Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto
Sezione III
Sentenza 24 ottobre 2025, n. 1884
Presidente: Polidori - Estensore: De Col
FATTO E DIRITTO
1. Con determina a contrarre del 26 marzo 2025 AMES s.p.a. ha indetto una procedura aperta sopra soglia per l'affidamento della fornitura di un software gestionale per le farmacie comunali e dei relativi servizi connessi, per un importo a base d'asta di euro 550.000,00 e un valore complessivo stimato di euro 742.500,00.
2. Il disciplinare di gara, al punto 6.2 («Requisiti di capacità economica e finanziaria»), prescriveva che i concorrenti dovessero dimostrare di avere un "fatturato globale non superiore al doppio del valore stimato dell'appalto, maturato nei migliori tre anni degli ultimi cinque anni precedenti a quello di indizione della procedura".
3. La società ricorrente - gestore uscente del servizio - ha ritenuto di non poter partecipare alla gara, avendo maturato nei tre migliori esercizi un fatturato superiore alla soglia di euro 1.100.000,00 e, di conseguenza, non ha presentato offerta.
4. Con verbale n. 1 del 5 maggio 2025, AMES ha disposto l'ammissione dell'unico concorrente, CGM Pharmaone s.r.l. (d'ora in avanti, solo CGM), che ha dichiarato di avere fatturati superiori alla soglia indicata nel disciplinare di gara. La gara si è conclusa con la proposta di aggiudicazione in favore della medesima società.
5. CSF Sistemi (d'ora in avanti, solo "CSF"), ritenendo violata la lex specialis, ha chiesto l'annullamento del verbale di ammissione di CGM alla gara, deducendo un unico ed articolato gruppo di censure così rubricato: «Violazione dell'art. 6.2 del disciplinare. Violazione e falsa applicazione degli artt. 1, 2, 4, 5, 10 e 100 del d.lgs. n. 36 del 2023. Violazione del principio dell'auto-vincolo. Difetto di istruttoria. Sproporzione. Irragionevolezza manifesta. Sviamento».
La ricorrente - premesso che non vi è motivo di dubitare della legittimità della clausola di cui al punto 6.2 del disciplinare, che sarebbe chiara nel fissare una soglia massima di fatturato (pari al doppio del valore dell'appalto e, quindi, a euro 1.100.000,00) - censura l'ammissione alla gara della controinteressata CGM, deducendo che la stessa presenta fatturati ben più elevati della predetta soglia e, quindi, avrebbe dovuto essere esclusa dalla gara.
Inoltre, a detta della ricorrente, l'ammissione alla gara di un concorrente privo del requisito economico-finanziario ha alterato, inoltre, la par condicio dei partecipanti e si pone in contrasto con i principi della fiducia e dell'affidamento, perché è stato premiato un operatore che ha ignorato la lex specialis, a scapito di chi - come la ricorrente medesima - si è ad essa conformato, al punto di rinunciare a partecipare alla procedura selettiva. Diversamente opinando - sempre a detta della ricorrente - la stazione appaltante potrebbe ammettere operatori non in regola con i requisiti, senza possibilità di controllo giurisdizionale, con evidente frustrazione dei principi di legalità e concorrenza.
Per tali ragioni, la ricorrente propone anche un'autonoma domanda di accertamento dell'obbligo della stazione appaltante di escludere la controinteressata e, per l'effetto, di annullare la procedura di gara e di indirne una nuova alla quale la ricorrente medesima possa partecipare.
6. AMES e la controinteressata CGM si sono costituite in giudizio, eccependo l'inammissibilità e l'infondatezza del ricorso.
La stazione appaltante eccepisce preliminarmente la carenza di legittimazione e di interesse ad agire, rimarcando che la ricorrente non ha presentato un'offerta ed è, quindi, estranea alla gara. Inoltre la stazione appaltante contesta l'interpretazione della lex specialis prospettata dalla ricorrente, sostenendo che la clausola 6.2 non pone un limite massimo di fatturato, limitandosi a recepire il disposto dell'art. 100, comma 11, d.lgs. n. 36/2023, secondo il quale "le stazioni appaltanti possono richiedere agli operatori economici quale requisito di capacità economica e finanziaria un fatturato globale non superiore al doppio del valore stimato dell'appalto, maturato nei migliori tre anni degli ultimi cinque anni precedenti a quello di indizione della procedura", così vietando di richiedere, quale requisito minimo di capacità economica e finanziaria, un fatturato globale superiore al doppio del valore stimato dell'appalto.
Anche CGM ha eccepito l'inammissibilità del ricorso perché controparte - pur essendo a conoscenza della clausola in questione - non l'ha impugnata nei termini, né ha presentato un'offerta, ma ha comunque contestato l'ammissione dell'unico concorrente. Deduce, altresì, che la condotta di controparte costituisce un abuso del processo, essendo il ricorso preordinato alla proroga del servizio di cui la ricorrente è il gestore uscente.
Nel merito, la controinteressata sostiene che l'art. 6.2 del disciplinare non può essere letto come clausola escludente, comportando altrimenti l'assurdo effetto di precludere la partecipazione agli operatori che possono vantare un'effettiva solidità economico-finanziaria.
7. Questo Tribunale con l'ordinanza n. 274 del 18 giugno 2025 ha respinto la domanda cautelare proposta dalla ricorrente sul presupposto che: a) «la domanda di annullamento proposta con il ricorso ha ad oggetto atti aventi natura endoprocedimentale, ossia privi di efficacia lesiva, sicché può dubitarsi dell'ammissibilità del ricorso medesimo»; b) «non appare meritevole di tutela neppure l'asserito interesse strumentale della ricorrente alla riedizione della gara, avuto riguardo alla mancanza della tempestiva impugnazione della clausola del disciplinare asseritamente ritenuta escludente, nonostante il carattere immediatamente lesivo della stessa, confermato dalla circostanza che la ricorrente medesima ha ritenuto di non presentare la domanda di partecipazione alla gara»; c) «l'azione di accertamento del dovere della stazione appaltante di escludere la controinteressata dalla procedura di gara non può essere configurata come un'azione di accertamento autonomo, azione che è ammessa nel processo amministrativo solo nei casi residuali nei quali la tutela dell'interesse legittimo non può essere assicurata mediante l'azione di annullamento del provvedimento illegittimo».
8. Con ricorso per motivi aggiunti proposti in data 26 agosto 2025, la ricorrente ha esteso l'impugnazione al provvedimento in data 28 luglio 2025, con il quale è stata disposta l'aggiudicazione definitiva dell'appalto a favore di CGM, reiterando le medesime doglianze dedotte con il ricorso principale e domandando la declaratoria di inefficacia del contratto nelle more eventualmente stipulato.
9. L'Amministrazione e la controinteressata hanno replicato anche ai motivi aggiunti, eccependone l'inammissibilità e comunque l'infondatezza.
10. Questo Tribunale con l'ordinanza n. 426 del 18 settembre 2025 ha rigettato la domanda cautelare presentata unitamente ai motivi aggiunti.
11. In vista della discussione di merito, le parti hanno scambiato memorie conclusive e di replica.
12. All'udienza pubblica del 15 ottobre 2025 la causa è passata in decisione.
13. Giova premettere - ancor prima di esaminare la sussistenza delle condizioni dell'azione - che il ricorso principale pone la seguente questione: se la clausola di cui al punto 6.2 del disciplinare abbia effettivamente fissato - come sostiene la ricorrente - un tetto massimo di fatturato e non un requisito minimo di partecipazione, sicché l'ammissione di CGM sarebbe avvenuta in violazione della lex specialis.
Ritiene il Collegio che la predetta clausola - nel richiedere un «fatturato globale non superiore al doppio del valore stimato dell'appalto» - debba essere interpretata come indicato dalla stazione appaltante, ossia conformemente all'art. 100, comma 11, del d.lgs. n. 36/2023 e, più in generale, al diritto dell'Unione europea (art. 58, par. 3, direttiva 2014/24/UE; considerando n. 83).
L'art. 100, comma 11, vieta alle stazioni appaltanti di esigere requisiti di capacità economico-finanziaria sproporzionati e, in particolare, di pretendere un fatturato minimo superiore al doppio del valore stimato dell'appalto (T.R.G.A. Trentino-Alto Adige, Trento, 8 aprile 2025, n. 73). Pertanto la clausola non può essere letta nel senso che fissa un limite massimo di fatturato. Difatti l'Amministrazione con la lex specialis non avrebbe potuto richiedere un fatturato minimo superiore al doppio del valore stimato dell'appalto, ma in base alla clausola in questione ben poteva ammettere alla gara operatori con un fatturato più elevato.
Diversamente opinando, l'effetto sarebbe stato quello - per vero paradossale e contrario ai principi di concorrenza, accesso al mercato e proporzionalità - di escludere dalla gara proprio gli operatori economicamente più solidi e, quindi, in grado di garantire la regolare esecuzione dell'appalto.
14. Posta tale premessa e chiarito l'errore in cui è incorsa la ricorrente nell'interpretare la clausola di cui al punto 6.2 del disciplinare, il ricorso principale, ancor prima che infondato, è inammissibile per difetto di legittimazione e di interesse ad agire, come eccepito dalle parti resistenti.
14.1. La legittimazione ad agire è la prima condizione dell'azione e consiste nella titolarità di «una situazione giuridica sostanziale di cui si lamenta l'ingiusta lesione per effetto del provvedimento amministrativo», mentre l'interesse ad agire consiste nel «vantaggio pratico che può derivare al ricorrente dall'accoglimento dell'impugnativa» (ex multis, C.d.S., Sez. IV, 1° giugno 2018, n. 3321).
14.2. Secondo una consolidata giurisprudenza (ex multis, C.d.S., Ad. plen., n. 4/2011, n. 9/2014 e n. 4/2018), la legittimazione a contestare l'ammissione o l'aggiudicazione di un concorrente spetta, di norma, unicamente agli operatori che abbiano partecipato alla procedura mediante la presentazione di un'offerta, o, in alternativa, che impugnino la lex specialis contenente clausole immediatamente escludenti.
Inoltre la giurisprudenza ha chiarito che il soggetto rimasto estraneo alla gara non può, ex post, dolersi delle vicende della procedura (ex multis, T.A.R. Lazio, Roma, Sez. I, 6 febbraio 2023, n. 2005; C.d.S., Sez. V, 27 luglio 2020, n. 4758), perché la «in materia di controversie aventi ad oggetto gare di appalto, il tema della legittimazione al ricorso (o titolo) è declinato nel senso che tale legittimazione deve essere correlata ad una situazione differenziata e dunque meritevole di tutela, in modo certo, per effetto della partecipazione alla stessa procedura oggetto di contestazione; chi volontariamente e liberamente si è astenuto dal partecipare ad una selezione non è dunque legittimato a chiederne l'annullamento ancorché vanti un interesse di fatto a che la competizione - per lui res inter alios acta - venga nuovamente bandita; a tale regola generale si può fare eccezione, per esigenze di ampliamento della tutela della concorrenza, solamente in tre tassative ipotesi e cioè quando: I) si contesti in radice l'indizione della gara; II) all'inverso, si contesti che una gara sia mancata, avendo "amministrazione disposto l'affidamento in via diretta del contratto; III) si impugnino direttamente le clausole del bando assumendo che le stesse siano immediatamente escludenti» (in questi termini C.d.S., Ad. plen., 25 febbraio 2014, n. 9).
14.3. Dunque l'operatore economico che - come la ricorrente - abbia deliberatamente scelto di non presentare domanda di partecipazione alla gara, si pone nella stessa posizione di un quisque de populo, privo di una relazione differenziata con l'atto e, quindi, non legittimato a ricorrere.
14.4. Quanto alla seconda condizione dell'azione, è ius receptum (ex multis, C.d.S., Sez. V, 13 novembre 2020, n. 7000) che l'interesse a ricorrere (che deve persistere per tutto il corso del giudizio) è caratterizzato dalla presenza dei requisiti di cui all'art. 100 c.p.c., vale a dire la prospettazione di una lesione concreta ed attuale della sfera giuridica del ricorrente e l'effettiva utilità che potrebbe derivare dall'accoglimento del ricorso. Pertanto il ricorso deve essere considerato inammissibile per carenza di interesse in tutte le ipotesi in cui l'annullamento giurisdizionale di un atto amministrativo non sia in grado di arrecare alcun vantaggio all'interesse sostanziale del ricorrente.
14.5. Venendo al caso in esame, la carenza di interesse a ricorrere è ravvisabile per le seguenti ragioni.
Innanzi tutto, la domanda di annullamento proposta con il ricorso principale ha ad oggetto i verbali di ammissione alla gara di CGM e cioè atti aventi natura endoprocedimentale, non immediatamente lesivi per la ricorrente (T.A.R. Lazio, Roma, Sez. II, 6 febbraio 2024, n. 2290), e comunque - ferma restando l'estraneità di CSF alla procedura di gara - l'abrogazione del rito speciale di cui al comma 2-bis dell'art. 120 del c.p.a. comporta l'applicazione delle regole processuali previgenti all'introduzione della anzidetta disposizione, con la conseguenza che gli atti di ammissione alla gara, a differenza di quelli di esclusione, non sono più autonomamente impugnabili, mentre l'interesse giuridicamente rilevante a contestare l'altrui ammissione sorge soltanto al momento dell'aggiudicazione definitiva dell'appalto (T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. IV, 14 gennaio 2020, n. 88).
Inoltre la mancata partecipazione della ricorrente alla gara è stata determinata da una clausola del disciplinare che non è stata impugnata perché la ricorrente medesima l'aveva ritenuta legittima, seppure in base ad un'errata interpretazione della clausola stessa. Quindi la ricorrente non ha interesse a contestare l'esito di una gara alla quale non ha preso parte, non già per il carattere oggettivamente escludente della clausola in questione (nel qual caso la clausola avrebbe dovuto essere tempestivamente impugnata), bensì a causa di un errore, imputabile alla ricorrente medesima, nell'interpretazione della lex specialis. In altri termini la ricorrente, avendo rinunciato a partecipare alla procedura di gara a causa di un proprio errore, si è auto-esclusa dalla platea dei concorrenti in grado di subire un pregiudizio diretto dagli atti della procedura, salvo poi venire contra factum proprium, agendo in giudizio per contestare l'esito della procedura, a suo dire illegittimo.
14.6. Né può essere valorizzato il mero interesse strumentale della ricorrente, ossia l'interesse alla ripetizione della gara. Difatti, l'interesse di un operatore economico che - pur essendo gestore uscente del servizio - non ha partecipato alla gara e pretende di indurre l'Amministrazione ad indire una nuova gara adducendo, erroneamente, l'illegittimità dell'esito della gara a cui non ha preso parte (e ciò in quanto la stazione appaltante ha correttamente applicato la lex specialis), è un interesse di mero fatto, non tutelabile innanzi al giudice amministrativo, neppure attraverso un'azione di accertamento autonomo, come quella proposta da CSF.
Sul punto il Collegio condivide il consolidato orientamento della giurisprudenza secondo il quale «l'azione di accertamento del dovere della stazione appaltante di escludere la controinteressata dalla procedura di gara non può essere configurata come un'azione di accertamento autonomo, azione che è ammessa nel processo amministrativo solo nei casi residuali nei quali la tutela dell'interesse legittimo non può essere assicurata mediante l'azione di annullamento del provvedimento illegittimo» (ex multis, C.d.S., Sez. VI, 16 aprile 2024, n. 3441).
14.7. Né tantomeno giova alla ricorrente invocare i principi di fiducia, buona fede e affidamento per sostenere che un operatore economico "in buona fede" può agire in giudizio per contestare gli esiti di una gara anche se non ha partecipato alla gara stessa.
I principi invocati dalla ricorrente non incidono sulla disciplina dettata dall'art. 120 c.p.a., che subordina la legittimazione a ricorrere alla partecipazione alla gara o all'immediata impugnazione della clausola escludente, essendo orientata a garantire la certezza dei rapporti processuali e il "risultato" di un celere e tempestivo affidamento.
Anzi, nel caso in esame, è la stessa ricorrente che, agendo in giudizio, ha violato i principi di correttezza e buona fede, perché non solo ha omesso di impugnare tempestivamente la clausola che riteneva preclusiva della sua partecipazione alla gara, ma ancor prima ha omesso di richiedere chiarimenti alla stazione appaltante, scegliendo volontariamente di non presentare un'offerta. Tale condotta integra una forma di acquiescenza alla legge di gara e rende contraddittoria ed inammissibile la successiva pretesa di sindacarne l'esito.
15. In definitiva il ricorso principale è inammissibile per carenza di legittimazione e di interesse ad agire.
16. Parimenti inammissibile, per le ragioni innanzi illustrate (ad eccezione di quella incentrata sull'impugnazione di atti endoprocedimentali), è il ricorso per motivi aggiunti con il quale è stata contestata l'aggiudicazione definitiva dell'appalto, deducendo le medesime censure già svolte nel ricorso principale.
17. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto e sui motivi aggiunti, li dichiara inammissibili.
Condanna la ricorrente al pagamento, in favore dell'Amministrazione resistente e della controinteressata, delle spese del presente giudizio che liquida in euro 2.000,00 (duemila/00) a favore di ciascuna di esse, oltre accessori come per legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.