Consiglio di Stato
Sezione V
Sentenza 30 settembre 2025, n. 7614

Presidente: Caringella - Estensore: Manca

FATTO E DIRITTO

1. Con l'appello in trattazione, il Comune di Ercolano chiede la riforma della sentenza 8 gennaio 2025, n. 171, con la quale il Tribunale amministrativo regionale per la Campania ha accolto il ricorso proposto dal signor Gennaro O. per l'annullamento della delibera del Consiglio comunale di Ercolano, n. 33 del 30 giugno 2021, relativa all'approvazione del regolamento per l'applicazione della TARI, nei limiti in cui equipara l'attività di agriturismo all'attività alberghiera.

2. Tale equiparazione, secondo il giudice di primo grado, non sarebbe consentita dall'art. 1, commi 639 e 651, della l. n. 147 del 2013, in quanto l'ordinamento distingue espressamente le attività alberghiere da quelle proprie di un agriturismo sia dal punto di vista dello statuto imprenditoriale e delle finalità dell'attività, sia dal punto di vista dell'ordinamento del turismo (in questo senso si cita anche C.d.S., Sez. V, 19 febbraio 2019, n. 1162), per cui sarebbe illegittima qualunque forma di assimilazione o di equivalenza tra le due fattispecie anche ai fini del tributo in materia di servizio di gestione dei rifiuti urbani. Ad avviso del primo giudice, inoltre, il ricorrente, in qualità di imprenditore agricolo ai sensi dell'art. 2135 c.c., alla prevalente attività agricola e vinicola ha annesso un'attività ricettiva, con sette posti letto e con la possibilità di servire solo pasti freddi, con esclusione di attività di cucina, per cui sarebbe evidente come la finalità ricettiva sia del tutto accessoria, occasionale e di supporto alla azienda agricola ed alla commercializzazione dei prodotti di quest'ultima.

3. Il Comune di Ercolano, rimasto soccombente, ha proposto appello censurando la sentenza sotto plurimi profili.

4. Resiste in giudizio il signor O., chiedendo che l'appello sia respinto

5. All'udienza del 25 settembre 2025, la causa è stata trattenuta in decisione.

6. Passando all'esame dei motivi d'appello, il Comune di Ercolano censura la sentenza essenzialmente per aver erroneamente affermato la illegittimità dell'equiparazione tra attività agrituristica ed esercizi alberghieri. Secondo l'appellante, anche sulla scorta della giurisprudenza della Cassazione, l'attività dell'agriturismo - sotto il profilo della elencazione delle categorie di attività commerciali recanti una omogenea potenzialità di produzione di rifiuti - andrebbe considerata quale mera attività para-alberghiera, per cui sarebbe legittima la deliberazione consiliare comunale nella parte in cui ha disposto la assimilazione degli agriturismi rispetto agli esercizi alberghieri; mentre, sotto altro profilo, spetterebbe al titolare di attività agrituristica la prova della mera complementarietà dei servizi offerti sotto forma di ospitalità rispetto alla attività agricola, prova che peraltro, nel caso di specie, il ricorrente in primo grado non avrebbe fornito.

Il Comune, a sostegno delle proprie argomentazioni, cita anche la l.r. Campania n. 15 del 2008 (art. 10, terzo comma), secondo cui: «l'attività agricola si considera comunque prevalente quando le attività di ricezione e di somministrazione di pasti e bevande interessano un numero non superiore a dieci ospiti o è data ospitalità ai campeggiatori utilizzando fino a cinque piazzole». Nell'azienda del ricorrente in primo grado sarebbero previsti più di dieci posti a tavola.

7. Le censure sono fondate.

7.1. In particolare, il dato fondamentale, che non viene colto dalla sentenza, attiene alla complessiva finalità della disciplina della TARI, la quale si basa essenzialmente sul presupposto del tributo costituito dalla capacità di produzione di rifiuti urbani delle unità di superficie tassabili, come si ricava dall'art. 1, commi 641 e 642, della l. 27 dicembre 2013, n. 147, che fa riferimento ai «locali o aree scoperte a qualsiasi uso adibiti, suscettibili di produrre rifiuti urbani».

7.2. Anche la possibilità per i comuni, di introdurre distinte categorie tariffarie «in relazione agli usi e alla tipologia delle attività svolte», da esercitare con il regolamento comunale di cui all'art. 52 del d.lgs. n. 446 del 1997, è sempre strettamente agganciata alla finalità essenziale della tassa comunale per il servizio di gestione dei rifiuti urbani, ossia la idoneità delle superfici tassabili a produrre rifiuti (art. 1, comma 652, della citata l. n. 147 del 2013: «Il comune [...] può commisurare la tariffa alle quantità e qualità medie ordinarie di rifiuti prodotti per unità di superficie, in relazione agli usi e alla tipologia delle attività svolte nonché al costo del servizio sui rifiuti. Le tariffe per ogni categoria o sottocategoria omogenea sono determinate dal comune moltiplicando il costo del servizio per unità di superficie imponibile accertata, previsto per l'anno successivo, per uno o più coefficienti di produttività quantitativa e qualitativa di rifiuti»).

7.3. Che il criterio fondamentale per l'equiparazione o la distinzione tra categorie ai fini della determinazione della tariffa sia rappresentato dalla idoneità delle singole attività a produrre rifiuti (secondo indici quantitativi o qualitativi) è costantemente affermato anche dalla giurisprudenza della Corte di cassazione, in particolare in tema di tariffe maggiorate per le attività alberghiere, nella quale si sottolinea come, in materia di tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani, sia legittima la delibera comunale di approvazione del regolamento e delle relative tariffe che preveda la classificazione in distinte categorie degli esercizi alberghieri e delle civili abitazioni, e che applichi ai primi una tariffa notevolmente superiore a quella applicabile a queste ultime: «la maggiore capacità produttiva di un esercizio alberghiero rispetto ad una civile abitazione costituisce, infatti, un dato di comune esperienza, emergente da un esame comparato dei regolamenti comunali in materia, ed assunto quale criterio di classificazione e valutazione quantitativa della tariffa anche dal d.lgs. n. 22 del 1997, senza che assuma alcun rilievo il carattere stagionale dell'attività, il quale può eventualmente dar luogo all'applicazione di speciali riduzioni d'imposta, rimesse alla discrezionalità dell'ente impositore, mentre i rapporti tra le tariffe, indicati dall'art. 69, comma 2, del d.lgs. n. 507 del 1993 [la fattispecie decisa riguardava la Tarsu per l'anno 2010] tra gli elementi di riscontro della legittimità della delibera, non vanno riferiti alla differenza tra le tariffe applicate a ciascuna categoria classificata, ma alla relazione tra le tariffe ed i costi del servizio discriminati in base alla loro classificazione economica» (in tal senso, da ultimo, Cass. civ., Sez. V, ord. n. 20464 del 21 luglio 2025).

7.4. Va affermato, pertanto, che la assimilazione o la distinzione tra le categorie di attività assoggettate al tributo in materia di rifiuti urbani, come, nel caso di specie, tra attività di agriturismo e attività alberghiera, non può essere fondata sulle differenze di disciplina normativa cui le diverse attività sono assoggettate dall'ordinamento generale o sulla diversa natura giuridica dei soggetti che esercitano dette attività, come erroneamente ritenuto dalla sentenza appellata, ma va unicamente basata sulla capacità di produrre rifiuti.

7.5. Né rileva, sul piano della disciplina generale della tassa, il fatto che l'agriturismo sia connesso all'attività agricola, svolta in maniera prevalente dal ricorrente in primo grado: il problema si risolve sul piano applicativo del tributo, separando le superfici (aree scoperte o locali) sulle quali sono esercitate le due attività (agricola e agrituristica), alle quali saranno applicate le differenti tariffe sulla base delle diverse categorie del regolamento comunale alle quali ciascuna è riconducibile (tenuto conto che anche l'attività agricola, se rientra nei limiti territoriali di applicazione della tassa comunale, e se produce rifiuti urbani, è anch'essa assoggettata al tributo comunale, salvo norme speciali di agevolazione o esenzione, anche di fonte regolamentare: cfr. art. 1, comma 659, della l. n. 147 del 2013).

8. In conclusione, l'appello va accolto e, in riforma della sentenza appellata, va rigettato il ricorso di primo grado.

9. Considerata la peculiarità della controversia e la parziale novità delle questioni esaminate, si giustifica la integrale compensazione tra le parti delle spese giudiziali per il doppio grado di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l'effetto, in riforma della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Campania, Sezione Sesta, 8 gennaio 2025, n. 171, rigetta il ricorso di primo grado.

Compensa tra le parti delle spese giudiziali per il doppio grado di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Note

La presente decisione ha per oggetto TAR Campania, sez. VI, sent. n. 171/2025.