Tribunale Amministrativo Regionale per il Friuli-Venezia Giulia
Sentenza 13 settembre 2025, n. 381
Presidente: Modica de Mohac di Grisì - Estensore: Busico
1. Con ricorso notificato il 17 luglio 2025 e depositato il successivo giorno 25, il ricorrente ha impugnato il provvedimento in epigrafe col quale la Questura di Pordenone ha revocato il suo permesso di soggiorno di lungo periodo rilasciatogli per motivi di lavoro subordinato e contestualmente ha rigettato la sua istanza di aggiornamento del titolo medesimo.
Il provvedimento è stato adottato sul rilievo che il ricorrente s'è assentato dal territorio dell'Unione europea per un periodo superiore a 12 mesi consecutivi, tra il 27 ottobre 2017 e il 30 ottobre 2019, risultando altresì la sua cancellazione anagrafica dal Comune di Pordenone in data 16 novembre 2016, protrattasi fino al luglio 2023.
2. Il ricorrente ha dedotto censure di violazione di legge ed eccesso di potere. Ha in particolare dedotto l'insussistenza dei presupposti della disposta revoca:
- perché non si sarebbe tenuto conto del rilascio di un regolare permesso di soggiorno per lavoro subordinato in data 18 maggio 2022;
- perché l'allontanamento dal territorio UE sarebbe giustificato da gravi condizioni mediche affrontate in Tunisia tra il 2018 e il 2022;
- perché sproporzionata in ragione del lungo tempo di permanenza in Italia (sin dal 2001) e dal grado d'integrazione raggiunto;
- perché la procedura, avviata dal ricorrente ai soli fini dell'aggiornamento del titolo di soggiorno, sarebbe stata stravolta dall'Amministrazione senza un previo effettivo contraddittorio procedimentale.
3. L'Amministrazione si è costituita in giudizio in resistenza al ricorso.
4. Alla camera di consiglio del giorno 10 settembre 2025 la causa è passata in decisione, previo avviso alle parti ai sensi dell'art. 60 c.p.a.
5. Il ricorso è fondato.
5.1. L'Amministrazione resistente, nel revocare il titolo di soggiorno all'odierno ricorrente, ha fatto applicazione dell'art. 9, comma 7, lett. d), del d.lgs. n. 286/1998, ai sensi del quale il permesso di soggiorno per soggiornanti di lungo periodo "è revocato: (...) d) in caso di assenza dal territorio dell'Unione per un periodo di dodici mesi consecutivi".
La Questura ha altresì precisato "che la valutazione di eventuali giustificazioni all'assenza prolungata dal territorio nazionale non sia prevista dalla formulazione dell'art. 9 comma 7 T.U.I. ma che tali aspetti debbano essere ponderati ai fini dell'eventuale rilascio di altro titolo di soggiorno", affermando esplicitamente di non aver preso in considerazioni le deduzioni e i documenti sanitari forniti al riguardo dal ricorrente nel corso dell'istruttoria, sul presupposto della loro irrilevanza ai fini del decidere.
5.2. Sul punto questo T.A.R., già nella sentenza n. 32/2024, ha rilevato un contrasto interpretativo relativo all'applicazione dell'art. 9, comma 7, lett. d), del d.lgs. n. 286/1998.
Secondo un primo orientamento (T.A.R. F.V.G. n. 109/2021, citata anche in questo caso dall'Amministrazione):
- "la norma, in particolare, attribuisce rilievo al dato oggettivo del decorso del tempo";
- "il dettato normativo, inoltre, non consente all'Amministrazione di apprezzare le cause soggettive dell'allontanamento (l'atto è vincolato e non discrezionale), imponendo alla P.A. di revocare il titolo di soggiorno per il solo verificarsi dell'ipotesi di protratta assenza".
In base ad un secondo orientamento, invece, l'Amministrazione non può disporre la revoca sulla base della semplice costatazione della sussistenza di un allontanamento per un periodo superiore a quello previsto dall'art. 9, comma 7, lett. d), del d.lgs. n. 286 del 1998, ma dovrebbe in ogni caso valutare le giustificazioni fornite in sede procedimentale onde valutarne la rilevanza ai fini dell'integrazione dell'ipotesi dei "gravi e comprovati motivi". Si argomenta infatti l'applicabilità del precedente comma 6 che, «nel disciplinare le assenze rilevanti ai fini della maturazione del periodo minimo necessario per poter conseguire il permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo di cui al primo comma dello stesso art. 9, stabilisce che non si computano le assenze dal territorio nazionale inferiori a sei mesi e che non superino nel quinquennio la durata complessiva di dieci mesi, salvo quelle dettate "... dalla necessità di adempiere agli obblighi militari, da gravi e documentati motivi di salute ovvero da altri gravi e comprovati motivi"» (T.A.R. Lombardia, n. 1109/2021 e 5/2022).
5.3. Il Collegio ritiene di aderire a questo secondo orientamento, facendo proprie le argomentazioni del Consiglio di Stato nella sentenza n. 10222/2024 (seguita poi dalla successiva giurisprudenza amministrativa, da ultimo, T.A.R. Puglia, Lecce, n. 506/2025), qui sinteticamente riproposte:
a) l'art. 9, comma 7, del d.lgs. n. 286 del 1998 non postula la revoca automatica del permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo nei casi di assenza dal territorio nazionale per un periodo superiore a dodici mesi;
b) infatti, per quanto la norma sembri categorica nel prevedere un automatismo che collega all'assenza la revoca del titolo, va tuttavia osservato che il precedente comma 6, nel disciplinare le assenze rilevanti ai fini della maturazione del periodo minimo necessario per poter conseguire il permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo di cui al primo comma dello stesso art. 9, stabilisce che non si computano le assenze dal territorio nazionale inferiori a sei mesi e che non superino nel quinquennio la durata complessiva di dieci mesi, salvo quelle dettate dalla necessità di adempiere agli obblighi militari, da gravi e documentati motivi di salute ovvero da altri gravi e comprovati motivi;
c) questa norma, nella sua parte finale, esclude ogni automatismo obbligando l'amministrazione a valutare la sussistenza di valide ragioni che giustifichino l'assenza;
d) rafforza tale conclusione l'interpretazione costituzionalmente orientata dal principio di eguaglianza sostanziale e l'interpretazione informata alla logica inclusiva che caratterizza lo statuto dello straniero, nonché l'inammissibilità di automatismi ostativi ove vengano in rilievo i diritti fondamentali dell'uomo.
Dalle considerazioni che precedono consegue che «in questo quadro che, come correttamente sostiene l'appellante, l'Amministrazione non avrebbe dovuto disporre la revoca del suo titolo sulla base della semplice costatazione della sussistenza di un allontanamento per un periodo superiore a quello previsto dall'art. 9, comma 7, lett. d), del d.lgs. n. 286 del 1998, ma avrebbe dovuto valutare in maniera più approfondita le giustificazioni fornite in sede procedimentale così da valutare la rilevanza ai fini dell'integrazione dell'ipotesi dei "gravi e comprovati motivi"» (così testualmente C.d.S., n. 10222/2024).
5.4. Nel caso di specie l'Amministrazione ha esplicitamente affermato (sia nelle difese che testualmente nel provvedimento impugnato) di aver omesso tale adempimento, in violazione dell'art. 9, comma 7, lett. d), del d.lgs. cit. nell'interpretazione qui accolta, manifestando così un deficit istruttorio e motivazionale che affligge il provvedimento impugnato.
All'esame delle giustificazioni fornite dal ricorrente non può all'evidenza procedere direttamente questo T.A.R., essendo in questo caso ineludibile un passaggio valutativo - anche di natura discrezionale - che l'Amministrazione non ha ancora mai effettuato.
6. Dalle considerazioni che precedono consegue l'annullamento del provvedimento gravato e, quale effetto conformativo, l'obbligo per l'Amministrazione di rivalutare l'istanza del ricorrente alla luce delle indicazioni fornite con la presente pronuncia; in particolare la Questura dovrà valutare se la documentazione sanitaria fornita dal ricorrente sia idonea a giustificare l'assenza del ricorrente dal territorio nazionale per il periodo eccedente i dodici mesi consecutivi.
Le spese di lite devono essere compensate per l'esistenza di un contrasto giurisprudenziale sull'interpretazione dell'art. 9, comma 7, lett. d), del d.lgs. cit.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Friuli-Venezia Giulia (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l'effetto, annulla il provvedimento impugnato.
Compensa le spese di lite.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.