Consiglio di Stato
Sezione VII
Sentenza 1° agosto 2025, n. 6865

Presidente: Lipari - Estensore: Noccelli

FATTO E DIRITTO

1. L'odierno appellante ha proposto ricorso innanzi al Tribunale amministrativo regionale per il Piemonte - di qui in avanti, per brevità, il Tribunale - per l'esecuzione del giudicato formatosi sulla sentenza n. 1736/2023 del Tribunale di Torino, Sez. lav., pubblicata in data 6 ottobre 2023, con la quale il Ministero dell'istruzione e del merito è stato condannato a costituire in favore dello stesso appellante, con le modalità e le funzionalità di cui agli artt. 2, 5, 6 e 8 del d.P.C.m. 28 novembre 2016, la Carta elettronica per l'aggiornamento e la formazione del docente di cui all'art. 1, comma 121, della l. n. 107 del 2015, e in particolare «al pagamento in favore della parte ricorrente, per gli anni scolastici 2018/2019, 2019/2020, 2020/2021, 2021/2022, 2022/2023, dell'importo complessivo di euro 2.500,00, tramite la Carta elettronica del docente».

2. Il primo giudice, con la sentenza n. 298 del 7 febbraio 2025, ha accolto il ricorso, condannando l'amministrazione a dare esecuzione alla sentenza sopra indicata, stabilendo, nell'ipotesi di perdurante inottemperanza del Ministero, la nomina del Commissario ad acta nella persona del Direttore generale del competente settore del Ministero dell'istruzione e del merito, tenuto a provvedere nell'ulteriore termine di sessanta giorni successivi alla comunicazione della quale è stata onerata la stessa ricorrente.

2.1. Quanto alla statuizione sulle spese, con la sentenza indicata in epigrafe, il Tribunale ha ritenuto di liquidarle nell'importo di soli euro 500,00 sulla scorta dei parametri di cui alla tabella n. 21 dell'allegato 1 al d.m. n. 55 del 2014, soggetti a dimidiazione a norma dell'art. 4, comma 1, del predetto d.m., e ridotte in ragione sia della marcata serialità della controversia in esame, sia della oggettiva situazione di difficoltà operativa in cui versa l'amministrazione intimata nell'esecuzione dei titoli giudiziali della specie, per come rappresentata allo stesso Tribunale dall'Avvocatura dello Stato, disponendone la distrazione in favore del difensore dichiaratosi antistatario.

3. L'appellante, articolando plurimi profili di doglianza relativi anche a parametri normativi costituzionali, europei e convenzionali, sottopone a censura la sentenza impugnata in relazione alla statuizione sulle spese di lite, deducendo, in sintesi, che la liquidazione è avvenuta per un importo inferiore ai parametri tariffari minimi.

3.1. Più in particolare, secondo l'appellante la sentenza è censurabile in quanto, pur accogliendo integralmente la domanda formulata, ha riconosciuto solo euro 500,00 (cinquecento/00) a titolo di spese legali, in violazione della disciplina di riferimento, che non consentirebbero di liquidare un importo inferiore al 50% delle tariffe medie, sicché il primo giudice avrebbe dovuto liquidare un importo minimo (pari al tabellare ridotto del 50%) ammontante ad euro 1.189,00.

3.2. In tale quadro, l'appellante ha, tra l'altro, censurato il difetto assoluto di motivazione, dovendosi ritenere - in tesi - che i riferimenti al carattere seriale della causa e al non elevato livello di complessità delle questioni controverse integrano una motivazione meramente apparente e stereotipata, tale, comunque, da non soddisfare il rigoroso onere motivazionale richiesto dall'art. 26, comma 1, del c.p.a. e dall'art. 88, comma 2, lett. d), nonché dagli artt. 91 e 92 del c.p.c.

3.3. L'appellante ha, quindi, conclusivamente richiesto di accogliere il ricorso e per l'effetto, in parziale riforma della sentenza impugnata, condannare l'amministrazione appellata a versare alla ricorrente originaria, a titolo di spese di lite del giudizio di primo grado, l'importo complessivo di euro 1.189,00, oltre IVA e CPA, spese generali e contributo unificato, o il diverso importo, anche maggiore, risultante dovuto, con distrazione, ai sensi dell'art. 93 del c.p.c., in favore dei procuratori che hanno anticipato le spese e si sono dichiarati antistatari.

4. Il Ministero appellato si è costituito in giudizio, concludendo per il rigetto dell'appello.

4.1. Il 2 luglio 2025 l'appellante ha depositato istanza di passaggio in decisione della causa.

5. Nella camera di consiglio del 8 luglio 2025 il Collegio, sentita la sola Avvocatura dello Stato presente, ha trattenuto la causa in decisione.

6. L'appello è fondato, per le ragioni e nei termini di seguito esposti, dovendosi qui richiamare tra le altre, ai sensi e per gli effetti dell'art. 88, comma 2, lett. d), c.p.a., le recentissime pronunce n. 3897 del 7 maggio 2025 e n. 4431 del 22 maggio 2025 di questa Sezione su identica questione relativa alla liquidazione delle spese giudiziali relativamente alla Carta elettronica per l'aggiornamento e la formazione del docente.

7. In conformità a dette pronunce, e alla consolidata giurisprudenza di questo Consiglio di Stato, rammenta anzitutto il Collegio, preliminarmente, il principio secondo il quale il giudice amministrativo è tenuto a motivare la decisione sulla liquidazione delle spese processuali solo qualora decida di discostarsi dalla regola della soccombenza (C.d.S., Sez. V, 4 luglio 2024, n. 5947).

7.1. Pur essendo la quantificazione del compenso e delle spese processuali espressione di un potere discrezionale riservato al giudice, è fatto salvo l'obbligo di non attribuire somme simboliche, lesive del decorso professionale (Cass. civ., Sez. II, 13 dicembre 2023, n. 34842).

7.2. In relazione all'applicazione dei valori tabellari, nel parere n. 2703 del 27 dicembre 2017 reso da questo Consiglio di Stato, Sezione consultiva, in relazione allo schema di decreto del Ministro della giustizia recante "modifiche al decreto del Ministro della giustizia 10 marzo 2014, n. 55", viene chiarito che le modifiche ai parametri erano, fra l'altro, dirette proprio a «superare l'incertezza applicativa ingenerata dalla possibilità, nell'attuale sistema parametrale, che il giudice provveda alla liquidazione del compenso dell'avvocato senza avere come riferimento alcuna soglia numerica minima, rendendo inadeguata la remunerazione della prestazione professionale», sicché il decreto intendeva «limitare il perimetro di discrezionalità riconosciuto al giudice, individuando delle soglie minime percentuali di riduzione del compenso rispetto al valore parametrico di base al di sotto delle quali non è possibile andare».

7.3. La Sezione consultiva ha conseguentemente rimarcato che l'intenzione di fissare soglie minime non derogabili da parte degli organi giudicanti doveva essere meglio esplicitata, evitando di far ricorso, nel d.m. n. 55 del 2014, artt. 4, comma 1, 12, comma 1, e 19, comma 1, alla locuzione "di regola", pure per gli aumenti percentuali ed ha escluso che l'obiettivo della inderogabilità dei minimi tariffari contravvenisse alla sentenza n. 427 del 23 novembre 2017 della Corte di giustizia UE.

7.4. Alla luce di tali coordinate ermeneutiche, come già la Sezione ha ritenuto nelle già richiamate sentenze n. 3897 del 7 maggio 2025 e n. 4431 del 22 maggio 2025, deve ritenersi non corretta la quantificazione delle spese operata dal primo giudice, che si pone al di sotto dei valori tariffari approvati con il d.m. n. 147 del 2022 per lo scaglione da euro 1.101,00 a euro 5.200,00 pur tenendo conto della riduzione prevista dall'art. 4, comma 4, del medesimo decreto, dovendosi, comunque, rilevare che - contrariamente a quanto sostenuto dall'appellante - la motivazione posta a fondamento della liquidazione disposta nella sentenza impugnata non può ritenersi apodittica, venendo in rilievo un contenzioso oggettivamente non connotato di profili di complessità e, inoltre, seriale, stanti i numerosi, analoghi, precedenti.

8. In conclusione, per le assorbenti ragioni esposte, anche questo Collegio ritiene che, in accoglimento dell'appello, la sentenza di primo grado deve essere riformata, determinando l'importo di euro 800,00 (ottocento/00) quale equa liquidazione delle spese processuali, oltre accessori come per legge e oltre alla refusione del contributo unificato, con distrazione in favore dei difensori dichiaratosi antistatari.

9. Considerando l'esito complessivo del giudizio e le ragioni che hanno condotto alla presente decisione, come nel citato precedente n. 4331 del 22 maggio 2025 di questa Sezione, il Ministero appellato deve essere condannato a rifondere in favore dell'appellante anche le spese del presente grado, che si liquidano in euro 300,00, oltre gli accessori come per legge, tenuto conto che il valore della controversia, in secondo grado, è solo quello delle spese legali del primo grado, essendo stato impugnato unicamente il capo di sentenza relativo alla liquidazione delle spese giudiziali.

9.1. Anche dette somme devono essere distratte in favore dei difensori dell'appellante, dichiaratosi antistatario nella istanza di passaggio in decisione del 2 luglio 2025.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Settima), definitivamente pronunciando sul ricorso, proposto da Gian Franco D., lo accoglie ai sensi e nei termini di cui in motivazione e per l'effetto, in parziale riforma della sentenza impugnata, condanna il Ministero dell'istruzione e del merito a rifondere in favore di Gian Franco D. le spese del primo grado di giudizio, che liquida nel complessivo importo di euro 800,00, oltre agli accessori come per legge e al rimborso del contributo unificato, somme tutte da distrarsi in favore dei procuratori di esso, dichiaratisi antistatari.

Condanna altresì il Ministero dell'istruzione e del merito a rifondere in favore di Gian Franco D. le spese del presente grado di giudizio, che liquida nel complessivo importo di euro 300,00, oltre agli accessori come per legge e al contributo unificato, somme tutte da distrarsi in favore dei procuratori di esso, dichiaratisi antistatari.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Note

La presente decisione ha per oggetto TAR Piemonte, sez. III, sent. n. 298/2025.