si propone di eliminare. D'altro canto, i limiti derivanti dall'ordinamento eurounitario operano anche nei confronti delle competenze legislative delle regioni speciali, i cui statuti, ivi compreso quello della Regione autonoma della Sardegna, vincolano l'esercizio della relativa potestà legislativa, anche primaria, al rispetto degli «obblighi internazionali», che, nell'odierno contesto, si intendono riferiti anche ai vincoli derivanti dal diritto dell'Unione (sentenza n. 286 del 2005).

4.3.- In secondo luogo, rispetto alle attribuzioni statutarie, le disposizioni impugnate sono qualificabili come norme fondamentali di riforma economico-sociale, che lo stesso Statuto pone come limite alla potestà - primaria e ripartita - della Regione (artt. 3 e 4). Per costante giurisprudenza costituzionale, queste ultime si caratterizzano per un triplice profilo: «a) si deve trattare di norme legislative dello Stato che - in considerazione del contenuto, della motivazione politico-sociale e degli scopi che si prefiggono - presentino un carattere riformatore, diretto a incidere significativamente nel tessuto normativo dell'ordinamento giuridico o nella vita della nostra comunità giuridica nazionale (v., spec., sent. n. 219 del 1984); b) le stesse leggi, tenuto conto della tavola di valori costituzionali, devono avere ad oggetto settori o beni della vita economico-sociale di rilevante importanza, quali, ad esempio, "la soddisfazione di un bisogno primario o fondamentale dei cittadini" (sent. n. 4 del 1964) o un "essenziale settore economico del paese" (sentt. n. 13 del 1964, e, analogamente, n. 219 del 1984); c) si deve trattare, inoltre, di "norme fondamentali", vale a dire della posizione di norme-principio o della disciplina di istituti giuridici - nonché delle norme legate con queste da un rapporto di coessenzialità o di necessaria integrazione - che rispondano complessivamente ad un interesse unitario ed esigano, pertanto, un'attuazione su tutto il territorio nazionale (sent. n. 160 del 1969) [...].» (sentenza n. 1033 del 1988).

Il d.l. n. 84 del 2024, come convertito, soddisfa i surrichiamati criteri in quanto presenta un carattere riformatore diretto a incidere nella «vita della nostra comunità giuridica», nella misura in cui delinea un «sistema di governo per l'approvvigionamento sicuro e sostenibile delle materie prime critiche considerate "strategiche"»; riguarda un bene della vita economica e sociale di rilevante importanza, dal momento che, come già precisato, le materie prime critiche di interesse strategico rivestono un ruolo fondamentale nella realizzazione delle transizioni verde e digitale e sono utilizzate in applicazioni di difesa e aerospaziali e in settori strategici della filiera industriale, come le energie rinnovabili e l'industria digitale; risponde a un interesse unitario che non può subire differenziazioni regionali. Merita al riguardo segnalare che, nella sentenza n. 112 del 2011, richiamata anche nella memoria di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri, questa Corte ha qualificato come norme fondamentali di riforma economico-sociale alcune disposizioni del decreto legislativo 11 febbraio 2010, n. 22 (Riassetto della normativa in materia di ricerca e coltivazione delle risorse geotermiche, a norma dell'articolo 27, comma 28, della legge 23 luglio 2009, n. 99), rilevando che tali disposizioni «hanno ad oggetto la gestione e l'utilizzazione delle risorse geotermiche, disciplinandone la ricerca, la coltivazione ed il loro inserimento nel piano energetico nazionale, si innestano nel quadro di una vera e propria rivoluzione della politica energetica, che finora ha visto nella combustione del carburante, e quindi in un fenomeno altamente inquinante, il principale strumento per la produzione di energia» e che «[d]i conseguenza, esse hanno certamente il valore di una "riforma economico-sociale" di rilevante importanza e, indipendentemente dal problema delle situazioni dominicali, debbono essere osservate anche dalle Regioni a statuto speciale e dalle Province autonome, titolari di competenze primarie in tema di "miniere"».

Quali norme fondamentali di riforma economico-sociale, le disposizioni impugnate vincolano le potestà legislative conferite dallo statuto alla Regione, operando come limite al relativo esercizio (sentenze n. 22 del 2025, 112 del 2011 e n. 170 del 2001). Nel disciplinare il procedimento di riconoscimento del carattere strategico dei progetti (artt. 2, commi 1 e 2, e 15, comma 1, lettera b), le procedure di rilascio dei titoli abilitativi per i progetti strategici (artt. 3, commi 1, 2, 3 e 8; 4, commi 1, 2, 3 e 6; 5, commi 1 e 2), l'avvio dell'attività di ricerca di materie prime critiche e la pianificazione e programmazione nazionale delle suddette materie (artt. 6, comma 2; 10, comma 6; 15, comma 1, lettera b), infatti, le disposizioni impugnate rappresentano lo strumento attraverso il quale il legislatore statale ha inteso assicurare il raggiungimento degli obiettivi fissati dal regolamento n. 2024/1252/UE per garantire l'indispensabile approvvigionamento sicuro e sostenibile di materie fondamentali per l'autonomia strategica e la resilienza economica dell'Unione europea e dei suoi Stati membri.

4.4.- L'insussistenza della lamentata lesione delle potestà legislative regionali è confermata anche dalla riconducibilità delle disposizioni impugnate a materie di competenza legislativa esclusiva dello Stato, quali, in primis, la tutela della concorrenza e quella dell'ambiente e dell'ecosistema.

4.4.1.- Come si è già esposto, nell'obiettivo di garantire il corretto funzionamento del mercato interno, il regolamento appronta una disciplina uniforme sull'approvvigionamento delle materie prime critiche, al fine di evitare che «azioni non coordinate da parte degli Stati membri [rischino] di falsare la concorrenza e di frammentare il mercato interno, ad esempio imponendo una regolamentazione divergente agli operatori di mercato, fornendo livelli diversi di accesso al monitoraggio del rischio di approvvigionamento, fornendo livelli diversi di sostegno ai progetti nazionali o creando ostacoli agli scambi transfrontalieri di materie prime critiche o di beni correlati tra Stati membri, creando così ostacoli al corretto funzionamento del mercato interno» (così, considerando n. 3; si veda anche considerando n. 2 e art. 1).

Dal suo canto, il d.l. n. 84 del 2024, come convertito, all'art. 1, dichiara esplicitamente di stabilire criteri uniformi per assicurare la tempestiva ed efficace realizzazione dei progetti di cui all'art. 2, «considerata la necessità di garantire sul territorio nazionale il raggiungimento degli obiettivi previsti dal regolamento (UE) 2024/1252», tra cui, appunto, quello di migliorare il funzionamento del mercato interno attraverso procedure uniformi che impediscano una frammentazione del mercato e un'alterazione della concorrenza. Per raggiungere tale obiettivo, il decreto-legge contempla anche apposite misure di sostegno all'attività di approvvigionamento, disponendo che il Fondo nazionale del made in Italy sia destinato anche ad attività di estrazione e trasformazione di materie prime critiche (art. 13).

Le disposizioni impugnate afferiscono quindi, per oggetto, ratio e finalità, alla tutela della concorrenza, attribuita dall'art. 117, primo comma, lettera e), Cost. alla competenza legislativa esclusiva dello Stato, in quanto, nel dettare una disciplina uniforme sull'approvvigionamento delle materie prime critiche strategiche, esse sono direttamente strumentali a garantire il corretto funzionamento del mercato interno. È opportuno, al riguardo, rilevare che, nella giurisprudenza costituzionale, la tutela della concorrenza è vista come «una delle leve della politica economica statale» e non può pertanto «essere intesa soltanto in senso statico, come garanzia di interventi di regolazione e ripristino di un equilibrio perduto», quanto piuttosto anche «in quell'accezione dinamica, ben nota al diritto comunitario, che giustifica misure pubbliche volte a ridurre squilibri, a favorire le condizioni di un sufficiente sviluppo del mercato o ad instaurare assetti concorrenziali» (sentenza n. 14 del 2004). Le disposizioni impugnate rientrano nella descritta accezione di concorrenza, in quanto mirano a rafforzare e potenziare l'approvvigionamento delle materie prime critiche di interesse strategico, sia nella fase della mappatura e raccolta delle informazioni geologiche sia nella fase della concreta realizzazione dei progetti strategici, nell'intento di creare le condizioni necessarie per il corretto funzionamento del mercato, con le relative conseguenze sullo sviluppo degli scambi transfrontalieri di tali materie.

4.4.2.- Il d.l. n. 84 del 2024, come convertito, riguarda anche la tutela dell'ambiente e dell'ecosistema, attribuita alla competenza legislativa esclusiva statale dall'art. 117, secondo comma, lettera s), Cost.

Il ruolo centrale dell'ambiente nell'impostazione del regolamento emerge nitidamente dai considerando n. 1, n. 2, n. 25 e n. 34, oltre che dai suoi artt. 1 e 6 e si riflette anche nel d.l. n. 84 del 2024, come convertito, che, in quanto attuativo del regolamento, ne recepisce gli obiettivi, espressamente proponendosi di definire «misure urgenti finalizzate all'attuazione di un sistema di governo per l'approvvigionamento sicuro e sostenibile delle materie prime critiche considerate "strategiche"» ai sensi del suddetto regolamento, «in ragione del ruolo fondamentale delle stesse nella realizzazione delle transizioni verde e digitale e nella salvaguardia della resilienza economica e dell'autonomia strategica» (art. 1). E si coglie anche laddove il decreto, sempre in conformità a quanto disposto dal regolamento, contempla una semplificazione delle procedure di valutazione ambientale, come quando, nell'art. 7, comma 1, con riferimento al permesso di ricerca relativo a materie prime strategiche, esclude la «procedura di verifica di assoggettabilità di cui all'articolo 19 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152» e in alcuni casi «la valutazione di incidenza».

Ulteriore conferma del ruolo fondamentale rivestito dalla tutela dell'ambiente nel d.l. n. 84 del 2024, come convertito, è data dal coinvolgimento, nelle procedure autorizzatorie e nelle attività di programmazione e pianificazione, di soggetti pubblici incardinati presso il MASE o dei quali fanno comunque parte suoi rappresentanti, come il CITE, il punto unico di contatto e il Comitato tecnico per le materie prime critiche e strategiche.

Si deve ancora osservare che i progetti strategici considerati dall'indicato decreto-legge investono anche l'attività di riciclaggio delle materie prime critiche, definita dal diritto dell'Unione europea come «qualsiasi operazione di recupero attraverso cui i materiali di rifiuto sono ritrattati per ottenere prodotti, materiali o sostanze da utilizzare per la loro funzione originaria o per altri fini», che «[i]nclude il ritrattamento di materiale organico ma non il recupero di energia né il ritrattamento per ottenere materiali da utilizzare quali combustibili o in operazioni di riempimento» (così l'art. 3, numero 17, della direttiva 2009/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 novembre 2008, relativa ai rifiuti e che abroga alcune direttive, richiamato dall'art. 2 del regolamento n. 2024/1252/UE). Come chiarito da questa Corte, la disciplina dei rifiuti rientra nella materia della tutela dell'ambiente e dell'ecosistema (sentenza n. 21 del 2022).

4.4.3.- Questa Corte peraltro, ha più volte affermato che materie che «assumono, per la loro natura trasversale, carattere prevalente, [...] "possono influire su altre materie attribuite alla competenza legislativa concorrente o residuale delle regioni fino a incidere sulla totalità degli ambiti materiali entro i quali si applicano" (sentenza n. 2 del 2014 e, inoltre, ex plurimis sentenze n. 291 e n. 18 del 2012, n. 150 del 2011, n. 288 e n. 52 del 2010, n. 431, n. 430, n. 401 del 2007 e n. 80 del 2006)» (sentenza n. 287 del 2016), purché la relativa competenza statale si svolga entro i «limiti strettamente necessari per assicurare gli interessi alla cui garanzia la competenza statale esclusiva è diretta» (tra le altre, sentenza n. 104 del 2021, con richiami a precedente giurisprudenza).

Le disposizioni impugnate non eccedono i suddetti limiti, in quanto, nel dettare una disciplina uniforme sull'approvvigionamento sicuro e sostenibile delle materie prime critiche, riguardano esclusivamente le procedure autorizzatorie e di pianificazione nazionale strumentali alla realizzazione dei progetti riconosciuti strategici dalla Commissione UE, nell'obiettivo di migliorare il funzionamento del mercato interno e realizzare le cosiddette transizioni verde e digitale. Come, infatti, evidenziato nella relazione di presentazione del disegno di legge per la conversione del d.l. n. 84 del 2024 e ribadito dall'Avvocatura dello Stato, i procedimenti autorizzatori dei progetti che non sono riconosciuti strategici restano regolati dalle ordinarie discipline previste a livello regionale o statale. Inoltre, ai sensi dell'art. 3, comma 9, del medesimo decreto-legge sono comunque «fatte salve le competenze delle regioni in materia di sicurezza e salute sui luoghi di lavoro nelle attività estrattive, ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 9 aprile 1959, n. 128, del decreto legislativo 25 novembre 1996, n. 624, e dell'articolo 13, comma 1, del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81» e sono «altresì fatte salve, in materia di estrazione, e, in quanto compatibili, le disposizioni di cui al regio decreto 29 luglio 1927, n. 1443, e al regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 18 aprile 1994, n. 382».

4.4.4.- Per alcuni aspetti, il d.l. n. 84 del 2024, come convertito, è poi, riconducibile anche alla materia della difesa, attribuita dall'art. 117, secondo comma, lettera d), Cost. alla competenza legislativa esclusiva dello Stato. Ciò in ragione dell'utilizzo delle materie prime critiche nei settori aerospaziali e della difesa, più volte sottolineato dal regolamento UE (considerando n. 1 e n. 2).

4.5.- Alla luce di tutte le suesposte considerazioni, non sussiste, pertanto, alcuna violazione dei dedotti parametri statutari. Le disposizioni impugnate, infatti, non hanno determinato alcuna lesione delle competenze legislative rivendicate dalla Regione, in quanto risultano adottate in attuazione del regolamento UE, nel rispetto dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario, e, oltre a costituire norme fondamentali di riforma economico-sociale, sono prevalentemente riconducibili a materie trasversali di competenza esclusiva statale, quali in particolare la tutela della concorrenza e dell'ambiente.

4.5.1.- La qualificazione di tali disposizioni come norme fondamentali di riforme economico-sociali e la loro riconducibilità a materie trasversali di competenza legislativa esclusiva dello Stato ne impongono, in considerazione degli interessi unitari in rilievo, l'omogenea attuazione su tutto il territorio nazionale, con conseguente infondatezza anche della dedotta violazione dell'art. 6 dello statuto e delle relative norme di attuazione (artt. 1; 2, comma 2; 3; 6; 8; 9; 21, comma 2, lettere b e c; 37, commi 1 e 2, lettera d, e 48 del d.P.R. n. 348 del 1979 e art. 1 del d.lgs. n. 234 del 2001, anche in relazione all'art. 7 del d.lgs. n. 117 del 2008).

4.5.2.- Per le stesse ragioni, le disposizioni impugnate non ledono il principio di leale collaborazione tra Stato e regioni (sentenze n. 284 del 2016 e n. 92 del 2011), fermo restando che esse, comunque, come anche evidenziato nelle difese dell'Avvocatura dello Stato (punto 3.2. del Ritenuto in fatto), contemplano delle forme di coinvolgimento della regione nel concreto esercizio delle funzioni amministrative.

4.6.- Le censure relative agli artt. 5, 114 e 116 Cost., nonché agli artt. 14, 46 e 54 dello statuto, sono meramente ancillari a quelle che riguardano specificamente la violazione delle competenze legislative e amministrative della Regione. Pertanto, sono anch'esse non fondate, in quanto seguono le sorti di quelle vagliate nel precedente punto 4.

5.- Infine, la Regione censura, nel secondo motivo di ricorso, le disposizioni impugnate anche con specifico riferimento all'art. 117, primo comma, Cost., assumendo che il regolamento n. 2024/1252/UE si limiterebbe a prevedere un punto unico di contatto deputato a «facilitare e coordinare» le procedure autorizzatorie nel rispetto del diritto nazionale e comunitario e di tutte le autorità interessate a livello locale, regionale o nazionale, senza imporre l'istituzione a livello nazionale di un unico punto di contatto, ma consentendo, a garanzia di una corretta attuazione dell'esigenza partecipativa dei diversi livelli di governo, «l'istituzione o la designazione di una o più autorità quali punti di contatto unici».

Le questioni non sono fondate.

5.1.- Come già precisato, nei richiamati "considerando", il regolamento dispone che «[a]l fine di ridurre la complessità e migliorare l'efficienza e la trasparenza della procedura di rilascio delle autorizzazioni, i promotori dei progetti relativi alle materie prime critiche dovrebbero poter interagire con un punto di contatto unico, incaricato di facilitare e coordinare l'intera procedura di rilascio delle autorizzazioni. A tal fine, gli Stati membri dovrebbero istituire o designare uno o più punti di contatto, garantendo nel contempo che i promotori dei progetti debbano interagire con un punto di contatto unico. Dovrebbe spettare agli Stati membri decidere se un punto di contatto unico sia anche un'autorità che prende decisioni di autorizzazione. Gli Stati membri dovrebbero dotare i propri punti di contatto unici di personale e risorse sufficienti affinché questi possano assolvere in modo efficace le proprie responsabilità. Inoltre, il promotore del progetto dovrebbe poter contattare un'unità amministrativa pertinente in seno al punto di contatto unico per garantire che vi sia un contatto accessibile» (considerando n. 28) e che «[i]n funzione della loro organizzazione interna, gli Stati membri dovrebbero poter decidere se istituire o designare i propri punti di contatto unici a livello locale, regionale o nazionale, o a qualsiasi altro livello amministrativo pertinente. Inoltre, gli Stati membri dovrebbero poter istituire o designare, al livello amministrativo da essi scelto, punti di contatto unici diversi che si concentrino esclusivamente su progetti relativi alle materie prime critiche riguardanti una fase specifica della catena del valore, vale a dire l'estrazione, la trasformazione o il riciclaggio. Allo stesso tempo, i promotori di progetti dovrebbero poter individuare facilmente il punto di contatto unico responsabile del loro progetto. A tale scopo, gli Stati membri dovrebbero garantire che, nella zona geografica corrispondente al livello amministrativo al quale hanno scelto di istituire o designare il proprio punto di contatto unico, sia presente un solo punto di contatto unico responsabile per una specifica fase della catena del valore. Poiché molti progetti relativi alle materie prime critiche riguardano più di una fase della catena del valore, onde evitare confusione gli Stati membri dovrebbero garantire la designazione tempestiva di un punto di contatto unico per tali progetti» (considerando n. 29).

L'art. 9 del medesimo regolamento prescrive inoltre che «[e]ntro il 24 febbraio 2025 gli Stati membri istituiscono o designano una o più autorità quali punti di contatto unici. Qualora uno Stato membro istituisca uno o più punti di contatto unici, esso garantisce che vi sia un solo punto di contatto unico per livello amministrativo pertinente e per fase della catena del valore delle materie prime critiche».

Dalle riportate disposizioni emerge che il regolamento lascia liberi gli Stati membri di decidere se istituire uno o più punti unici di contatto, se istituire i punti unici di contatto a livello locale, regionale o nazionale o a qualsiasi altro livello amministrativo pertinente, e, anche, se individuare o meno nel punto unico di contatto un'autorità «che prende decisioni di autorizzazione». Pertanto, laddove, ai fini del rilascio dei titoli autorizzatori per la realizzazione dei progetti strategici, il d.l. n. 84 del 2024, come convertito, ha istituito il punto unico di contatto presso la competente direzione generale del MASE, ha effettuato una scelta che, per quanto esposto al punto 4, è compatibile con il sistema costituzionale interno e che risulta rispettosa del regolamento, ed è altresì ispirata a una logica di sussidiarietà, in relazione alla già segnalata necessità di assicurare un'attuazione unitaria della disciplina in esame.

P.Q.M.
LA CORTE COSTITUZIONALE

1) dichiara inammissibili le questioni di legittimità costituzionale degli artt. 1, comma 2; 2, commi 1 e 2; 3, commi 1, 2, 3 e 8; 4, commi 1, 2, 3 e 6; 5, commi 1 e 2; 6, comma 2; 7, comma 2; 10, comma 6, e 15, comma 1, lettera b), del decreto-legge 25 giugno 2024, n. 84 (Disposizioni urgenti sulle materie prime critiche di interesse strategico), convertito, con modificazioni, nella legge 8 agosto 2024, n. 115, promosse in riferimento agli artt. 117, commi terzo, quarto e quinto, 118 e 120, secondo comma, della Costituzione, in combinato disposto con l'art. 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione); agli artt. 6, comma 1, e 8 della legge 5 giugno 2003, n. 131 (Disposizioni per l'adeguamento dell'ordinamento della Repubblica alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3); agli artt. 36, comma 1-bis, 40, commi 3 e 4, e 41 della legge 24 dicembre 2012, n. 234 (Norme generali sulla partecipazione dell'Italia alla formazione e all'attuazione della normativa e delle politiche dell'Unione europea); nonché al principio di ragionevolezza e al principio di buon andamento di cui all'art. 97 Cost. - dalla Regione autonoma della Sardegna con il ricorso indicato in epigrafe;

2) dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale degli artt. 1, comma 2; 2, commi 1 e 2; 3, commi 1, 2, 3 e 8; 4, commi 1, 2, 3 e 6; 5, commi 1 e 2; 6, comma 2; 7, comma 2; 10, comma 6, e 15, comma 1, lettera b), del d.l. n. 84 del 2024, come convertito, promosse, in riferimento agli artt. 3, lettere a), h) ed m); 4, lettera a); 14; 46 e 54 della legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3 (Statuto speciale per la Sardegna); nonché agli artt. 5, 114 e 116 Cost., dalla Regione autonoma della Sardegna con il ricorso indicato in epigrafe;

3) dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale degli artt. 1, comma 2; 2, commi 1 e 2; 3, commi 1, 2, 3 e 8; 4, commi 1, 2, 3 e 6; 5, commi 1 e 2; 6, comma 2; 7, comma 2; 10, comma 6, e 15, comma 1, lettera b), del d.l. n. 84 del 2024, come convertito, promosse - in riferimento agli artt. 3, lettere a), h) ed m); 4, lettera a); 6; 14; 46 e 54 dello statuto speciale per la Sardegna; agli artt. 1; 2, comma 2; 3; 6; 8; 9; 21 comma 2, lettere b) e c); 37, commi 1 e 2, lettera d), e 48 del d.P.R. 19 giugno 1979, n. 348 (Norme di attuazione dello Statuto speciale per la Sardegna, in riferimento alla legge 22 luglio 1975, n. 382, e al d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616) e all'art. 1 del decreto legislativo 17 aprile 2001, n. 234 (Norme di attuazione dello Statuto speciale della regione Sardegna per il conferimento di funzioni amministrative, in attuazione del Capo I della legge n. 59 del 1997), anche in relazione all'art. 7 del decreto legislativo 30 maggio 2008, n. 117 (Attuazione della direttiva 2006/21/CE relativa alla gestione dei rifiuti delle industrie estrattive e che modifica la direttiva 2004/35/CE); nonché agli artt. 5, 114 e 116 Cost. e al principio di leale collaborazione - dalla Regione autonoma della Sardegna con il ricorso indicato in epigrafe;

4) dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale degli artt. 1, comma 2; 2, commi 1 e 2; 3, commi 1, 2, 3 e 8; 4, commi 1, 2, 3 e 6; 5, commi 1 e 2; 6, comma 2; 7, comma 2; 10, comma 6, e 15, comma 1, lettera b), del d.l. n. 84 del 2024, come convertito, promosse, in riferimento all'art. 117, primo comma, Cost., dalla Regione autonoma della Sardegna con il ricorso indicato in epigrafe.

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