Corte di giustizia dell'Unione Europea
Grande Sezione
Sentenza 1° agosto 2025

Presidente: Lenaerts - Relatrice: Jürimäe

«Rinvio pregiudiziale - Politica d'asilo - Direttiva 2013/32/UE - Procedure comuni ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di protezione internazionale - Articoli 36 e 37 - Nozione di "paese di origine sicuro" - Designazione mediante un atto legislativo - Allegato I - Criteri - Articolo 46 - Diritto a un ricorso effettivo - Articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea - Esame, ad opera del giudice, della designazione, da parte di uno Stato membro, di un paese terzo come paese di origine sicuro - Pubblicità delle fonti di informazione su cui si fonda tale decisione».

Nelle cause riunite C‑758/24 [Alace] e C‑759/24 [Canpelli] (*), aventi ad oggetto due domande di pronuncia pregiudiziale proposte alla Corte, ai sensi dell'articolo 267 TFUE, dal Tribunale ordinario di Roma (Italia), con ordinanze del 31 ottobre 2024 e del 4 novembre 2024, pervenute in cancelleria rispettivamente il 4 novembre 2024 e il 5 novembre 2024, nei procedimenti LC (C‑758/24), CP (C‑759/24) contro Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale di Roma - Sezione procedure alla frontiera II.

[...]

1. Le domande di pronuncia pregiudiziale vertono sull'interpretazione degli articoli da 36 a 38 della direttiva 2013/32/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, recante procedure comuni ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di protezione internazionale (GU 2013, L 180, pag. 60), in combinato disposto con i considerando 42, 46 e 48 e con l'allegato I di tale direttiva nonché alla luce dell'articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea (in prosieguo: la «Carta»), e degli articoli 6 e 13 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950 (in prosieguo: la «CEDU»).

2. Tali domande sono state presentate nell'ambito di controversie tra, rispettivamente, LC e CP, cittadini della Repubblica popolare del Bangladesh, e la Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale di Roma - Sezione procedure alla frontiera II (Italia), in ordine alla legittimità delle decisioni con cui quest'ultima ha respinto, al termine di procedure accelerate alla frontiera, le domande di protezione internazionale di LC e di CP in quanto manifestamente infondate.

Contesto normativo

Diritto dell'Unione

Direttiva 2013/32

3. I considerando 18, 20, 40, 42, 46 e 48 della direttiva 2013/32 enunciano quanto segue:

«(18) È nell'interesse sia degli Stati membri sia dei richiedenti protezione internazionale che sia presa una decisione quanto prima possibile in merito alle domande di protezione internazionale, fatto salvo lo svolgimento di un esame adeguato e completo.

(...)

(20) In circostanze ben definite per le quali una domanda potrebbe essere infondata o vi sono gravi preoccupazioni di sicurezza nazionale o di ordine pubblico, gli Stati membri dovrebbero poter accelerare la procedura di esame, introducendo in particolare termini più brevi, ma ragionevoli, in talune fasi procedurali, fatto salvo lo svolgimento di un esame adeguato e completo e un accesso effettivo del richiedente ai principi fondamentali e alle garanzie previsti dalla presente direttiva.

(...)

(40) Criterio fondamentale per stabilire la fondatezza della domanda di protezione internazionale è la sicurezza del richiedente nel paese di origine. Se un paese terzo può essere considerato paese di origine sicuro, gli Stati membri dovrebbero poterlo designare paese sicuro e presumerne la sicurezza per uno specifico richiedente, a meno che quest'ultimo non adduca controindicazioni.

(...)

(42) La designazione di un paese terzo quale paese di origine sicuro ai fini della presente direttiva non può stabilire una garanzia assoluta di sicurezza per i cittadini di tale paese. Per la sua stessa natura, la valutazione alla base della designazione può tener conto soltanto della situazione civile, giuridica e politica generale in tale paese e se in tale paese i responsabili di persecuzioni, torture o altre forme di punizione o trattamento disumano o degradante siano effettivamente soggetti a sanzioni se riconosciuti colpevoli. Per questo motivo è importante che, quando un richiedente dimostra che vi sono validi motivi per non ritenere sicuro tale paese per la sua situazione particolare, la designazione del paese come sicuro non può più applicarsi al suo caso.

(...)

(46) Qualora gli Stati membri applichino i concetti di paese sicuro caso per caso o designino i paesi sicuri adottando gli elenchi a tal fine, dovrebbero tener conto tra l'altro degli orientamenti e dei manuali operativi e delle informazioni relative ai paesi di origine e alle attività, compresa la metodologia della relazione sulle informazioni del paese di origine dell'[Ufficio europeo di sostegno per l'asilo (EASO)], di cui al regolamento (UE) n. 439/2010 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 maggio 2010, che istituisce l'Ufficio europeo di sostegno per l'asilo [(GU 2010, L 132, pag. 11)], nonché i pertinenti orientamenti dell'[Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (UNHCR)].

(...)

(48) Al fine di garantire l'applicazione corretta dei concetti di paese sicuro basati su informazioni aggiornate, gli Stati membri dovrebbero condurre riesami periodici sulla situazione in tali paesi sulla base di una serie di fonti di informazioni, comprese in particolare le informazioni di altri Stati membri, dell'EASO, dell'UNHCR, del Consiglio d'Europa e di altre pertinenti organizzazioni internazionali. Quando gli Stati membri vengono a conoscenza di un cambiamento significativo nella situazione relativa ai diritti umani in un paese designato da essi come sicuro, dovrebbero provvedere affinché sia svolto quanto prima un riesame di tale situazione e, ove necessario, rivedere la designazione di tale paese come sicuro».

4. L'articolo 10 di tale direttiva, rubricato «Criteri applicabili all'esame delle domande», al paragrafo 3, lettera b), e al paragrafo 4 dispone quanto segue:

«3. Gli Stati membri provvedono affinché le decisioni dell'autorità accertante relative alle domande di protezione internazionale siano adottate previo congruo esame. A tal fine gli Stati membri dispongono:

(...)

b) che pervengano da varie fonti informazioni precise e aggiornate, quali l'EASO e l'UNHCR e le organizzazioni internazionali per i diritti umani pertinenti, circa la situazione generale esistente nel paese di origine dei richiedenti e, ove occorra, nei paesi in cui questi hanno transitato e che tali informazioni siano messe a disposizione del personale incaricato di esaminare le domande e decidere in merito;

(...)

4. Le autorità di cui al capo V, per il tramite dell'autorità accertante o del richiedente o in altro modo, hanno accesso alle informazioni generali di cui al paragrafo 3, lettera b), necessarie per l'adempimento delle loro funzioni».

5. L'articolo 12 di tale direttiva, rubricato «Garanzie per i richiedenti», al paragrafo 1, lettera d), enuncia quanto segue:

«In relazione alle procedure di cui al capo III, gli Stati membri provvedono affinché tutti i richiedenti godano delle seguenti garanzie:

(...)

d) il richiedente e, ove del caso, i suoi avvocati o altri consulenti legali conformemente all'articolo 23, paragrafo 1, abbiano accesso alle informazioni di cui all'articolo 10, paragrafo 3, lettera b), e alle informazioni fornite dagli esperti di cui all'articolo 10, paragrafo 3, lettera d), se l'autorità accertante ha preso in considerazione tali informazioni al fine di prendere una decisione sulla domanda;

(...)».

6. L'articolo 24 della medesima direttiva, rubricato «Richiedenti che necessitano di garanzie procedurali particolari» concerne il sostegno che deve essere accordato a questo tipo di richiedenti per tutta la durata della procedura di asilo.

7. L'articolo 31 della direttiva 2013/32, rubricato «Procedura di esame», al suo paragrafo 8, lettera b), stabilisce quanto segue:

«Gli Stati membri possono prevedere che una procedura d'esame, nel rispetto dei principi fondamentali e delle garanzie del capo II, sia accelerata e/o svolta alla frontiera o in zone di transito a norma dell'articolo 43 se:

(...)

b) il richiedente proviene da un paese di origine sicuro a norma della presente direttiva (...)».

8. Ai sensi dell'articolo 32 di tale direttiva, rubricato «Domande infondate»:

«1. Fatto salvo l'articolo 27, gli Stati membri possono ritenere infondata una domanda solo se l'autorità accertante ha stabilito che al richiedente non è attribuibile la qualifica di beneficiario di protezione internazionale a norma della direttiva 2011/95/UE [del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 dicembre 2011, recante norme sull'attribuzione, a cittadini di paesi terzi o apolidi, della qualifica di beneficiario di protezione internazionale, su uno status uniforme per i rifugiati o per le persone aventi titolo a beneficiare della protezione sussidiaria, nonché sul contenuto della protezione riconosciuta (GU 2011, L 337, pag. 9)].

2. Nei casi di domande infondate cui si applichi una qualsiasi delle circostanze elencate nell'articolo 31, paragrafo 8, gli Stati membri possono altresì ritenere una domanda manifestamente infondata, se così definita dal diritto nazionale».

9. Ai sensi dell'articolo 36 della direttiva 2013/32, rubricato «Concetto di paese di origine sicuro»:

«1. Un paese terzo designato paese di origine sicuro a norma della presente direttiva può essere considerato paese di origine sicuro per un determinato richiedente, previo esame individuale della domanda, solo se:

a) questi ha la cittadinanza di quel paese; ovvero

b) è un apolide che in precedenza soggiornava abitualmente in quel paese,

e non ha invocato gravi motivi per ritenere che quel paese non sia un paese di origine sicuro nelle circostanze specifiche in cui si trova il richiedente stesso e per quanto riguarda la sua qualifica di beneficiario di protezione internazionale a norma della direttiva [2011/95].

2. Gli Stati membri stabiliscono nel diritto nazionale ulteriori norme e modalità inerenti all'applicazione del concetto di paese di origine sicuro».

10. L'articolo 37 della direttiva 2013/32, rubricato «Designazione nazionale dei paesi terzi quali paesi di origine sicuri», così dispone:

«1. Gli Stati membri possono mantenere in vigore o introdurre una normativa che consenta, a norma dell'allegato I, di designare a livello nazionale paesi di origine sicuri ai fini dell'esame delle domande di protezione internazionale.

2. Gli Stati membri riesaminano periodicamente la situazione nei paesi terzi designati paesi di origine sicuri conformemente al presente articolo.

3. La valutazione volta ad accertare che un paese è un paese di origine sicuro a norma del presente articolo si basa su una serie di fonti di informazioni, comprese in particolare le informazioni fornite da altri Stati membri, dall'EASO, dall'UNHCR, dal Consiglio d'Europa e da altre organizzazioni internazionali competenti.

4. Gli Stati membri notificano alla Commissione i paesi designati quali paesi di origine sicuri a norma del presente articolo».

11. L'articolo 38 della direttiva in argomento riguarda il concetto di paese terzo sicuro.

12. L'articolo 43 della medesima direttiva, rubricato «Procedure di frontiera», al paragrafo 1 enuncia che:

«Gli Stati membri possono prevedere procedure, conformemente ai principi fondamentali e alle garanzie di cui al capo II, per decidere alla frontiera o nelle zone di transito dello Stato membro:

(...)

b) sul merito di una domanda nell'ambito di una procedura a norma dell'articolo 31, paragrafo 8».

13. Ai sensi dell'articolo 46 di tale direttiva, rubricato «Diritto a un ricorso effettivo»:

«1. Gli Stati membri dispongono che il richiedente abbia diritto a un ricorso effettivo dinanzi a un giudice avverso i seguenti casi:

a) la decisione sulla sua domanda di protezione internazionale, compresa la decisione:

i) di ritenere la domanda infondata in relazione allo status di rifugiato e/o allo status di protezione sussidiaria;

(...)

3. Per conformarsi al paragrafo 1 gli Stati membri assicurano che un ricorso effettivo preveda l'esame completo ed ex nunc degli elementi di fatto e di diritto compreso, se del caso, l'esame delle esigenze di protezione internazionale ai sensi della direttiva [2011/95], quanto meno nei procedimenti di impugnazione dinanzi al giudice di primo grado.

(...)

5. Fatto salvo il paragrafo 6, gli Stati membri autorizzano i richiedenti a rimanere nel loro territorio fino alla scadenza del termine entro il quale possono esercitare il loro diritto a un ricorso effettivo oppure, se tale diritto è stato esercitato entro il termine previsto, in attesa dell'esito del ricorso.

6. Qualora sia stata adottata una decisione:

a) di ritenere una domanda manifestamente infondata conformemente all'articolo 32, paragrafo 2, o infondata dopo l'esame conformemente all'articolo 31, paragrafo 8, a eccezione dei casi in cui tali decisioni si basano sulle circostanze di cui all'articolo 31, paragrafo 8, lettera h);

(...)

un giudice è competente a decidere, su istanza del richiedente o d'ufficio, se autorizzare o meno la permanenza del richiedente nel territorio dello Stato membro, se tale decisione mira a far cessare il diritto del richiedente di rimanere nello Stato membro e, ove il diritto nazionale non preveda in simili casi il diritto di rimanere nello Stato membro in attesa dell'esito del ricorso.

(...)».

14. L'allegato I alla direttiva 2013/32, rubricato «Designazione dei paesi di origine sicuri ai fini dell'articolo 37, paragrafo 1», è formulato come segue:

«Un paese è considerato paese di origine sicuro se, sulla base dello status giuridico, dell'applicazione della legge all'interno di un sistema democratico e della situazione politica generale, si può dimostrare che non ci sono generalmente e costantemente persecuzioni quali definite nell'articolo 9 della direttiva [2011/95] né tortura o altre forme di pena o trattamento disumano o degradante, né pericolo a causa di violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno o internazionale.

Per effettuare tale valutazione si tiene conto, tra l'altro, della misura in cui viene offerta protezione contro le persecuzioni ed i maltrattamenti mediante:

a) le pertinenti disposizioni legislative e regolamentari del paese ed il modo in cui sono applicate;

b) il rispetto dei diritti e delle libertà stabiliti nella [CEDU] e/o nel Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici[, adottato il 16 dicembre 1966 dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite ed entrato in vigore il 23 marzo 1976,] e/o nella Convenzione delle Nazioni Unite contro la tortura [ed altre pene o trattamenti crudeli, disumani o degradanti del 10 dicembre 1984 [Recueil des traités des Nations unies, vol. 1465, pag. 85, n. 24841 (1987)]], in particolare i diritti ai quali non si può derogare a norma dell'articolo 15, paragrafo 2, di detta [CEDU];

c) il rispetto del principio di "non-refoulement" conformemente alla convenzione [relativa allo status dei rifugiati, firmata a Ginevra il 28 luglio 1951 [Recueil des traités des Nations unies, vol. 189, pag. 150, n. 2545 (1954)], entrata in vigore il 22 aprile 1954 ed integrata dal protocollo relativo allo status dei rifugiati, concluso a New York il 31 gennaio 1967 ed entrato in vigore il 4 ottobre 1967 (in prosieguo: la "convenzione di Ginevra")];

d) un sistema di ricorsi effettivi contro le violazioni di tali diritti e libertà».

Regolamento (UE) 2024/1348

15. L'articolo 61 del regolamento (UE) 2024/1348 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 maggio 2024, che stabilisce una procedura comune di protezione internazionale nell'Unione e abroga la direttiva 2013/32/UE (GU L, 2024/1348), rubricato «Concetto di paese di origine sicuro», al paragrafo 2 così dispone:

«La designazione di un paese terzo come paese di origine sicuro a livello sia dell'Unione [europea] che nazionale può essere effettuata con eccezioni per determinate parti del suo territorio o categorie di persone chiaramente identificabili».

16. L'articolo 78 di tale regolamento, rubricato «Abrogazione», enuncia, al paragrafo 1:

«La direttiva [2013/32] è abrogata a decorrere dalla data di cui all'articolo 79, paragrafo 2, fatto salvo l'articolo 79, paragrafo 3».

17. L'articolo 79 del medesimo regolamento, rubricato «Entrata in vigore e applicazione», ai paragrafi 2 e 3 prevede quanto segue:

«2. Il presente regolamento si applica a decorrere dal 12 giugno 2026.

3. Il presente regolamento si applica alla procedura di riconoscimento della protezione internazionale in relazione alle domande formalizzate a decorrere dal 12 giugno 2026. Le domande di protezione internazionale formalizzate prima di tale data sono disciplinate dalla direttiva [2013/32]. Il presente regolamento si applica alla procedura di revoca della protezione internazionale qualora l'esame per revocare la protezione internazionale sia iniziato a decorrere dal 12 giugno 2026. Se l'esame per revocare la protezione internazionale è stato avviato prima del 12 giugno 2026, la procedura di revoca della protezione internazionale è disciplinata dalla direttiva [2013/32]».

Diritto italiano

18. Ai sensi del preambolo del decreto-legge 23 ottobre 2024, n. 158 - Disposizioni urgenti in materia di procedure per il riconoscimento della protezione internazionale (GURI n. 249, del 23 ottobre 2024; in prosieguo: il «decreto legge n. 158/2024»):

«(...)

Considerata la straordinaria necessità ed urgenza di designare i Paesi di origine sicuri, tenendo conto della sentenza della Corte di Giustizia dell'Unione Europea, del 4 ottobre 2024[, Ministerstvo vnitra České republiky, Odbor azylové a migrační politiky (C-406/22, EU:C:2024:841)], escludendo i Paesi che non soddisfano le condizioni per determinate parti del loro territorio (Camerun, Colombia e Nigeria);

Considerato il regolamento [2024/1348] e, in particolare, l'articolo 61, paragrafo 2 secondo cui "La designazione di un paese terzo come paese di origine sicuro a livello sia dell'Unione che nazionale può essere effettuata con eccezioni per determinate parti del suo territorio o categorie di persone chiaramente identificabili" che, pur trovando applicazione a decorrere dal 12 giugno 2026, ha indicato l'orientamento condiviso da parte degli Stati membri dell'Unione europea;

(...)».

19. Il decreto-legge n. 158/2024 ha modificato, segnatamente, l'articolo 2‑bis, commi da 1 a 4, del decreto legislativo 28 gennaio 2008, n. 25 - Attuazione della direttiva 2005/85/CE recante norme minime per le procedure applicate negli Stati membri ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di rifugiato (GURI n. 40, del 16 febbraio 2008; in prosieguo: il «decreto legislativo n. 25/2008»). A seguito di tale modifica, l'articolo 2‑bis, commi da 1 a 4, del decreto legislativo n. 25/2008 così dispone:

«1. In applicazione dei criteri di qualificazione stabiliti dalla normativa europea e dei riscontri rinvenuti dalle fonti di informazione fornite dalle organizzazioni internazionali competenti, sono considerati Paesi di origine sicuri i seguenti: Albania, Algeria, Bangladesh, Bosnia-Erzegovina, Capo Verde, Costa d'Avorio, Egitto, Gambia, Georgia, Ghana, Kosovo, Macedonia del Nord, Marocco, Montenegro, Perù, Senegal, Serbia, Sri Lanka e Tunisia.

2. Uno Stato non appartenente all'Unione europea può essere considerato Paese di origine sicuro se, sulla base del suo ordinamento giuridico, dell'applicazione della legge all'interno di un sistema democratico e della situazione politica generale, si può dimostrare che, in via generale e costante, non sussistono atti di persecuzione (...) né tortura o altre forme di pena o trattamento inumano o degradante, né pericolo a causa di violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno o internazionale. La designazione di un Paese di origine sicuro può essere fatta con l'eccezione di categorie di persone.

3. Ai fini della valutazione di cui al comma 2 si tiene conto, tra l'altro, della misura in cui è offerta protezione contro le persecuzioni ed i maltrattamenti mediante:

a) le pertinenti disposizioni legislative e regolamentari del Paese ed il modo in cui sono applicate;

b) il rispetto dei diritti e delle libertà stabiliti nella [CEDU], nel Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici (...) e nella Convenzione delle Nazioni Unite contro la tortura del 10 dicembre 1984, in particolare dei diritti ai quali non si può derogare a norma dell'articolo 15, paragrafo 2, della [CEDU];

c) il rispetto del principio di cui all'articolo 33 della Convenzione di Ginevra;

d) un sistema di ricorsi effettivi contro le violazioni di tali diritti e libertà.

4. La valutazione volta ad accertare che uno Stato non appartenente all'Unione europea è un Paese di origine sicuro si basa sulle informazioni fornite dalla Commissione nazionale per il diritto di asilo, che si avvale anche delle notizie elaborate dal centro di documentazione di cui all'articolo 5, comma 1, nonché su altre fonti di informazione, comprese in particolare quelle fornite da altri Stati membri dell'Unione europea, dall'Agenzia dell'Unione europea per l'asilo [(EUAA)], dall'UNHCR, dal Consiglio d'Europa e da altre organizzazioni internazionali competenti.

4‑bis. L'elenco dei Paesi di origine sicuri è aggiornato periodicamente con atto avente forza di legge ed è notificato alla Commissione europea. Ai fini dell'aggiornamento dell'elenco di cui al comma 1, il Consiglio dei Ministri delibera, entro il 15 gennaio di ciascun anno, una relazione, nella quale, compatibilmente con le preminenti esigenze di sicurezza e di continuità delle relazioni internazionali e tenuto conto delle informazioni di cui al comma 4, riferisce sulla situazione dei Paesi inclusi nell'elenco vigente e di quelli dei quali intende promuovere l'inclusione. Il Governo trasmette la relazione alle competenti commissioni parlamentari».

Procedimenti principali e questioni pregiudiziali

20. LC e CP sono due cittadini della Repubblica popolare del Bangladesh. Dopo essere stati soccorsi in mare dalle autorità italiane sono stati condotti in Albania, dove sono stati trattenuti nel centro di permanenza di Gjadër. Tali misure sono state adottate in applicazione del Protocollo tra il Governo della Repubblica italiana e il Consiglio dei ministri della Repubblica di Albania per il rafforzamento della collaborazione in materia migratoria, in forza del quale il governo albanese ha messo a disposizione della Repubblica italiana due aree del territorio albanese, che vengono sottoposte interamente alla giurisdizione italiana ed equiparate alle zone di frontiera o di transito nelle quali i richiedenti asilo possono essere trattenuti.

21. Da tale centro di permanenza, il 16 ottobre 2024, LC e CP hanno depositato, ciascuno, una domanda di protezione internazionale presso le autorità italiane.

22. Con decisioni del 17 ottobre 2024, la Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale di Roma - Sezione procedure alla frontiera II ha respinto tali domande, in esito a una procedura accelerata di frontiera, con la motivazione che LC e CP provenivano da un paese di origine sicuro. I provvedimenti di trattenimento non sono stati convalidati dall'organo giurisdizionale competente e i richiedenti sono stati pertanto rimessi in libertà.

23. Arrivati in Italia, LC e CP hanno adito, il 25 ottobre 2024, il Tribunale ordinario di Roma (Italia), giudice del rinvio, con un ricorso avverso le decisioni di rigetto delle loro domande di protezione internazionale menzionate al punto precedente.

24. Tale giudice nutre dubbi in ordine alla designazione della Repubblica popolare del Bangladesh come paese di origine sicuro.

25. In primo luogo, il giudice del rinvio osserva che, fino all'adozione del decreto legge n. 158/2024, la designazione di un paese terzo come paese di origine sicuro avveniva in due fasi. In un primo tempo, il legislatore italiano definiva, mediante legge ordinaria, il quadro giuridico di tali designazioni. In un secondo tempo, l'amministrazione italiana designava, mediante decreto interministeriale, i paesi di origine sicuri sulla base di schede informative relative a tali paesi. Al giudice italiano era riconosciuta la competenza a sindacare la compatibilità di tali decreti interministeriali con il suddetto quadro giuridico. Tuttavia, a seguito dell'entrata in vigore di tale decreto-legge, l'elenco dei paesi di origine sicuri figurerebbe ormai in un atto di rango legislativo, precisamente l'articolo 2‑bis, comma 1, del decreto legislativo n. 25/2008, come modificato dal decreto legge n. 158/2024. Il legislatore italiano sarebbe dunque stato abilitato, per il futuro, tanto a stabilire il quadro normativo generale che disciplina le modalità e i criteri di designazione di un paese terzo come paese di origine sicuro, quanto a procedere esso stesso a tale designazione. Il giudice del rinvio si chiede se una simile designazione mediante un atto di rango legislativo sia conforme alle prescrizioni della direttiva 2013/32.

26. In secondo luogo, il giudice del rinvio sottolinea che, a seguito della modifica dell'articolo 2‑bis del decreto legislativo n. 25/2008 ad opera del decreto legge n. 158/2024, la normativa italiana non contiene più alcun riferimento alle schede informative relative ai paesi terzi in questione ai fini dell'inserimento di questi ultimi nell'elenco dei paesi di origine sicuri, né menziona la necessità di citare le fonti dalle quali sono tratte tali informazioni. In particolare, i commi da 2 a 4 dell'articolo 2‑bis del decreto legislativo n. 25/2008, come modificato dal decreto legge n. 158/2024, non sarebbero per nulla menzionati al comma 1 di tale articolo, come modificato. Quest'ultimo stabilirebbe l'elenco dei paesi di origine sicuri facendo riferimento, in generale, ai «riscontri rinvenuti dalle fonti di informazione fornite dalle organizzazioni internazionali competenti», senza identificare tali riscontri o tali fonti. Inoltre, il nuovo comma 4‑bis di detto articolo si limiterebbe a prevedere che, ai fini dell'aggiornamento periodico di tale elenco, il governo adotta una relazione che espone la situazione dei paesi terzi di cui trattasi. Di conseguenza, ai richiedenti protezione internazionale, da un lato, e agli organi giurisdizionali dinanzi ai quali essi hanno presentato ricorsi, dall'altro, verrebbe impedito, rispettivamente, di contestare e di sindacare la provenienza, l'autorevolezza, l'attendibilità, la pertinenza, l'attualità, la completezza e il contenuto delle informazioni che hanno condotto alla designazione di un paese terzo come paese di origine sicuro, in violazione del principio della tutela giurisdizionale effettiva sancito all'articolo 47 della Carta.

27. In terzo luogo, il giudice del rinvio si chiede se gli Stati membri debbano consentire ai giudici nazionali di utilizzare tutte le informazioni pertinenti a loro disposizione al fine di verificare la fondatezza della designazione di un paese terzo come paese di origine sicuro, indipendentemente dal fatto che l'autorità nazionale che ha proceduto a tale designazione abbia, o meno, rivelato le informazioni sulle quali si è basata. Detto giudice ritiene che occorra rispondere in senso affermativo a tale questione, e ciò al fine di garantire una tutela giurisdizionale effettiva ai richiedenti protezione internazionale le cui domande siano state respinte in esito a una procedura accelerata con la motivazione che essi provengono da un paese di origine sicuro così designato.

28. In quarto luogo, il giudice del rinvio si interroga, in sostanza, sulle conseguenze da trarre dalla sentenza del 4 ottobre 2024, Ministerstvo vnitra České republiky, Odbor azylové a migrační politiky (C‑406/22, EU:C:2024:841). Su tale punto, esso espone che dal preambolo del decreto-legge n. 158/2024 risulta che, con l'adozione di quest'ultimo, il governo italiano ha inteso conformarsi a tale sentenza sopprimendo, all'articolo 2-bis, comma 2, seconda frase, del decreto legislativo n. 25/2008, la possibilità di designare come paese di origine sicuro un paese terzo che non soddisfi, per talune parti del suo territorio, le condizioni di siffatta designazione. Tuttavia, tale governo avrebbe conservato, nella citata disposizione, la possibilità di designare come paese di origine sicuro un paese terzo con l'eccezione di talune categorie di persone. Orbene, detto giudice ritiene che quest'ultima possibilità debba essere esclusa sulla base di un ragionamento analogo a quello adottato dalla Corte nella summenzionata sentenza. Un'esclusione di categorie di persone riguardante, nella maggior parte dei casi, tutto il territorio di un paese terzo sarebbe persino più grave dell'esclusione di parti di territorio, esaminata nella medesima sentenza. Ciò premesso, tale giudice ritiene necessario interpellare la Corte al riguardo prima di trarre, se del caso, le conseguenze derivanti dal principio del primato del diritto dell'Unione.

29. È in tale contesto che il Tribunale ordinario di Roma ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali, formulate in modo identico nelle due cause:

«1) Se il diritto dell'Unione, ed in particolare gli articoli 36, 37 e 38 della [direttiva 2013/32], letti anche in combinazione con i suoi considerando 42, 46 e 48, ed interpretati alla luce dell'articolo 47 della [Carta] (e degli articoli 6 e 13 della CEDU), osti a che un legislatore nazionale, competente a consentire la formazione di elenchi di Paesi di origine sicuri ed a disciplinare i criteri da seguire e le fonti da utilizzare a tal fine, proceda anche a designare direttamente, con atto legislativo primario, uno Stato terzo come Paese di origine sicuro;

2) se comunque il diritto dell'Unione, ed in particolare gli articoli 36, 37, e 38 della medesima direttiva, letti anche in combinazione con i suoi considerando 42, 46 e 48, ed interpretati alla luce dell'articolo 47 della [Carta] (e degli articoli 6 e 13 della CEDU), osti quanto meno a che il legislatore designi uno Stato terzo come Paese di origine sicuro senza rendere accessibili e verificabili le fonti adoperate per giustificare tale designazione, così impedendo al richiedente asilo di contestarne, ed al giudice di sindacarne la provenienza, l'autorevolezza, l'attendibilità, la pertinenza, l'attualità, la completezza, e comunque in generale il contenuto, e di trarne le proprie valutazioni sulla sussistenza delle condizioni sostanziali di siffatta designazione, enunciate all'allegato I [a detta] direttiva;

3) se il diritto dell'Unione, ed in particolare gli articoli 36, 37, e 38 della medesima direttiva, letti anche in combinazione con i suoi considerando 42, 46 e 48, ed interpretati alla luce dell'articolo 47 della [Carta] (e degli articoli 6 e 13 della CEDU), debba essere interpretato nel senso che, nel corso di una procedura accelerata di frontiera [per persone provenienti] da [un] Paese di origine designato sicuro, il giudice possa in ogni caso utilizzare informazioni sul Paese di provenienza, attingendole autonomamente dalle fonti di cui al paragrafo 3 dell'articolo 37 della direttiva, utili ad accertare la sussistenza delle condizioni sostanziali di siffatta designazione, enunciate all'allegato I [alla medesima] direttiva;

4) se il diritto dell'Unione, ed in particolare gli articoli 36, 37, e 38 della medesima direttiva, nonché il suo allegato I, letti anche in combinazione con i suoi considerando 42, 46 e 48, ed interpretati alla luce dell'articolo 47 della [Carta] (e degli articoli 6 e 13 della CEDU), osti a che un Paese terzo sia definito "di origine sicuro" qualora vi siano, in tale Paese, categorie di persone per le quali esso non soddisfa le condizioni sostanziali di siffatta designazione, enunciate all'allegato I [a detta] direttiva».

Procedimento dinanzi alla Corte

30. Il giudice del rinvio ha richiesto che le cause fossero sottoposte al procedimento pregiudiziale d'urgenza previsto all'articolo 23 bis dello Statuto della Corte di giustizia dell'Unione europea ed all'articolo 107 del regolamento di procedura.

31. Il 19 novembre 2024, la Seconda Sezione della Corte, su proposta della giudice relatrice, sentito l'avvocato generale, ha deciso di non accogliere tale richiesta.

32. Con decisione del presidente della Corte del 21 novembre 2024, le presenti cause sono state riunite ai fini delle fasi scritta e orale del procedimento nonché della sentenza.

33. Con ordinanza del presidente della Corte del 29 novembre 2024, le presenti cause sono state sottoposte al procedimento accelerato previsto all'articolo 105, paragrafo 1, del regolamento di procedura.

34. Conformemente all'articolo 16, terzo comma, dello Statuto della Corte di giustizia dell'Unione europea, la Repubblica italiana ha chiesto che le presenti cause fossero giudicate dalla Grande Sezione, circostanza di cui la Corte ha preso atto l'11 febbraio 2025.

Sulle questioni pregiudiziali

Sulla ricevibilità

35. I governi italiano e slovacco contestano la ricevibilità delle questioni prime, seconde e quarte.

36. Per quanto riguarda le prime e le seconde questioni, il governo italiano asserisce che il giudice del rinvio non ha indicato le ragioni per le quali il decreto legge n. 158/2024 sarebbe incompatibile con il diritto dell'Unione, e quelle in base alle quali tali questioni sarebbero rilevanti ai fini della soluzione delle controversie principali. Tale governo aggiunge che, nel caso di specie, le modalità di designazione dei paesi di origine sicuri sono irrilevanti poiché la Repubblica popolare del Bangladesh era già stata designata come paese di origine sicuro ancor prima dell'adozione di tale decreto legge.

37. Per quanto riguarda le quarte questioni, i governi italiano e slovacco sostengono che esse sono astratte e ipotetiche. Infatti, il giudice del rinvio avrebbe omesso di verificare se la Repubblica popolare del Bangladesh non sia un paese di origine sicuro per determinate categorie di persone e se LC e CP appartengano a dette categorie.

38. A tal riguardo occorre ricordare che, secondo una giurisprudenza costante, le questioni relative all'interpretazione del diritto dell'Unione sollevate dal giudice nazionale nel contesto di diritto e di fatto che esso individua sotto la propria responsabilità, del quale non spetta alla Corte verificare l'esattezza, godono di una presunzione di rilevanza. Il rifiuto della Corte di statuire su una domanda di pronuncia pregiudiziale presentata da un giudice nazionale è possibile solo qualora appaia in modo manifesto che l'interpretazione del diritto dell'Unione richiesta non ha alcuna relazione con la realtà effettiva o con l'oggetto della controversia di cui al procedimento principale, qualora il problema sia di natura ipotetica oppure qualora la Corte non disponga degli elementi di fatto e di diritto necessari per fornire una risposta utile alle questioni che le vengono sottoposte (sentenza del 19 dicembre 2024, Tudmur, C‑185/24 e C‑189/24, EU:C:2024:1036, punto 26 e giurisprudenza citata).

39. Nel caso di specie, dalle domande di pronuncia pregiudiziale risulta che due cittadini della Repubblica popolare del Bangladesh hanno presentato dinanzi al giudice del rinvio ricorsi avverso decisioni che respingono le loro domande di protezione internazionale in quanto manifestamente infondate, con la motivazione che essi provengono da un paese di origine sicuro. In tali domande, il giudice spiega di nutrire dubbi in ordine alla compatibilità con il diritto dell'Unione della designazione di tale paese terzo come paese di origine sicuro, in sostanza, per il motivo che tale designazione deriva da un atto legislativo, che il legislatore italiano non ha divulgato le sue fonti di informazione e ha mantenuto in vigore la facoltà di procedere a detta designazione, sebbene tale paese terzo possa non essere «sicuro» per talune categorie della sua popolazione. A tal riguardo, detto giudice fa riferimento alla scheda informativa del 3 maggio 2024 redatta dal Ministero degli Affari esteri italiano e relativa alla Repubblica popolare del Bangladesh, sulla quale si fondava la designazione di quest'ultima come paese di origine sicuro prima dell'adozione del decreto legge n. 158/2024, scheda nella quale si era concluso che tale paese terzo poteva essere considerato come un paese di origine sicuro soltanto facendo eccezione per talune categorie di persone.

40. È in tale contesto che, con le sue questioni prime, seconde e quarte, lo stesso giudice interroga la Corte, in sostanza, sull'interpretazione di varie disposizioni della direttiva 2013/32, che disciplinano il concetto di paese di origine sicuro e la designazione di tali paesi da parte degli Stati membri, nonché sulle modalità del controllo giurisdizionale di siffatta designazione.

41. Tali questioni vertono dunque, in concreto, sull'interpretazione di norme del diritto dell'Unione rilevanti ai fini della soluzione delle controversie di cui ai procedimenti principali. Poiché il giudice del rinvio stabilisce il contesto di diritto nazionale e di fatto dei procedimenti principali sotto la propria responsabilità, non spetta alla Corte verificare le premesse sulle quali si basano dette questioni.

42. Inoltre, dalle domande di pronuncia pregiudiziale risulta che, con le sue questioni, il giudice del rinvio intende, in definitiva, determinare se la designazione, in quanto tale, della Repubblica popolare del Bangladesh come paese di origine sicuro sia compatibile con il diritto dell'Unione al fine, se del caso, di escludere la presunzione di sicurezza che scaturisce dall'applicazione del concetto di paese di origine sicuro nei procedimenti principali. Pertanto, la circostanza che non sia stato accertato se LC e CP rientrino in una delle categorie di persone per le quali, a parere di tale giudice, il paese in argomento non costituisce un paese di origine sicuro è irrilevante riguardo alla ricevibilità di tali questioni.

43. Ne consegue che le questioni prime, seconde e quarte sono ricevibili.

Nel merito

Osservazioni preliminari

44. In via preliminare occorre ricordare che, secondo una costante giurisprudenza, nell'ambito della procedura di cooperazione tra i giudici nazionali e la Corte istituita dall'articolo 267 TFUE, spetta a quest'ultima fornire al giudice nazionale una soluzione utile che gli consenta di dirimere la controversia che gli è sottoposta. In tale prospettiva spetta alla Corte, se necessario, riformulare le questioni che le sono sottoposte. Inoltre, la Corte può essere indotta a prendere in considerazione norme del diritto dell'Unione alle quali il giudice nazionale non abbia fatto riferimento nella formulazione della sua questione (v. sentenze del 20 marzo 1986, Tissier, 35/85, EU:C:1986:143, punto 9, nonché del 19 dicembre 2024, Khan Yunis e Baabda, C‑123/23 e C‑202/23, EU:C:2024:1042, punto 63).

45. Infatti la circostanza che, formalmente, il giudice del rinvio abbia incluso, nelle sue questioni, talune determinate disposizioni di diritto dell'Unione non impedisce alla Corte di fornirgli tutti gli elementi interpretativi che possano essere utili per definire il procedimento principale, traendo dall'insieme degli elementi forniti da tale giudice e, in particolare, dalla motivazione della decisione di rinvio gli elementi del diritto dell'Unione che richiedono un'interpretazione, tenuto conto dell'oggetto della controversia (v. sentenze del 29 novembre 1978, Redmond, 83/78, EU:C:1978:214, punto 26, nonché del 19 dicembre 2024, Khan Yunis e Baabda, C‑123/23 e C‑202/23, EU:C:2024:1042, punto 64).

46. Con le sue questioni il giudice del rinvio interroga la Corte, in particolare, sull'interpretazione degli articoli da 36 a 38 della direttiva 2013/32, letti alla luce dell'articolo 47 della Carta.

47. In primo luogo, occorre ricordare che gli articoli 36 e 37 della direttiva 2013/32 riguardano, rispettivamente, il concetto di paese di origine sicuro e la designazione, da parte degli Stati membri, di paesi terzi come paesi di origine sicuri.

48. Tali articoli istituiscono un regime speciale di esame al quale gli Stati membri possono sottoporre le domande di protezione internazionale. Questo regime si basa su una forma di presunzione relativa di protezione sufficiente nel paese d'origine, la quale può essere superata dal richiedente se adduce gravi motivi attinenti alla sua situazione personale (v., in tal senso, sentenze del 25 luglio 2018, A, C‑404/17, EU:C:2018:588, punto 25, e del 4 ottobre 2024, Ministerstvo vnitra České republiky, Odbor azylové a migrační politiky, C‑406/22, EU:C:2024:841, punto 47 nonché giurisprudenza citata).

49. A titolo delle specificità di detto regime, gli Stati membri possono decidere, conformemente all'articolo 31, paragrafo 8, lettera b), di tale direttiva, da un lato, di accelerare la procedura d'esame e, dall'altro, di espletarla presso la frontiera o nelle zone di transito, conformemente all'articolo 43 di detta direttiva (sentenza del 4 ottobre 2024, Ministerstvo vnitra České republiky, Odbor azylové a migrační politiky, C‑406/22, EU:C:2024:841, punto 48).

50. Peraltro, quando una domanda di protezione internazionale, presentata da un richiedente proveniente da un paese di origine sicuro, è stata giudicata infondata in quanto, conformemente all'articolo 32, paragrafo 1, della direttiva 2013/32, l'autorità accertante ha stabilito che il richiedente non soddisfa i requisiti previsti per poter ottenere la protezione internazionale a norma della direttiva 2011/95, gli Stati membri possono altresì considerare, in forza dell'articolo 32, paragrafo 2, della direttiva 2013/32, una domanda siffatta manifestamente infondata, se definita come tale nella legislazione nazionale (sentenza del 4 ottobre 2024, Ministerstvo vnitra České republiky, Odbor azylové a migrační politiky, C‑406/22, EU:C:2024:841, punto 49).

51. Inoltre, una delle conseguenze per l'interessato la cui domanda è respinta in base all'applicazione del concetto di paese di origine sicuro è che, contrariamente a quanto previsto in caso di semplice rigetto, egli può non essere autorizzato a rimanere nel territorio dello Stato membro in cui è stata presentata tale domanda in attesa dell'esito del suo ricorso avverso la decisione di rigetto di detta domanda, come risulta dalle disposizioni dell'articolo 46, paragrafi 5 e 6, della direttiva 2013/32 (sentenze del 25 luglio 2018, A, C‑404/17, EU:C:2018:588, punto 27, e del 4 ottobre 2024, Ministerstvo vnitra České republiky, Odbor azylové a migrační politiky, C‑406/22, EU:C:2024:841, punto 50).

52. In secondo luogo, occorre osservare che, a differenza degli articoli 36 e 37 della direttiva 2013/32, l'articolo 38 di quest'ultima verte non già sul concetto di «paese di origine sicuro», bensì su quello di «paese terzo sicuro». Orbene, i procedimenti principali vertono sull'applicazione del solo concetto di «paese di origine sicuro». Pertanto, nelle presenti cause, non è necessario pronunciarsi sull'interpretazione dell'articolo 38 di tale direttiva.

53. In terzo luogo, occorre constatare che al diritto a un ricorso effettivo, garantito dall'articolo 47 della Carta, corrisponde l'obbligo imposto agli Stati membri dall'articolo 46, paragrafo 1, della direttiva 2013/32 di prevedere in favore dei richiedenti protezione internazionale tale diritto a un ricorso giurisdizionale effettivo, di cui l'articolo 46, paragrafo 3, di detta direttiva definisce la portata [v., in tal senso, sentenze del 19 marzo 2020, Bevándorlási és Menekültügyi Hivatal (Tompa), C‑564/18, EU:C:2020:218, punto 60, e del 4 ottobre 2024, Ministerstvo vnitra České republiky, Odbor azylové a migrační politiky, C‑406/22, EU:C:2024:841, punto 85 e giurisprudenza citata]. Si deve pertanto tener conto anche di quest'ultima disposizione, benché il giudice del rinvio non vi abbia fatto riferimento nelle sue questioni.

Sulle prime questioni

54. Con le sue prime questioni, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se gli articoli 36 e 37 nonché l'articolo 46, paragrafo 3, della direttiva 2013/32, letti alla luce dell'articolo 47 della Carta, debbano essere interpretati nel senso che essi ostano a che uno Stato membro proceda alla designazione di paesi terzi quali paesi di origine sicuri mediante un atto legislativo.

55. Come ricordato al punto 48 della presente sentenza, gli articoli 36 e 37 della direttiva 2013/32 istituiscono un regime speciale di esame al quale gli Stati membri possono sottoporre le domande di protezione internazionale presentate da cittadini di paesi designati come paesi di origine sicuri.

56. A tal fine, l'articolo 37, paragrafo 1, di tale direttiva specifica che «[g]li Stati membri possono mantenere in vigore o introdurre una normativa che consenta, a norma dell'allegato I [a detta direttiva], di designare a livello nazionale paesi di origine sicuri ai fini dell'esame delle domande di protezione internazionale». Come rilevato, in sostanza, dall'avvocato generale al paragrafo 36 delle sue conclusioni, da un confronto delle diverse versioni linguistiche di tale disposizione risulta che la nozione di «normativa» deve essere intesa nella sua accezione più ampia, come comprendente atti di natura legislativa, regolamentare o amministrativa.

57. In tal senso, la Corte ha peraltro dichiarato che, per poter ricorrere al regime speciale di esame ed alla presunzione relativa istituita dalle norme della direttiva 2013/32 concernenti le procedure basate sul concetto di paese di origine sicuro, gli Stati membri devono aver proceduto ad una completa attuazione di dette norme quanto alle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative che sono tenuti ad adottare (v., in tal senso, sentenza del 25 luglio 2018, A, C‑404/17, EU:C:2018:588, punto 31).

58. Secondo una giurisprudenza costante, le disposizioni di una direttiva devono essere attuate con un'efficacia cogente incontestabile, con la specificità, la precisione e la chiarezza necessarie per garantire pienamente la certezza del diritto [sentenza del 3 settembre 2020, Subdelegación del Gobierno en Barcelona (Soggiornanti di lungo periodo), C‑503/19 e C‑592/19, EU:C:2020:629, punto 35 e giurisprudenza citata].

59. In tale contesto, spetta a ciascuno Stato membro procedere alla designazione dei paesi di origine sicuri secondo le modalità previste agli articoli 36 e 37 nonché all'allegato I alla direttiva 2013/32, vale a dire, in particolare, adozione di un elenco di paesi terzi sulla base dei criteri fissati in detto allegato I, formulazione di norme e di modalità supplementari di attuazione, notifica alla Commissione dell'elenco di paesi di origine sicuri o, ancora, suo riesame periodico (v., in tal senso, sentenza del 25 luglio 2018, A, C‑404/17, EU:C:2018:588, punto 28).

60. Ciò premesso, né queste disposizioni né, del resto, altre disposizioni della direttiva 2013/32 determinano la o le autorità degli Stati membri che dovrebbero essere incaricate di designare i paesi di origine sicuri a livello nazionale oppure lo strumento giuridico pertinente a tal fine.

61. A tal riguardo, occorre ricordare che dall'articolo 288, terzo comma, TFUE risulta che gli Stati membri, in sede di recepimento di una direttiva, dispongono di un margine di discrezionalità in ordine alla scelta delle modalità e dei mezzi destinati a garantirne l'attuazione. Pertanto, per quanto riguarda la scelta delle autorità competenti e degli strumenti giuridici pertinenti ai fini della designazione, a livello nazionale, di paesi terzi come paesi di origine sicuri, nulla impedisce che si decida, all'interno di uno Stato membro, di affidare al legislatore nazionale la responsabilità di designare i paesi di origine sicuri mediante un atto legislativo.

62. Tuttavia, tale margine di discrezionalità degli Stati membri nell'attuazione delle disposizioni degli articoli 36 e 37 della direttiva 2013/32 lascia impregiudicato l'obbligo, per ciascuno di detti Stati, di adottare tutti i provvedimenti necessari per garantire la piena efficacia di detta direttiva, conformemente all'obiettivo che essa persegue (v., in tal senso, sentenze del 10 aprile 1984, von Colson e Kamann, 14/83, EU:C:1984:153, punto 15, nonché del 31 marzo 2022, Lombard Lízing, C‑472/20, EU:C:2022:242, punto 35).

63. In particolare, il margine di discrezionalità non incide sull'obbligo di ogni giudice nazionale di garantire la piena efficacia delle disposizioni della direttiva 2013/32, disapplicando all'occorrenza, di propria iniziativa, qualsiasi disposizione del diritto nazionale, anche posteriore, che sia contraria a una disposizione di tale direttiva produttiva di effetti diretti, senza dover chiedere o attendere la previa rimozione di tale disposizione dal diritto nazionale in via legislativa o mediante qualsiasi altro procedimento costituzionale (v., in tal senso, sentenze del 9 marzo 1978, Simmenthal, 106/77, EU:C:1978:49, punti 21 e 24, nonché del 28 gennaio 2025, ASG 2, C‑253/23, EU:C:2025:40, punto 90 e giurisprudenza citata).

64. Inoltre, pur spettando, in mancanza di una disciplina dell'Unione in materia, all'ordinamento giuridico interno, in forza del principio dell'autonomia procedurale degli Stati membri e fatta salva l'osservanza dei principi di equivalenza e di effettività, disciplinare le modalità procedurali dei ricorsi intesi a garantire la tutela dei diritti individuali derivanti dall'ordinamento giuridico dell'Unione, gli Stati membri sono tuttavia tenuti ad assicurare, in ciascun caso, il rispetto del diritto ad una tutela giurisdizionale effettiva di tali diritti, quale garantito dall'articolo 47 della Carta; nel caso di specie, la portata di tale diritto è precisata dall'articolo 46 della direttiva 2013/32 (v., in tal senso, sentenza del 3 luglio 2025, Al Nasiria, C‑610/23, EU:C:2025:514, punto 51 e giurisprudenza citata).

65. Ne consegue che la scelta, da parte di uno Stato membro, dell'autorità competente e dello strumento giuridico di designazione, a livello nazionale, di paesi di origine sicuri ai sensi degli articoli 36 e 37 della direttiva 2013/32 non può incidere sugli obblighi ad esso incombenti in applicazione di tale direttiva. Spetta dunque, in particolare, a ciascuno Stato membro garantire il rispetto del diritto a un ricorso giurisdizionale effettivo, che l'articolo 46, paragrafo 1, di detta direttiva riconosce ai richiedenti protezione internazionale avverso le decisioni relative alle loro domande, e di cui l'articolo 46, paragrafo 3, della medesima direttiva definisce la portata.

66. A tal riguardo la Corte ha già dichiarato che, conformemente all'articolo 46, paragrafo 3, della direttiva 2013/32, letto alla luce dell'articolo 47 della Carta, quando un giudice nazionale è investito di un ricorso avverso una decisione concernente una domanda di protezione internazionale, esaminata nell'ambito del regime speciale applicabile alle domande presentate dai richiedenti provenienti da paesi terzi designati come paesi di origine sicuri, conformemente all'articolo 37 della medesima direttiva, tale giudice, nell'ambito dell'esame completo ed ex nunc imposto dal suddetto articolo 46, paragrafo 3, deve rilevare, sulla base degli elementi del fascicolo nonché di quelli portati a sua conoscenza nel corso del procedimento dinanzi ad esso, una violazione delle condizioni sostanziali di siffatta designazione, enunciate all'allegato I a detta direttiva (v., in tal senso, sentenza del 4 ottobre 2024, Ministerstvo vnitra České republiky, Odbor azylové a migrační politiky, C‑406/22, EU:C:2024:841, punto 98).

67. Pertanto, e tenuto conto della giurisprudenza ricordata ai punti 62 e 63 della presente sentenza, la circostanza che uno Stato membro abbia scelto di procedere alla designazione di paesi di origine sicuri mediante un atto legislativo non può essere tale da impedire al giudice nazionale adito, alle condizioni enunciate al punto precedente di questa sentenza, di controllare, anche solo in via incidentale, se la designazione del paese terzo di cui trattasi quale paese di origine sicuro rispetti le condizioni sostanziali di siffatta designazione, enunciate all'allegato I alla direttiva 2013/32.

68. Alla luce dei motivi che precedono, occorre rispondere alle prime questioni dichiarando che gli articoli 36 e 37 nonché l'articolo 46, paragrafo 3, della direttiva 2013/32, letti alla luce dell'articolo 47 della Carta, devono essere interpretati nel senso che essi non ostano a che uno Stato membro proceda alla designazione di paesi terzi quali paesi di origine sicuri mediante un atto legislativo, a condizione che tale designazione possa essere oggetto di un controllo giurisdizionale vertente sul rispetto delle condizioni sostanziali di siffatta designazione, enunciate all'allegato I a detta direttiva, da parte di qualsiasi giudice nazionale investito di un ricorso avverso una decisione concernente una domanda di protezione internazionale, esaminata nell'ambito del regime speciale applicabile alle domande presentate dai richiedenti provenienti da paesi terzi designati come paesi di origine sicuri.

Sulle questioni seconde e terze

69. Con le sue questioni seconde e terze, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se gli articoli 36 e 37 nonché l'articolo 46, paragrafo 3, della direttiva 2013/32, letti alla luce dell'articolo 47 della Carta, debbano essere interpretati nel senso che, da un lato, lo Stato membro che designa un paese terzo quale paese di origine sicuro deve rendere accessibili le fonti di informazione, ai sensi dell'articolo 37, paragrafo 3, di tale direttiva, sulle quali tale designazione è fondata e, dall'altro, il giudice nazionale investito di un ricorso avverso una decisione concernente una domanda di protezione internazionale, esaminata nell'ambito del regime speciale di esame applicabile alle domande presentate dai richiedenti provenienti da paesi terzi designati come paesi di origine sicuri, può tener conto, nel verificare se tale designazione rispetti le condizioni sostanziali di siffatta designazione enunciate all'allegato I di detta direttiva, delle informazioni da esso stesso raccolte.

70. L'articolo 37, paragrafo 3, della direttiva 2013/32 prevede che la valutazione volta ad accertare che un paese terzo è un paese di origine sicuro si basa su una serie di fonti di informazione, comprese, in particolare le informazioni fornite da altri Stati membri, dalla EUAA, succeduta allo EASO, dall'UNHCR, dal Consiglio d'Europa e da altre organizzazioni internazionali competenti.

71. È vero che né tale disposizione né altre disposizioni della direttiva 2013/32 stabiliscono espressamente che l'autorità nazionale che procede alla designazione, a livello nazionale, dei paesi di origine sicuri debba rendere accessibili le fonti di informazione sulla base delle quali ha proceduto a tale designazione.

72. Resta il fatto che, in primo luogo, la designazione, da parte di uno Stato membro, di un paese terzo come paese di origine sicuro rende applicabile ai richiedenti originari di tale paese il regime speciale di esame delle domande di protezione internazionale. In particolare tale regime, esposto ai punti da 48 a 51 della presente sentenza, consente agli Stati membri di accelerare la procedura di esame di tali domande e si basa su una forma di presunzione relativa di protezione sufficiente nel paese d'origine, la quale può essere superata dal richiedente che adduca gravi motivi attinenti alla sua situazione personale, conformemente all'articolo 36, paragrafo 1, della direttiva 2013/32.

73. Orbene, come sottolineato dall'avvocato generale al paragrafo 55 delle sue conclusioni, la possibilità per il richiedente di superare tale presunzione richiede, per essere efficace, che detto richiedente sia messo in condizioni di conoscere le ragioni per le quali si presume che il suo paese di origine sia sicuro. Pertanto detto richiedente deve disporre, allo scopo, di un accesso alle fonti di informazione in base alle quali il suo paese di origine è stato designato come paese di origine sicuro.

74. In secondo luogo, occorre rilevare che, in forza dell'articolo 12, paragrafo 1, lettera d), della direttiva 2013/32, letto in combinato disposto con l'articolo 10, paragrafo 3, lettera b), di quest'ultima, i richiedenti protezione internazionale hanno accesso, nel corso della procedura d'esame, alle informazioni precise e aggiornate raccolte dagli Stati membri presso varie fonti, quali la EUAA, l'UNHCR nonché le organizzazioni internazionali competenti in materia di diritti umani, circa la situazione generale esistente nel loro paese di origine. Parimenti, dall'articolo 10, paragrafo 4, di detta direttiva risulta che i giudici nazionali hanno anch'essi accesso alle informazioni generali necessarie per l'adempimento delle loro funzioni.

75. Orbene, si tratta di fonti di informazione analoghe a quelle sulle quali gli Stati membri possono basarsi, conformemente all'articolo 37, paragrafo 3, della direttiva 2013/32, per designare un paese terzo come paese di origine sicuro.

76. In terzo luogo, occorre ricordare che l'articolo 46, paragrafo 1, della direttiva 2013/32 riconosce ai richiedenti protezione internazionale il diritto a un ricorso effettivo dinanzi a un giudice avverso le decisioni concernenti la loro domanda. L'articolo 46, paragrafo 3, di detta direttiva definisce la portata di tale diritto a un ricorso effettivo, precisando che gli Stati membri devono assicurare che il giudice dinanzi al quale è contestata la decisione relativa alla domanda di protezione internazionale proceda a un «esame completo ed ex nunc degli elementi di fatto e di diritto compreso, se del caso, l'esame delle esigenze di protezione internazionale ai sensi della direttiva [2011/95]» (v., in tal senso, sentenza del 4 ottobre 2024, Ministerstvo vnitra České republiky, Odbor azylové a migrační politiky, C‑406/22, EU:C:2024:841, punto 85 e giurisprudenza citata).

77. Inoltre, dalla giurisprudenza della Corte risulta che le caratteristiche del ricorso previsto all'articolo 46 della direttiva 2013/32 devono essere determinate in conformità all'articolo 47 della Carta, che costituisce una riaffermazione del principio di tutela giurisdizionale effettiva. Ebbene, l'articolo 47 della Carta è sufficiente di per sé e non deve essere precisato mediante disposizioni del diritto dell'Unione o del diritto nazionale per conferire ai soggetti dell'ordinamento un diritto invocabile in quanto tale. La conclusione non può, pertanto, essere diversa riguardo all'articolo 46, paragrafo 3, della citata direttiva, letto alla luce dell'articolo 47 della Carta (sentenza del 4 ottobre 2024, Ministerstvo vnitra České republiky, Odbor azylové a migrační politiky, C‑406/22, EU:C:2024:841, punto 86 e giurisprudenza citata).

78. In tale ottica, sotto un primo profilo, occorre ricordare che, secondo una giurisprudenza costante, l'efficacia del controllo giurisdizionale garantito dall'articolo 47 della Carta, alla luce del quale deve essere interpretato l'articolo 46 della direttiva 2013/32, presuppone, da un lato, che l'interessato possa conoscere la motivazione della decisione adottata nei suoi confronti, o in base alla lettura della decisione stessa o a seguito di comunicazione di detta motivazione effettuata su sua richiesta, al fine di consentirgli di difendere i suoi diritti nelle migliori condizioni possibili e di decidere, con piena cognizione di causa, se gli sia utile adire il giudice competente. Dall'altro lato, quest'ultimo deve avere il potere di esigere dall'autorità interessata la comunicazione di tale motivazione, al fine di essere pienamente in grado di esercitare il controllo di legittimità della decisione nazionale in questione (sentenze del 4 giugno 2013, ZZ, C‑300/11, EU:C:2013:363, punto 53, e del 29 luglio 2024, protectus, C‑185/23, EU:C:2024:657, punto 79 e giurisprudenza citata).

79. Orbene qualora, come nei procedimenti principali, una domanda di protezione internazionale sia respinta in quanto manifestamente infondata per il motivo che il richiedente proviene da un paese di origine sicuro, ai sensi degli articoli 36 e 37 della direttiva 2013/32, letti in combinato disposto con l'allegato I a quest'ultima, siffatto motivo di diniego si confonde, essenzialmente, con i motivi sui quali si fonda la presunzione di protezione sufficiente che comporta la designazione del paese di cui trattasi come paese di origine sicuro.

80. Tenuto conto della giurisprudenza citata al punto 78 della presente sentenza, si deve pertanto considerare che l'efficacia della tutela giurisdizionale esige che tanto il richiedente interessato quanto il giudice adito possano non soltanto essere edotti dei motivi di un tale diniego, ma anche avere accesso alle fonti di informazione sulla base delle quali il paese terzo di cui trattasi è stato designato paese di origine sicuro.

81. Sotto un secondo profilo, per quanto riguarda la portata del diritto a un ricorso effettivo, quale definita dall'articolo 46, paragrafo 3, della direttiva 2013/32, la Corte ha dichiarato che l'espressione «assicurano che un ricorso effettivo preveda l'esame completo ed ex nunc degli elementi di fatto e di diritto» deve essere interpretata nel senso che gli Stati membri sono tenuti, in forza di tale disposizione, ad adattare il loro diritto nazionale in modo che il trattamento dei ricorsi in questione comporti un esame, da parte del giudice, di tutti gli elementi di fatto e di diritto che gli consentano di procedere ad una valutazione aggiornata del caso di specie (sentenze del 25 luglio 2018, Alheto, C‑585/16, EU:C:2018:584, punto 110, e del 4 ottobre 2024, Ministerstvo vnitra České republiky, Odbor azylové a migrační politiky, C‑406/22, EU:C:2024:841, punto 87).

82. A tale riguardo, anzitutto, la locuzione «ex nunc» mette in evidenza l'obbligo del giudice di procedere a una valutazione che tenga conto, se del caso, dei nuovi elementi intervenuti dopo l'adozione della decisione oggetto del ricorso (sentenze del 25 luglio 2018, Alheto, C‑585/16, EU:C:2018:584, punto 111; del 29 luglio 2019, Torubarov, C‑556/17, EU:C:2019:626, punto 52, e del 4 ottobre 2024, Ministerstvo vnitra České republiky, Odbor azylové a migrační politiky, C‑406/22, EU:C:2024:841, punto 88).

83. Inoltre, l'aggettivo «completo» di cui all'articolo 46, paragrafo 3, della direttiva 2013/32 conferma che il giudice è tenuto ad esaminare sia gli elementi di cui l'autorità accertante ha tenuto o avrebbe dovuto tenere conto sia quelli che sono intervenuti dopo l'adozione della decisione da parte della medesima (sentenze del 25 luglio 2018, Alheto, C‑585/16, EU:C:2018:584, punto 113; del 29 luglio 2019, Torubarov, C‑556/17, EU:C:2019:626, punto 52, e del 4 ottobre 2024, Ministerstvo vnitra České republiky, Odbor azylové a migrační politiky, C‑406/22, EU:C:2024:841, punto 89).

84. Infine, l'espressione «se del caso», contenuta nella parte di frase «compreso, se del caso, l'esame delle esigenze di protezione internazionale ai sensi della direttiva [2011/95]», evidenzia il fatto che l'esame completo ed ex nunc incombente al giudice non deve necessariamente vertere sull'esame nel merito delle esigenze di protezione internazionale e che esso può dunque riguardare gli aspetti procedurali di una domanda di protezione internazionale, fra i quali figura la designazione di un paese terzo come paese di origine sicuro (v., in tal senso, sentenza del 4 ottobre 2024, Ministerstvo vnitra České republiky, Odbor azylové a migrační politiky, C‑406/22, EU:C:2024:841, punti 90 e 91 nonché giurisprudenza citata).

85. Come risulta dalla giurisprudenza della Corte citata al punto 66 della presente sentenza, conformemente all'articolo 46, paragrafo 3, della direttiva 2013/32, letto alla luce dell'articolo 47 della Carta, quando un giudice nazionale è investito di un ricorso avverso una decisione concernente una domanda di protezione internazionale, esaminata nell'ambito del regime speciale di esame citato al punto 48 della presente sentenza, tale giudice, nell'ambito dell'esame completo ed ex nunc imposto dal suddetto articolo 46, paragrafo 3, deve rilevare, sulla base degli elementi del fascicolo nonché di quelli portati a sua conoscenza nel corso del procedimento dinanzi ad esso, una eventuale violazione delle condizioni sostanziali di siffatta designazione, enunciate all'allegato I a detta direttiva.

86. Orbene, l'efficacia del controllo giurisdizionale in ordine al rispetto delle condizioni sostanziali, enunciate all'allegato I alla direttiva 2013/32, presuppone che il giudice adito possa avere accesso alle fonti di informazione sulla base delle quali l'autorità nazionale competente ha proceduto alla designazione del paese terzo di cui trattasi come paese di origine sicuro. Tale esigenza di efficacia implica altresì che detto giudice possa verificare se tale designazione rispetti le condizioni sostanziali enunciate all'allegato I a detta direttiva, tenendo conto di altre informazioni da esso stesso eventualmente raccolte, siano esse provenienti da fonti pubbliche o da fonti di cui ha chiesto la produzione a una delle parti della controversia dinanzi ad esso pendente, a condizione che, da un lato, si sia accertato dell'affidabilità di tali informazioni e che, dall'altro, conformemente al principio del contraddittorio, tali parti abbiano la possibilità di presentare le loro osservazioni in ordine a tali informazioni.

87. Ne consegue che gli Stati membri sono tenuti, in forza dell'articolo 46, paragrafo 3, della direttiva 2013/32, ad adattare il loro diritto nazionale in un modo tale da garantire un accesso sufficiente e adeguato alle fonti di informazione sulle quali essi si sono basati per designare i paesi di origine sicuri. Questo accesso deve consentire a un richiedente protezione internazionale originario di un tale paese, e al giudice nazionale investito di un ricorso avverso una decisione concernente la domanda di protezione internazionale, di prendere utilmente conoscenza di dette fonti di informazioni conformemente alla giurisprudenza ricordata al punto 78 della presente sentenza.

88. Alla luce dei motivi che precedono, occorre rispondere alle questioni seconde e terze dichiarando che gli articoli 36 e 37 nonché l'articolo 46, paragrafo 3, della direttiva 2013/32, letti alla luce dell'articolo 47 della Carta, devono essere interpretati nel senso che:

- lo Stato membro, che designa un paese terzo come paese di origine sicuro, deve garantire un accesso sufficiente e adeguato alle fonti di informazione di cui all'articolo 37, paragrafo 3, di tale direttiva, sulle quali si fonda tale designazione, accesso il quale deve, da un lato, consentire al richiedente protezione internazionale interessato, originario di tale paese terzo, di difendere i suoi diritti nelle migliori condizioni possibili e di decidere, con piena cognizione di causa, se gli sia utile adire il giudice competente e, dall'altro, consentire a quest'ultimo di esercitare il proprio sindacato su una decisione concernente la domanda di protezione internazionale;

- il giudice nazionale investito di un ricorso avverso una decisione, relativa a una domanda di protezione internazionale esaminata nell'ambito del regime speciale di esame applicabile alle domande presentate dai richiedenti provenienti da paesi terzi designati come paesi di origine sicuri, può, qualora verifichi, anche solo in via incidentale, se tale designazione rispetti le condizioni sostanziali di siffatta designazione, enunciate all'allegato I a detta direttiva, tener conto delle informazioni da esso stesso raccolte a condizione, da un lato, di accertarsi dell'affidabilità di tali informazioni e, dall'altro, di garantire alle parti in causa il rispetto del principio del contraddittorio.

Sulle quarte questioni

89. In via preliminare, occorre rilevare che le quarte questioni non riguardano il sindacato che il giudice del rinvio deve effettuare in ordine all'applicazione delle disposizioni dell'articolo 36, paragrafo 1, della direttiva 2013/32, ai sensi del quale il superamento della presunzione di protezione sufficiente nel paese d'origine presuppone che il richiedente adduca gravi motivi attinenti alla sua situazione personale. Dette questioni vertono unicamente sul controllo che tale giudice deve effettuare riguardo alla designazione, in quanto tale, del paese terzo di origine del richiedente come paese di origine sicuro, conformemente all'articolo 37 di detta direttiva.

90. Ciò posto, si deve considerare che, con le sue quarte questioni, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l'articolo 37 della direttiva 2013/32, letto in combinato disposto con l'allegato I a tale direttiva, debba essere interpretato nel senso che esso osta a che uno Stato membro designi come paese di origine sicuro un paese terzo che non soddisfi, per talune categorie di persone, le condizioni sostanziali di siffatta designazione, enunciate all'allegato I a detta direttiva.

91. Secondo una giurisprudenza costante, nell'interpretare una disposizione del diritto dell'Unione si deve tener conto del tenore letterale di quest'ultima, del contesto nel quale essa s'inscrive e degli obiettivi perseguiti dalla normativa di cui essa fa parte [sentenze del 17 novembre 1983, Merck, 292/82, EU:C:1983:335, punto 12, e del 6 luglio 2023, Commissaire général aux réfugiés et aux apatrides (Rifugiato che ha commesso un reato grave), C‑8/22, EU:C:2023:542, punto 29].

92. In primo luogo, per quanto riguarda la formulazione dell'articolo 37 della direttiva 2013/32, il quale, conformemente alla sua rubrica, è relativo alla designazione nazionale dei paesi terzi quali paesi di origine sicuri, in essa si fa più volte riferimento ai termini «paesi» e «paesi terzi». Nulla nel testo di tale disposizione indica che, ai fini di siffatta designazione, tali termini possano essere intesi nel senso che riguardino soltanto una parte, eventualmente maggioritaria, della popolazione del paese terzo interessato, ad esclusione di un'altra parte di tale popolazione o di talune categorie di persone.

93. In secondo luogo, per quanto riguarda il contesto in cui s'inscrive l'articolo 37 della direttiva 2013/32, risulta, innanzitutto, da tale articolo che gli Stati membri possono designare paesi di origine sicuri, conformemente all'allegato I a detta direttiva. Orbene, al pari della formulazione di detto articolo, i criteri enunciati in tale allegato non forniscono alcuna indicazione secondo cui gli Stati membri avrebbero la possibilità di designare un paese terzo come paese di origine sicuro pur quando, per talune categorie di persone all'interno della popolazione di tale paese, i criteri sostanziali previsti da tale allegato I non siano soddisfatti.

94. Al contrario, ai sensi di detto allegato, la designazione di un paese terzo come paese di origine sicuro dipende dalla possibilità di dimostrare che non ci sono «generalmente» e «costantemente» persecuzioni, né tortura o altre forme di pena o trattamento disumano o degradante, né pericolo a causa di una violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno o internazionale.

95. A tal riguardo, è vero che le versioni linguistiche dell'allegato I alla direttiva 2013/32 divergono. Così, solo la versione in lingua francese di tale allegato utilizza l'avverbio «uniformément». Le altre versioni linguistiche di detto allegato, quali le versioni in lingua bulgara («за всеки отделен случай»), spagnola («sistemática»), ceca («soustavně»), danese («til stadighed»), tedesca («durchgängig»), estone («järjekindlat»), greca («μόνιμα»), inglese («consistently»), croata («trajno»), italiana («costantemente»), lettone («konsekventi»), lituana («sistemingai»), ungherese («következetesen»), maltese («konsistentement»), neerlandese («duurzame»), polacca («konsekwentnie»), portoghese («sistemático»), rumena («consecvent»), slovacca («sústavne»), slovena («redno»), finlandese («jatkuvasti») e svedese («genomgående»), corrispondono ad espressioni quali «in modo costante», «sistematico», «durevole», «continuo» oppure «coerente».

96. Nondimeno, al di là di tali divergenze semantiche, i suddetti termini rinviano tutti ad una nozione di «invariabilità». Essi tendono di conseguenza, ed in assenza di qualsiasi riferimento - nell'articolo 37 o nell'allegato I alla direttiva 2013/32 - a una parte della popolazione del paese terzo interessato, ad indicare che le condizioni di cui a tale allegato devono essere rispettate con riferimento a tutta la popolazione del paese terzo interessato, affinché tale paese possa essere designato paese di origine sicuro. Essi esprimono quindi la scelta del legislatore dell'Unione di subordinare la designazione di un paese di origine sicuro alla condizione che il paese terzo sia, generalmente, sicuro per tutta la sua popolazione e non solo per una parte di essa.

97. Del resto, anche in un paese generalmente sicuro per tutta la sua popolazione non esiste alcuna garanzia assoluta di sicurezza per ciascun individuo. È per tale ragione che il legislatore dell'Unione ha previsto, all'articolo 36, paragrafo 1, della direttiva 2013/32, letto alla luce dei considerando 40 e 42 di tale direttiva, la possibilità per ogni richiedente protezione internazionale originario di un paese designato come paese di origine sicuro di superare la presunzione relativa di protezione sufficiente, adducendo gravi motivi attinenti alla sua situazione personale.

98. Poi, in ordine all'argomento ricavato dall'articolo 24 della direttiva 2013/32, occorre rilevare che detto articolo, il quale, conformemente al suo titolo, riguarda i «[r]ichiedenti che necessitano di garanzie procedurali particolari», non ha alcun rapporto con la designazione di un paese terzo come «paese di origine sicuro», ai sensi dell'articolo 37 e dell'allegato I a tale direttiva.

99. Infine, come esposto ai punti da 48 a 51 della presente sentenza, la designazione, da parte di uno Stato membro, di paesi terzi come paesi di origine sicuri consente di sottoporre le domande di protezione internazionale presentate da richiedenti provenienti da tali paesi terzi a un regime speciale d'esame, avente carattere derogatorio.

100. A tal riguardo, interpretare l'articolo 37 della direttiva 2013/32 nel senso che esso consenta di designare un paese terzo come paese di origine sicuro anche se, per talune categorie di persone, tale paese non soddisfa le condizioni sostanziali previste all'allegato I a detta direttiva, avrebbe l'effetto di estendere l'ambito di applicazione del regime speciale di esame. Poiché tale interpretazione non trova alcun supporto nel tenore letterale dell'articolo 37 né, più in generale, nella suddetta direttiva, riconoscere una facoltà del genere trascurerebbe il carattere restrittivo dell'interpretazione di cui le disposizioni derogatorie devono essere oggetto [v., in tal senso, sentenze del 5 marzo 2015, Commissione/Lussemburgo, C‑502/13, EU:C:2015:143, punto 61, e dell'8 febbraio 2024, Bundesrepublik Deutschland (Ammissibilità di una domanda reiterata), C‑216/22, EU:C:2024:122, punto 35 e giurisprudenza citata].

101. In terzo luogo, per quanto riguarda gli obiettivi della direttiva 2013/32, occorre ricordare che, oltre al fatto che essa persegue l'obiettivo generale di istituire norme procedurali comuni, tale direttiva mira in particolare, come risulta segnatamente dal suo considerando 18, a che le domande di protezione internazionale siano trattate «quanto prima possibile (...), fatto salvo lo svolgimento di un esame adeguato e completo» (sentenze del 25 luglio 2018, Alheto, C‑585/16, EU:C:2018:584, punto 109, e del 4 ottobre 2024, Ministerstvo vnitra České republiky, Odbor azylové a migrační politiky, C‑406/22, EU:C:2024:841, punto 78).

102. In tale prospettiva, il considerando 20 della direttiva 2013/32 enuncia che, in circostanze ben definite per le quali, fra l'altro, una domanda potrebbe essere infondata, gli Stati membri dovrebbero poter accelerare la procedura di esame, introducendo in particolare termini più brevi ma ragionevoli, in talune fasi procedurali, fatto salvo lo svolgimento di un esame adeguato e completo e un accesso effettivo del richiedente ai principi fondamentali e alle garanzie previsti dalla medesima direttiva (sentenza del 4 ottobre 2024, Ministerstvo vnitra České republiky, Odbor azylové a migrační politiky, C‑406/22, EU:C:2024:841, punto 79).

103. È per questo motivo che, come esposto ai punti da 48 a 51 della presente sentenza, uno Stato membro può sottoporre le domande di protezione internazionale presentate dai richiedenti provenienti da un paese terzo che tale Stato membro ha designato come paese di origine sicuro a un regime speciale di esame, in base al quale è possibile, in particolare, accelerare la procedura di esame di tali domande (v., in tal senso, sentenza del 4 ottobre 2024, Ministerstvo vnitra České republiky, Odbor azylové a migrační politiky, C‑406/22, EU:C:2024:841, punto 80).

104. Il legislatore dell'Unione, nei limiti in cui, come rilevato al punto 101 della presente sentenza, mira a garantire, mediante la direttiva 2013/32, un esame delle domande di protezione internazionale rapido ed esaustivo, è tenuto, nell'ambito dell'esercizio del potere discrezionale di cui dispone ai fini dell'istituzione delle procedure comuni di riconoscimento e revoca della protezione internazionale, a bilanciare questi due obiettivi in sede di determinazione delle condizioni alle quali gli Stati membri possono designare un paese terzo come paese di origine sicuro (sentenza del 4 ottobre 2024, Ministerstvo vnitra České republiky, Odbor azylové a migrační politiky, C‑406/22, EU:C:2024:841, punto 81).

105. Pertanto, il fatto che tale legislatore non abbia previsto, nell'ambito della direttiva di cui trattasi, la facoltà per gli Stati membri di escludere determinate categorie di persone ai fini di una designazione siffatta rispecchia tale bilanciamento e la sua scelta di privilegiare un esame esaustivo delle domande di protezione internazionale presentate da richiedenti il cui paese d'origine non soddisfi, per tutta la sua popolazione, le condizioni sostanziali di cui all'allegato I a detta direttiva.

106. Sebbene l'articolo 61, paragrafo 2, del regolamento 2024/1348, il cui articolo 78 abroga la direttiva 2013/32 con effetto dal 12 giugno 2026, introduca detta facoltà, disponendo che la designazione di un paese terzo come paese di origine sicuro, a livello sia dell'Unione che nazionale, possa essere effettuata con eccezioni per categorie di persone chiaramente identificabili, ciò rientra nella prerogativa del legislatore dell'Unione di tornare su tale scelta, procedendo a un nuovo bilanciamento degli interessi in causa.

107. In siffatto contesto, occorre altresì rilevare che spetta allo stesso legislatore scegliere la data a partire dalla quale una nuova disposizione, come l'articolo 61, paragrafo 2, del regolamento 2024/1348, divenga applicabile, scelta da esso effettuata all'articolo 79, paragrafi 2 e 3, di tale regolamento. Inoltre, esso può ritornare su detta scelta, modificando quest'ultima disposizione, ciò che peraltro è stato proposto dalla Commissione. Infatti, la proposta di quest'ultima, del 16 aprile 2025, di un regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica il regolamento 2024/1348 [COM (2025) 186 final], prevede al suo articolo 1, paragrafo 2, di modificare l'articolo 79, paragrafi 2 e 3, del regolamento 2024/1348 al fine di anticipare l'applicazione, fra l'altro, dell'articolo 61, paragrafo 2, di quest'ultimo.

108. Pertanto, tenuto conto degli obblighi ricordati ai punti 66 e 85 della presente sentenza e nella misura in cui ai procedimenti principali si applica l'articolo 37 della direttiva 2013/32 e non già l'articolo 61, paragrafo 2, del regolamento 2024/1348, spetta al giudice del rinvio, conformemente all'articolo 46, paragrafo 3, di tale direttiva, letto alla luce dell'articolo 47 della Carta, verificare, sulla base degli elementi del fascicolo nonché di quelli portati a sua conoscenza nel corso del procedimento dinanzi ad esso, se la designazione della Repubblica popolare del Bangladesh come paese di origine sicuro, prevista all'articolo 2‑bis, comma 1, del decreto legislativo n. 25/2008 a seguito della sua modifica ad opera del decreto legge n. 158/2024, soddisfi le condizioni sostanziali di siffatta designazione, enunciati all'allegato I a detta direttiva, con riferimento a tutta la popolazione di tale paese terzo.

109. Alla luce dei motivi che precedono, occorre rispondere alle quarte questioni dichiarando che l'articolo 37 della direttiva 2013/32, letto in combinato disposto con l'allegato I a tale direttiva, deve essere interpretato nel senso che esso osta a che uno Stato membro designi come paese di origine sicuro un paese terzo che non soddisfi, per talune categorie di persone, le condizioni sostanziali di siffatta designazione, enunciate all'allegato I a detta direttiva.

Sulle spese

110. Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

P.Q.M.
la Corte (Grande Sezione) dichiara:

1) Gli articoli 36 e 37 nonché l'articolo 46, paragrafo 3, della direttiva 2013/32/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, recante procedure comuni ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di protezione internazionale, letti alla luce dell'articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, devono essere interpretati nel senso che essi non ostano a che uno Stato membro proceda alla designazione di paesi terzi quali paesi di origine sicuri mediante un atto legislativo, a condizione che tale designazione possa essere oggetto di un controllo giurisdizionale vertente sul rispetto delle condizioni sostanziali di siffatta designazione, enunciate all'allegato I a detta direttiva, da parte di qualsiasi giudice nazionale investito di un ricorso avverso una decisione concernente una domanda di protezione internazionale, esaminata nell'ambito del regime speciale applicabile alle domande presentate dai richiedenti provenienti da paesi terzi designati come paesi di origine sicuri.

2) Gli articoli 36 e 37 nonché l'articolo 46, paragrafo 3, della direttiva 2013/32, letti alla luce dell'articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali, devono essere interpretati nel senso che:

- lo Stato membro, che designa un paese terzo come paese di origine sicuro, deve garantire un accesso sufficiente e adeguato alle fonti di informazione di cui all'articolo 37, paragrafo 3, di tale direttiva, sulle quali si fonda tale designazione, accesso il quale deve, da un lato, consentire al richiedente protezione internazionale interessato, originario di tale paese terzo, di difendere i suoi diritti nelle migliori condizioni possibili e di decidere, con piena cognizione di causa, se gli sia utile adire il giudice competente e, dall'altro, consentire a quest'ultimo di esercitare il proprio sindacato su una decisione concernente la domanda di protezione internazionale;

- il giudice nazionale investito di un ricorso avverso una decisione relativa a una domanda di protezione internazionale, esaminata nell'ambito del regime speciale di esame applicabile alle domande presentate dai richiedenti provenienti da paesi terzi designati come paesi di origine sicuri, può, qualora verifichi, anche solo in via incidentale, se tale designazione rispetti le condizioni sostanziali di siffatta designazione, enunciate all'allegato I a detta direttiva, tener conto delle informazioni da esso stesso raccolte, a condizione, da un lato, di accertarsi dell'affidabilità di tali informazioni e, dall'altro, di garantire alle parti in causa il rispetto del principio del contraddittorio.

3) L'articolo 37 della direttiva 2013/32, letto in combinato disposto con l'allegato I a tale direttiva, deve essere interpretato nel senso che esso osta a che uno Stato membro designi come paese di origine sicuro un paese terzo che non soddisfi, per talune categorie di persone, le condizioni sostanziali di siffatta designazione, enunciate all'allegato I a detta direttiva.

Note

(*) Il nome della presente causa è un nome fittizio. Non corrisponde al nome reale di nessuna delle parti del procedimento.

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