Consiglio di Stato
Sezione IV
Sentenza 9 luglio 2025, n. 5994

Presidente: Lopilato - Estensore: Furno

FATTO

1. Con atto di citazione notificato il 13 febbraio 2008, i sig.ri F. Sandro e P. Patrizia (nella qualità di comproprietari dell'appezzamento di terreno sito in Albano Laziale - RM, identificato al foglio n. 7, part.lla 1886), e C. Lucia (nella qualità di proprietaria dell'appezzamento di terreno sito in Albano Laziale identificato al foglio n. 7 part.lla 40), premesso di aver subito l'esproprio parziale dei terreni in loro proprietà per consentire la realizzazione della tangenziale di Albano Laziale, giusta decreto di esproprio n. B5203 del 27 dicembre 2006, hanno convenuto innanzi al Tribunale di Velletri la So.Co.Stra.Mo. s.r.l. e la Regione Lazio deducendo:

- che gli appezzamenti di terreno sopra descritti sono stati occupati in via di urgenza dalla Regione Lazio, per mezzo della Bo.Go.Ge. s.p.a., quale capogruppo di ragg[r]uppamento temporaneo di imprese, in data 28 dicembre 2001;

- che successivamente i medesimi appezzamenti di terreno sono stati fatti oggetto di parziale esproprio giusto decreto n. B5203 del 27 dicembre 2006, e precisamente quello distinto al foglio 7, particella 1886, per complessivi mq. 52, mentre quello distin[t]o al foglio 7, particella 40, per complessivi mq. 16;

- che tale esproprio è stato appositamente decretato per consentire la realizzazione dell'opera pubblica meglio nota come "Appia Bis", e/o Tangenziale di Albano Laziale e l'esecuzione dei lavori ad essa relativi, affidati all'associazione di imprese tra la So.Co.Stra.Mo. s.r.l., che agisce quale mandataria dell'associazione, la Bo.Co.Ge. s.p.a., la I.co.Gi. s.p.a., la Sette Costruzioni s.p.a. e I.R.E.F. s.r.l.;

- che l'area ad oggi occupata ed interessata dai lavori in corso, già peraltro irreversibilmente trasformata a seguito della costruzione della nuova arteria stradale, risulterebbe ben maggiore rispetto a quella indicata nel decreto di esproprio;

- che una parte residua del terreno di proprietà degli attori è stata coperta dall'imponente viadotto della tangenziale della s.s. 7;

- che detto viadotto, così come gli altrettanti imponenti piloni posti a suo sostegno, corrono a brevissima distanza dagli immobili di proprietà degli attori, entrambi regolarmente edificati in forza di appositi titoli, destinati l'uno a civile abitazione, l'altro, in parte, a locale magazzino del sig. Sandro F., in parte a locale magazzino dell'attività commerciale della sig.ra Patrizia P.;

- che l'installazione dei piloni di sostegno della strada all'interno del terreno di proprietà degli attori a pochi metri dalla loro abitazione e dai loro rispettivi magazzini avrebbe ridotto drasticamente l'area disponibile sia per il viale di accesso, sia per il piazzale di manovra originariamente posti a servizio dei due immobili;

- che entrambi i locali adibiti a magazzino risulterebbero praticamente irraggiungibili dai veicoli commerciali ed industriali;

- che l'estrema vicinanza del viadotto agli immobili avrebbe provocato un notevole pregiudizio in termini di perdita di visuale, di conseguente degradamento del panorama, di diminuzione del tempo di esposizione degli edifici al sole, di areazione della proprietà nel suo complesso, determinando, più in generale, un irrimediabile deturpamento e declassamento di tutto il plesso immobiliare;

- che, quindi, il valore economico dell'immobile in questione, anche e soprattutto nella parte che non è stata fatta oggetto di provvedimenti ablativi, pur non essendo stata direttamente interessata dalla realizzazione dell'opera pubblica, avrebbe subito una notevole diminuzione, quantificata in euro 387.000,00 dal consulente di parte che ha altresì quantificato il pregiudizio determinato al locale magazzino in euro 50.000,00, calcolato tenendo conto della spesa attuale necessaria alla realizzazione di una nuova via di accesso e di un nuovo spazio di manovra a servizio dei due immobili;

In sede civile, pertanto, i sig.ri F. Sandro, P. Patrizia e Lucia C., sul presupposto della illegittima occupazione delle aree in eccedenza rispetto a quelle indicate nel decreto di esproprio, e in difetto della emissione di un provvedimento idoneo all'acquisto dell'area in capo all'amministrazione, formulavano domanda di restituzione dei suoli in uno a domanda di integrale risarcimento, in forza del disposto dell'art. 44 d.P.R. 8 giugno 2001, n. 327, del danno determinato dalla diminuzione di valore della parziale perdita ed il ridotto esercizio del diritto di proprietà cagionati dalla realizzazione dell'opera viaria, così come progettata ed eseguita, in prossimità, all'interno e al di sopra del loro fondo e dei rispettivi immobili, quantificando il deprezzamento della proprietà e i conseguenti danni subiti in complessivi euro 437.000,00.

Gli attori domandavano altresì per il risarcimento dei danni ulteriori derivati dalla maggiore onerosità delle operazioni di pulizia e manutenzione ordinaria dell'immobile, a causa della cantierizzazione delle aree, e di quelli derivati dal mancato godimento del bene e dalla messa in funzione della nuova arteria stradale connessi al transito di numerosi veicoli pesanti.

2. Con sentenza n. 181/2014 il Tribunale di Velletri, rilevata la definitiva trasformazione dei suoli nonché la perfetta coincidenza (come da risultanze della disposta c.t.u.) fra area acquisita e decreto di esproprio n. B5203 del 27 dicembre 2006, preso atto della rinunzia alla domanda restitutoria, ha riqualificato la fattispecie come di eventuale occupazione acquisitiva, con conseguente giurisdizione del giudice amministrativo sulla domanda risarcitoria complessivamente considerata.

3. Tanto premesso, con il ricorso di primo grado hanno agito in riassunzione esclusivamente i sig.ri F. Sandro e P. Patrizia, i quali, premettendo il difetto di interesse alla domanda restitutoria, hanno osservato quanto alle residue domande che "la norma in concreto invocata nella citazione introduttiva del processo civile risulta essere quella dell'art. 44 del DPR 327/2001, quando in realtà, assai più verosimilmente, la domanda doveva in quella sede essere formulata con riguardo all'omologo art. 46 L. 25 giugno 1865 n. 2359 applicabile ratione temporis alla fattispecie in argomento, atteso che la dichiarazione di pubblica utilità dell'opera in argomento è antecedente all'entrata in vigore del DPR 327/2001". Hanno, infine, precisato che "A ben vedere, poi, neppure questo riferimento normativo si appalesa del tutto conferente ed appropriato atteso che, come noto, entrambe le norme in esame trovano applicazione all'ipotesi del proprietario non espropriato (come del resto si evince, sintomaticamente, dalla rubrica stessa degli articoli in commento)".

Ne consegue, a loro avviso, che la disposizione concretamente invocabile nel caso di specie sarebbe quella "del previgente art. 40 della citata Legge 2359/1865, in quanto applicabile ratione temporis, cui corrisponde oggi la omologa previsione contenuta nell'art. 33 del vigente TUE".

4. Il T.A.R., con la decisione 14 aprile 2023, n. 6414, ha respinto il ricorso, ritenendo che la richiesta risarcitoria proposta in riassunzione dai ricorrenti abbia determinato una mutatio libelli rispetto a quella promossa dinanzi al giudice ordinario.

5. L'originaria ricorrente ha proposto appello per i motivi riportati nella parte in diritto.

6. Si è costituita nel presente giudizio la Regione Lazio, chiedendo di dichiarare l'appello infondato.

7. All'udienza del 29 aprile 2025 la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

1. Con un unico mezzo di gravame la parte appellante lamenta l'erroneità della decisione impugnata nella parte in cui ha ritenuto che la richiesta risarcitoria proposta in riassunzione dai ricorrenti abbia determinato una mutatio libelli rispetto a quella promossa dinanzi al giudice ordinario.

1.2. Ad avviso della parte appellante, nel caso in esame, contrariamente a quanto ritenuto nella decisione impugnata, si verserebbe nella diversa fattispecie della mera emendatio libelli.

Ciò in quanto, nella prospettiva in esame, il mutamento del titolo della domanda risarcitoria sarebbe già avvenuto nel corso del giudizio dinanzi all'Autorità giudiziaria ordinaria, posto che la prima richiesta di risarcimento del danno da perdita delle aree per illegittimo sconfinamento sarebbe stata ridimensionata (a seguito della c.t.u.) a favore della seconda richiesta di risarcimento del danno da diminuzione del valore delle residue porzioni di terreno a seguito della realizzazione di detta tangenziale.

A sostegno dell'assunto in esame, la parte appellante evidenzia che la domanda oggetto di riassunzione dinanzi al T.A.R. si fonderebbe sui medesimi causa petendi e petitum formulati nel corso del giudizio dinanzi all'Autorità giudiziaria.

2. Il motivo non è fondato.

2.1. In linea con la giurisprudenza della Corte costituzionale (sent. 12 maggio 2007, n. 77) e delle Sezioni unite della Corte di cassazione (sent. 22 febbraio 2007, n. 4109), l'art. 11 c.p.a. stabilisce che la proposizione di un ricorso giurisdizionale davanti ad un giudice privo di giurisdizione non comporta la perdita degli effetti sostanziali e processuali della domanda, se vi è tempestiva riproposizione davanti al giudice munito di giurisdizione.

La giurisprudenza del Consiglio di Stato ha chiarito che in sede di translatio iudicii non è ammessa la mutatio libelli. Difatti, la norma processale di cui all'art. 11 c.p.a. definisce espressamente la riassunzione operata innanzi al giudice ritenuto munito di giurisdizione come "prosecuzione" del giudizio, presupponendo, pertanto, l'identità di petitum sostanziale che, del resto, resta presupposto imprescindibile dello spostamento della controversia innanzi ad altro giudice. Con ciò non s'intende affermare che innanzi al giudice ad quem sia esclusa la proponibilità di nuove domande, ma solo che non è consentito modificare quella originaria che radica la giurisdizione se la parte intende giovarsi degli effetti positivi della comunicazione processuale assicurata dalla translatio iudicii (C.d.S., Sez. IV, 22 dicembre 2023, n. 11159; Sez. V, 31 agosto 2017, n. 4126).

2.2. Tanto premesso, ricorda il Collegio che si verifica mutatio libelli quando si avanzi una pretesa obiettivamente diversa da quella originaria, introducendo nel processo un petitum diverso e più ampio oppure una causa petendi fondata su situazioni giuridiche non prospettate prima e particolarmente su un fatto costitutivo radicalmente differente, di modo che si ponga al giudice un nuovo tema di indagine e si spostino i termini della controversia, con l'effetto di disorientare la difesa di controparte ed alterare il regolare svolgimento del processo; diversamente, si ha semplice emendatio quando si incida sulla causa petendi in modo che risulti modificata soltanto l'interpretazione o qualificazione giuridica del fatto costitutivo del diritto, oppure sul petitum, nel senso di ampliarlo o limitarlo per renderlo più idoneo al concreto ed effettivo soddisfacimento della pretesa fatta valere.

In applicazione di tali coordinate, reputa il Collegio che la parte appellante abbia modificato l'originaria domanda di risarcimento nella richiesta dell'indennità di esproprio ex art. 40 della l. n. 2359 del 1865 (che, peraltro, è devoluta alla giurisdizione del g.o.) con conseguente integrazione del divieto di mutatio libelli.

In particolare, nell'ambito del giudizio originario i sig.ri F. e P., a seguito della realizzazione dell'intervento e dell'esproprio parziale del fondo di loro proprietà, hanno presentato le seguenti distinte domande:

i) con la prima domanda è stata contestata la presunta occupazione e trasformazione illegittima di una porzione del fondo di proprietà parzialmente espropriato (foglio 7, p.lla 1886), eccedente la superficie espropriata (mq. 52) riportata nel decreto di esproprio n. B5203 del 27 dicembre 2006, con conseguente richiesta di restituzione dell'area illegittimamente occupata e trasformata a seguito del c.d. "sconfinamento" rispetto al progetto approvato ed al decreto di esproprio;

ii) con la seconda domanda, in relazione al fondo residuato all'esito dell'espropriazione, relativo all'abitazione familiare e a due corpi di fabbrica, l'uno ad uso artigianale e l'altro costituito da un magazzino, sono stati lamentati i pregiudizi permanenti conseguenti all'espropriazione parziale ed alla realizzazione della tangenziale a pochi metri dall'abitazione familiare e dai locali suddetti, nonché quelli temporanei derivanti dalla pregressa cantierizzazione dei lavori (polveri prodotte, rumori, vibrazioni e ridotto spazio di manovra per il carico e lo scarico delle merci mediante mezzi pesanti).

Tanto premesso, nel ricorso in riassunzione dinanzi al T.A.R., l'originaria richiesta di risarcimento danni per pregiudizi arrecati alla proprietà confinante a quella oggetto del provvedimento espropriativo è stata sostituita con la richiesta finalizzata ad ottenere l'indennità di esproprio, secondo il criterio del valore differenziale ex art. 40 l. n. 2359/1865, applicabile ratione temporis.

Ne discende che, alla luce del consolidato orientamento giurisprudenziale in precedenza esposto, la richiesta dell'indennità di esproprio, ex art. 40 della l. 2359/1865, formulata per la prima [volta] solo in sede di riassunzione del giudizio dinanzi al giudice amministrativo, introducendo un tema di indagine del tutto nuovo, costituisce una nuova domanda incompatibile con quelle fatte valere nel giudizio originario, ed in quanto tale da ritenersi inammissibile.

3. In conclusione, per le suesposte ragioni, l'appello va parzialmente accolto nei sensi suindicati, con parziale riforma della sentenza di primo grado.

4. Resta impregiudicata la possibilità per la parte appellante di proporre la richiesta dell'indennità di esproprio ex art. 40 della l. n. 2359 del 1865 dinanzi al giudice ordinario quale giudice munito della relativa giurisdizione.

5. In ragione della peculiare evoluzione della presente controversia, le spese di giudizio possono essere compensate.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge nei sensi di cui in motivazione.

Compensa tra le parti le spese del doppio grado di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Note

La presente decisione ha per oggetto TAR Lazio, sez. V, sent. n. 6414/2023.

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