Consiglio di Stato
Sezione II
Sentenza 14 novembre 2025, n. 8950

Presidente: Poli - Estensore: Manzione

FATTO E DIRITTO

1. Oggetto del giudizio è la domanda di revocazione, proposta ex art. 395, comma 1, n. 4 e n. 5, c.p.c., dalla società E.S.Co. Solution s.r.l. (d'ora in avanti, solo la società) avverso la sentenza del Consiglio di Stato, Sez. II, n. 3654 del 22 aprile 2024, che ha accolto l'appello proposto dalla società Gestore dei Servizi energetici s.p.a. (G.S.E.) avverso la sentenza del T.A.R. per il Lazio, Sez. III-ter, 21 ottobre 2021, n. 10807, compensando le spese.

2. Alla stregua della documentazione acquisita al fascicolo d'ufficio e delle circostanze di fatto riportate negli scritti difensivi e non specificamente contestate dalle rispettive controparti, emerge che:

a) la ricorrente è una società di servizi energetici che svolge in particolare attività di installazione di impianti solari termici destinati alla produzione di acqua calda nel territorio delle province di Avellino, Caserta, Benevento e Campobasso;

b) in tale veste, ha ottenuto dal G.S.E. gli incentivi di cui al d.m. 28 dicembre 2012 per un impianto realizzato nel comune di Gioia Sannitica (CE) avente una superficie pari a mq. 48,07 su un edificio avente superficie utile pari a mq. 336;

c) a seguito di un procedimento di controllo nell'ambito del quale è stato effettuato anche apposito sopralluogo (in data 27 febbraio 2018), il G.S.E. le ha contestato sia il sovradimensionamento dell'impianto, destinato esclusivamente alla produzione di acqua calda (perché i valori per determinare il fabbisogno della stessa in relazione all'intero edificio erano stati calcolati facendo riferimento alla norma UNI 9182-2014, in luogo della UNI/TS 11300), sia il mancato aggiornamento del libretto, nonché il mancato raggiungimento dell'utile di impresa;

d) con provvedimento del 3 agosto 2018, esaminate le osservazioni rese dalla società in data 10 luglio 2018, il medesimo G.S.E. ha disposto la decadenza dagli incentivi preannunciando il conseguente recupero di quanto già erogato;

e) avverso tale atto la società ha presentato ricorso al T.A.R. per il Lazio, lamentando plurime violazioni di legge nonché eccesso di potere per difetto dei presupposti, carenza di istruttoria e difetto di motivazione.

3. Il T.A.R. per il Lazio, con la sentenza n. 10807 del 21 ottobre 2021, ha accolto in parte il ricorso motivando per relationem su un'altra decisione della medesima Sezione (sentenza n. 10129 del 30 luglio 2019) inerente una controversia fra le stesse parti. In particolare, ha ritenuto fondata la sola censura in forza della quale il G.S.E. avrebbe dovuto preventivamente valutare la possibilità di applicare la decurtazione tariffaria in luogo della decadenza, come previsto dall'art. 42, comma 3, del d.lgs. n. 28 del 2011, già a partire dalla novella di cui all'art. 1, comma 960, lett. a), della l. n. 205 del 2017.

4. Avverso tale pronuncia hanno proposto autonomamente appello sia la società che il G.S.E.

4.1. Con il ricorso n.r.g. 3437/2022 la società ha articolato quattordici motivi di gravame dei quali nove per chiedere l'annullamento degli atti impugnati nella loro interezza, e non nella sola parte in cui non hanno valutato l'applicabilità della decurtazione tariffaria in luogo della decadenza, riproponendo le censure che il T.A.R. per il Lazio ha espressamente confutato; gli altri cinque, per riproporre gli originari motivi aggiunti, che il medesimo T.A.R. ha ritenuto di assorbire. In estrema sintesi, ha lamentato:

- l'inesistenza dei presupposti della decadenza (sia avuto riguardo all'asserito sovradimensionamento dell'impianto rispetto al fabbisogno dell'edificio, sia in relazione al rispetto della norma UNI da applicare);

- la scorrettezza del procedimento seguito, sia in termini di ritenuta "rilevanza" della violazione, quand'anche sussistente, stante che il sovradimensionamento dell'impianto non è riconducibile alle indicazioni fornite al riguardo dall'allegato al decreto "controlli", 31 gennaio 2014, ovvero alle regole applicative del d.m. 16 febbraio 2016 (segnatamente, punto 2.9), sia in relazione al procedimento seguito;

- il tipo di potere di vigilanza, stante che nella specie il G.S.E. era in condizione da subito di verificare le peculiarità dell'impianto e ne ha avallato la configurazione concedendo gli incentivi che poi ha dichiarato decaduti, così da ledere il legittimo affidamento dell'operatore economico sulla disponibilità delle risorse finanziarie assegnategli.

4.2. Il G.S.E. a sua volta, oltre a presentare ricorso incidentale nel procedimento avviato da controparte, con il ricorso n.r.g. 3818/2022 - dopo aver ricordato le diverse percentuali di decurtazione vigenti a seguito della nuova modifica dell'art. 42, comma 3, del d.lgs. n. 28 del 2011 operata dall'art. 13-bis del d.l. 3 settembre 2019, n. 101, inserito in sede di conversione dalla l. 2 novembre 2019 - ha ritenuto errata l'applicazione della norma, nella versione vigente ratione temporis, alla produzione di energia rientrante nel c.d. conto termico, che al contrario non era originariamente ricompresa nella dizione di energia da fonti rinnovabili. Tale ricostruzione troverebbe conferma nella formulazione letterale della modifica introdotta dall'art. 56 del d.l. n. 76/2020, che ha "integrato" l'art. 42 estendendo l'eventuale applicabilità della decurtazione ad altre tipologie di incentivi, così ammettendo per tabulas che il legislatore precedente ne aveva limitato l'ambito alla sola categoria della produzione di energia da fonti rinnovabili.

5. La menzionata sentenza del Consiglio di Stato, Sez. II, n. 3564 del 2024:

a) ha riunito i due ricorsi (n.r.g. 3437/2022 e n.r.g. 3818/2022) in quanto aventi ad oggetto la medesima sentenza;

b) ha accolto l'appello principale autonomo e quello incidentale del G.S.E. - sovrapponibili per contenuto - accedendo alla ricostruzione del quadro normativo dallo stesso proposto, ovvero escludendo che l'art. 42, comma 3, del d.lgs. n. 28 del 2011 nella versione applicabile ratione temporis - vale a dire quella conseguita alla sola modifica del 2017 - possa trovare applicazione in caso di energia termica, cui il beneficio della sanzione alternativa è stato esteso solo dalla l. n. 120 del 2020, di conversione del d.l. n. 76 del 2020 (art. 56);

c) ha sintetizzato il contenuto di tutti i quindici motivi di cui al ricorso (n.r.g. 3437/2022) proposto dalla società, esaminandoli partitamente e respingendoli, salvo raggrupparne taluni per dichiarata omogeneità contenutistica;

d) ha compensato le spese tra le parti.

6. Con ricorso notificato in data 21 ottobre 2024 e depositato il successivo 4 novembre 2024, la società E.S.Co. Solution s.r.l. ha proposto domanda di revocazione affidata a due distinti motivi rescindenti - riconducibili rispettivamente al n. 5 (motivo sub 1, esteso da pag. 8 a pag. 10) e al n. 4 (motivo sub 2, esteso da pag. 10 a pag. 15) del comma 1 dell'art. 395 c.p.c. - entrambi incentrati sulla questione dell'applicabilità o meno della decurtazione in luogo della decadenza alla tipologia di impianto per cui è causa. Conseguentemente per la fase rescissoria si è limitata a chiedere la conferma della sentenza del T.A.R. per il Lazio n. 10807/2021.

7. In data 11 novembre 2024 ha presentato motivi aggiunti di ricorso, notificati il 5 novembre 2024, nei quali ha insistito sul vizio revocatorio di cui all'art. 395, comma 1, n. 5, c.p.c., richiamando l'avvenuto passaggio in giudicato, nelle more del giudizio, delle sentenze rese dal T.A.R. per il Lazio, Sez. III-ter, su analoghe questioni insorte tra le medesime parti (sentenze nn. 4072, 4074 e 4075 del 29 febbraio 2024), ove viene affermato il principio opposto dell'applicabilità dell'art. 42, comma 3, del d.lgs. n. 28 del 2011 anche agli impianti di produzione di energia termica.

8. In data 26 novembre 2024 si è costituito il G.S.E. per resistere al gravame.

9. Nel corso del procedimento il G.S.E. ha presentato memoria in data 19 dicembre 2024, nonché versato in atti, da ultimo in data 16 settembre 2025, copiosa documentazione, in particolare gli scritti difensivi già prodotti nel procedimento di appello n.r.g. 3818/2022 e gli atti del procedimento di primo grado.

Controparte non ha replicato.

10. La causa è stata trattenuta in decisione all'udienza pubblica del 28 ottobre 2025.

11. Per comodità espositiva, il collegio ritiene di invertire la sistematica del ricorso, esaminando per primo il motivo revocatorio rubricato sub 2, afferente il presunto errore di fatto che inficerebbe la sentenza revocanda, in quanto richiamato nel solo gravame principale e non nei successivi motivi aggiunti.

12. Tale motivo di revocazione ex art. 395, n. 4, c.p.c. è palesemente inammissibile perché:

a) introduce una mera congettura esegetica, ovvero si appunta su una questione giuridica e non evidenzia alcun abbaglio dei sensi nei quali sarebbe incorso il giudicante;

b) cade su aspetti che hanno costituito espressamente punti controversi sin dal primo grado di giudizio;

c) sollecita inammissibilmente il giudice della revocazione a rivalutare l'intero thema probandum e decidendum.

È sufficiente infatti una lettura sommaria delle argomentazioni a sostegno della tesi prospettata per coglierne la pretestuosità a fini revocatori, essendo la stessa incentrata esclusivamente sulla confutazione della tesi giuridica seguita dal Consiglio di Stato nell'escludere l'impianto oggetto di incentivo dalla nozione - essa pure giuridica, e non fattuale, in quanto riveniente dalle norme di riferimento - di impianti di produzione di energia rinnovabile, quanto meno sulla base della cornice ordinamentale vigente nel 2018, anno di adozione da parte del G.S.E. dell'atto impugnato. Essa dunque contesta le conclusioni a cui il Consiglio di Stato è pervenuto, tentando per quel tramite di rimettere in discussione il tema controverso, afferente l'esatto ambito di applicabilità dell'art. 42, comma 3, del d.lgs. n. 28 del 2011, al fine di pervenire ad una diversa decisione.

13. Egualmente inammissibile è il motivo di revocazione ex art. 395, comma 1, n. 5, c.p.c., nuovamente invocato anche nei motivi aggiunti al ricorso principale.

13.1. Come affermato dall'Adunanza plenaria di questo Consiglio di Stato (6 aprile 2017, n. 1) e confermato dalla giurisprudenza successiva, ai fini dell'integrazione del motivo revocatorio di cui all'art. 395, comma 1, n. 5), c.p.c., devono concorrere, in via cumulativa, i seguenti presupposti:

(i) il contrasto della sentenza revocanda con un'altra precedente avente tra le parti autorità di cosa giudicata sostanziale;

(ii) la mancata pronuncia sulla relativa eccezione, da parte del giudice della sentenza revocanda, che non deve essere stata introdotta nel dibattito processuale (come invece verificatosi nel caso di specie, avuto riguardo alla decisione della Sezione n. 124 del 4 gennaio 2023);

(iii) il giudicato deve incidere sul medesimo rapporto giuridico, circostanza questa che non si è verificata nel caso di specie sia in relazione al giudicato del Consiglio di Stato che ai giudicati dei T.A.R. richiamati nei motivi aggiunti.

13.2. Manca cioè nel caso di specie quella necessaria identità oggettiva, oltre che soggettiva, che consente di considerare una sentenza contraria a un precedente giudicato, il che si verifica solo laddove la precedente sentenza ha ad oggetto il medesimo fatto, ontologicamente e strutturalmente, o un fatto ad esso antitetico. E ciò per l'evidente ragione che le concessioni dei benefici tariffari hanno in comune il solo far capo alla società, che peraltro svolge tale servizio quale suo specifico oggetto sociale, ma si diversificano in ragione dell'impianto di riferimento, connotato dalle sue peculiarità, tipologiche e dimensionali e danno pertanto necessariamente luogo a distinti, seppure similari, rapporti con il Gestore, la cui cessazione a sua volta è da ricondurre agli esiti di un'attività di vigilanza mirata sul singolo sito e sulla specifica documentazione a corredo dell'istanza relativa.

13.3. A quanto sopra si aggiunge, con riferimento ai motivi aggiunti, che il passaggio in giudicato delle sentenze del T.A.R. per il Lazio è sopravvenuto alla pubblicazione della decisione revocanda, sicché per tale profilo si è al di fuori dell'ambito di applicazione dell'art. 395, comma 1, n. 5, c.p.c.

Il vizio revocatorio di cui a tale norma, infatti, come pure sopra precisato, si riferisce esclusivamente ad una sentenza antecedente a quella revocanda, di cui il giudice non abbia la possibilità di avere conoscenza.

14. A tanto consegue la inammissibilità del ricorso.

15. Le spese del presente grado di giudizio, regolamentate secondo l'ordinario criterio della soccombenza, sono liquidate in dispositivo tenuto conto dei parametri stabiliti dal regolamento 10 marzo 2014, n. 55 e dell'art. 26, comma 1, c.p.a., ricorrendone i presupposti applicativi, secondo l'interpretazione che ne è stata data dalla giurisprudenza di questo Consiglio, sostanzialmente recepita, sul punto in esame, dalla novella recata dal d.l. n. 90 del 2014 all'art. 26 c.p.a. [cfr. ex plurimis, C.d.S., Sez. IV, 10 gennaio 2022, n. 148 del 2022 e 22 agosto 2018, n. 5008; Sez. V, 9 luglio 2015, n. 3462, cui si rinvia ai sensi degli artt. 74 e 88, comma 2, lett. d), c.p.a. anche in ordine alle modalità applicative ed alla determinazione della misura indennitaria conformemente, peraltro, ai principi elaborati dalla Corte di cassazione (cfr. ex plurimis, Sez. VI, n. 11939 del 2017; n. 22150 del 2016)].

La condanna dell'appellante, ai sensi dell'art. 26, comma 1, c.p.a. rileva, infine, anche agli eventuali effetti di cui all'art. 2, comma 2-quinquies, lett. a) e d), della l. 24 marzo 2001, n. 89, come da ultimo modificato dalla l. 28 dicembre 2015, n. 208 (cfr. ancora C.d.S., Sez. IV, n. 148 del 2022, cit. supra).

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso in revocazione, come in epigrafe proposto, lo dichiara inammissibile.

Condanna la società ricorrente al pagamento delle spese del giudizio, in favore del G.S.E. s.p.a., che liquida in euro 10.000/00 (diecimila/00), oltre accessori, se dovuti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Note

La presente decisione ha per oggetto CdS, sez. II, sent. n. 3654/2024.