Consiglio di Stato
Sezione IV
Sentenza 21 luglio 2025, n. 6431
Presidente: Carbone - Estensore: Santise
FATTO E DIRITTO
1. I sig.ri Elisabetta C., Elena T.V., Alessandro V., Carlandrea Co. e Sara G., con ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, notificato in data 13 luglio 2022, hanno chiesto l'annullamento della determinazione dirigenziale di ARPAE n. DET-AMB-2022-379 del 18 febbraio 2022, pubblicata sul Bollettino Ufficiale della Regione Emilia-Romagna n. 67 del 16 marzo 2022, con la quale è stata rilasciata alla società Fattoria Solare Sarmato s.r.l. l'autorizzazione unica ex art. 12 del d.lgs. 29 dicembre 2003, n. 387 per la costruzione e l'esercizio di un impianto di produzione di energia elettrica da fonte rinnovabile di tipo "fotovoltaico" denominato "San Francesco 2" e per le relative opere di connessione, da realizzarsi nel Comune di Cadeo (PC), nonché di tutti i pareri favorevoli resi nell'ambito del medesimo procedimento autorizzativo.
In data 2 settembre 2022, la controinteressata Fattoria Solare Sarmato s.r.l., con atto di opposizione, ha chiesto la trasposizione del ricorso in sede giurisdizionale, ai sensi dell'art. 10 del d.P.R. 24 novembre 1971, n. 1199.
In data 28 ottobre 2022, i ricorrenti hanno provveduto, mediante deposito del ricorso, alla trasposizione in sede giurisdizionale della controversia innanzi al T.A.R., ai sensi dell'art. 48 c.p.a.
Il T.A.R., con sentenza n. 217 del 2024, ha dichiarato inammissibile il ricorso.
2. Con l'odierno atto di appello, gli appellanti hanno impugnato la sentenza del T.A.R., deducendo i seguenti motivi di appello:
I) errores in procedendo e in iudicando - violazione e falsa applicazione dell'art. 119, comma 1, lett. f), e comma 2, del c.p.a. - erronea individuazione dell'oggetto del giudizio - illogicità della motivazione;
II) errores in procedendo e in iudicando - violazione e falsa applicazione dell'art. 119, comma 1, lett. f), e comma 2, del c.p.a. sotto altro profilo - illogicità e contraddittorietà della motivazione;
III) errores in procedendo e in iudicando - violazione e falsa applicazione dell'art. 10 del d.P.R. n. 1199/1971 e dell'art. 48 c.p.a.
Il Ministero della cultura e la Fattoria Solare Sarmato s.r.l. si sono costituite regolarmente in giudizio, contestando l'avverso appello e chiedendone il rigetto.
Alla pubblica udienza del 30 gennaio 2025 la causa è stata trattenuta in decisione.
3. Tanto premesso in punto di fatto, l'appello è fondato nei limiti di seguito specificati.
Il T.A.R. ha dichiarato inammissibile il ricorso, in quanto ha ritenuto tardiva la trasposizione del ricorso straordinario in sede giurisdizionale, alla luce dell'art. 119, comma 1, lett. f), e comma 2, del c.p.a., applicabile alla presente controversia, con conseguente dimezzamento dei termini per il deposito dell'atto di costituzione in giudizio dall'atto di ricevimento dell'opposizione (da proporre quindi entro trenta giorni).
4. Ritiene la Sezione che alla presente controversia non possa, invece, applicarsi l'art. 119, comma 1, lett. f), del c.p.a. che si riferisce ai provvedimenti relativi alle procedure di occupazione e di espropriazione delle aree destinate all'esecuzione di opere pubbliche o di pubblica utilità e [a] i provvedimenti di espropriazione delle invenzioni adottati ai sensi del codice della proprietà industriale.
Oggetto della presente controversia è, infatti, l'impugnazione della determinazione dirigenziale di ARPAE n. DET-AMB-2022-379 del 18 febbraio 2022, con la quale è stata rilasciata alla società Fattoria Solare Sarmato s.r.l. l'autorizzazione unica ex art. 12 del d.lgs. 29 dicembre 2003, n. 387 per la costruzione e l'esercizio di un impianto di produzione di energia elettrica da fonte rinnovabile di tipo "fotovoltaico" denominato "San Francesco 2".
4.1. I ricorrenti hanno contestato innanzi al T.A.R. l'autorizzazione unica, deducendo con un primo motivo di ricorso che il provvedimento impugnato sarebbe stato assunto anche sulla base del parere del responsabile del settore tecnico comunale del 26 novembre 2021, prot. n. 16649, che attesta "dal punto di vista urbanistico ed in riferimento alla SCIA, la compatibilità dell'intervento con la destinazione d'uso agricola, sulla base e alle condizioni previste dalla DAL 28/2011 della Regione Emilia Romagna.", attestazione che sarebbe palesemente errata e non corrispondente al vero.
4.2. Con un secondo motivo di ricorso, i ricorrenti hanno dedotto la violazione del paragrafo 13.1, lett. c), delle linee guida nazionali in materia (d.m. 10 settembre 2010), in quanto i richiedenti l'autorizzazione unica non avrebbero dimostrato la disponibilità dell'area interessata, attraverso un titolo idoneo sulle medesime aree.
4.3. Con un terzo motivo di ricorso si contesta che sarebbe inutilizzabile la procedura di screening nell'ambito del secondo procedimento per la diversità dell'oggetto e la non coincidenza fisica e dimensionale delle aree considerate e dei relativi impianti.
4.4. Con un quarto motivo di ricorso, si contesta, infine, che l'intervento realizzerebbe un consumo di suolo ed un peggioramento significativo del paesaggio agricolo, in contrasto con la l.r. n. 24 del 2017.
5. Da questa sintetica esposizione dei motivi di ricorso dedotti in primo grado emerge che l'impugnazione ha riguardato l'autorizzazione unica, ma non di certo provvedimenti relativi alle procedure di occupazione e di espropriazione delle aree destinate all'esecuzione di opere pubbliche o di pubblica utilità e i provvedimenti di espropriazione delle invenzioni adottati ai sensi del codice della proprietà industriale. Secondo il T.A.R. sarebbe applicabile l'art. 119, comma 1, lett. f), del c.p.a., perché l'autorizzazione «comporta dichiarazione di pubblica utilità delle opere e apposizione del vincolo preordinato all'esproprio (servitù di elettrodotto) in conformità a quanto stabilito dall'art. 52-quater del D.P.R. 327/2001 per la durata di cinque anni dalla data di efficacia del presente provvedimento (art. 9 D.P.R. 327/2001), sulle aree interessate dalla realizzazione ed esercizio dell'impianto in oggetto (...)».
5.1. Come peraltro già evidenziato da questa Sezione, per potersi applicare il rito accelerato con conseguente dimezzamento dei termini processuali non basta che l'autorizzazione unica comporti ex lege dichiarazione di pubblica utilità delle opere e apposizione del vincolo preordinato all'esproprio, essendo, invece, necessario ai fini dell'applicazione in concreto della citata disciplina processuale, verificare se per realizzare le opere progettate occorra o meno l'attivazione di un autonomo procedimento espropriativo.
5.2. Questa Sezione, con sentenza n. 284 del 2023, ha evidenziato l'astratta applicabilità dell'art. 119, comma 1, lett. f), c.p.a., in relazione alle controversie in materia di impianti per la produzione di energie rinnovabili, che, ai sensi dell'art. 12, comma 1, del d.lgs. 29 dicembre 2003, n. 387, "sono di pubblica utilità ed indifferibili ed urgenti".
Tuttavia, ha ritenuto applicabile il rito ordinario, in quanto nella fattispecie specifica "non risultano emanati provvedimenti strettamente riferibili ad una delle fasi del procedimento espropriativo, disciplinato dal testo unico sugli espropri approvato con il d.P.R. n. 327 del 2001, né, a monte, è stato dedotto che sarebbe stata necessaria l'attivazione del procedimento espropriativo. Del resto, la dichiarazione di pubblica utilità, indifferibilità ed urgenza ex art. 12, comma 1, d.lgs. n. 387/2003 a cui si giunge a conclusione della conferenza di servizi in relazione alle opere autorizzate, piuttosto che essere funzionale all'attivazione di una procedura espropriativa (di cui non si parla nel corso di tutti i lavori della conferenza), appare per lo più finalizzata a giustificare l'adozione della variante urbanistica data dal cambio di destinazione urbanistica dell'area da "zona E agricola" a "zona F servizi privati di interesse pubblico".
5.3. Anche nel presente giudizio deve ritenersi non applicabile il rito accelerato previsto dall'art. 119, comma 1, lett. f), c.p.a., in quanto non risultano emanati provvedimenti strettamente riferibili ad una delle fasi del procedimento espropriativo, né le parti ricorrenti hanno contestato provvedimenti afferenti alla procedura espropriativa.
6. L'accoglimento dell'appello conduce alla rimessione del giudizio al giudice di primo grado per nullità della sentenza, ex art. 105, comma 1, c.p.a.
Secondo le indicazioni dell'Adunanza plenaria di questo Consiglio di Stato, infatti, ricorre il vizio di nullità della sentenza, che impone il rinvio della causa al primo giudice, anche nel caso di motivazione apparente (C.d.S., Ad. plen., 30 luglio 2018, nn. 10 e 11), ossia di "motivazione tautologica, superficiale o riferibile a fatti o a circostanze non pertinenti", specialmente quando la pronuncia - come avvenuto nella fattispecie - abbia dichiarato il ricorso inammissibile (o improcedibile) in base a un errore palese, così omettendo integralmente l'esame del merito della causa (C.d.S., Ad. plen., 20 novembre 2024, n. 16, ribadita e ulteriormente specificata da Ad. plen., 15 luglio 2025, n. 10).
7. Nel caso di specie, come prima chiarito, l'erronea declaratoria di inammissibilità del ricorso non si basa su una motivazione adeguata, ragionevole e coerente con i principi processuali, che tenga conto dei fatti di causa e delle censure dedotte in relazione alla lesione prospettata, in quanto, come già evidenziato al punto 5 della presente motivazione, deve ritenersi non applicabile il rito accelerato previsto dall'art. 119, comma 1, lett. f), c.p.a. perché non risultano emanati provvedimenti strettamente riferibili ad una delle fasi del procedimento espropriativo, né le parti ricorrenti hanno contestato provvedimenti afferenti alla procedura espropriativa. Da ciò consegue la nullità della sentenza di primo grado.
Il giudice di primo grado ha applicato il rito abbreviato sulla base di una motivazione tautologica e di mero stile, limitandosi a precisare che l'autorizzazione unica ex art. 12 del d.lgs. 29 dicembre 2003, n. 387 comporta dichiarazione di pubblica utilità delle opere e apposizione del vincolo preordinato all'esproprio (servitù di elettrodotto). Come evidenziato, si verte in un caso di "chiaro errore", che ha privato totalmente le parti dell'esame di merito della controversia.
8. Il tenore delle questioni controverse e la novità della questione integrano le eccezionali ragioni sancite dal combinato disposto degli artt. 26, comma 1, c.p.a. e 92, comma 2, c.p.c. per compensare integralmente le spese del grado di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l'effetto, annulla la sentenza appellata e rinvia la causa al primo giudice ex art. 105, comma 1, c.p.a.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Note
La presente decisione ha per oggetto TAR Emilia-Romagna, Parma, sent. n. 217 del 2024.