Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana
Sentenza 5 novembre 2025, n. 856
Presidente: de Francisco - Estensore: Rocchetti
1. Con ricorso in appello notificato il 23 luglio 2025 e depositato in pari data, la ricorrente ha impugnato la sentenza dal Tribunale amministrativo regionale per la Sicilia - Sezione staccata di Catania (Sezione Quinta) - n. 2041 del 2025, che ha respinto il ricorso promosso per l'annullamento, previa sospensione cautelare degli effetti, della valutazione espressa sull'elaborato di diritto penale contrassegnato con il n. 53 redatto dalla ricorrente nel corso della prova di esame per l'abilitazione alla professione forense nella sessione 2024 del distretto della Corte d'appello di Messina, di ogni atto presupposto o comunque connesso che si anteponga rispetto alla pretesa del ricorrente; nonché per l'accertamento del diritto della ricorrente a essere dichiarata idonea ai fini della successiva prova di esame per l'abilitazione all'esercizio della professione forense come appreso in data 15 aprile 2025.
2. Con atto notificato in data 1° settembre 2025, la ricorrente ha presentato domanda di misure cautelari collegiali ex art. 55 c.p.a.
3. In particolare, il T.A.R., con la gravata sentenza, ha respinto il ricorso di primo grado richiamando l'ormai consolidata, granitica, giurisprudenza amministrativa in tema di valutazione degli elaborati in questione.
4. L'odierna appellante impugna la sentenza di prime cure per difetto di motivazione e per motivazione apparente della stessa, reiterando le censure svolte in primo grado, con le quali - in estrema sintesi - invoca il superamento del consolidato orientamento che reputa de jure condito sufficiente il voto numerico quale motivazione di non ammissione del candidato all'esame di abilitazione forense, nonché l'erroneità del giudizio della Commissione in ordine all'elaborato, corretto, a suo avviso, sia dal punto di vista processuale che sostanziale e rispondente alle linee guida emanate dalla Commissione ministeriale in data 5 dicembre 2024.
5. In particolare, l'appellante deduce l'erroneità della sentenza di primo grado, in quanto, a suo avviso, il T.A.R. Catania non avrebbe spiegato perché la pronuncia del T.A.R. Milano n. 1400/2025 - richiamata nel ricorso a supporto delle proprie tesi difensive in punto di onere "rafforzato" di motivazione della valutazione - non sia stata considerata valida e attuale a fronte della "vetusta giurisprudenza" che si sarebbe formata in costanza di condizioni oggettive e normative differenti rispetto a quelle attuali (ovvero quando gli aspiranti avvocati erano costituiti da un numero doppio rispetto a quello odierno e ciò faceva gioco al buon andamento della P.A. che, in caso diverso, sarebbe rimasta paralizzata dal dovere di esprimere giudizi compiuti e non affidati soltanto a dati meramente numerici).
Il T.A.R. adito avrebbe dovuto dare atto della mutata situazione di fatto e motivare la propria decisione alla luce di tale diverso quadro, anziché limitarsi a rendere una pronuncia sganciata dal contesto sociale e normativo attuale (che a suo avviso imporrebbe di valorizzare la scelta fatta dal legislatore con l'art. 46 della l. n. 247/2012 di una motivazione ulteriore rispetto al mero punteggio).
6. Nel presente giudizio il Ministero della giustizia, la Commissione di esami abilitazione avvocato presso la Corte d'appello di Messina, la Commissione di esami abilitazione di avvocato presso la Corte d'appello di Perugia, si sono costituiti con atto del 24 luglio 2025, per resistere al ricorso.
7. Il Ministero della giustizia con successiva memoria depositata il 3 ottobre 2025 ha chiesto il rigetto dell'appello e ha depositato una relazione sottoscritta dai commissari nella quale sono state manifestate lacune e carenze dell'elaborato della ricorrente.
8. Alla camera di consiglio dell'8 ottobre 2025 il Collegio ha dato avviso a verbale circa la possibile pronuncia di sentenza in forma semplificata ai sensi dell'art. 60 c.p.a. e ha trattenuto la causa in decisione.
9. Il presente giudizio ha dunque a oggetto la valutazione espressa in forma puramente numerica degli elaborati, non recanti traccia di correzioni, commenti, note operate dagli esaminatori.
10. Il Collegio rileva che il ricorso è infondato e deve quindi essere respinto.
Il consolidato orientamento della giurisprudenza amministrativa, richiamato dal giudice di prime cure, in ordine alla sufficienza del voto numerico negli esami di abilitazione all'esercizio della professione forense è stato avallato dall'Adunanza plenaria, con sentenza n. 7 del 20 settembre 2017, sul presupposto che, de jure condito, "numerosi argomenti militano in favore della riaffermazione dell'indirizzo della sufficienza della espressione numerica del voto".
12. La l. 31 dicembre 2012, n. 247 (recante "Nuova disciplina dell'ordinamento della professione forense") al titolo IV disciplina le modalità di accesso alla professione forense; in particolare il capo II (artt. da 46 a 49 della legge), contiene le disposizioni in materia di esame di Stato per l'abilitazione all'esercizio della professione di avvocato. Il legislatore, tuttavia, con la disposizione di cui all'art. 49 della predetta legge del 2012, a più riprese oggetto di "proroga" sotto il profilo della estensione temporale del regime transitorio (in ultimo a opera dell'art. 10, comma 2-ter, del d.l. 27 dicembre 2024, n. 202, convertito, con mod., dalla l. 21 febbraio 2025, n. 15), ha disposto che «per i primi 13 anni dalla data di entrata in vigore della presente legge l'esame di abilitazione all'esercizio della professione di avvocato si effettua, sia per quanto riguarda le prove scritte e le prove orali, sia per quanto riguarda le modalità di esame, secondo le norme previgenti».
Stante il tenore letterale della suindicata disposizione apparire incontroverso che, sulla base delle disposizioni di proroga che si sono succedute dalla data di entrata in vigore della legge, le modalità di effettuazione dell'esame di abilitazione e la fase di correzione degli elaborati, siano disciplinate dalle disposizioni previgenti di cui al r.d.l. 27 novembre 1933, n. 1578, e al r.d. 22 gennaio 1934, n. 37. Peraltro, con riferimento alla sessione di esame da indire per gli anni 2023, 2024 e 2025, l'art. 4-quater d.l. 10 maggio 2023, n. 51, conv. con mod. dalla l. 3 luglio 2023, n. 87, che ha contemplato l'espletamento di un'unica prova scritta, prevede che «per la valutazione della prova scritta ogni componente della sottocommissione d'esame dispone di 10 punti di merito», ribadendo pertanto per la valutazione di tale unica prova, la medesima formulazione utilizzata dall'art. 17-bis, comma 2, del r.d. 22 gennaio 1934, n. 37 ("2. Per ciascuna prova scritta ogni componente delle commissioni d'esame dispone di 10 punti di merito"), in ordine alla quale non può che trovare conferma il consolidato indirizzo giurisprudenziale richiamato dal T.A.R.
13. Al riguardo, la citata Plenaria del 2017, dopo una attenta analisi delle differenti tesi relative alla possibile immediata applicabilità (pur in presenza della norma transitoria di cui all'art. 49) dell'art. 46, comma 5, nella parte in cui prevede che «la commissione annota le osservazioni positive o negative nei vari punti di ciascun elaborato, le quali costituiscono motivazione del voto che viene espresso con un numero pari alla somma dei voti espressi dai singoli componenti», ha ritenuto che la lettera dell'art. 49 conduce alla univoca conclusione che il legislatore abbia voluto procrastinare l'entrata in vigore della legge di riforma, complessivamente considerata, con riferimento a tutti gli aspetti che disciplinano lo svolgimento dell'esame suddetto, riaffermando quindi l'indirizzo della sufficienza della espressione numerica del voto.
Pertanto, l'Adunanza ha ritenuto di ribadire, con riferimento alla disciplina previgente alla l. 31 dicembre 2012, n. 247, il tradizionale insegnamento «secondo il quale i provvedimenti della commissione esaminatrice degli aspiranti avvocati, che rilevano l'inidoneità delle prove scritte e non li ammettono all'esame orale, vanno di per sé considerati adeguatamente motivati anche quando si fondano su voti numerici, attribuiti in base ai criteri da essa predeterminati, senza necessità di ulteriori spiegazioni e chiarimenti, valendo comunque il voto a garantire la trasparenza della valutazione».
Del resto, ha argomentato la Plenaria, «la (sola) circostanza che nell'ambito della propria piena discrezionalità il Legislatore abbia ritenuto di innovare il sistema previgente attraverso la prescrizione di cui all'articolo 46 comma 5 della L. 31 dicembre 2012, n. 247, né vale a connotare di illegittimità la previgente disciplina che è conforme al tradizione orientamento della giurisprudenza, né può condurre a sospetti di incostituzionalità in ordine alla scelta legislativa di prevedere una norma transitoria che differisca l'entrata in vigore della disciplina innovativa, stante la circostanza che quella previgente (la cui portata applicativa è stata appunto temporalmente "prorogata") è stata a più riprese ritenuta costituzionalmente legittima».
L'Adunanza plenaria ha, quindi, stabilito «i seguenti principi di diritto:
a) l'art. 49 della L. n. 247 del 2012 esclude l'applicazione dell'art. 46, comma 5, della stessa legge, e la predetta norma transitoria non appare affetta da alcuna forma di manifesta irragionevolezza od irrazionalità;
b) nella vigenza dell'art. 49 della L. n. 247 del 2012 i provvedimenti della commissione esaminatrice degli aspiranti avvocati, che rilevano l'inidoneità delle prove scritte e non li ammettono all'esame orale, vanno di per sé considerati adeguatamente motivati anche quando si fondano su voti numerici, attribuiti in base ai criteri da essa predeterminati, senza necessità di ulteriori spiegazioni e chiarimenti, valendo comunque il voto a garantire la trasparenza della valutazione».
14. Sono pertanto prive di fondamento le censure della ricorrente avverso l'impugnata sentenza, che ha correttamente motivato e citato, con ampi richiami, il granitico approdo esegetico a cui è giunta la giurisprudenza in relazione alla idoneità del voto numerico a esternare la motivazione della valutazione degli elaborati. Peraltro, è priva di fondamento, ad avviso del Collegio, anche la censura della ricorrente secondo la quale il T.A.R. non avrebbe analizzato il contesto sociale e normativo attuale, rendendo - in tesi di parte - una pronuncia "arida e sganciata dal canone dell'evoluzione, legata al mutare del contesto esteriore". Al riguardo, al contrario, è pienamente condivisibile l'avviso del T.A.R., laddove ha ritenuto che il richiamato indirizzo giurisprudenziale non possa ragionevolmente essere «messo in discussione da meri dati oggettivi, esterni all'attività valutativa (quali il ridotto numero di partecipanti e lo svolgimento di una sola prova scritta) poiché, come già precisato, l'idoneità del voto numerico a manifestare l'apprezzamento complessivo dell'elaborato rimane tale a prescindere dal numero delle prove o dal numero dei candidati».
All'opposto, merita rilevarsi come il voto numerico sia assolutamente idoneo a dar conto di un'ampia graduazione della valutazione espressa dalla Commissione, rispetto a una serie di parole che finirebbero con l'essere una mera trasposizione letterale di un parametro motivazionale meglio esprimibile numericamente (esemplificando: scrivere che "si tratta di un elaborato scarso" non reca maggior motivazione di dare un "4", come "mediocre" non è più chiaro di un "5" o "sufficiente" di "6", "discreto" di "7", "buono" di "8", etc.): e ciò vieppiù ove si consideri che non è compito della commissione la "correzione" della prova, ma esclusivamente la sua "valutazione", con il corollario che non serve indicare le lacune o le improprietà su cui intervenire, ma solo esprimere - in modo tanto sintetico, ma per converso preclaro - quale sia il livello di preparazione del candidato che si sia riscontrato nella prova svolta e valutata.
In conclusione, secondo la costante interpretazione giurisprudenziale, dalla quale questo Collegio non ha motivo di discostarsi e che anzi convintamente ritiene di ribadire, sulla base della legislazione in vigore i giudizi di non ammissione dei candidati che partecipano agli esami di abilitazione all'esercizio della professione forense - come in generale a tutte le prove concorsuali - sono legittimamente motivati con l'attribuzione di un mero punteggio numerico.
Non a caso, tale normativa ha peraltro già superato indenne il vaglio di legittimità costituzionale (cfr. Corte cost. n. 175 del 2011), avendo riconosciuto il giudice delle leggi che «[t]tale punteggio numerico, già nella varietà della graduazione attraverso la quale si manifesta, esterna una valutazione che, sia pure in modo sintetico, si traduce in un giudizio di sufficienza o di insufficienza, a sua volta variamente graduato a seconda del parametro numerico attribuito al candidato, che non solo stabilisce se quest'ultimo ha superato o meno la soglia necessaria per accedere alla fase successiva del procedimento valutativo, ma dà anche conto della misura dell'apprezzamento riservato dalla commissione esaminatrice all'elaborato e, quindi, del grado di idoneità o inidoneità riscontrato. Inoltre, il punteggio espresso deve trovare specifici parametri di riferimento nei criteri di valutazione contemplati nell'art. 22, nono comma, del regio decreto-legge 27 novembre 1933, n. 1578 (Ordinamento della professione di avvocato), convertito, con modificazioni, dalla legge 22 gennaio 1934, n. 36», ed è suscettibile di sindacato in sede giurisdizionale nei limiti individuati dalla giurisprudenza amministrativa: nei casi cioè in cui sussistano elementi in grado di porre in evidenza vizi logici, errori di fatto o profili di contraddizione ictu oculi rilevabili. Nel caso in esame, come correttamente rilevato nella sentenza impugnata, le argomentazioni formulate dalla ricorrente non sono idonee a far emergere profili di eccesso di potere e non possono quindi essere accolte poiché non è consentito al giudice di rivalutare la prova scritta sovrapponendo il proprio giudizio a quello già espresso dalla Commissione.
15. Per le superiori ragioni devesi respingere l'appello.
16. Le spese del doppio grado di giudizio, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
Il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, in sede giurisdizionale, definitivamente pronunciando sull'appello n.r.g. 804/2025, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna l'appellante al pagamento delle spese di lite del presente grado di giudizio in favore del Ministero della giustizia, liquidate in euro 2.000,00 (duemila/00), oltre s.g. e accessori di legge.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'art. 52, commi 1 e 2, del d.lgs. 30 giugno 2003, n. 196, e degli artt. 5 e 6 del regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità.
Note
La presente decisione ha per oggetto TAR Sicilia, Catania, sez. V, sent. n. 2041/2025.