Consiglio di Stato
Sezione V
Sentenza 23 settembre 2025, n. 7459
Presidente: Sabatino - Estensore: Manca
FATTO E DIRITTO
1. Con l'appello in trattazione, alcuni consiglieri comunali del Comune di Guardiagrele (provincia di Chieti) chiedono la riforma della sentenza 21 luglio 2023, n. 277, con la quale il Tribunale amministrativo regionale per l'Abruzzo, sede di Pescara, ha respinto il loro ricorso per l'annullamento della deliberazione del Consiglio comunale del 27 ottobre 2022, dichiarativa del dissesto finanziario dell'ente locale ai sensi dell'art. 246 del d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267 (in seguito: t.u.e.l.).
1.1. Una precedente deliberazione consiliare dichiarativa del dissesto (datata 30 luglio 2021) era stata annullata con sentenza dello stesso Tribunale (del 29 luglio 2022, n. 325) per difetto di motivazione circa le concrete ragioni poste a base della scelta di optare per il dissesto senza ritenere esperibile la procedura di cui all'art. 243-bis del t.u.e.l. per il riequilibrio finanziario pluriennale; e specificamente per la mancata indicazione delle ragioni della dichiarata impossibilità dell'ente di garantire l'assolvimento delle funzioni e dei servizi indispensabili, presupposto della dichiarazione di dissesto.
1.2. Con la sentenza appellata, l'impugnazione della nuova deliberazione di dissesto è stata dichiarata inammissibile per genericità delle censure dedotte dai ricorrenti, i quali non avrebbero specificato in modo sufficientemente concreto e dettagliato le ragioni per cui le affermazioni contenute nella delibera impugnata sarebbero viziate da errore di fatto o di valutazione, anche in considerazione del fatto che la deliberazione impugnata si basa su più ragioni idonee autonomamente a giustificarne l'adozione, non tutte censurate dai ricorrenti.
Il T.A.R. ha respinto, inoltre, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 244 (e dell'art. 246) del t.u.e.l. nella parte in cui non prevedono, anche per il caso dell'adozione della delibera di dissesto, una procedura simile a quella prevista per il caso di deliberazione con la quale si ricorre alla procedura di riequilibrio finanziario pluriennale.
2. Rimasti soccombenti, i ricorrenti in primo grado hanno proposto appello, con il quale contestano la dichiarata inammissibilità del ricorso introduttivo e ripropongono i motivi del primo grado, in chiave critica della sentenza di cui chiedono la riforma.
3. Resiste in giudizio il Comune di Guardiagrele, chiedendo che l'appello sia dichiarato inammissibile o comunque rigettato.
4. All'udienza del 10 aprile 2025, la causa è stata trattenuta in decisione.
5. Si può prescindere dall'esame delle eccezioni di rito sollevate dal Comune appellato, stante la infondatezza nel merito dell'appello.
6. Gli appellanti, premessa (con il primo motivo d'appello) la critica alla sentenza per aver dichiarato inammissibile il ricorso introduttivo, con i restanti motivi reiterano le censure proposte nel giudizio di primo grado, deducendo anzitutto (con il secondo motivo d'appello) la nullità della nuova deliberazione dichiarativa del dissesto, approvata a seguito dell'annullamento pronunciato con la sentenza del T.A.R. per l'Abruzzo, Pescara, 29 luglio 2022, n. 325), per la violazione o elusione del giudicato, ai sensi dell'art. 21-septies della l. n. 241 del 1990, posto che anche la nuova deliberazione non avrebbe eliminato il vizio di difetto di motivazione rilevato nella sentenza di annullamento.
7. Col terzo motivo (primo motivo del ricorso introduttivo), gli appellanti ribadiscono quindi anche la violazione degli artt. 243-bis e 243-ter del t.u.e.l., per difetto di istruttoria, in quanto nella deliberazione impugnata non sarebbe adeguatamente valutata la possibilità di non dichiarare il dissesto ma di deliberare la procedura di riequilibrio finanziario ai sensi dell'art. 243-bis, avendo l'amministrazione comunale l'onere di valutare e ricorrere ad ogni mezzo utile per evitare il dissesto.
8. Con il quarto motivo (secondo del ricorso introduttivo), gli appellanti - tra gli elementi errati o non valutati - indicano specificamente il riaccertamento dei residui a monte della dichiarazione di dissesto, per non avere tenuto conto di alcuni elementi contabili che sono stati indicati.
9. Con il quinto motivo d'appello (terzo del ricorso introduttivo), gli appellanti deducono la violazione dell'art. 246 del t.u.e.l. laddove impone di allegare la relazione dell'organo di revisione. Si sostiene che tale relazione del revisore, a cui fa riferimento la delibera impugnata, "fotografava" la situazione finanziaria dell'ente locale al 30 luglio 2021 e pertanto l'amministrazione avrebbe dovuto chiedere all'organo di revisione e controllo una nuova relazione anche (e soprattutto) alla luce di quanto espresso nella sentenza di annullamento della precedente dichiarazione di dissesto (sentenza n. 325/2022, sopra citata).
10. Con il sesto motivo (quarto del ricorso introduttivo), gli appellanti ribadiscono che, dall'esame della deliberazione impugnata, non emergerebbero sufficienti e univoci indici per individuare in via interpretativa quale sia il potere che l'amministrazione comunale ha inteso esercitare in concreto. E in ogni caso nella nuova deliberazione di dissesto e negli atti allegati non sarebbe rinvenibile una motivazione circostanziata nei termini richiesti dalla sentenza del T.A.R. di annullamento della precedente deliberazione di dissesto.
11. Col settimo motivo reitera anche l'eccezione di illegittimità costituzionale dell'art. 246 t.u.e.l., in particolare per il profilo concernente la previsione che la dichiarazione di dissesto (di cui all'art. 246) è rimessa alla decisione dell'organo consiliare senza alcun vaglio preliminare della Corte dei conti, mentre, al contrario, il piano di riequilibrio finanziario di un ente locale è condizionato al vaglio della Corte dei conti (artt. 243-bis e 243-ter del t.u.e.l.); il che integrerebbe la violazione del principio di ragionevolezza di cui all'art. 3, nonché degli artt. 5 e 113, della Costituzione.
12. È pregiudiziale esaminare l'eccezione di incostituzionalità, peraltro manifestamente infondata, non solo per le ragioni già rilevate dal primo giudice, ma anche perché la razionalità della previsione dell'approvazione del piano di riequilibrio finanziario pluriennale da parte della Corte dei conti (combinato disposto fra art. 243-bis, comma 5, e art. 243-quater, commi 1 e 3, del t.u.e.l.) va rinvenuta nella diversa funzione attribuita al piano di riequilibrio, ossia quella di avviare una procedura che consenta di evitare la dichiarazione di dissesto dell'ente locale: il che impone una rigorosa verifica tecnica e contabile della idoneità del piano a conseguire lo scopo, anche e soprattutto al fine di valutare se la situazione di bilancio dell'ente non imponga la immediata dichiarazione di dissesto.
Totalmente diversa è la situazione prevista e disciplinata dall'art. 246 del t.u.e.l., che presuppone accertato lo stato di dissesto finanziario (nei termini definiti dall'art. 244), per cui - nell'ampia discrezionalità del legislatore - si giustifica la mera trasmissione della deliberazione alla Corte dei conti (art. 246, secondo comma, del t.u.e.l.).
13. Quanto alle restanti censure, va anzitutto accolto il motivo con cui parte appellante deduce l'invalidità del capo di sentenza che ha dichiarato l'inammissibilità del ricorso di primo grado.
Dalla complessiva lettura del ricorso di primo grado è possibile, infatti, ricavare le questioni essenziali che consentono di superare la genericità, come peraltro confermato dalla circostanza che lo stesso T.A.R., pur dichiarando l'inammissibilità del ricorso, esamina anche i profili di merito dedotti dai ricorrenti.
In tale contesto, si deve ritenere altresì che la dichiarazione di inammissibilità non è palesemente errata, non sussistendo pertanto i presupposti del rinvio della causa al primo giudice ai sensi dell'art. 105 del codice del processo amministrativo (secondo i principi affermati dal Consiglio di Stato, Adunanza plenaria n. 16 del 2024 e n. 10 del 2025).
14. Nel merito l'appello è infondato, il che consente di superare anche le eccezioni di rito sollevate dal Comune appellato.
15. Va precisato che la deliberazione impugnata è stata adottata in esecuzione della precedente sentenza del T.A.R. per l'Abruzzo n. 325 del 2022, che aveva accolto il ricorso proposto dai medesimi consiglieri comunali avverso la precedente deliberazione dichiarativa del dissesto (C.c. n. 44 del 2021) limitatamente alla carenza di motivazione in ordine alle «concrete ragioni poste a base della scelta di optare per il dissesto senza ritenere esperibile la procedura di cui all'art. 243-bis [la procedura di riequilibrio finanziario pluriennale] dal momento che le asserzioni ostative contenute negli atti impugnati risultano meramente assertive e non danno conto dell'impraticabilità di tale soluzione alternativa nell'arco temporale riconosciuto dal legislatore».
Detta sentenza ha respinto, inoltre, diverse questioni, con statuizioni ormai passate in giudicato, in particolare ritenendo corretto il riaccertamento dei residui attivi (che ha determinato la cancellazione dei residui attivi relativi all'addizionale Irpef, pari a 1.564.036,30 impossibili da riscuotere, e di altre partite contabili) e stigmatizzando l'utilizzo dello strumento dell'anticipazione di tesoreria. Ha respinto anche le censure di eccesso di potere per sviamento e l'asserito utilizzo di documenti contabili non veritieri (dal momento che non risultava proposta querela di falso) e altri vizi procedimentali (non ritenendo necessaria, in particolare, l'acquisizione dei pareri di altri organi). La sentenza n. 325/2022 ha ritenuto, infine, completa ed esaustiva la relazione dei revisori dei conti del Comune.
16. Sulla scorta degli accertamenti derivanti dal giudicato formatosi a seguito della sentenza n. 325/2022, vanno respinti i motivi di appello con cui sono reiterate le censure nei confronti della deliberazione di riaccertamento dei residui, così come quelli con cui si assume la necessità di una nuova relazione dell'organo di revisione o dell'acquisizione di ulteriori pareri. Né rileva in tal senso la circostanza che sarebbero emersi, dopo l'annullamento della prima deliberazione di dissesto, nuovi debiti fuori bilancio, considerato che tale eventualità non farebbe che confermare ulteriormente la situazione di grave dissesto finanziario dell'ente.
17. Quanto alla dedotta violazione del giudicato, l'ampia motivazione che sorregge la nuova deliberazione appare adeguata e sufficiente, e quindi rispettosa del vincolo conformativo impresso all'azione amministrativa dalla sentenza di annullamento sopra richiamata, ove si tenga conto del consolidato indirizzo giurisprudenziale secondo cui la dichiarazione dello stato di dissesto finanziario - in presenza dei presupposti di fatto fissati dalla legge (artt. 244 ss. del t.u.e.l.) - rappresenta in larga parte una determinazione vincolata (ed ineludibile), non quindi una scelta discrezionale dell'ente [cfr. Consiglio di Stato, Sezione quinta, 16 gennaio 2012, n. 143, che sottolinea come anche il riferimento alla "valutazione", contenuto nell'art. 246, «riguarda soltanto le cause che hanno determinato la situazione di deficit finanziario economico (e costituisce il presupposto logico-giuridico del procedimento di risanamento della riorganizzazione dell'ente e della corretta impostazione delle indispensabili analisi finanziarie ed organizzative per addivenire alla adeguata definizione del nuovo bilancio stabilizzato)», non veri e propri apprezzamenti discrezionali], fermo restando che il sindacato giurisdizionale sulla delibera di dichiarazione di dissesto è limitato alla verifica del corretto esercizio del potere in ordine all'accertamento dei suddetti presupposti di fatto previsti dalla legge (non essendo consentito al giudice amministrativo alcuna valutazione sulle scelte operate dall'Amministrazione, come - a titolo di esempio - quella di eliminare, o no, servizi non essenziali al fine di evitare o limitare lo stato di dissesto finanziario: in tal senso già Consiglio di Stato, Sezione quinta, 17 maggio 2006, n. 2837).
18. In conclusione, l'appello va respinto.
19. La disciplina delle spese giudiziali segue la regola della soccombenza nel rapporto tra appellanti e Comune di Guardiagrele, nei termini di cui al dispositivo. Vanno compensate nei rapporti col Ministero dell'interno, che si è limitato alla mera costituzione in giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo rigetta.
Condanna gli appellanti, in solido, al pagamento delle spese giudiziali in favore del Comune di Guardiagrele, che liquida in euro 3.000,00 (tremila/00), oltre accessori di legge.
Spese compensate tra gli appellanti e il Ministero dell'interno.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Note
La presente decisione ha per oggetto TAR Abruzzo, Pescara, sent. n. 277/2023.