Consiglio di Stato
Sezione III
Sentenza 26 agosto 2025, n. 7107
Presidente: Corradino - Estensore: Cerroni
FATTO E DIRITTO
1. L'Azienda sanitaria provinciale di Reggio Calabria, in esecuzione della delibera n. 436 del 22 novembre 2016, ha indetto l'"Avviso Pubblico per titoli ed esami per il conferimento di incarico quinquennale di Direttore di Struttura Complessa della Disciplina di Radiodiagnostica - Area della Medicina Diagnostica e dei Servizi ai sensi del D.P.R. n. 484/97 e d.lgs. 502/92 e s.s. mm. Li.- Spoke Locri". Con la successiva delibera direttoriale n. 67 del 24 gennaio 2018 sono stati ammessi a partecipare nove candidati tra cui il dott. Salvatore B., già investito interinalmente dell'incarico di responsabile della struttura complessa dello Spoke di Locri nelle more dello svolgimento della procedura concorsuale.
Successivamente, previa nomina della Commissione esaminatrice in data 17 agosto 2021, i candidati hanno sostenuto il previsto colloquio il giorno 12 ottobre 2021 all'esito del quale il dott. B. si è collocato al quinto posto della graduatoria di merito.
2. Il dott. B. ha impugnato gli atti della procedura e, successivamente, l'atto di conferimento dell'incarico al vincitore della procedura, innanzi al T.A.R. per la Calabria che ha riunito i due giudizi. I vizi dedotti in primo grado attenevano alla violazione di legge per inosservanza dell'autovincolo stabilito dalla stessa lex specialis alla conclusione della procedura entro sei mesi, alla violazione della legislazione sugli enti locali che, in pendenza di consultazioni elettorali, limiterebbe l'attività all'ordinaria amministrazione e all'eccesso di potere per contraddittorietà dell'attività della P.A. connessa al prolungato protarsi della procedura nonché per sviamento di potere determinato da un utilizzo dello stesso ai fini diversi da quello generale - essendo la responsabilità della struttura complessa già stata affidata interinalmente al dott. B. - e, infine, per contraddittorietà nella valutazione dei titoli prodotti dai candidati.
3. Il T.A.R. per la Calabria ha dichiarato i ricorsi, previa riunione, in parte inammissibili e per il resto infondati in quanto la previsione di un termine di conclusione di una procedura concorsuale sarebbe funzionalmente volta alla celerità e certezza dei tempi di conclusione della selezione, ma non potrebbe assumere natura di termine perentorio in difetto di disposizioni di segno diverso contenute del bando.
In secondo luogo, le disposizioni che limitano all'ordinaria amministrazione o agli atti urgenti ed improrogabili l'attività degli organi di governo degli enti interessati dalle elezioni amministrative, come ad esempio l'art. 38, comma 5, del d.lgs. n. 267/2000, avrebbero carattere eccezionale, pertanto la loro efficacia non potrebbe essere estesa per via interpretativa e/o analogica agli enti del Servizio sanitario nazionale.
Infine, il dott. B. non avrebbe indicato gli incarichi e le pubblicazioni la cui valutazione sarebbe stata omessa dalla commissione, ovvero gli incarichi e le pubblicazioni che sarebbero stati erroneamente valutati.
4. Con l'atto di appello, il dott. B. lamenta tre profili di vizio della sentenza impugnata, così articolati.
4.1. "Sulla qualificazione giuridica del disposto banduale del termine per le conclusioni delle operazioni concorsuali".
L'appellante, in sostanziale riproposizione dello stesso motivo svolto in primo grado, denunzia la violazione della disposizione di cui all'ultimo punto dell'avviso pubblico, secondo la quale la procedura selettiva si sarebbe dovuta concludere nel termine di sei mesi dalla scadenza del termine di presentazione delle domande di partecipazione. Tale termine avrebbe potuto essere derogato solamente in presenza di motivate argomentazioni formalizzate dalla Commissione e, in tal caso, se ne sarebbe dovuta dare comunicazione agli interessati mediante comunicazione sul sito internet aziendale. L'omessa adozione di tale determinazione di proroga del citato termine di conclusione della selezione renderebbe, secondo il ricorrente, meritevole di annullamento l'intera procedura, attesa anche la mancata comunicazione della proroga sul sito internet aziendale.
4.2. "Sull'attività concorsuale in epoca di indizione dei comizi elettorali".
L'appellante rinnova la censura di primo grado secondo cui la definizione della procedura selettiva per cui è causa sarebbe stata preclusa dall'imminenza delle elezioni regionali, atteso che andrebbero applicate anche alle Aziende sanitarie le disposizioni che in queste circostanze limitano all'ordinaria amministrazione le attività degli organi dell'amministrazione regionale, non avendo le AA.SS.LL. un'autonomia giuridica perfetta e completa, in quanto non sarebbero altro che ripartizioni territoriali della Regione per la gestione dell'attività sanitaria.
4.3. "Sulla mancanza di legittimazione del ricorrente per carenza di interesse e conseguente inammissibilità del ricorso".
A dire dell'appellante il Collegio di prime cure avrebbe modificato la domanda giudiziale, laddove è stata intesa quale richiesta di modificazione degli esiti concorsuali, incorrendo in abnormità della decisione poiché la statuizione di inammissibilità del ricorso oggetto di censura si fonderebbe sulla ritenuta carenza di interesse diretto del ricorrente alla regolarità delle operazioni concorsuali.
5. Non risultano costituiti nel giudizio di appello, ancorché ritualmente notificati, né l'Azienda sanitaria provinciale, né il controinteressato dott. V.
La causa è venuta in discussione all'udienza pubblica del 5 giugno 2025 all'esito della quale è stata trattenuta in decisione.
6. L'appello è infondato per quanto si espone dappresso.
7. Quanto al primo motivo di censura, deve osservarsi che il termine autoassegnato dalla lex specialis per la conclusione della procedura concorsuale debba essere qualificato quale termine ordinatorio con valenza acceleratoria la cui inosservanza non determina consumazione del potere, né tantomeno illegittimità della procedura, potendo rilevare, tutt'al più, agli effetti della responsabilità disciplinare e dirigenziale del responsabile del procedimento nonché ai fini risarcitori, ove sussistano gli estremi del danno ingiusto risarcibile.
7.1. A riprova di tale assunto milita in primis il dato normativo generale recato dall'art. 11, comma 4, d.P.R. n. 487/1994 giusta il quale "le procedure concorsuali si concludono di norma entro 180 giorni dalla data di conclusione delle prove scritte. L'inosservanza di tale termine è giustificata collegialmente dalla commissione esaminatrice con motivata relazione da inoltrare alla Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento della funzione pubblica o all'amministrazione o ente che ha proceduto all'emanazione del bando di concorso e, per conoscenza, al Dipartimento della funzione pubblica. Le amministrazioni pubblicano sul proprio sito istituzionale il dato relativo alla durata effettiva di ciascun concorso svolto".
Come si evince dalla disposizione regolamentare tale termine procedimentale riveste indole prettamente organizzativa e non può che assumere natura ordinatoria nei confronti della platea dei consociati, essendo pacificamente derogabile sulla scorta di motivata relazione della Commissione esaminatrice. In più va segnalato che tale termine decorre non già dall'indizione della prova bensì dalla conclusione delle prove scritte.
Siffatta esegesi trova ampio supporto nella giurisprudenza amministrativa secondo cui la previsione di un termine di conclusione della procedura è funzionalmente volta alla celerità e certezza di conclusione del concorso e non ha chiaramente natura perentoria, da ciò non potendo derivare, in caso di sua inosservanza, alcun vizio di legittimità tale da invalidare e annullare l'intero concorso, potendo semmai rilevare in una eventuale sede risarcitoria sotto il profilo del danno da ritardo (cfr. C.d.S., Sez. VI, 6 luglio 2010, n. 4298; T.A.R. Roma, Sez. I, 10 gennaio 2017, n. 368).
7.2. Tali considerazioni non sono destinate a mutare nella sostanza per quanto concerne la fattispecie concreta, ove la lex specialis ha previsto un termine semestrale a decorrere dalla scadenza della presentazione delle domande. Valgono anche in questa specifica ipotesi le considerazioni appena svolte circa la natura ordinatoria e acceleratoria del termine semestrale e l'ininfluenza della sua inosservanza sulla sorte degli atti rilevando, a tutto concedere, sul piano dell'eventuale danno da ritardo.
Peraltro, l'odierno appellante non potrebbe vantare alcun interesse concreto neanche sotto il profilo risarcitorio del ritardo dell'azione amministrativa, a rigore mai dedotto nel mezzo di impugnazione, per l'assorbente considerazione che non è risultato vincitore della procedura.
Il motivo di appello si appalesa, pertanto, del tutto infondato.
8. Parimenti del tutto inconferente è l'asserto censorio mosso col secondo profilo di appello.
Non corrisponde al dato normativo che le Aziende sanitarie locali siano mere "ripartizioni territoriali per la gestione dell'attività sanitaria da parte dell'ente Regione" in guisa da ricadere nel cono di applicazione dell'art. 38, comma 5, del d.lgs. n. 267/2000 che limita all'ordinaria amministrazione o agli atti urgenti ed improrogabili l'attività degli organi di governo degli enti interessati dalle elezioni amministrative.
Invero, a norma dell'art. 3, comma 1, d.lgs. n. 502/1992, le Aziende sanitarie locali - già Unità sanitarie locali - in funzione del perseguimento dei loro fini istituzionali, "si costituiscono in aziende con personalità giuridica pubblica e autonomia imprenditoriale; la loro organizzazione ed il funzionamento sono disciplinati con atto aziendale di diritto privato, nel rispetto dei principi e criteri previsti da disposizioni regionali". L'autonoma personalità giuridica vale ad escludere l'applicazione estensiva di una norma eccezionale sull'affievolimento dei poteri che deve, per sua stessa natura, essere oggetto di interpretazione stretta. Sicché, anche tale doglianza non coglie nel segno e deve essere disattesa.
9. Da ultimo, deve essere respinto anche l'ultimo profilo di censura.
Da quanto si desume dal mezzo di gravame, l'appellante si intende dolere della statuizione di inammissibilità per carenza di interesse senza tuttavia avvedersi che la pronuncia adottata dal primo giudice è solo in parte una declaratoria di inammissibilità che, comunque, non trova radice nella carenza di interesse bensì "per la genericità delle contestazioni effettuate" (III motivo di primo grado) e "perché il Dr. B. non ha indicato gli incarichi e le pubblicazioni la cui valutazione sarebbe stata omessa dalla commissione, ovvero gli incarichi e le pubblicazioni che sarebbero stati erroneamente valutati" (V motivo di primo grado).
Indi, non può essere condivisa la censura appuntata sulla statuizione di rito vuoi perché la causa di inammissibilità riscontrata dal primo giudice è ben diversa da quella lamentata nell'odierno gravame, vuoi perché l'impugnazione è stata comunque scrutinata e respinta anche nel merito.
10. In conclusione, l'appello deve essere respinto senza statuire sulle spese di lite stante la mancata costituzione in giudizio degli altri soggetti appellati.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Nulla sulle spese.
Note
La presente decisione ha per oggetto TAR Calabria, Reggio Calabria, sent. n. 243/2023.