Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana
Sentenza 22 settembre 2025, n. 709

Presidente: Giovagnoli - Estensore: Lo Presti

FATTO E DIRITTO

A) La signora Giuseppa D.G. è proprietaria di un immobile abusivo realizzato in cemento armato e muratura a due elevazioni in Palermo, Via Santa Maria di Gesù n. 258, composto da un piano rialzato di circa 200 mq (comprensivo di portico di 30 mq) e un primo piano di circa 170 mq, per una superficie utile complessiva di 370 mq circa.

B) Con ordinanza n. 486-07P/183PR/770947 del 28 novembre 2007, il Comune di Palermo aveva ingiunto alla ricorrente di demolire l'immobile abusivo e ripristinare lo stato dei luoghi. Successivamente, con provvedimento n. 486-07P/36PR/384289 del 19 maggio 2010, il Comune confermava integralmente il contenuto della precedente diffida a demolire.

C) La ricorrente impugnava l'ordinanza di demolizione con ricorso al T.A.R. Sicilia n. 1256/2010, che veniva rigettato con sentenza n. 1584/2014, depositata il 24 giugno 2014 e divenuta definitiva. Parallelamente, la domanda di sanatoria ex art. 36 del d.P.R. 380/2001 veniva respinta con provvedimento n. 58 del 21 aprile 2009.

D) In data 18 febbraio 2015, il corpo di Polizia municipale accertava, con rapporto prot. n. 10A/2010(2006), il mancato adempimento dell'ordine di demolizione da parte della ricorrente.

Sulla scorta di tale accertamento, con atto del 30 maggio 2019, prot. 738199, il Comune di Palermo disponeva l'acquisizione gratuita al proprio patrimonio dell'immobile abusivo e dell'intera area di proprietà della ricorrente, estesa mq. 1803, ai sensi dell'art. 31 del d.P.R. 380/2001.

E) La ricorrente impugnava il provvedimento di acquisizione con ricorso al T.A.R. Sicilia n. 1951/2019, deducendo:

- violazione dell'art. 31, commi 3 e 4, del d.P.R. 380/2001 per omessa notifica della diffida a demolire; eccesso di potere; violazione dei principi del giusto procedimento, lamentando che l'acquisizione era stata disposta senza alcuna comunicazione di avvio del procedimento e senza consentire alla ricorrente di valutare l'opportunità di demolire spontaneamente l'immobile per evitare la perdita dell'area di sedime;

- violazione dell'art. 31 del d.P.R. 380/2001 per mancata specificazione dell'area ulteriore da acquisire, eccesso di potere e difetto di motivazione, rilevando che il Comune aveva disposto l'acquisizione dell'intera area di proprietà attraverso una "mera clausola di stile" senza specificare le ragioni che rendevano necessaria l'acquisizione dell'area eccedente il sedime delle opere abusive.

F) Con la sentenza impugnata il T.A.R. Sicilia rigettava il ricorso ritenendo che il provvedimento di acquisizione costituisse un atto dovuto conseguente all'inottemperanza definitivamente accertata, non necessitante di comunicazione di avvio del procedimento, che la ricorrente non avesse specificato né provato alcuna ragione ostativa all'acquisizione del bene a seguito della mancata demolizione e che il Comune avesse "motivato l'acquisizione dell'area rispettando i dettami di legge e anzi riferendo che ne avrebbe dovuto acquisire ben oltre in base agli indici fondiari della zona".

G) L'appellante ripropone sostanzialmente, in questa sede, le medesime censure del primo grado, articolate in due motivi:

- violazione dei principi sul giusto procedimento e dell'art. 31, commi 3 e 4, del d.P.R. 380/2001 per omessa comunicazione di avvio del procedimento di acquisizione, sostenendo che il notevole lasso temporale intercorso tra l'ordinanza di demolizione (2007) e l'accertamento dell'inottemperanza (2015) avrebbe reso necessaria una nuova comunicazione per consentire alla ricorrente di valutare l'opportunità di demolire spontaneamente l'immobile;

- violazione dell'art. 31 del d.P.R. 380/2001 per mancata specificazione dell'area ulteriore da acquisire, lamentando che il Comune si è limitato a disporre l'acquisizione dell'intera area di proprietà senza motivare specificamente tale scelta.

H) L'appello deve essere accolto parzialmente per il vizio relativo alla mancata specificazione dell'area ulteriore da acquisire, ferma restando l'infondatezza delle altre censure.

1. Il primo motivo di appello è infondato.

1.1. La giurisprudenza amministrativa è consolidata nel ritenere che l'acquisizione gratuita al patrimonio comunale costituisce un atto dovuto conseguente all'inottemperanza all'ordine di demolizione divenuto definitivo.

Come chiarito dalla consolidata giurisprudenza amministrativa (cfr. ex multis C.d.S., 24 gennaio 2023, n. 755), "il provvedimento acquisitivo non necessita di previa comunicazione di avvio del procedimento, sia per evidenti ragioni di celerità, sia perché l'interessato non potrebbe apportare elementi utili data la natura vincolata dell'atto" e non richiede la previa comunicazione di avvio del procedimento né una specifica motivazione sull'interesse pubblico, essendo sufficiente il richiamo all'ordinanza di demolizione non ottemperata e all'accertamento dell'inosservanza.

Nel caso di specie, l'ordinanza di demolizione era stata regolarmente notificata alla ricorrente, impugnata senza successo e divenuta definitiva con la sentenza T.A.R. n. 1584/2014.

L'accertamento dell'inottemperanza del 2015 e il conseguente provvedimento di acquisizione del 2019 rappresentano, quindi, l'automatica applicazione della sanzione prevista dalla legge.

Anche qualora si ritenesse necessaria la comunicazione di avvio del procedimento, troverebbe comunque applicazione l'art. 21-octies, comma 2, della l. 241/1990, secondo cui non è annullabile il provvedimento adottato in violazione di norme sul procedimento quando, per la natura vincolata del provvedimento, sia palese che il contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso.

2. Il secondo motivo di appello è invece fondato limitatamente alla parte relativa all'area eccedente il sedime delle opere abusive.

2.1. Dall'esame dell'atto di accertamento dell'inottemperanza emerge che il Comune di Palermo ha disposto l'acquisizione dell'intera area di proprietà della ricorrente (1.803 mq) senza fornire alcuna specifica motivazione circa l'estensione dell'area ulteriore rispetto al sedime delle opere abusive.

La giurisprudenza amministrativa è consolidata nel distinguere tra l'acquisizione dell'area di sedime, che opera automaticamente, e quella dell'area ulteriore, che richiede specifica motivazione.

Qualora, invero, l'amministrazione comunale intenda acquisire un'area ulteriore rispetto a quella di sedime, deve specificamente motivare tale scelta attraverso l'esplicitazione delle opere necessarie ai fini urbanistico-edilizi che sono destinate ad occupare l'intera zona di terreno oggetto di acquisizione. Per costante giurisprudenza l'individuazione di tale area ulteriore va motivata, volta per volta, con l'esplicitazione delle modalità di delimitazione della stessa, proprio perché il legislatore non ne ha predeterminato, se non nel massimo, l'estensione, ma ha indicato il criterio per addivenirvi, rapportato alla normativa urbanistica rilevante nel singolo caso.

Viene dunque delineato un procedimento di determinazione della c.d. pertinenza urbanistica da condurre in relazione ad ogni caso, sulla base di criteri di individuazione che tengano conto di quanto previsto dalle vigenti disposizioni urbanistiche per la realizzazione di opere analoghe a quelle abusive (C.d.S., Sez. VI, 5 aprile 2013, n. 1881; C.d.S., Sez. V, 17 giugno 2014, n. 3097), limitandosi l'effetto acquisitivo ex lege solo all'area di sedime delle opere abusive (C.d.S., Ad. plen., 11 ottobre 2023, n. 16).

Il provvedimento di acquisizione deve dunque contenere una specifica e puntuale motivazione in ordine all'individuazione dell'area ulteriore rispetto a quella di sedime. Tale motivazione deve esplicitare le modalità di delimitazione dell'area aggiuntiva e i criteri utilizzati per la sua determinazione, tenendo conto di quanto previsto dalle vigenti disposizioni urbanistiche per la realizzazione di opere analoghe a quelle abusive.

2.2. Nel caso specifico, il Comune ha dichiarato nell'atto che l'area acquisita (1.803 mq) è "inferiore a quella necessaria, secondo le vigenti prescrizioni urbanistiche, alla realizzazione di opere analoghe a quelle abusive" (che richiederebbe 45.500 mq con densità fondiaria di 0,02 mc/mq per realizzare 910 mc di volumetria).

Questa affermazione crea una contraddizione logica rispetto al criterio legale previsto dall'art. 31, comma 3, del d.P.R. 380/2001, che prevede l'acquisizione dell'area "necessaria" per opere analoghe. Il Comune non ha spiegato quale utilità pubblica concreta derivi dall'acquisire un'area che esso stesso definisce "insufficiente", né ha indicato i criteri tecnici utilizzati per determinare proprio quella estensione.

Ne consegue che il provvedimento di acquisizione gratuita che non specifichi i parametri applicati e non esterni le ragioni per le quali giunge alla determinazione della superficie da acquisire, deve ritenersi illegittimo per carenza di motivazione (C.d.S., Sez. VI, 20 luglio 2018, n. 4418).

Mentre, dunque, l'acquisizione gratuita al patrimonio comunale delle opere edilizie abusivamente realizzate, costituisce una misura di carattere sanzionatorio che consegue automaticamente all'inottemperanza all'ordine di demolizione e, pertanto, non richiede una espressa motivazione, per l'acquisizione dell'area ulteriore è necessario specificare, volta per volta, in motivazione, le ragioni che rendono necessario disporre l'ulteriore acquisto, nonché indicare, con precisione, l'ulteriore area di cui viene disposta l'acquisizione, pena la parziale indeterminatezza del bene gratuitamente acquisito al patrimonio comunale (C.d.S., Sez. IV, 21 maggio 2021, n. 3949; T.A.R. Lazio, Roma, Sez. I, 9 gennaio 2014, n. 217).

3. L'accoglimento parziale dell'appello comporta l'annullamento limitato del provvedimento di acquisizione nella sola parte relativa all'area eccedente il sedime delle opere abusive e la conferma dell'acquisizione dell'immobile abusivo e dell'area di sedime, che opera automaticamente per effetto dell'inottemperanza accertata.

4. Rimane salva, ovviamente, la facoltà dell'Amministrazione di riprovvedere in termini conformi alle richiamate previsioni di legge.

La peculiarità della fattispecie, caratterizzata dall'accoglimento solo parziale dell'appello, giustifica la compensazione delle spese processuali per entrambi i gradi di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, in sede giurisdizionale, definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie nei limiti di cui in motivazione.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Note

La presente decisione ha per oggetto TAR Sicilia, sez. II, sent. n. 2600/2023.