Consiglio di Stato
Sezione V
Sentenza 7 novembre 2025, n. 8673

Presidente: Sabbato - Estensore: Vivarelli

FATTO

1. Il sig. Angelo Vito M. è proprietario di un immobile in Positano, via Monsignor Saverio Cinque n. 53 realizzato con regolare concessione edilizia.

2. In data 30 settembre 1986, questi depositava istanza di condono, avendo realizzato talune opere in difformità dalla concessione edilizia n. 173 del 24 marzo 1982.

3. A distanza di 16 anni, con provvedimento prot. n. 2596 del 17 febbraio 2022 il Responsabile dell'Area tecnica edilizia privata del Comune di Positano respingeva l'istanza di condono in base al rilievo per cui il fabbricato non sarebbe stato completato a rustico nei tempi previsti dall'art. 31, comma 1, l. 47/1985, ossia entro il 1° ottobre 1983, come risultante dai verbali di sopralluogo del 15 gennaio 1987, del 27 marzo 1996 e del 5 febbraio 1999.

4. Il sig. Angelo Vito M., pertanto, impugnava il suddetto provvedimento di diniego chiedendone l'annullamento (previa sospensione) ed altresì richiedeva l'accertamento della formazione del silenzio-assenso sulla domanda di condono stessa.

Nello specifico, il ricorrente deduceva che sulla domanda di condono si sarebbe perfezionato il silenzio-assenso ex art. 35, comma 12, l. 47/1985 dal momento in cui era stata rilasciata l'autorizzazione paesaggistica.

Inoltre, il ricorrente deduceva che il fabbricato controverso non aveva subito sostanziali variazioni plano- volumetriche, come descritto anche nelle perizie tecniche depositate in atti e che, per effetto della riapertura dei termini derivante dalla introduzione del secondo e terzo condono, lo sforamento del limite temporale previsto dall'art. 31 l. 47/1985 non avrebbe comportato la perdita del beneficio di legge.

5. Il Comune di Positano non si è costituito nel giudizio di primo grado.

6. Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania, Sezione staccata di Salerno, Sezione seconda, ha respinto il ricorso in esame ritenendo che l'edificazione posta in essere dal ricorrente non possa dirsi ultimata nei tempi di cui all'art. 31 l. 47/1985 alla stregua del verbale di sopralluogo del 15 gennaio 1985, né la perizia tecnica depositata a corredo dell'istanza di condono del 29 settembre 1986 dimostrerebbe il contrario, risultando dalla medesima che il muro di mantenimento e la struttura siano stati eseguiti a partire dall'inverno del 1983 e, dunque, dopo l'1 ottobre 1983.

Il T.A.R., dunque, riteneva non tempestiva l'ultimazione dei lavori abusivi nei termini di cui all'art. 31 l. 47/1985 a mente del quale "gli edifici nei quali sia stato eseguito il rustico e completata la copertura ovvero quanto alle opere interne agli edifici già esistenti e a quelle non destinate alla residenza, quando esse siano state completate funzionalmente", riscontrando che il ricorrente, su cui gravava l'onere probatorio, non aveva sufficientemente dimostrato la data di ultimazione delle opere abusive. Il T.A.R. ha respinto le censure relative al secondo e terzo condono, ritenendo che non possa ammettersi che il privato si giovi della precedente normativa più favorevole rispetto alla quale la propria domanda fosse preclusa in limine.

7. Il sig. M., avverso la sentenza del T.A.R. Campania - Salerno, Sezione II, n. 1750 del 22 giugno 2022, ha interposto appello affidato ai seguenti motivi:

I) error in iudicando - violazione di legge (artt. 31 e 35 l. n. 47/1985) - eccesso di potere (difetto assoluto di istruttoria - del presupposto - sviamento - erroneità - perplessità);

II) error in iudicando - violazione di legge (artt. 31 e 35 della l. n. 47/1985) - eccesso di potere (difetto assoluto di istruttoria - del presupposto - sviamento - erroneità - perplessità);

III) error in iudicando - violazione di legge (artt. 31 e 35 della l. n. 47/1985) - eccesso di potere (difetto assoluto di istruttoria - del presupposto - sviamento - erroneità - perplessità);

IV) error in iudicando - violazione di legge (artt. 31 e 35 della l. n. 47/1985) - eccesso di potere (difetto assoluto di istruttoria - del presupposto - sviamento - erroneità - perplessità);

V) error in iudicando - violazione di legge (artt. 31 e 35 della l. n. 47/1985) - eccesso di potere (difetto assoluto di istruttoria - del presupposto - sviamento - erroneità - perplessità).

8. Il Comune di Positano non si è costituito nemmeno nel grado di appello.

9. Il ricorrente ha poi depositato, in data 5 settembre 2025, una relazione tecnica ad ulteriore conferma della fondatezza dell'appello e, successivamente, in data, 19 settembre 2025, una memoria.

10. Nell'udienza del 22 ottobre 2025 tenutasi da remoto, la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

1. Nel merito il ricorso è fondato con riguardo al sesto motivo di appello:

L'appellante deduce che sull'istanza di condono si sia formato il silenzio-assenso.

Ritiene il Collegio che la censura sia fondata. Com'è noto, ai sensi dell'art. 35 della l. n. 47/1985 - "decorso il termine perentorio di ventiquattro mesi dalla presentazione della domanda, questa di intende accolta ove l'interessato provveda al pagamento di tutte le somme eventualmente dovute a conguaglio ed alla presentazione all'ufficio tecnico erariale della documentazione necessaria all'accatastamento"; "nelle ipotesi previste nell'art. 32 il termine di cui al dodicesimo comma del presente articolo decorre dall'emissione del parere previsto dal primo comma dello stesso art. 32".

Tali presupposti sussistono certamente nella specie. Ed invero:

- in data 25 giugno 2015 la Soprintendenza ha reso parere favorevole (prot. n. 7788), preceduto da parere favorevole della Commissione decoro estetico comunale rilasciato il 16 aprile 2015;

- in data 23 maggio 2017 il Comune ha rilasciato autorizzazione paesaggistica in seguito al parere della Sovrintendenza per opere paesaggisticamente conformi;

- l'appellante, come riconosciuto dalla stessa amministrazione nell'ambito dell'autorizzazione paesaggistica rilasciata in data 23 maggio 2017, ha versato tutte le somme richieste a titolo di oblazione ed indennità risarcitoria;

- nel termine di 24 mesi di cui all'art. 35 della l. n. 47/1985 il Comune non ha adottato alcun provvedimento in autotutela, sicché sull'istanza si è formato un titolo abilitativo per silentium.

Il provvedimento di diniego, infatti, è stato adottato solo in data 17 febbraio 2022. Evidente, pertanto, la sua tardività.

Occorre tuttavia verificare se, alla luce delle contestazioni da parte dell'Ufficio, sussistono i presupposti per l'applicazione di tale disciplina, in relazione al rispetto della soglia temporale prevista dalla normativa in subiecta materia vigente.

L'Amministrazione comunale ha al riguardo evidenziato, in seno all'atto impugnato in prime cure, il verbale del 15 gennaio 1985 "dove si accertava che a quella data era stato realizzato solo lo sbancamento ed il muro di contenimento retrostante alla costruzione da realizzarsi con la Concessione Edilizia n. 173 del 24 marzo 1982".

Tale documento, rispetto al quale si registrano precise contestazioni da parte appellante anche in ordine alla sua mancata notifica ed alla mancata allegazione di documentazione fotografica, non assume tuttavia carattere determinante sul piano probatorio in quanto si pone in contrasto con il successivo verbale del "30 aprile 1985", quindi di poco successivo, ove si discorre della realizzazione "al rustico su due piani" e, soprattutto, con la relazione dell'avvocato Lanocita (su richiesta dello stesso Sindaco di Positano per la revoca/annullamento di un precedente provvedimento adottato dall'ente) del 13 dicembre 1984 ove si discorre di una "costruzione - già elevata sino al primo solaio".

Occorre quindi rilevare che la documentazione valorizzata dal Comune non consente di inferire con adeguata verosimiglianza che le opere de quibus siano state realizzate in epoca successiva alla predetta soglia temporale.

È altresì meritevole di condivisione quanto sul punto osservato da parte appellante nel senso che "accertata l'esistenza del piano primo quanto meno alla data del 1984, esisteva certamente anche il piano seminterrato" (cfr. appello, pagina 9) oltre a valorizzare la documentazione attestante la corretta collocazione temporale dell'intervento (perizia giurata del 28 maggio 1985; relazione tecnica allegata all'istanza di condono).

Devono quindi reputarsi sussistenti i presupposti applicativi della disciplina condonistica.

A tal proposito, gli ultimi approdi giurisprudenziali che questo Collegio condivide sono nel senso di ritenere che laddove alla presentazione della domanda si accompagni il deposito di tutta la documentazione prescritta, incombe sull'Amministrazione il dovere di provvedere con provvedimento espresso (a contenuto positivo o negativo) nel termine legalmente previsto, con la conseguenza che, in difetto, si forma il titolo autorizzatorio per silentium" (si cfr. C.d.S., Sez. II, n. 660 del 28 gennaio 2025).

Più diffusamente, il C.d.S., Sez. VI, sent. 8 luglio 2022, n. 5746 ha precisato che:

«8.1.- Il dispositivo tecnico denominato "silenzio-assenso" risponde ad una valutazione legale tipica in forza della quale l'inerzia "equivale" a provvedimento di accoglimento (tale ricostruzione teorica si lascia preferire rispetto alla tesi "attizia" del silenzio, che appare una fictio non necessaria). Tale equivalenza non significa altro che gli effetti promananti dalla fattispecie sono sottoposti al medesimo regime dell'atto amministrativo. Con il corollario che, ove sussistono i requisiti di formazione del silenzio-assenso, il titolo abilitativo può perfezionarsi anche con riguardo ad una domanda non conforme a legge. Reputare, invece, che la fattispecie sia produttiva di effetti soltanto ove corrispondente alla disciplina sostanziale, significherebbe sottrarre i titoli così formatisi alla disciplina della annullabilità: tale trattamento differenziato, per l'altro, neppure discenderebbe da una scelta legislativa oggettiva, aprioristicamente legata al tipo di materia o di procedimento, bensì opererebbe (in modo del tutto eventuale) in dipendenza del comportamento attivo o inerte della p.a. Inoltre, l'impostazione di "convertire" i requisiti di validità della fattispecie "silenziosa" in altrettanti elementi costitutivi necessari al suo perfezionamento, vanificherebbe in radice le finalità di semplificazione dell'istituto: nessun vantaggio, infatti, avrebbe l'operatore se l'amministrazione potesse, senza oneri e vincoli procedimentali, in qualunque tempo disconoscere gli effetti della domanda. L'obiettivo di semplificazione perseguito dal legislatore - rendere più spediti i rapporti tra amministrazione e cittadini, senza sottrarre l'attività al controllo dell'amministrazione - viene realizzato stabilendo che il potere (primario) di provvedere viene meno con il decorso del termine procedimentale, residuando successivamente la solo possibilità di intervenire in autotutela sull'assetto di interessi formatosi "silenziosamente".

L'ammissibilità di un provvedimento di diniego tardivo si porrebbe in contrasto con il principio di "collaborazione e buona fede" (e, quindi, di tutela del legittimo affidamento) cui sono informate le relazioni tra i cittadini e l'Amministrazione (ai sensi dell'art. 1, comma 2-bis, della legge n. 241 del 1990). Resta fermo che il silenzio-assenso non costituisce una modalità "ordinaria" di svolgimento dell'azione amministrativa, bensì costituisce uno specifico "rimedio" messo a disposizione dei privati a fronte della inerzia dell'amministrazione, come confermato dall'art. 2, comma 9, della legge n. 241 del 1990, secondo cui "[l]a mancata o tardiva emanazione del provvedimento costituisce elemento di valutazione della performance individuale, nonché di responsabilità disciplinare e amministrativo-contabile del dirigente e del funzionario inadempiente". Nello stesso senso depone anche l'obbligo di provvedere (sia pure redatto in forma semplificata) rispetto alle domande manifestamente irricevibili, inammissibili, improcedibili o infondate, sancito dell'art. 2, comma 1, della legge n. 241 del 1990.

8.2.- Che il silenzio-assenso si formi anche quando l'attività oggetto del provvedimento di cui si chiede l'adozione non sia conforme alle norme - oltre che desumibile dalle considerazioni sistematiche sopra svolte - è confermato da puntuali ed univoci indici normativi con il quale il legislatore ha inteso chiaramente sconfessare la tesi secondo cui la possibilità di conseguire il silenzio-assenso sarebbe legato, non solo al decorso del termine, ma anche alla ricorrenza di tutti gli elementi richiesti dalla legge per il rilascio del titolo abilitativo.

Segnatamente, deve tenersi conto delle seguenti disposizioni:

i) l'espressa previsione della annullabilità d'ufficio anche nel caso in cui il "provvedimento si sia formato ai sensi dell'art. 20", presuppone evidentemente che la violazione di legge non incide sul perfezionamento della fattispecie, bensì rileva (secondo i canoni generali) in termini di illegittimità dell'atto;

ii) l'art. 2, comma 8-bis, della legge n. 241 del 1990 (introdotto dal decreto-legge n. 76 del 2020, convertito dalla legge n. 120 del 2020) - nella parte in cui afferma che "Le determinazioni relative ai provvedimenti, alle autorizzazioni, ai pareri, ai nulla osta e agli atti di assenso comunque denominati, adottate dopo la scadenza dei termini di cui agli articoli 14-bis, comma 2, lettera c), 17-bis, commi 1 e 3, 20, comma 1, [...] sono inefficaci, fermo restando quanto previsto dall'articolo 21-nonies, ove ne ricorrano i presupposti e le condizioni" - conferma che, decorso il termine, all'Amministrazione residua soltanto il potere di autotutela;

iii) l'art. 2, comma 2-bis - prevedendo che "Nei casi in cui il silenzio dell'amministrazione equivale a provvedimento di accoglimento ai sensi del comma 1, fermi restando gli effetti comunque intervenuti del silenzio assenso, l'amministrazione è tenuta, su richiesta del privato, a rilasciare, in via telematica, un'attestazione circa il decorso dei termini del procedimento e pertanto dell'intervenuto accoglimento della domanda ai sensi del presente articolo [...]" (analoga, ma non identica, disposizione è contenuta all'ultimo periodo dell'art. 20, comma 8, del d.P.R. n. 380 del 2001) - stabilisce, al fine di ovviare alle perduranti incertezze circa il regime di formazione del silenzio-assenso, che il privato ha diritto ad un'attestazione che deve dare unicamente conto dell'inutile decorso dei termini del procedimento (in assenza di richieste di integrazione documentale o istruttorie rimaste inevase e di provvedimenti di diniego tempestivamente intervenuti);

iv) l'abrogazione dell'art. 21, comma 2, della legge n. 241 del 1990 che assoggettava a sanzione coloro che avessero dato corso all'attività secondo il modulo del silenzio-assenso, "in mancanza dei requisiti richiesti o, comunque, in contrasto con la normativa vigente";

v) l'art. 21, comma 1, della legge n. 241 del 1990 - secondo cui: "Con la segnalazione o con la domanda di cui agli articoli 19 e 20 l'interessato deve dichiarare la sussistenza dei presupposti e dei requisiti di legge richiesti. In caso di dichiarazioni mendaci o di false attestazioni non è ammessa la conformazione dell'attività e dei suoi effetti a legge o la sanatoria prevista dagli articoli medesimi [...]" -, da cui si desume che, in caso di dichiarazioni non false, ma semplicemente incomplete, il silenzio-assenso si perfeziona comunque (al riguardo, sussiste una antinomia, che non rileva sciogliere in questa sede, con l'art. 21-nonies, comma 2-bis, della legge n. 241 del 1990, il quale riconduce all'autotutela anche l'ipotesi di "provvedimenti amministrativi conseguiti sulla base di false rappresentazioni dei fatti o di dichiarazioni sostitutive di certificazione e dell'atto di notorietà false o mendaci per effetto di condotte costituenti reato, accertate con sentenza passata in giudicato", salva la possibilità di auto-annullamento anche dopo la scadenza del termine di dodici mesi).

8.3.- Tutto ciò premesso, occorre fare una ulteriore precisazione: dai requisiti di validità - il cui difetto, come abbiamo visto, non impedisce il perfezionarsi della fattispecie - va distinta l'ipotesi della radicale "inconfigurabilità" giuridica dell'istanza: quest'ultima, cioè, per potere innescare il meccanismo di formazione silenziosa dell'atto, deve essere quantomeno aderente al "modello normativo astratto" prefigurato dal legislatore».

Anche il C.d.S., Sez. VII, sent. 9 aprile 2025, n. 3051 ha evidenziato che:

«8.1. Come ha chiarito questo Consiglio di Stato, infatti, il dispositivo tecnico denominato "silenzio-assenso" risponde ad una valutazione legale tipica in forza della quale l'inerzia "equivale" a provvedimento di accoglimento, tale ricostruzione teorica lasciandosi preferire rispetto alla tesi "attizia" del silenzio, che appare una fictio non necessaria.

8.2. Siffatta equivalenza non significa altro che gli effetti promananti dalla fattispecie sono sottoposti al medesimo regime dell'atto amministrativo, con il corollario che, ove sussistono i requisiti di formazione del silenzio-assenso, il titolo abilitativo può perfezionarsi anche con riguardo ad una domanda non conforme a legge.

8.3. Reputare, invece, che la fattispecie sia produttiva di effetti soltanto ove corrispondente alla disciplina sostanziale significherebbe sottrarre i titoli così formatisi alla disciplina della annullabilità: tale trattamento differenziato, per altro, neppure discenderebbe da una scelta legislativa oggettiva, aprioristicamente legata al tipo di materia o di procedimento, bensì opererebbe (in modo del tutto eventuale) in dipendenza del comportamento attivo o inerte della p.a.

8.4. Inoltre, come pure questo Consiglio di Stato ha rilevato, l'impostazione di "convertire" i requisiti di validità della fattispecie "silenziosa" in altrettanti elementi costitutivi necessari al suo perfezionamento vanificherebbe in radice le finalità di semplificazione dell'istituto: nessun vantaggio, infatti, avrebbe l'operatore se l'amministrazione potesse, senza oneri e vincoli procedimentali, in qualunque tempo disconoscere gli effetti della domanda.

8.5. L'obiettivo di semplificazione perseguito dal legislatore - rendere più spediti i rapporti tra amministrazione e cittadini, senza sottrarre l'attività al controllo dell'amministrazione - viene realizzato stabilendo che il potere (primario) di provvedere viene meno con il decorso del termine procedimentale, residuando successivamente la sola possibilità di intervenire in autotutela sull'assetto di interessi formatosi "silenziosamente" (C.d.S., Sez. VI, 8 luglio 2022, n. 5746)».

2. Conclusivamente, assorbiti gli altri motivi dall'esame dei quali l'appellante non potrebbe trarre alcun ulteriore beneficio, l'appello va accolto in quanto fondato.

3. Spese compensate per la complessità della questione.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l'effetto, annulla i provvedimenti impugnati.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Note

La presente decisione ha per oggetto TAR Campania, Salerno, sez. II, sent. n. 1750/2022.