Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia
Brescia, Sezione I
Sentenza 1° settembre 2025, n. 786

Presidente: Gabbricci - Estensore: Fede

FATTO

Con il provvedimento in epigrafe il Questore di Bergamo ha revocato al ricorrente la licenza di porto di fucile ad uso caccia, su segnalazione del Comando Compagnia Carabinieri di Zogno, che aveva sequestrato cautelarmente le armi al ricorrente a seguito della querela presentata contro di lui dall'ex moglie per i reati di furto e violazione di domicilio.

Il sig. [omissis] ha impugnato il provvedimento con ricorso notificato il 7 giugno 2024 e depositato il 27 giugno 2024; l'Amministrazione si è costituita e ha depositato una relazione.

Il 10 luglio 2024 il ricorrente ha depositato una dichiarazione di rinuncia alla misura cautelare, e il Collegio ne ha preso atto con ordinanza n. 245 del 22 luglio 2024.

Le parti hanno depositato memorie ex art. 73, comma 3, c.p.a. e all'udienza pubblica del 25 giugno 2025 la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

1. Nel primo motivo il ricorrente rappresenta così la sua versione dei fatti per i quali è stato querelato dall'ex moglie: l'8 marzo 2024 si è recato presso l'abitazione appartenente in nuda proprietà alla figlia e in usufrutto alla moglie, abitazione nella quale entrambe le donne risiedono; egli è entrato in casa in compagnia della figlia, che aveva una copia delle chiavi della porta d'ingresso; l'ex moglie era presente ed era stata anche previamente informata dell'accesso con un messaggio scritto per telefono; egli ha portato via dall'abitazione alcuni attrezzi da giardinaggio dei quali era proprietario e che erano rimasti lì dopo la separazione dalla moglie; in seguito a questi fatti, l'ex moglie ha fatto cambiare le serrature della casa, impedendo così alla figlia di entrarvi, e le tensioni tra madre e figlia sono degenerate, tanto da arrivare alla presentazione di querele reciproche.

Ciò premesso, il ricorrente sostiene che il provvedimento sarebbe illegittimo perché egli non ha riportato condanne irrevocabili per reati ostativi, e una mera denuncia-querela non potrebbe giustificare la revoca del porto d'armi.

Il ricorrente ha documentato anche di avere a sua volta querelato l'ex moglie per calunnia ai sensi dell'art. 368 c.p.

Nel corso del giudizio il ricorrente ha documentato altresì che il procedimento penale a suo carico si è nel frattempo concluso in data 25 novembre 2024 con l'archiviazione, in quanto le indagini svolte hanno portato a confermare la sua versione dei fatti, escludendo sia il reato di violazione di domicilio, perché l'ingresso nell'abitazione era avvenuto col consenso della figlia proprietaria, sia il reato di furto, perché era controversa tra gli ex coniugi la proprietà dei beni mobili portati via dal ricorrente. Anche il procedimento penale per calunnia a carico dell'ex moglie è stato contestualmente archiviato, nonostante l'opposizione del ricorrente, per difetto dell'elemento soggettivo, in quanto non era certo che la signora fosse consapevole dell'innocenza dell'ex marito, stante l'impossibilità di determinare l'effettiva proprietà degli oggetti asportati dalla casa.

Nella memoria ex art. 73 c.p.a. il ricorrente, oltre a valorizzare la sopravvenuta archiviazione del procedimento penale a suo carico, ha affermato, senza però documentarlo, che anche le reciproche querele tra madre e figlia sarebbero state archiviate, sicché la conflittualità nel nucleo familiare non sarebbe più presente.

2. Con il secondo motivo il ricorrente lamenta un difetto di motivazione, perché "la Questura si è limitata a richiamare sinteticamente non una denuncia-querela, ma addirittura un singolo episodio segnalato alle Autorità".

3. I motivi, che possono essere esaminati congiuntamente, sono infondati, perché il provvedimento, sebbene motivato in maniera molto succinta, enuncia chiaramente l'elemento essenziale sul quale si fonda, e che è pienamente idoneo a giustificarlo, cioè il contesto di conflittualità familiare nel quale il ricorrente è inserito.

3.1. Tale contesto è stato meglio descritto dall'Amministrazione nella relazione depositata in giudizio; quest'ultima non costituisce un'integrazione postuma della motivazione, perché non adduce ragioni nuove e diverse a fondamento del provvedimento, ma contiene solo una rappresentazione più articolata del suddetto contesto, il quale costituisce la ragione fondativa del provvedimento.

L'Amministrazione ha appunto rappresentato che vi sono state reciproche querele tra il ricorrente e la figlia, da un lato, e l'ex moglie, dall'altro lato.

Infatti il 23 ottobre 2023 la figlia e la madre hanno litigato pesantemente, venendo alle mani, mentre il compagno della madre tentava di riprendere la scena col telefonino, e alla fine la figlia è andata a dormire a casa del padre; per tale episodio la figlia ha querelato la madre per percosse e violenza privata (quest'ultimo reato perché la madre l'avrebbe chiusa fuori casa per mezz'ora), mentre la madre ha querelato la figlia per percosse.

L'8 marzo 2024 si è verificato l'episodio dell'ingresso di padre e figlia nell'abitazione della madre, che ha portato alla querela a carico del ricorrente per furto e violazione di domicilio.

Il 20 marzo 2024 la figlia ha querelato la madre per violenza privata, accusandola di avere cambiato le serrature dell'abitazione, dove risiedeva anche lei, impedendole di entrarvi.

Il 25 marzo 2024 il ricorrente ha querelato l'ex moglie per calunnia, come s'è detto.

Da questi fatti, indipendentemente dall'accertamento di eventuali responsabilità penali in capo ai protagonisti, emerge inequivocabilmente un contesto di elevata conflittualità familiare tra la figlia e la madre, che vede coinvolto anche il ricorrente, come risulta proprio dalla querela a suo carico.

3.2. Questo quadro di elevata conflittualità familiare, così delineato, era idoneo a determinare una situazione di pericolo di abuso delle armi, che giustificava la revoca della licenza di porto di fucile ad uso caccia.

Secondo consolidata giurisprudenza, infatti, costituiscono idonee ragioni per emettere un divieto prefettizio di detenzione di armi e munizioni le situazioni di conflittualità esistenti in ambito familiare o di vicinato, in quanto il possesso delle armi potrebbe agevolare la commissione di gravi e imprevedibili comportamenti (cfr. C.d.S., Sez. III, 5 luglio 2016, n. 2996 e ordinanze cautelari 20 marzo 2019, n. 1843 e 7 settembre 2018, n. 4260), e tali considerazioni valgono anche per il provvedimento questorile di revoca del porto d'armi di fucile per uso caccia (C.d.S., Sez. III, 16 aprile 2025, n. 3304; cfr. anche C.d.S., Sez. III, 27 gennaio 2025, n. 596; C.d.S., Sez. III, 7 dicembre 2023, n. 10592; C.d.S., Sez. VI, 4 luglio 2023, n. 6508).

3.3. La situazione di conflittualità familiare era attuale al tempo dell'adozione del provvedimento impugnato, che è stato emesso il 29 marzo 2024, cioè pochi giorni dopo le ultime tre querele di cui s'è detto sopra.

La sopravvenuta archiviazione dei due procedimenti penali a carico degli ex coniugi scaturiti dalle reciproche querele è irrilevante, perché non smentisce l'esistenza della situazione di conflittualità familiare che si è descritta sopra.

La stessa considerazione vale per la sopravvenuta archiviazione dei procedimenti penali discendenti dalle querele reciproche tra madre e figlia, che peraltro non è stata documentata in alcun modo dal ricorrente.

In ogni caso, quand'anche la situazione di conflittualità familiare fosse effettivamente cessata nel corso del giudizio, questo elemento non inficerebbe la legittimità del provvedimento, che non può essere intaccata da circostanze verificatesi dopo l'emanazione di esso, ma tutt'al più potrà essere addotto dal ricorrente a fondamento di una nuova istanza di rilascio del porto d'armi ad uso caccia, basata sulla mutata situazione rispetto al tempo del provvedimento impugnato.

4. In conclusione, il ricorso deve essere respinto. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate nel dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia sezione staccata di Brescia (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo rigetta.

Condanna il ricorrente a rifondere all'Amministrazione resistente le spese di lite, che liquida in euro 3.000,00 oltre rimborso spese forfettario del 15%.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'art. 52, commi 1 e 2, del d.lgs. 30 giugno 2003, n. 196, e dell'art. 10 del regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, a tutela dei diritti o della dignità dei soggetti interessati, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare il ricorrente.