Consiglio di Stato
Sezione VII
Sentenza 23 luglio 2025, n. 6523

Presidente: Chieppa - Estensore: Bruno

FATTO E DIRITTO

1. L'appellante impugna la sentenza indicata in epigrafe, con la quale il TAR Campania ha respinto il ricorso da essa proposto avverso l'ordinanza prot. n. 22735 del 10 maggio 2018, di demolizione delle opere abusive realizzate nel Comune di Castellammare di Stabia, in via Panzini n. 1, con previsione dell'irrogazione della sanzione pecuniaria di euro 20.000,00 in caso di inottemperanza, nonché avverso il verbale di accertamento redatto in data 4 aprile 2018.

2. Le opere sanzionate si sono sostanziate nella edificazione di "un manufatto realizzato su una platea in calcestruzzo di circa m 8,69 x 25,70 e alta circa 25 cm (...) la predetta unità abitativa presenta forma irregolare misura circa m 14,00 x 7,00 + 8,65 x 5,50 + 2,20 x 2,50 per un totale di 151 mq".

3. Il Tribunale adito ha respinto il ricorso, rilevando, in sintesi, l'espletamento da parte dell'amministrazione comunale di una istruttoria adeguata, con esaustiva esplicitazione, nel provvedimento impugnato, dei presupposti alla base della irrogazione della sanzione demolitoria, avuto riguardo alla consistenza dell'abuso, integrante una nuova costruzione su area sottoposta a vincolo paesaggistico ambientale e interessata da rischio sismico, da ciò derivando la connotazione vincolata della determinazione adottata e la prevalenza degli interessi pubblici implicati. Su tali basi, è stata esclusa l'ammissibilità dell'applicazione di una sanzione pecuniaria in luogo di quella demolitoria, non sussistendo neppure i presupposti per l'applicazione dell'art. 33 del d.P.R. n. 380 del 2001. Il primo giudice ha, infine, statuito in ordine all'infondatezza delle deduzioni incentrate sulla omessa comunicazione di avvio del procedimento.

4. L'appellante contesta la sentenza impugnata, riproponendo le censure disattese, articolandole in chiave critica avverso il ragionamento logico-giuridico seguito dal primo giudice, così in sostanza devolvendo tutta l'originaria materia del contendere.

5. Il Comune appellato non si è costituito in giudizio.

6. Con atto depositato in data 14 luglio 2025, l'appellante ha richiesto il passaggio in decisione della causa sulla base degli scritti difensivi.

7. All'udienza pubblica del 15 luglio 2025 la causa è stata trattenuta in decisione.

8. L'appello è infondato, per le ragioni di seguito esposte.

9. Dal provvedimento impugnato con il ricorso originario emerge che le opere sanzionate si sono sostanziate nella edificazione di un fabbricato, avente la consistenza di circa mq. 151 e adibito ad abitazione, realizzato in assenza del permesso di costruire in area destinata a verde pubblico attrezzato in base al PRG e ricompresa nella zona "7" del PUT, sottoposta a vincolo paesaggistico ambientale e con grado di sismicità S=6.

9.1. Le determinazioni avversate dall'appellante sono state adottate in esito ad una esaustiva istruttoria espletata dall'ente territoriale, il quale, a fronte dell'accertamento della circostanza sopra evidenziate, inclusa la non conformità urbanistica dell'intervento, ha doverosamente e legittimamente irrogato la sanzione demolitoria.

9.2. Le opere realizzare hanno determinato, infatti, la creazione, in zona destinata in base al PRG a verde pubblico attrezzato, di nuove superfici e volumetrie, comportando un'alterazione dello stato dei luoghi in un contesto tutelato e ricompreso in zona con un gradiente di rischio sismico non esiguo, emergendo, quindi, con carattere di autoevidenza, la sussistenza dell'interesse pubblico all'adozione del provvedimento demolitorio.

Al riguardo, il Collegio evidenzia che la necessità di apposita motivazione sull'interesse pubblico, concreto e attuale, alla demolizione, è esclusa dalla ormai consolidata giurisprudenza in materia secondo cui il provvedimento con cui viene ingiunta la demolizione di un immobile giammai assistito da alcun titolo, come nel caso di specie, per la sua natura vincolata e rigidamente ancorata al ricorrere dei relativi presupposti in fatto e in diritto, non richiede nient'altro che le sottese ragioni di ripristino della legittimità violata. Tale principio non ammette deroghe neppure nell'ipotesi in cui l'ingiunzione di demolizione intervenga a distanza di tempo dalla realizzazione dell'abuso (C.d.S., Ad. plen., 17 ottobre 2017, n. 9; Sez. II, 3 aprile 2024, n. 3052; 2 ottobre 2023, n. 8617; 16 agosto 2023, n. 7785). È stato più volte ribadito infatti che "l'ordine di demolizione è atto vincolato e non richiede una specifica valutazione delle ragioni di interesse pubblico, né una comparazione di questo con gli interessi privati coinvolti e sacrificati, né una motivazione sulla sussistenza di un interesse pubblico concreto ed attuale alla demolizione; né vi è un affidamento tutelabile alla conservazione di una situazione di fatto abusiva che il mero decorso del tempo non sana, e l'interessato non può dolersi del fatto che l'amministrazione non abbia emanato in data antecedente i dovuti atti repressivi" (v. ancora C.d.S., Sez. II, 7 marzo 2024, n. 2220).

Pertanto non occorreva alcuna motivazione rafforzata in ordine alla valutazione di peculiari ragioni di interesse pubblico, né una comparazione di questo con gli interessi privati coinvolti e sacrificati, essendo l'ordine di demolizione di un abuso edilizio un atto vincolato e non essendovi alcun affidamento tutelabile alla conservazione di una situazione di fatto abusiva, che il mero decorso del tempo, anche per un lasso considerevole, non sana (v., ex aliis, C.d.S., Sez. VI, 24 marzo 2023, n. 3001; 24 gennaio 2023, n. 755; 3 novembre 2022, n. 9656).

Nella fattispecie, come correttamente rilevato nella sentenza appellata, la descrizione delle opere contestate e le motivazioni alla base dell'irrogazione della sanzione demolitoria emergono inequivocabilmente dal provvedimento impugnato.

9.3. Accertata l'illegittimità delle opere realizzate dalla odierna appellante, dunque, l'amministrazione comunale era tenuta, in considerazione della natura e consistenza delle stesse e della loro esecuzione in assenza sia del permesso di costruire sia delle necessarie autorizzazioni correlate ai vincoli insistenti sull'area de qua, all'irrogazione della sanzione demolitoria. Deve rilevarsi, infatti, che nella fattispecie non vengono in rilievo mere difformità parziali bensì l'edificazione di un nuovo fabbricato, con conseguente applicazione dell'art. 31 del d.P.R. n. 380 del 2000.

10. Correttamente il primo giudice ha escluso l'applicazione dell'art. 33 del d.P.R. n. 380 del 2001, avuto riguardo alla qualificazione delle opere abusive, dovendosi anche rilevare che l'art. 27, comma 2, del medesimo testo normativo prevede sempre la demolizione, senza acconsentire a forme alternative di sanzione; nella fattispecie, infatti, a venire in rilievo è un'opera integralmente abusiva, risultando, dunque, del tutto inconferente il riferimento della deducente alle previsioni dell'art. 33 sopra citato.

11. Considerato che l'esercizio dei poteri repressivi di cui all'art. 27 del d.P.R. n. 380 del 2000 costituisce espressione, come in precedenza rilevato, di attività vincolata, deve escludersi l'esigenza dell'esperimento delle formalità partecipative, in generale e anche ai sensi dell'art. 21-octies, comma 2, della l. n. 241 del 1990 (cfr., ex multis, C.d.S., Sez. VII, 2 maggio 2025, n. 3733; Sez. VI, 11 maggio 2022, n. 3707; Sez. IV, 9 maggio 2014, n. 2380).

12. In conclusione, per le ragioni sopra esposte, l'appello va respinto in quanto infondato.

13. Non vi è luogo a provvedere sulle spese del presente grado di giudizio, in quanto l'amministrazione appellata non si è costituita.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Settima), definitivamente pronunciando sull'appello (RG n. 8301 del 2023), come in epigrafe proposto, lo respinge.

Nulla per le spese del presente grado di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Note

La presente decisione ha per oggetto TAR Campania, sez. VII, sent. n. 1092/2023.