Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte
Sezione II
Sentenza 6 novembre 2025, n. 1552
Presidente: Bellucci - Estensore: Arduino
FATTO
1. La ricorrente è una società che svolge l'attività di lavorazione e stampaggio di lamiere e laminati per la fabbricazione di autovetture e veicoli industriali (cfr. doc. 1, visura camerale) presso i due stabilimenti ubicati nel comune di Chivasso e nel comune di Settimo Torinese.
2. In data 30 gennaio 2014 concludeva con la Officine Bussetti s.p.a. - società operante nel settore dello stampaggio, assemblaggio, montaggio e lavorazione di tubi e lamiere metalliche per l'industria delle autovetture e proprietaria dell'area ubicata in Moncalieri, in strada Molino del Pascolo n. 25 e del relativo compendio aziendale - un contratto di affitto di ramo d'azienda (doc. 2 ricorrente).
Con tale contratto la società ricorrente ha assunto in affitto dalla Officine Bussetti s.p.a. per dodici mesi (a decorrere dal 1° febbraio 2014, con rinnovo automatico) il ramo d'azienda, esercitato dalla società concedente e costituito da una dotazione complessiva di macchinari, attrezzature, arredi, materie prime, prodotti semilavorati e finiti strumentali alle suddette lavorazioni industriali, oltre ai contratti con i lavoratori dipendenti e con le società di leasing (come specificato nel contratto, cfr. punto 2).
Il contratto prevedeva il trasferimento del ramo aziendale oggetto del contratto dallo stabilimento di Moncalieri agli stabilimenti produttivi dell'affittuaria in Settimo Torinese e Chivasso (cfr. punti 3 e 10 del contratto).
3. Presso il sito delle ex Officine Bussetti, in Moncalieri, da sopralluoghi condotti con l'ausilio dell'A.R.P.A., è stata accertata la presenza di numerosi rifiuti di varia natura e in gran parte riconducibili all'attività industriale ivi svolta, il superamento delle concentrazioni soglia nelle acque sotterranee per i parametri ferro e manganese, compatibili con un fenomeno di contaminazione da idrocarburi, nonché l'asportazione degli impianti e delle attrezzature, avvenuta senza la preventiva bonifica dei liquidi presenti all'interno.
3.1. Dagli accertamenti condotti dal Comune di Moncalieri, la Città metropolitana di Torino e dall'A.R.P.A. sono state individuare tre probabili concause della contaminazione riscontrata nelle matrici ambientali presso il sito delle ex Officine Bussetti: il deposito incontrollato di rifiuti pericolosi; la dismissione degli impianti, eseguita irregolarmente; la presenza di serbatoi e vasche interrate, gestite in modo non idoneo.
3.2. La Città metropolitana, in ragione del contratto di affitto di ramo d'azienda risultante dagli archivi, riferisce di aver trasmesso, tra gli altri, all'odierna ricorrente la comunicazione di avvio del procedimento ex art. 244 del d.lgs. 152/2006, ai fini dell'individuazione dei soggetti responsabili della contaminazione del sito (doc. n. 14 e 16 della Città metropolitana di Torino).
3.3. All'esito del procedimento istruttorio, la Città metropolitana ha confermato, quali cause della contaminazione riscontrata nelle matrici ambientali, il deposito incontrollato di rifiuti pericolosi, la non corretta dismissione degli impianti, eseguita senza la preventiva bonifica dei liquidi all'interno degli stessi, nonché la presenza di serbatoi e vasche interrate non correttamente gestiste.
3.4. In data 8 febbraio 2022 la Città metropolitana ha, perciò, adottato, ai sensi dell'art. 244 d.lgs. 152/2006, l'ordinanza di diffida in epigrafe indicata nei confronti della Officine Bussetti s.p.a., in concordato preventivo, e della Fontana s.p.a.
4. Avverso l'ordinanza in oggetto è incorsa la ricorrente, nella parte in cui la identifica tra i soggetti responsabili dell'inquinamento riscontrato presso l'area ex Officine Bussetti s.p.a. del Comune di Moncalieri e la diffida ad attivare le procedure di cui al titolo V della parte quarta del medesimo testo unico ambiente, in materia di bonifica dei siti contaminati, adducendone l'illegittimità per i seguenti motivi di diritto:
1) violazione di legge, con particolare riferimento agli artt. 7 e 8 della l. 7 agosto 1990, n. 241, nonché ai principi generali in materia di partecipazione al procedimento amministrativo;
2) violazione di legge con particolare riferimento agli artt. 242, 244, 250 e 253 del d.lgs. n. 152/2006. Violazione del principio comunitario "chi inquina paga" (art. 174 Trattato CE; artt. 3-ter e 178 d.lgs. n. 152/2006; direttiva CE n. 35/2004). Eccesso di potere per perplessità e manifesta illogicità, carenza dei presupposti, illogicità ed irragionevolezza manifeste, erroneità e contraddittorietà della motivazione;
3) violazione di legge con particolare riferimento all'art. 245, comma 2, del d.lgs. n. 152/2006. Violazione del principio di buona fede e correttezza dell'agire amministrativo di cui all'art. 1 della l. 7 agosto 1990, n. 241. Eccesso di potere per violazione dei principi di necessarietà, adeguatezza e proporzionalità dell'azione amministrativa;
4) violazione di legge, con riguardo all'art. 244 del t.u. 152/2006 (sotto altro profilo) ed eccesso di potere per difetto dei presupposti. Eccesso di potere per genericità delle misure imposte e per inadeguatezza dell'istruttoria;
5) violazione di legge con particolare riferimento all'art. 244, comma 2, del d.lgs. 6 giugno 2006, n. 152 (sotto ulteriore profilo). Eccesso di potere per errore sui presupposti, difetto di istruttoria e di motivazione.
5. Si è costituita in giudizio la Città metropolitana di Torino, che ha chiesto la reiezione del ricorso stante la relativa infondatezza.
6. All'udienza del 9 luglio 2025 la causa è stata assegnata in decisione.
DIRITTO
1. Con il primo motivo di ricorso è contestata la violazione delle norme in tema di partecipazione al procedimento, essendo mancata, secondo la ricorrente, la comunicazione di avvio del procedimento e lo svolgimento dell'istruttoria in contradditorio con la parte interessata.
Il motivo è infondato.
Risulta comprovata dagli atti, depositati in giudizio dalla Città metropolitana di Torino, l'avvenuta trasmissione della comunicazione del 4 agosto 2021 di avvio del procedimento (finalizzato all'emissione dell'ordinanza di cui all'art. 244 del d.lgs. 152/2006 per l'attivazione delle procedure di bonifica di cui all'art. 242 e ss. del d.lgs. 152/2006) indirizzata, tra gli altri, alla società Fontana s.p.a. (cfr. doc. 2 di parte resistente, con la ricevuta di consegna di cui al doc. 14); prima ancora era stato comunicato alla medesima società anche l'inserimento del sito ex Officine Bussetti nell'anagrafe dei siti contaminati (cfr. doc. 11 parte resistente).
La comunicazione di avvio del procedimento depositata in giudizio dall'Amministrazione resistente contiene tutti gli elementi di cui all'art. 8 della l. n. 241/1990, comunque consente di individuare il procedimento amministrativo avviato dall'Amministrazione, l'Autorità procedente, gli elementi fattuali che hanno indotto l'avvio del procedimento, le norme di diritto poste a fondamento dell'emanando provvedimento, il responsabile del procedimento e l'ufficio di riferimento, sì da consentire al soggetto destinatario della comunicazione in questione di identificare le ragioni dell'avvio del procedimento e il soggetto al quale trasmettere eventuali elementi istruttori ritenuti utili o presso il quale esercitare il diritto di accesso agli atti istruttori, ai fini del contraddittorio procedimentale.
Non solo, nel corso del procedimento sono state disposte delle proroghe dei termini, che risultano parimenti portate a conoscenza della ricorrente (cfr. doc. 15 e la ricevuta di consegna, doc. 16), contenenti l'invito espresso a far pervenire all'Autorità procedente eventuali elementi conoscitivi ritenuti utili al procedimento.
Al cospetto di tali prove documentali, la mancata partecipazione al contraddittorio procedimentale è da imputare al comportamento omissivo della ricorrente, che si ritiene essere stata, tuttavia, posta nella condizione di poter prendervi parte.
2. Il secondo motivo di gravame denuncia la violazione dell'art. 244, comma 2, del d.lgs. 152/2006 e del principio europeo "chi inquina paga", atteso che l'ordinanza gravata non considererebbe che la società Fontana s.p.a. non ha mai avuto la detenzione del sito nel quale si trovavano gli stabilimenti produttivi della ex Officine Bussetti, avendo beneficiato, in virtù del contratto di affitto del ramo d'azienda, esclusivamente della disponibilità degli impianti e delle attrezzature per le lavorazioni.
L'Amministrazione - prima di adottare l'ordinanza che impone la bonifica e il ripristino ambientale di un'area - ha il dovere di accertare le cause dell'inquinamento e il soggetto responsabile, a cui sia eziologicamente imputabile detto inquinamento. In questi termini, l'ordinanza gravata è altresì viziata da travisamento dei fatti, inidoneità e insufficienza, perplessità e manifesta illogicità della motivazione, posto che la responsabilità della ricorrente non verrebbe ascritta a una condotta imputabile alla stessa; per di più, l'Amministrazione non avrebbe considerato che, proprio in virtù di quanto stabilito dal contratto di affitto d'azienda, gli impianti e le attrezzature produttive posti a disposizione dell'affittuaria sono stati trasferiti negli stabilimenti di Chivasso e Settimo Torinese (cfr. artt. 3 e 10 del contratto, doc. 2 parte ricorrente).
Il godimento del compendio aziendale non ha perciò riguardato il capannone industriale e l'area di stabilimento della ex Officine Bussetti, risultati contaminati.
Il motivo è fondato e assorbente rispetto alle altre censure avanzate dalla stessa ricorrente.
Ai sensi dell'art. 242 del d.lgs. 152/2006, in conformità con il principio cardine in materia ambientale del "chi inquina paga", gravano sul responsabile dell'inquinamento gli obblighi di messa in sicurezza, bonifica e ripristino ambientale; il principio in discorso presuppone infatti una responsabilità per danno colpevole (cfr. ex multis la recente sentenza del Consiglio di Stato, Sez. IV, 5 marzo 2025, [n.] 1882), che l'Amministrazione procedente ha il dovere di accertare, non essendo previste nel caso di specie dall'art. 242 del d.lgs. 152/2006 presunzioni o meccanismi di inversione dell'onere probatorio.
La determinazione gravata descrive gli accertamenti istruttori condotti dalle diverse Amministrazioni competenti, in esito ai quali venivano individuati quali probabili concause di contaminazione delle matrici ambientali: il deposito incontrollato di rifiuti pericolosi, in parte riconducibili all'attività svolta dalle Officine Bussetti s.p.a., la dismissione degli impianti, che non risultata essere stata completata correttamente, la presenza di serbatoi e vasche interrate, talvolta non idoneamente gestite.
Per tali cause il provvedimento individua quale responsabile la Officine Bussetti s.p.a., proprietaria del sito ed esercente in questo la propria attività, sino alla vendita dell'area nel 2021, nonché la Fontana s.p.a., in virtù del contratto di affitto di ramo d'azienda (doc. 2 parte ricorrente).
Dal contenuto del provvedimento, come brevemente riepilogato, emerge la carenza dell'istruttoria condotta dall'Amministrazione in riferimento all'individuazione dell'odierna ricorrente come soggetto responsabile della contaminazione, questa essendo avvenuta pressoché esclusivamente per l'esistenza di un contratto di affitto di ramo d'azienda di parte del compendio aziendale della ex Officine Bussetti, senza alcun approfondimento in merito agli asset integranti il ramo d'azienda in questione e la riconducibilità o meno all'affittuaria delle cause di contaminazione.
Non può infatti sfuggire dall'esame del contenuto del contratto come la ricorrente non abbia utilizzato il sito inquinato, del quale, se anche ha avuto la disponibilità, questa è stata prevista esclusivamente al fine di consentire il trasferimento (artt. 3 e 10 del contratto, doc. 2 parte ricorrente) dei beni costituenti il compendio aziendale oggetto d'affitto (di cui agli allegati contrattuali) nei diversi siti produttivi della ricorrente.
Né il contratto di affitto di ramo d'azienda può essere assimilato a una fattispecie dalla quale deriva un fenomeno successorio, tale per cui potrebbe essere applicato il principio enunciato dall'Adunanza plenaria del Consiglio di Stato (cfr. C.d.S., Ad. plen., 22 ottobre 2019, n. 19), non essendo conseguita l'estinzione dell'affittante Officine Bussetti.
Alla ricorrente non sono pertanto sicuramente da ascriversi - laddove non sia diversamente comprovato - né l'abbandono di rifiuti nell'area di Moncalieri (che peraltro il provvedimento riconosce accessibile anche da terzi), né la presenza di serbatoi e vasche interrate, non correttamente gestiti.
La stessa memoria depositata in giudizio dall'Amministrazione resistente dimostra invero la carenza dell'istruttoria condotta, laddove, operando una correzione della motivazione dell'atto impugnato, esclude quantomeno l'imputabilità alla ricorrente rispetto alle concause di inquinamento sopra riferite (abbandono di rifiuti e presenza di serbatoi e vasche), mentre in punto di dismissione degli impianti afferma che:
"Tra i cespiti trasferiti, l'allegato 1 al contratto elenca numerose presse meccaniche, isole di lavoro ed altri macchinari che prevedono l'uso di oli (doc. n. 13).
In particolare, le presse, installate in fosse di alloggiamento per la raccolta di perdite e/o stillicidi di oli, richiedevano in fase di rimozione di essere bonificate dei liquidi presenti all'interno.
Parimenti, l'attività di smontaggio delle isole di lavoro e dei restanti macchinari impone particolare attenzione per evitare rilasci di olio. Ebbene, dal verbale ARPA 226/2018 (doc. n. 6) emerge la presenza di rifiuti derivanti dalla asportazione di impianti e di attrezzature, la presenza di visibili tracce di morchie oleose nonché di liquame oleoso sul fondo delle fosse (circa una quindicina di varie dimensioni), chiaro indice che le operazioni di smontaggio e allontanamento sono avvenute senza avere cura di eseguire la preventiva bonifica degli impianti ed il corretto smaltimento dei residui, venuti così a contatto con il suolo.
Nei piezometri campionati sono state infatti riscontrate tracce olfattive di contaminazione (forte odore di idrocarburi), confermate successivamente da superamenti delle CSC per manganese e ferro (effetto di contaminazione indotta).
Quanto sopra pertanto non consente di escludere un contributo della Fontana nell'inquinamento perlomeno in fase di smontaggio ed allontanamento degli impianti dal sito.
E del resto controparte non ha mai fornito prova di avere correttamente rimosso gli impianti, avendo cura di eseguire la bonifica".
Ebbene, la conclusione tratta dalla memoria dell'Amministrazione, come sopra riferita, non è corretta.
Invero, la Città metropolitana avrebbe dovuto dimostrare la responsabilità della ricorrente per la contaminazione delle matrici ambientali dell'area ex Officine Bussetti, in relazione allo smontaggio e allo smantellamento del sito, ascrivendo chiaramente ai cespiti oggetto del contratto d'affitto del ramo aziendale e alla loro rimozione parte della contaminazione.
Non è infatti la ricorrente a dover dimostrare la correttezza delle operazioni di rimozione degli impianti, quanto l'Amministrazione procedente a dover ascrivere il rilascio delle sostanze inquinanti, della specie di quelle rinvenute, al trasferimento degli impianti e delle attrezzature di cui si è avvalsa la ricorrente.
L'istruttoria non poteva trascurare il disposto di cui all'art. 3 del contratto d'affitto di ramo d'azienda, secondo cui: "l'affittuario attuerà il trasferimento presso i propri stabilimenti [...] delle produzioni attualmente in essere presso lo stabilimento di Moncalieri e conseguentemente dei beni costituenti il ramo d'azienda ristrutturato, rilasciando presso lo stabilimento di Moncalieri e, con ciò, restituendo alla concedente, entro sei mesi dalla stipula del contratto d'affitto, i beni esclusi dal ramo d'azienda ristrutturato e facenti parte del ramo d'azienda già oggetto del contratto d'affitto", tale da recidere il collegamento fra la ricorrente e l'area inquinata.
3. In conclusione, il ricorso deve essere accolto stante la fondatezza del secondo motivo, restando assorbite le censure non esaminate.
4. Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l'effetto, annulla il provvedimento impugnato.
Condanna l'Amministrazione resistente al pagamento delle spese di lite, che liquida in complessivi euro 3.000,00 (tremila/00), oltre agli accessori di legge e al rimborso del contributo unificato, in favore della ricorrente.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.