Consiglio di Stato
Sezione V
Sentenza 22 ottobre 2025, n. 8187

Presidente: Sabatino - Estensore: Maggio

FATTO

Con determina direttoriale 28 marzo 2023, n. 176, l'Agenzia Campana Mobilità Infrastrutture e Reti (d'ora in poi solo ACAMIR) ha indetto, ai sensi dell'art. 61 del d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50, una procedura ristretta per l'affidamento di un appalto integrato avente il seguente oggetto: "Aumento Resilienza Rete Stradale Secondaria: Fondovalle Calore - II Stralcio - Tratto D-E".

La scadenza del termine per presentare le domande di partecipazione alla procedura selettiva era fissata per il giorno 8 maggio 2023.

All'esito delle operazioni di gara è stata adottata la determina 28 dicembre 2023, n. 717, con cui la commessa è stata aggiudicata al costituendo RTI fra la Pagano s.p.a. (capogruppo), la Santacroce s.r.l. e la Costruzioni Generali Santangelo s.r.l. (d'ora in avanti solo Santangelo).

Tale delibera è stata impugnata dal Consorzio Stabile Fenix s.c. a r.l. (in prosieguo solo Consorzio Fenix), secondo graduato, davanti al T.A.R. Campania - Salerno, che, con sentenza 21 maggio 2024, n. 1110, confermata in appello, lo ha respinto.

Successivamente la stazione appaltante ha adottato la determina 6 giugno 2024, n. 286, con la quale, verificata, anche alla luce del certificato dell'Agenzia delle entrate acquisito in data 25 gennaio 2024, prot. 480, la sussistenza dei prescritti requisiti di partecipazione, ha dichiarato efficace l'aggiudicazione.

Il Consorzio Fenix ha, quindi, gravato anche tale ultima determina davanti al medesimo Tribunale, deducendo che una delle imprese facenti parte del raggruppamento aggiudicatario, la Santangelo, fosse priva della regolarità fiscale.

Con sentenza 31 ottobre 2024, n. 2033, il giudice adito ha accolto il ricorso, riscontrando la sussistenza, in capo a detta società, di violazioni tributarie, non definitivamente accertate. Conseguentemente ha onerato l'ACAMIR di verificare l'incidenza delle suddette violazioni sulla capacità del concorrente di eseguire l'appalto.

In ottemperanza a quanto disposto con la menzionata sentenza, la stazione appaltante ha riesaminato il procedimento e, con determina direttoriale 15 aprile 2025, n. 128, viste anche le ulteriori certificazioni dell'Agenzia delle entrate, acquisite in data 2 dicembre 2024, prot. n. 7131, ha giudicato le contestate violazioni tributarie, tali da non compromettere la partecipazione alla gara della Santangelo.

Ritenendo pure la determina da ultimo citata illegittima, il Consorzio Fenix l'ha impugnata con nuovo ricorso che è stato respinto con sentenza 29 maggio 2025, n. 995.

Avverso tale ulteriore pronuncia ha proposto il presente appello il Consorzio Fenix.

Per resistere al ricorso si sono costituite in giudizio la Pagano e l'ACAMIR.

Con successive memorie le parti hanno ulteriormente argomentato le rispettive tesi difensive.

Alla pubblica udienza del 9 ottobre 2025 la causa è passata in decisione.

DIRITTO

Preliminarmente va esaminata l'eccezione con cui la stazione appaltante lamenta che l'appello sarebbe inammissibile in quanto i capi della sentenza di primo grado, non sarebbero stati puntualmente censurati.

L'eccezione è infondata.

Difatti, come emerge dalla piana lettura dell'atto d'appello, quest'ultimo muove specifiche critiche alle argomentazioni sulla base delle quali il giudice di prime cure ha respinto il gravame.

Sempre in via preliminare dev'essere affrontata l'eccezione con cui la Pagano deduce l'inammissibilità del ricorso di primo grado in conseguenza dell'omessa impugnazione della delibera di aggiudicazione.

L'eccezione non merita condivisione.

E invero, come emerge dall'esposizione in fatto, la determina di aggiudicazione è intervenuta prima della verifica del possesso dei requisiti di partecipazione in capo al costituendo RTI aggiudicatario ed è stata, a suo tempo, impugnata dall'odierna appellante con ricorso definito con la citata sentenza n. 1110 del 2024.

Non era consentito, quindi, proporre, avverso la stessa determina, una nuova impugnazione in sede di gravame contro il provvedimento conclusivo della successiva fase di verifica della sussistenza dei requisiti di partecipazione alla gara, pena la violazione del principio del ne bis in idem, di cui agli artt. 2909 c.c. e 324 c.p.c., pacificamente applicabile anche al processo amministrativo ex art. 39, comma 1, c.p.a. (ex plurimis C.d.S., Sez. V, 25 gennaio 2022, n. 491; 10 maggio 2021, n. 3618; Sez. IV, 20 marzo 2024, n. 2721).

L'appello va, pertanto, esaminato nel merito.

Col primo motivo si denuncia l'errore commesso dal Tribunale nel non aver accolto la censura con cui era stato dedotto come la Santangelo, priva della regolarità fiscale, in ragione di un debito tributario, definitivamente accertato, di euro 618.194, non avrebbe potuto essere ammessa alla gara, ostandovi la causa di esclusione automatica di cui all'art. 80, comma 4, del d.lgs. n. 50/2016, con la conseguenza che anche il costituendo RTI, di cui la stessa faceva parte, non avrebbe potuto partecipare alla procedura selettiva.

E invero, con l'atto impositivo n. TC3CRT200067 del 2023, notificato in data 19 dicembre 2023, l'Agenzia delle entrate avrebbe proceduto al recupero di crediti d'imposta illegittimamente portati in compensazione, applicando una sanzione pari al 100% dei crediti stessi, per un importo complessivo di euro 1.333.216,75.

Tale atto sarebbe stato, però, impugnato, davanti alla Corte di giustizia tributaria di primo grado di Potenza, solo limitatamente alle sanzioni, mentre non sarebbe stato contestato quanto alla sorte capitale, pari a euro 618.194. Per quest'ultimo importo, l'atto medesimo sarebbe, dunque, divenuto inoppugnabile.

Irrilevante risulterebbe, inoltre, la circostanza, valorizzata dal giudice di prime cure, che, in relazione al menzionato debito, fosse stata proposta, in data 29 luglio 2024, istanza di rateizzazione, poi accolta il successivo 5 agosto.

Quest'ultima, infatti, non avrebbe potuto sanare, retroattivamente, la violazione fiscale ormai definitivamente accertata, né avrebbe potuto consentire alcuna rimessione in termini la successiva notifica della cartella esattoriale.

Altrettanto ininfluente, ai fini di causa, risulterebbe l'asserito carattere vincolante delle certificazioni rilasciate dall'Agenzia delle entrate.

La prima certificazione del 24 gennaio 2024 non avrebbe rilevanza, in quanto, quando è stata emessa, era ancora pendente il termine per impugnare il provvedimento impositivo.

La seconda, quella acquisita al protocollo dell'ente regionale il 2 dicembre 2024, riguarderebbe, invece, come si ricava dalla stessa certificazione, la situazione debitoria alla data del 26 novembre 2024, ma non proverebbe la regolarità fiscale nel periodo intercorrente tra i due certificati.

In ogni caso, il vincolo nascente dalle attestazioni rilasciate dall'Agenzia delle entrate riguarderebbe unicamente l'esistenza del debito tributario, fermo restano il potere della stazione appaltate, e quindi del giudice, di verificarne idoneità e completezza ai fini dell'ammissione alla gara.

Il motivo, così sinteticamente riassunto, merita condivisione.

Come si ricava inequivocabilmente dalla documentazione agli atti e, in particolare, dal ricorso proposto davanti alla Corte di giustizia tributaria di primo grado di Potenza, la Santangelo ha impugnato il provvedimento impositivo n. TC3CRT200067 del 2023, unicamente con riguardo all'applicazione delle sanzioni.

Nessuna contestazione risulta, invece, sollevata con riguardo alla sorte capitale, pari a un complessivo ammontare di euro 618.194, per cui, rispetto a tale somma, il debito fiscale doveva ritenersi definitivamente accertato, con la conseguenza che, essendo l'imposta non pagata di importo grandemente superiore alla soglia di rilevanza fissata dall'art. 48-bis, commi 1 e 2-bis, del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602 (euro 5.000/00), la Santangelo e, quindi, il costituendo RTI aggiudicatario, non avrebbero potuto essere ammessi alla gara.

A quanto sopra è appena il caso di aggiungere che nessun rilievo può avere la distinzione tra "credito inesistente" e "credito non spettante", invocata dalla Pagano al fine di sostenere che l'impugnazione sarebbe stata diretta anche contro la sorte capitale. Ciò che conta è, infatti, che nessuna obiezione risulta mossa, in sede di ricorso tributario (e invero nemmeno in questa sede), in ordine alla possibilità dell'ufficio fiscale di riprendere a tassazione i crediti compensati.

Come correttamente rilevato dall'appellante, risulta, poi, priva di rilevanza, ai fini di causa, l'istanza di rateizzazione di tale debito avanzata in data 29 luglio 2029.

Com'è noto, infatti, il concorrente che partecipa a una procedura a evidenza pubblica deve possedere, continuativamente, i necessari requisiti di ammissione e questi devono sussistere per tutta la durata della gara e sino alla stipula del contratto e poi, ancora, fino all'adempimento delle obbligazioni contrattuali (C.d.S., Ad. plen., 24 aprile 2024, n. 7; 20 luglio 2015, n. 8; 25 febbraio 2014, n. 10; Sez. IV, 4 maggio 2015, n. 2231; Sez. III, 10 novembre 2021, n. 7482), mentre nel caso di specie, la Santangelo, a seguito della scadenza del termine per impugnare il menzionato atto impositivo TC3CRT200067 del 2023, verificatasi in data 17 febbraio 2024, ha irrimediabilmente perso il requisito della regolarità fiscale, essendo gravata da un debito tributario, definitivamente accertato, di importo superiore (nello specifico euro 618.194) alla soglia di rilevanza fissata dall'art. 80, comma 4, del d.lgs. n. 50/2016, con conseguente soluzione di continuità nel possesso di tale requisito.

Inconferente è, altresì, l'asserito carattere vincolante delle certificazioni rilasciate dall'Agenzia delle entrate invocato dal Tribunale.

Il concorrente che impugna l'aggiudicazione, indipendentemente dalle verifiche compiute dalla stazione appaltante, può sempre dimostrare, con qualunque mezzo idoneo allo scopo, sia che l'aggiudicatario fosse privo, ab origine, della regolarità fiscale, sia che egli abbia perso quest'ultima in corso di gara, senza trovare ostacolo nelle certificazioni rilasciate dal competente ufficio fiscale, atteso che per consolidata giurisprudenza, spetta al giudice amministrativo accertare, in via incidentale (ossia senza efficacia di giudicato nel rapporto tributario o previdenziale/assistenziale), nell'ambito del giudizio relativo all'affidamento del contratto pubblico, la idoneità e la completezza della certificazione presa in considerazione, quale atto interno della fase procedimentale di verifica dei requisiti di ammissione dichiarati dal concorrente (C.d.S., citata Ad. plen. n. 7 del 2024, nonché Ad. plen., 25 maggio 2016, n. 10; Sez. V, 9 febbraio 2024, n. 1339; 26 aprile 2021, n. 3366; 14 giugno 2019, n. 4023).

La gravata sentenza risulta altrettanto erronea laddove afferma che la Santangelo avrebbe potuto, comunque, partecipare alla gara, anche ritenendo il menzionato debito di euro 618.194 definitivamente accertato, in virtù della richiesta di rateizzazione del debito, tempestivamente proposta a seguito «dell'emanazione della cartella di pagamento, successiva all'iscrizione a ruolo della somma, e ciò ai sensi dell'art. 19 del DPR n. 602/1973, applicabile ratione temporis».

Al riguardo è sufficiente rilevare che quando, come nel caso di specie, la cartella esattoriale è emessa a seguito di un precedente atto impositivo, è dall'inoppugnabilità di quest'ultimo che discende il definitivo accertamento della sussistenza del debito tributario, senza che tale condizione di stabilità della pendenza fiscale possa essere incisa dall'emissione della cartella stessa, che costituisce, unicamente, il primo atto della fase di riscossione (C.d.S., Sez. V, 3 marzo 2018, n. 2049).

Pertanto, l'istanza di rateizzazione presentata in corso di gara, dopo l'intervento della cartella di pagamento, non è idonea a impedire la configurabilità della causa di esclusione automatica di cui si discute.

L'appello va, in definitiva, accolto con assorbimento dei restanti motivi d'impugnazione.

Spese e onorari di giudizio, liquidati come in dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l'effetto, in riforma della gravata sentenza, accoglie il ricorso di primo grado e, conseguentemente, annulla l'atto con esso impugnato.

Condanna, in solido, l'ACAMIR e la Pagano s.p.a. al pagamento delle spese processuali in favore della parte appellante, liquidandole, forfettariamente, in complessivi euro 6.000/00 (seimila), oltre accessori di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Note

La presente decisione ha per oggetto TAR Campania, Salerno, sez. II, sent. n. 995/2025.