Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria
Sezione II
Sentenza 6 agosto 2025, n. 1366

Presidente ed Estensore: Correale

Rilevato che:

- con rituale ricorso ex art. 117 c.p.a., la sig.ra Rosaria T. lamentava il silenzio serbato dal Comune di Acquappesa su sua istanza/costituzione in mora del 13 maggio 2024, orientata ad ottenere l'adizione di un provvedimento di acquisizione sanante ex art. 42-bis d.P.R. n. 327/2001, relativamente al terreno di sua proprietà in Acquappesa, in contrada "Sciabiche" snc, identificato al catasto terreni del Comune di Acquappesa al foglio 8, p.lle 1354 e 1355 (così ad oggi, meglio identificato a seguito di "variazione in soppressione e frazionamento" da parte del Comune);

- in sintesi, la ricorrente evidenziava che, in seguito ad accesso agli atti, aveva appreso che il Comune di Acquappesa, anni addietro, aveva presentato un progetto per i c.d. "lavori di costruzione della rete idrica e fognante nella zona "Marina" del Comune stesso e che, a seguito di detti lavori, era stato occupato il proprio terreno; il decreto di occupazione temporanea e d'urgenza del Prefetto avrebbe dovuto avere durata biennale ed entro il suddetto termine doveva convertirsi in espropriazione definitiva, anche se "l'occupazione" del terreno in questione era priva di alcuna "autorizzazione prefettizia" e di fatto, ad oggi, detto terreno era ancora occupato dall'immobile del "depuratore" per 581 mq del lotto terreno di proprietà della sig.ra T.;

- in assenza di alcun provvedimento di espropriazione, la ricorrente aveva notificato al Comune la suddetta istanza del 13 maggio 2024, con la richiesta di emissione di provvedimento di acquisizione sanante ex art. 42-bis del d.P.R. n. 327/2001;

- richiamando la giurisprudenza in materia, la ricorrente rilevava che, in seguito al mancato riscontro del Comune, sussistevano tutti i presupposti per dichiarare l'illegittimità del "silenzio" e obbligare il Comune a dare luogo al procedimento richiesto, con la corresponsione dei relativi indennizzi e risarcimenti;

- si costituiva in giudizio il Comune intimato, eccependo, in primo luogo, il difetto di giurisdizione di questo Tribunale a favore di quella dell'a.g.o., secondo la regola generale dell'ordinamento di settore per la determinazione giudiziale delle indennità espropriative e dell'indennizzo dovuto per l'acquisizione del bene utilizzato dall'autorità amministrativa per scopi di pubblica utilità ex art. 42-bis cit.; in secondo luogo, era eccepito che era trascorso il termine quinquennale di prescrizione ex artt. 2043 e 2058 c.c., dato che, nel caso di specie, era indubbio che il termine iniziale dal quale si sarebbe perfezionato l'illecito doveva individuarsi in quello in cui l'occupazione dell'area era divenuta illegittima, ovvero la data di immissione nel possesso del 30 maggio 1972, rispetto alla prima data in cui la ricorrente aveva chiesto il pagamento, del 10 febbraio 2023;

- parte resistente, infine, proponeva anche domanda riconvenzionale e di usucapione sul terreno de quo;

- parte ricorrente depositava una memoria in cui confutava le tesi della sua controparte;

- in prossimità della camera di consiglio le parti costituite depositavano irrituali e tardive "note di trattazione scritta d'udienza" - il 19 giugno 2025 la ricorrente - e "deduzioni per l'udienza" - il 20 giugno 2025 il Comune, di cui il Collegio non tiene conto, non risultando in vigore né applicabile al presente giudizio l'art. 221, comma 4, d.l. n. 34/2020 invocato dalle parti;

- alla camera di consiglio del 25 giugno 2025 la causa era trattenuta in decisione.

Considerato che:

- ai sensi dell'art. 117, comma 2, c.p.a., il giudice decide con sentenza in forma semplificata;

- per costante giurisprudenza, si osserva in via generale che l'obbligo giuridico di provvedere, di cui all'art. 2 l. 7 agosto 1990, n. 241, sussiste in tutte quelle fattispecie particolari nelle quali ragioni di giustizia e di equità impongano l'adozione di un provvedimento e, quindi, tutte quelle volte in cui, in relazione al dovere di correttezza e di buona amministrazione della parte pubblica, sorga per il privato una legittima aspettativa a conoscere il contenuto e le ragioni delle determinazioni dell'amministrazione, qualunque esse siano (cfr. C.d.S., Sez. V, 22 gennaio 2015, n. 273);

- orbene, sebbene l'art. 42-bis d.P.R. n. 327 del 2001 non contempli espressamente un avvio del procedimento ad istanza di parte, la giurisprudenza è concorde nel ritenere che il privato possa sollecitare l'amministrazione ad avviare il relativo procedimento e che quest'ultima abbia l'obbligo di provvedere al riguardo, essendo l'eventuale inerzia configurabile quale silenzio-inadempimento impugnabile dinanzi al giudice amministrativo (cfr. C.d.S., Ad. plen., 9 febbraio 2016, n. 2);

- l'amministrazione ha, dunque, l'obbligo giuridico di esaminare le istanze dei proprietari volte ad attivare il procedimento di cui all'art. 42-bis d.P.R. n. 327 del 2001, adeguando la situazione di fatto a quella di diritto e facendo venir meno la situazione di occupazione sine titulo dell'immobile con il ripristino della legalità;

- invero, tale articolo, come autorevolmente affermato dall'Adunanza plenaria (con la citata sentenza del 9 febbraio 2016, n. 2), "configura un procedimento ablatorio sui generis, caratterizzato da una precisa base legale, semplificato nella struttura (uno actu perficitur), complesso negli effetti (che si producono sempre e comunque ex nunc), il cui scopo non è (e non può essere) quello di sanatoria di un precedente illecito perpetrato dall'Amministrazione (perché altrimenti integrerebbe una espropriazione indiretta per ciò solo vietata), bensì quello autonomo, rispetto alle ragioni che hanno ispirato la pregressa occupazione contra ius, consistente nella soddisfazione di imperiose esigenze pubbliche, redimibili esclusivamente attraverso il mantenimento e la gestione di qualsiasi opera dell'infrastruttura realizzata sine titulo";

- la natura di "norma di chiusura", propria dell'art. 42-bis cit., rende evidente la finalità di ricondurre nell'alveo legale del sistema tutte le situazioni in cui l'amministrazione, quale che ne sia la causa, si trovi ad avere utilizzato la proprietà privata per ragioni di pubblico interesse, ma in difetto di un valido titolo legittimante (cfr. C.d.S., Sez. IV, 17 ottobre 2024, n. 8327);

- tuttavia, la scelta tra acquisizione e restituzione rimane riservata alla sfera di discrezionalità dell'amministrazione, non potendo, in sede di giurisdizione di legittimità, il giudice amministrativo sostituire le proprie valutazioni a quelle dell'autorità competente;

- venendo al caso di specie, il Collegio ritiene che ricorrano i presupposti di fatto e di diritto per accogliere la domanda della ricorrente nei sensi che si vanno a specificare;

- infatti, nonostante il terreno della ricorrente sia stato appreso e materialmente destinato all'uso pubblico, con conseguente spoglio della proprietà, allo stato permane una situazione di illecita occupazione, non essendo stato ancora emanato un provvedimento formale di definizione della procedura espropriativa e nemmeno mai corrisposte le relative indennità previste per legge;

- si rammenta che la domanda della ricorrente è quella di cui all'art. 117 c.p.a., vale a dire orientata a censurare il "silenzio" che l'Amministrazione ha opposto alla sua esplicita istanza;

- la domanda riguarda l'adozione o meno di un provvedimento ex art. 42-bis cit. e - come sopra richiamato - la fattispecie rientra nella giurisdizione del g.a. (C.d.S., Ad. plen., 9 febbraio 2016, n. 2);

- il Comune di Acquappesa, pertanto, ha l'obbligo di adottare un provvedimento esplicito che porti a concludere il procedimento, che sia di contenuto positivo o negativo, sulla richiesta di applicare l'art. 42-bis cit.;

- inammissibili sono, infine, le domande riconvenzionali e l'eccezione di prescrizione, non rilevando quest'ultima sulla domanda ex art. 117 c.p.a. ma sulla pretesa sostanziale a una forma indennitaria che in questa sede non è possibile esaminare; così come non è possibile esaminare la domanda riconvenzionale di usucapione, che riguarda la sostanza del rapporto tra le parti e che potrebbe, anzi dovrebbe, essere oggetto di un provvedimento esplicito e motivato da parte dell'Amministrazione, in esecuzione della presente sentenza;

- dunque, come detto, il ricorso va accolto, intimando all'amministrazione convenuta di determinarsi nel termine di 60 giorni dalla comunicazione o dalla notificazione della presente sentenza;

- il Collegio ritiene opportuno, altresì, accogliere, ai sensi dell'art. 117, comma 3, c.p.a., l'istanza di parte ricorrente, per il caso di ulteriore inadempimento all'ordine del giudice, di nomina di un Commissario ad acta, individuato nel titolare pro tempore dell'Ufficio territoriale del Governo di Cosenza, con facoltà di delega a un funzionario dello stesso Ufficio, che provvederà in via sostitutiva entro l'ulteriore termine di 90 giorni a seguito dell'espressa comunicazione dell'inottemperanza a cura di parte ricorrente;

- in caso di intervento del Commissario ad acta, il compenso a questi spettante viene già posto a carico del Comune intimato, inadempiente;

- le spese di lite sono regolate secondo il principio della soccombenza e vanno liquidate come da dispositivo, a carico dell'Erario, risultando riconosciuto alla ricorrente il patrocinio a spese dello Stato, che non si vedono ragioni per revocare attesa la fondatezza della domanda della ricorrente stessa, fermo restando che il relativo difensore sarà liquidato per le sue competenze dopo la presentazione di specifica istanza.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso ex art. 117 c.p.a., come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l'effetto:

- ordina all'amministrazione resistente di provvedere in relazione all'istanza avanzata dalla ricorrente con nota del 13 maggio 2024, concludendo il procedimento secondo i modi ed entro il termine di cui in motivazione;

- per il caso di ulteriore inerzia dell'amministrazione, nomina quale commissario ad acta il titolare pro tempore dell'Ufficio territoriale del Governo di Cosenza, con facoltà di delega a un funzionario dello stesso Ufficio, affinché si insedi e provveda, su istanza di parte, nell'ulteriore termine di 90 giorni;

- condanna l'amministrazione resistente al pagamento, in favore dell'Erario, delle spese di giudizio che si liquidano nella somma complessiva di euro 2.000,00 (duemila/00);

- pone a carico del Comune di Acquappesa il pagamento dei compensi e delle spese eventualmente necessarie per l'intervento del Commissario ad acta.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.