Corte costituzionale
Sentenza 9 dicembre 2025, n. 183

Presidente: Amoroso - Redattore: Antonini

[...] nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 39-octies, commi 6, 7 e 8, del decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504 (Testo unico delle disposizioni legislative concernenti le imposte sulla produzione e sui consumi e relative sanzioni penali e amministrative), come modificato dall'art. 1, comma 1074, della legge 30 dicembre 2018, n. 145 (Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2019 e bilancio pluriennale per il triennio 2019-2021), dall'art. 1, comma 659, della legge 27 dicembre 2019, n. 160 (Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2020 e bilancio pluriennale per il triennio 2020-2022), dall'art. 1, comma 122, della legge 29 dicembre 2022, n. 197 (Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2023 e bilancio pluriennale per il triennio 2023-2025) nonché dall'art. 1, comma 48, lettera a), numero 3), della legge 30 dicembre 2023, n. 213 (Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2024 e bilancio pluriennale per il triennio 2024-2026), promosso dal Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, sezione seconda, con ordinanza del 31 luglio 2024, iscritta al n. 223 del registro ordinanze 2024 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 50, prima serie speciale, dell'anno 2024.

Visti gli atti di costituzione di Yesmoke srl in liquidazione e Italian Tobacco Manufacturing srl, in proprio e nella qualità di cessionario della proprietà del ramo d'azienda di Manifattura Italiana Tabacco spa, nonché l'atto d'intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 18 novembre 2025 il Giudice relatore Luca Antonini;

uditi gli avvocati Giuseppe Franco Ferrari e Chiara Giubileo per Yesmoke srl in liquidazione, Pierluigi Piselli e Gianluca Sestini per Italian Tobacco Manufacturing srl, in proprio e nella qualità di cessionario della proprietà del ramo d'azienda di Manifattura Italiana Tabacco spa nonché l'avvocato dello Stato Fabio Tortora per il Presidente del Consiglio dei ministri;

deliberato nella camera di consiglio del 18 novembre 2025.

RITENUTO IN FATTO

1.- Con ordinanza del 31 luglio 2024 (iscritta al n. 223 del registro ordinanze 2024), il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, sezione seconda, ha sollevato, in riferimento agli artt. 11 e 117, primo comma, della Costituzione, in relazione all'art. 7, paragrafi 2, 3 e 4, della direttiva 2011/64/UE del Consiglio, del 21 giugno 2011, relativa alla struttura e alle aliquote dell'accisa applicata al tabacco lavorato, all'art. 101 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, nonché all'art. 4 del Trattato dell'Unione europea, questioni di legittimità costituzionale dell'art. 39-octies, commi 6, 7 e 8, del decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504 (Testo unico delle disposizioni legislative concernenti le imposte sulla produzione e sui consumi e relative sanzioni penali e amministrative), come modificato dall'art. 1, comma 1074, della legge 30 dicembre 2018, n. 145 (Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2019 e bilancio pluriennale per il triennio 2019-2021), dall'art. 1, comma 659, della legge 27 dicembre 2019, n. 160 (Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2020 e bilancio pluriennale per il triennio 2020-2022), dall'art. 1, comma 122, della legge 29 dicembre 2022, n. 197 (Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2023 e bilancio pluriennale per il triennio 2023-2025), nonché dall'art. 1, comma 48, lettera a), numero 3), della legge 30 dicembre 2023, n. 213 (Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2024 e bilancio pluriennale per il triennio 2024-2026).

1.1.- Il TAR Lazio espone che le questioni sono sorte nel corso di due giudizi riuniti promossi rispettivamente, da un lato, dalle società Manifattura Italiana Tabacco spa (MIT) e Italian Tobacco Manufacturing srl (ITM), anche con motivi aggiunti, avverso le determinazioni direttoriali dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli (ADM) relative agli anni 2020, 2021 e 2022 e, dall'altro, da Yesmoke srl (YM), contro la determinazione direttoriale per l'anno 2022.

Con le impugnate determinazioni si è provveduto, in attuazione dell'art. 39-quinquies del d.lgs. n. 504 del 1995, come modificato, ad aggiornare, per ciascun anno, la tabella di ripartizione del prezzo di vendita al pubblico delle sigarette, previa individuazione dell'onere fiscale minimo (OFM).

Nei ricorsi le società avevano evidenziato di essere imprese italiane che producevano e commercializzavano nel mercato nazionale sigarette a un prezzo inferiore rispetto al prezzo di parità, cioè a quello prossimo al prezzo medio ponderato che era stato preso a riferimento dal legislatore nazionale per calcolare l'OFM.

2.- Le disposizioni censurate, contenute nei commi 6, 7 e 8 dell'art. 39-octies del d.lgs. n. 504 del 1995, come modificato, concernono il regime nazionale di tassazione delle sigarette con specifico riferimento alla disciplina dell'OFM e prevedono, nel testo vigente, conseguente alle modifiche di cui all'art. 1, comma 48, lettera a), numero 3), della legge n. 213 del 2023, che: «6. Per i tabacchi lavorati di cui all'articolo 39-bis, comma 1, lettera b) (sigarette), l'onere fiscale minimo, di cui all'articolo 7, paragrafo 4, della direttiva 2011/64/UE del Consiglio, del 21 giugno 2011, è pari, per l'anno 2023, al 98,10 per cento della somma dell'accisa globale costituita dalle due componenti di cui alle lettere a) e b) del comma 3 del presente articolo e dell'imposta sul valore aggiunto calcolate con riferimento al "PMP-sigarette"; la medesima percentuale è determinata al 98,70 per cento per l'anno 2024 e al 98,80 per cento a decorrere dall'anno 2025. 7. L'onere fiscale minimo di cui al comma 6 è applicato ai prezzi di vendita per i quali la somma dell'imposta sul valore aggiunto, applicata ai sensi dell'articolo 39-sexies, e dell'accisa, applicata ai sensi del comma 3, risulti inferiore al medesimo onere fiscale minimo. 8. L'accisa sui prezzi di vendita di cui al comma 7 è pari alla differenza tra l'importo dell'onere fiscale minimo, di cui al comma 6, e l'importo dell'imposta sul valore aggiunto applicata ai sensi dell'articolo 39-sexies».

Il meccanismo di calcolo dell'OFM previsto dal legislatore nazionale è quindi ancorato all'andamento del prezzo medio ponderato ("PMP-sigarette"), consistente, secondo quanto previsto dal comma 2 dell'art. 39-quinquies del d.lgs. n. 504 del 1995, nel «rapporto, espresso in euro con troncamento dei decimali, tra il valore totale, calcolato con riferimento al prezzo di vendita al minuto comprensivo di tutte le imposte, delle sigarette immesse in consumo nell'anno solare precedente e la quantità totale delle medesime sigarette».

3.- Il TAR Lazio dà atto che, con le ordinanze n. 13610 del 2022 e n. 8199 del 2023, aveva già «rimesso al vaglio della Corte Costituzionale l[e] question[i] di legittimità costituzionale "dell'art. 39-octies, commi 1-8, del d.lgs. n. 504/1995, in relazione alla violazione degli artt. 11 e 117 Cost., integrati dalla disciplina interposta dettata dagli artt. 7, par. 3 e 4, 14, par. 1 e 15, par. 1, della direttiva 2011/64/UE sull'onere fiscale minimo» e che questa Corte, con la sentenza n. 220 del 2023, le ha dichiarate inammissibili «per un'incompleta ricostruzione del quadro normativo di riferimento», non essendosi il rimettente «confronta[to] con numerose disposizioni della direttiva 2011/64/UE che dovevano essere necessariamente considerate al fine di poter motivare i dubbi di compatibilità comunitaria e di illegittimità costituzionale in ordine al rapporto tra OFM e "PMP-sigarette" stabilito dalla disposizione nazionale censurata».

Il rimettente segnala, in particolare, che, con la citata sentenza, «[l]a Corte ha evidenziato la carente o assente analisi dei seguenti riferimenti tratti dalla Direttiva n.2011/64/UE: - il par. 4 dell'art. 8, nella misura in cui àncora l'importo delle accise sulle sigarette al PMP-sigarette, incidendo, come l'OFM, in modo proporzionalmente maggiore sui prezzi via via più elevati; - il considerando n. 14, che rapporta la componente ad valorem al prezzo medio ponderato delle sigarette; - l'art. 10, par. 2, secondo cui l'accisa globale, dal 1°.1.2014, è pari ad almeno il 60% del PMP-sigarette; - l'art. 8, par. 6, che consente agli Stati di applicare un'accisa minima sulle sigarette».

4.- Ciò esposto, il TAR Lazio evidenzia che, «analizzato il quadro normativo di riferimento (nazionale ed europeo), anche alla luce delle motivazioni rassegnate dalla Corte Costituzionale nella sentenza n.220/2023, continui a persistere la rilevanza della questione di costituzionalità e la sua non manifesta infondatezza».

Ritiene, infatti, che le disposizioni indubbiate si porrebbero in contrasto con gli «artt. 11 e 117 della Cost., integrati dalla disciplina interposta dettata dall'art. 7, par. 2, 3 e 4, della Direttiva 2011/64/UE, nonché dai principi di libera concorrenza e di proporzionalità ex artt. 101 [Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE)] (con il Protocollo n. 27) e 4 [Trattato dell'Unione europea (TUE)] (con il Protocollo n. 2)».

5.- Il rimettente perviene a questa conclusione dopo avere messo a confronto la disciplina unionale, in materia di onere fiscale relativa alla vendita delle sigarette, con quella nazionale.

5.1.- In primo luogo, esamina i princìpi di carattere generale stabiliti dai considerando numeri 2, 9, 10, 11, 12, 13 e 14 della direttiva ed evidenzia che «[d]ai citati "considerando" della Direttiva, può evincersi che, nel settore dei tabacchi lavorati (e nelle sigarette in primis) l'Unione Europea intende realizzare l'obiettivo di armonizzare l'imposizione per tutelare precipuamente il corretto funzionamento del mercato unionale (rif. considerando n. 9, 10, 12 e 14). Allo scopo, la Direttiva prevede una struttura tripartita dell'imposizione (accisa ad valorem, accisa specifica e imposta sul valore aggiunto - rif. n.ro 11) e la necessità di contemplare valori minimi dell'accisa (n. 13)».

Precisa, inoltre, che «[t]ale impostazione non esclude, in particolar modo per le sigarette, anzi contempla espressamente - visto l'indubbio impatto di tali prodotti sulla salute umana - la necessità di salvaguardare gli obiettivi di tipo sanitario (n. 14) e di applicare un onere fiscale minimo nell'Unione, ossia un'imposizione minima gravante sui tabacchi».

Pertanto, secondo il rimettente, l'onere fiscale minimo viene concepito dalla direttiva «quale strumento, al contempo, di armonizzazione delle imposte a livello unionale (si fissa un onere minimo, tale da scongiurare un eccessivo squilibrio nei prezzi fra i vari Stati) e di presidio per la salute (un prezzo eccessivamente basso del prodotto favorisce il sovraconsumo dello stesso)».

5.2.- In secondo luogo, analizza le specifiche disposizioni contenute nella direttiva, in particolare: l'art. 7, paragrafo 2, che stabilisce che «[l]'aliquota dell'accisa ad valorem e l'importo dell'accisa specifica devono essere uguali per tutte le sigarette»; l'art. 7, paragrafo 3, che dispone: «per le sigarette in tutti gli Stati membri lo stesso rapporto tra l'accisa specifica e la somma dell'accisa ad valorem e dell'imposta sul volume d'affari, in modo che la gamma dei prezzi di vendita al minuto rifletta equamente il divario dei prezzi di cessione dei produttori»; l'art. 7, paragrafo 4, che, con una disposizione di chiusura, chiarisce che «[n]ella misura in cui ciò risulti necessario, l'accisa sulle sigarette può comportare un onere fiscale minimo, sempre che la struttura mista della tassazione e la fascia dell'elemento specifico dell'accisa, ai sensi dell'articolo 8, siano rigidamente rispettate»; l'art. 8, paragrafo 4, secondo cui «[...] l'elemento specifico dell'accisa sulle sigarette non può essere inferiore al 7,5% e non può essere superiore al 76,5% dell'importo dell'onere fiscale totale derivante dall'aggregazione dei seguenti elementi: a) l'accisa specifica; b) l'accisa ad valorem e l'imposta sul valore aggiunto (IVA) applicate al prezzo medio ponderato di vendita al minuto»; l'art. 8, paragrafo 6, secondo cui «[f]atti salvi i paragrafi 3, 4 e 5 del presente articolo e l'articolo 7, paragrafo 1, secondo comma, gli Stati membri possono applicare un'accisa minima sulle sigarette»; l'art. 10, paragrafo 2, secondo cui «[...] l'accisa globale sulle sigarette è pari ad almeno il 60 % del prezzo medio ponderato di vendita al minuto delle sigarette immesse in consumo. L'accisa non può essere inferiore a 90 EUR per 1 000 sigarette, indipendentemente dal prezzo medio ponderato di vendita al minuto».

5.3.- Il rimettente rivolge quindi l'attenzione alle disposizioni nazionali contenute nei commi 6, 7 e 8, dell'art. 39-octies del d.lgs. n. 504 del 1995 relative al meccanismo di applicazione e di calcolo dell'OFM.

A seguito di questa analisi, il giudice a quo ritiene che la disciplina nazionale si ponga in contrasto con quella unionale.

Pone tuttavia in rilievo che non sarebbe possibile la sua disapplicazione, poiché la disciplina unionale sull'OFM non avrebbe «efficacia diretta c.d. verticale», in quanto la previsione di cui all'art. 7 della direttiva «non ha natura "categorica" e, quindi, non ha efficacia diretta», atteso che la sua introduzione sarebbe stata rimessa alla volontà dei legislatori nazionali, anche ai fini della concreta applicazione.

5.4.- Il rimettente ritiene, peraltro, di non potere neppure seguire la via della interpretazione conforme della disposizione interna con quella unionale, in quanto la prima «per come conformata, è incompatibile con quella europea, ponendosi [...] in violazione della Direttiva 2011/64/UE e dei principi generali di libera concorrenza e proporzionalità, garantiti dai Trattati».

Di qui la necessità di sottoporre a questa Corte le questioni di legittimità costituzionale della disposizione censurata per violazione degli artt. 11 e 117, primo comma, Cost.

6.- Quanto alla rilevanza delle questioni, il rimettente ritiene che, nei giudizi pendenti, la dichiarazione di illegittimità costituzionale delle disposizioni censurate comporterebbe «l'invalidità (sub species di nullità o annullabilità) dei provvedimenti lesivi della posizione giuridica soggettiva dedotta in causa, con possibili riflessi anche sotto il profilo risarcitorio».

7.- Quanto alla non manifesta infondatezza, osserva che il meccanismo di calcolo dell'OFM di cui all'art. 39-octies, commi 6, 7 e 8, del d.lgs. n. 504 del 1995, si rivelerebbe «perturbativo del gioco concorrenziale, introducendo un sistema fiscale ingiustificatamente penalizzante, nella dinamica dei prezzi, per i produttori di sigarette di fascia bassa, a vantaggio di quelli di fascia medio-alta (oligopolisti che detengono oltre il 90% delle quote di mercato, secondo quanto emergente dalle incontestate esposizioni dei ricorrenti)».

7.1.- Evidenzia, a tal proposito, che il contrasto con la normativa unionale non deriverebbe dalla «scelta in sé del legislatore nazionale di introdurre l'onere fiscale minimo sulle sigarette», che è espressamente contemplato dall'art. 7, paragrafo 4, della direttiva, quanto dalla «modalità di attuazione e disciplina dell'OFM, nel suo globale funzionamento», derivante dal combinato disposto del comma 6 dell'art. 39-octies, del d.lgs. n. 504 del 1995 - secondo cui, per il calcolo dell'OFM occorre utilizzare il "PMP-sigarette" - e dei successivi commi 7 e 8.

Osserva infatti che, in applicazione della disposizione censurata, a partire dalla fascia di prezzo del prodotto più bassa, l'onere fiscale complessivo si manterrebbe sempre costante, fino al raggiungimento del prezzo di parità. Invece, al di sopra del prezzo di parità, «l'accisa torna ad avere un andamento via via crescente al crescere dei prezzi di vendita».

Questa modalità di determinazione dell'OFM renderebbe «omogeneo il livello della tassazione per una consistente fascia di prodotti (quelli di fascia più bassa rispetto a quelli di fascia media, ossia situati in prossimità del PMP) attraverso la previsione di un sistema di accisa decrescente, in modo automatizzato e senza possibilità per l'ente pubblico di riferimento di verificare se il livello, in corrispondenza del quale (in applicazione della legge) si fissa l'OFM, soddisfi o meno l'interesse pubblico alla tutela della salute e della stabilità del mercato e, quindi, della concorrenza».

L'allineamento forzoso del prelievo fiscale minimo avrebbe, come conseguenza, che i produttori di fascia bassa, a causa dell'erosione dei guadagni derivante dall'OFM, sarebbero costretti «ad alzare in modo significativo il livello dei prezzi [...], pur avendo la possibilità di immettere sul mercato, in modo competitivo, sigarette ad un prezzo più basso».

La disciplina nazionale censurata, pertanto, si porrebbe in contrasto con le specifiche previsioni della direttiva in materia «di neutralità dell'impatto fiscale e di tutela del mercato e della concorrenza di cui all'art. 7, par. 2, 3 e 4 (quali norme interposte), siccome da interpretarsi anche alla luce dei considerando nn.ri 9, 10, 12, 13 e 14, e quindi anche gli artt.11 e 117 della Costituzione».

7.2.- In particolare, sarebbe violato l'art. 7, paragrafo 3, della direttiva, poiché, determinando l'allineamento dei prezzi delle sigarette di fascia bassa a quelli di fascia media, si verrebbe a produrre l'effetto che «i prezzi di vendita non riflettono quelli di cessione dei produttori, ma aumentano in modo sensibile quelli di fascia bassa, a danno dei produttori di quest'ultime, che non possono essere competitivi con le multinazionali (che producono sigarette di prezzi medio/alto)».

7.3.- Sarebbe configurabile anche il contrasto con l'art. 7, paragrafo 2, della direttiva, poiché la modalità di calcolo dell'OFM sarebbe «penalizzante per le sigarette di fascia inferiore, applicando un'accisa in modalità decrescente». Il rimettente pone infatti in evidenza che la citata disposizione «stabilisce, in sostanza, che la componente proporzionale dell'accisa (ossia quella c.d. ad valorem, con la relativa aliquota) sia identica per tutte le sigarette (quindi a prescindere dal relativo livello di prezzo), talché il gettito da accisa ad valorem dovrebbe essere proporzionale al prezzo, variando in aumento e solo in ragione di esso. Quanto all'accisa specifica, fissa per unità di prodotto, la disposizione prevede che l'importo (ossia il prelievo finale) sia identico, quindi sia invariabile rispetto alla variazione del prezzo di vendita delle sigarette».

Ritiene quindi che, poiché l'accisa specifica non dovrebbe variare rispetto al prezzo di vendita e quella ad valorem dovrebbe essere proporzionale allo stesso, «l'accisa globale dovrebbe essere necessariamente crescente al crescere dei prezzi per effetto della componente ad valorem, proporzionale al prezzo di vendita».

Invece, nel sistema nazionale, «l'accisa globalmente applicata è decrescente, (perlomeno) dal livello minimo a quello medio dei prezzi delle sigarette».

7.4.- Sarebbe, infine, violato l'art. 7, paragrafo 4, della direttiva, perché l'OFM sarebbe stato introdotto in modo automatico, ancorato peraltro a una percentuale sempre crescente dell'aliquota da applicare, senza alcun legame con la finalità dell'istituto, ossia l'idoneità a tutelare la salute umana (individuale e collettiva), potenzialmente incisa da un eccessivo consumo di sigarette, nonché la stabilità e il regime concorrenziale del mercato unionale. Infatti, l'OFM, che il legislatore unionale prevede come facoltativo per gli Stati membri, potrebbe trovare giustificazione solo se finalizzato alla stabilizzazione dei prezzi nel mercato quindi a tutela della concorrenza, nonché a contrastare il rischio di una eccessiva diffusione del consumo delle sigarette, quindi a tutela della salute.

Invece, evidenzia il rimettente, il sistema nazionale dell'OFM avrebbe determinato un «effetto anticoncorrenziale per via del suo automatismo, scollegato dall'esigenza di contrastare, in modo adeguato e bilanciato, l'eccessivo ribasso dei prezzi».

Inoltre, poiché il mercato delle sigarette sarebbe «tipicamente e notoriamente oligopolistico», non sarebbe improbabile che il "PMP-sigarette" «risenta delle politiche rialziste degli oligopolisti e che, quindi, l'OFM sia fissato a un livello ingiustificatamente alto, non connesso all'esigenza di presidio della salute umana».

8.- Secondo il rimettente, poi, sarebbero anche violati i principi di libera concorrenza e di proporzionalità di cui agli artt. 101 TFUE e 4 TUE.

9.- Il giudice a quo, infine, chiarisce che, con riferimento alle disposizioni «attenzionate» da questa Corte nella sentenza n. 220 del 2023, nella direttiva «non esistono previsioni che legittimano le previsioni recate dall'art. 39-octies, commi 6, 7 e 8 del D.Lgs.n.504/95 in tema di onere fiscale minimo», tenuto conto che: «l'art. 7, par. 4 non stabilisce le modalità di determinazione dell'OFM; - l'art. 8, par. 6 prevede la possibilità di istituire un'accisa minima, senza ulteriori declinazioni, salvo quelle di cui ai precedenti par. 4 e 5; - l'art. 8, par. 4, nel prevedere che l'accisa specifica possa spingersi fino al 76,5% dell'imposizione globale (sommando cioè accisa specifica, accisa ad valorem e iva), non incide sul modus operandi per il calcolo dell'OFM, che dipende invece dall'applicazione di un'aliquota (quella prevista dal co.6 dell'art.39-octies) rispetto all'imposizione complessiva (accisa globale + iva) e dal riferimento, per l'accisa ad valorem e per l'iva, al PMP; - [...] l'art. 10, par. 2, nel prevedere un doppio limite all'importo dell'accisa minima globale (in valore assoluto e in percentuale sul PMP-sigarette), incide sicuramente sull'entità dell'imposizione ma non sposta i termini della questione [...]».

10.- Nel giudizio è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, che ha chiesto di dichiarare inammissibili e comunque non fondate le questioni.

10.1.- In rito, la difesa statale eccepisce l'inammissibilità delle questioni.

Evidenzia che questa Corte, con la sentenza n. 220 del 2023, ha dichiarato inammissibili le questioni sollevate in quel giudizio incidentale di legittimità costituzionale «per un'incompleta ricostruzione del quadro normativo di riferimento».

Osserva quindi che il giudice a quo, nel riformulare le questioni di legittimità costituzionale, si sarebbe limitato a una sintetica rassegna del quadro regolatorio, «in sostanza replicando il quadro prospettico già vagliato negativamente dal giudice delle leggi».

10.2.- Quanto al merito, secondo l'Avvocatura le questioni sarebbero non fondate.

Evidenzia, in particolare, che l'OFM si applica a tutti i prezzi delle sigarette per le quali la somma dell'accisa, calcolata in base alle due componenti, specifica e ad valorem, e all'IVA, calcolata con l'applicazione dell'aliquota ordinaria, sia inferiore a tale valore.

Poiché il "PMP-sigarette" è determinato, entro il 1° marzo di ogni anno, in relazione ai dati relativi all'anno precedente e calcolato in base al valore totale delle sigarette immesse in consumo in rapporto alla relativa quantità totale delle stesse, ne dovrebbe derivare che «la fiscalità è ancorata ad un dato di mercato più stabile, definito dalle scelte di tutti i suoi operatori», non subendo le «fluttuazioni a seconda delle variazioni nei modelli di consumo come la classe di prezzo più richiesta», risultando, in tal modo, «meno influenzabile dalle politiche tariffarie praticate dai produttori».

Ad avviso della difesa erariale il meccanismo nazionale di determinazione dell'OFM sarebbe pertanto coerente con la disciplina unionale, perché garantirebbe il corretto funzionamento del mercato interno e risponderebbe «pure all'esigenza di tutela della salute pubblica».

La previsione dell'OFM risulterebbe, infatti, «coerente con gli obiettivi di un onere minimo di tassazione [...] in quanto incide in misura più rilevante sui prezzi molto bassi e in misura più attenuata sui prezzi via via più elevati».

Non sarebbero, quindi, lesi i principi della tutela della concorrenza e della salute, perché, se, da un lato, «la previsione dell'onere fiscale minimo, inevitabilmente, incide maggiormente sulle sigarette di fascia di prezzo più basso», d'altro lato, «la possibilità per gli Stati di prevederlo è legata, come si evince dai considerando della direttiva, alla necessità di assicurare un certo livello di convergenza della fiscalità, sia per ridurre le frodi e il fenomeno del contrabbando, sia per garantire un elevato livello di protezione della salute umana, scoraggiando l'offerta delle sigarette di scarsa qualità o vendute ad un prezzo più basso».

D'altro lato, prosegue la difesa statale, i produttori di sigarette «potrebbero pur sempre decidere liberamente di assorbire in tutto o in parte l'onere fiscale, non applicando al prodotto alcun aumento o un aumento più contenuto».

Né vi sarebbe una discriminazione interna al mercato, perché le misure fiscali di cui alle disposizioni censurate «sono naturalmente uguali per tutti i contribuenti», essendo solo diversa «l'incidenza che le stesse possono avere in ordine alle libere politiche tariffarie degli imprenditori».

11.- Si è costituita in giudizio ITM, «in proprio e nella qualità di cessionario della piena ed esclusiva proprietà del ramo d'azienda della Manifattura Italiana Tabacco spa».

La società ritiene, aderendo alla prospettazione del giudice a quo, che le disposizioni censurate violerebbero la disciplina unionale, in quanto determinerebbero «un meccanismo automatico di calcolo dell'onere fiscale minimo e, di conseguenza, del prezzo delle sigarette, dipendente dalle scelte strategiche dei (pochi) grandi produttori (che rappresentano il 90% del mercato), che avvicina i prezzi di vendita al dettaglio delle sigarette di fascia bassa ai prezzi di vendita al dettaglio delle sigarette di fascia alta, neutralizzando, in sostanza, le differenze di prezzo tra i vari prodotti».

Questa modalità di calcolo, infatti, produrrebbe una distorsione della concorrenza «in quanto il consumatore, a parità di prezzo, opterà per le sigarette di fascia alta, qualitativamente migliori».

Evidenzia, in particolare, che l'effetto distorsivo sarebbe la conseguenza diretta di due fattori concomitanti.

Da un lato, è previsto un OFM di medesimo ammontare da applicarsi trasversalmente alle sigarette di tutte le fasce di prezzo, «con la conseguenza che tale onere graverà in maniera maggiore sui produttori di sigarette di fascia bassa e assottiglierà le differenze di prezzo tra sigarette di fascia bassa e sigarette di fascia alta».

D'altro lato, l'OFM è calcolato in rapporto al "PMP-sigarette", ma, in questo modo, «l'importo dell'onere fiscale è automaticamente ancorato alla variazione dei prezzi totali di vendita delle sigarette, che dipende, appunto, da due fattori determinati dagli stessi competitors, ovvero il valore delle sigarette (il prezzo di vendita) e la quantità delle sigarette immesse in commercio»: in tale contesto, «se i produttori di sigarette di fascia alta aumentano il prezzo di vendita delle sigarette, di conseguenza, aumenta il PMP e, dunque, l'onere fiscale minimo», con pregiudizio per quelli operatori che producono le sigarette destinate alla fascia di prezzo medio-bassa in quanto, a causa dell'innalzarsi dell'onere fiscale minimo, devono necessariamente innalzare il costo dei loro prodotti, «così evidentemente riducendone la competitività».

12.- Si è costituita in giudizio YM che, argomentando nel senso del contrasto della disciplina nazionale in materia di OFM con quella unionale, ha evidenziato che l'accisa da essa versata negli anni 2022 e 2023 avrebbe eroso «la remunerazione che [la società] avrebbe potuto ritrarre dalla vendita delle sigarette» e ciò sarebbe dipeso dal fatto che l'importo dell'OFM, «a differenza che nel regime previgente (2015-2018), viene in specie oggi ancorato in via automatica alla variazione dei prezzi totali di vendita delle sigarette, variazione derivante [...] dalle condotte delle grandi multinazionali del tabacco», senza «una reale possibilità di scelta dei prezzi da parte dei piccoli operatori».

13.- La società ITM, in proprio e nella qualità di cessionario del ramo di azienda della MIT, in prossimità dell'udienza pubblica, ha depositato memoria, insistendo nelle considerazioni espresse nell'atto di costituzione e replicando all'eccezione di inammissibilità e alle deduzioni difensive di merito della difesa statale.

13.1.- Circa l'eccezione in rito, evidenzia che questa Corte, con la sentenza n. 220 del 2023, non si era pronunciata nel merito, avendo dichiarato inammissibile la questione per la incompleta ricostruzione del quadro normativo, sicché, nel caso di specie, il giudice rimettente avrebbe correttamente riproposto la medesima questione di legittimità costituzionale rimuovendo il vizio.

13.2.- Quanto al merito, ritiene non corretta la linea interpretativa della difesa statale secondo cui la disciplina nazionale sull'OFM sarebbe coerente con la finalità della direttiva di tutela della concorrenza e della salute.

Osserva infatti che l'OFM nazionale, nel determinare un allineamento tendenziale dei prezzi delle sigarette di fascia bassa a quelli di fascia media, avrebbe un effetto penalizzante per i produttori di sigarette a basso costo, che non potrebbero essere competitivi con le multinazionali, perché i prezzi di vendita non rifletterebbero equamente i prezzi di cessione dei produttori, in contrasto con il principio di neutralità fiscale e di libera formazione dei prezzi.

Inoltre, ritiene che il sistema di tassazione in esame non sarebbe idoneo a produrre effetti apprezzabili sotto il profilo della tutela della salute, poiché non potrebbe escludersi che i consumatori delle sigarette di fascia medio-bassa, a fronte dell'appiattimento dei prezzi, scelgano di orientarsi verso prodotti di fascia più alta, senza ridurre né cessare il consumo.

14.- Anche YM ha depositato memoria argomentando sul contrasto della normativa interna con quella unionale.

Ha precisato, in particolare, gli effetti economici da essa subiti a causa della disposizione censurata, in quanto ha sostenuto l'accisa, a titolo di OFM, a importo fisso stabilito annualmente in costante aumento, e, per compensare questi effetti, ha dovuto alzare i propri prezzi di vendita fino a che, a decorrere dall'anno 2022, non ha potuto più operare tale scelta, anche in considerazione del fatto che i consumatori, a parità di prezzo, hanno preferito acquistare marchi più noti, con conseguente contrazione delle proprie vendite. La conseguenza sarebbe stata l'uscita dal mercato della società e la messa in liquidazione volontaria.

Nel merito, contesta l'affermazione della difesa statale secondo cui l'OFM sarebbe, tra l'altro, finalizzato a tutelare la salute scoraggiando l'offerta di sigarette di scarsa qualità o vendute a un prezzo basso. Chiarisce che, in realtà, tutti i tipi di sigarette venduti in Italia dovrebbero rispondere agli stessi requisiti qualitativi e che, inoltre, non sarebbe esatto sostenere che le sigarette di fascia bassa possano nuocere alla salute in misura maggiore rispetto alle altre in quanto sarebbero di «scarsa qualità».

CONSIDERATO IN DIRITTO

1.- Il TAR Lazio, seconda sezione, con ordinanza del 31 luglio 2024 (reg. ord. n. 223 del 2024) dubita, in riferimento agli artt. 11 e 117, primo comma, Cost., in relazione all'art. 7, paragrafi 2, 3 e 4, della direttiva 2011/64/UE e agli artt. 101 TFUE e 4 TUE, della legittimità costituzionale dell'art. 39-octies, commi 6, 7 e 8, del d.lgs. n. 504 del 1995, come modificato.

Le suddette disposizioni recano la disciplina dell'OFM da applicare per la vendita delle sigarette.

Secondo il giudice a quo, le stesse si porrebbero in contrasto con gli artt. 11 e 117, primo comma, Cost., perché violerebbero la disciplina interposta di cui all'art. 7, paragrafi 2, 3 e 4, della direttiva 2011/64/UE che, letti e interpretati alla luce dei considerando in essa contenuti, sarebbero volti alla tutela dei principi di libera concorrenza e, in particolare, di libera determinazione dei prezzi di vendita delle sigarette, nonché della salute. Sarebbero anche violati i principi di concorrenza e di proporzionalità di cui agli artt. 101 TFUE e 4 TUE.

1.1.- Il rimettente pone peraltro in rilievo che, pur riscontrando il contrasto della disciplina nazionale con quella unionale, non sarebbe possibile la sua disapplicazione, poiché la direttiva 2011/64/UE non avrebbe «efficacia diretta c.d. verticale», in quanto la disposizione di cui all'art. 7, in essa contenuta, «non ha natura "categorica" e, quindi, non ha efficacia diretta», atteso che avrebbe rimesso alla volontà dei legislatori nazionali la scelta se introdurre l'OFM, anche ai fini della concreta applicazione.

Di qui la necessità di sottoporre a questa Corte le questioni di legittimità costituzionale delle disposizioni censurate in riferimento agli artt. 11 e 117, primo comma, Cost.

1.2.- Con riferimento al merito, il TAR Lazio ribadisce che la finalità della direttiva, enucleabile dai considerando numeri 9, 10, 12 e 14, risiederebbe nella tutela del corretto funzionamento del mercato unionale, che dovrebbe operare «in condizioni di neutralità e libera formazione dei prezzi» e che a questa finalità si aggiungerebbe anche quella di tutela della salute.

Pone quindi attenzione al fatto che il legislatore nazionale ha configurato, con l'art. 39-octies, commi 6, 7 e 8, del d.lgs. n. 504 del 1995, come modificato, una modalità di applicazione dell'OFM caratterizzata da una percentuale estremamente elevata (prima fissata al 96,22 per cento dal 2019, poi ulteriormente incrementata, in quanto pari al 98,10 per cento dal 2023, al 98,70 per cento per il 2024 e al 98,80 per cento dal 2025), da applicare automaticamente alla somma dell'accisa globale e dell'IVA, calcolata con riferimento al "PMP-sigarette".

Secondo il rimettente, sarebbe la modalità di attuazione e disciplina dell'OFM, «nel suo globale funzionamento», cioè alla luce delle disposizioni contenute nei commi 6, 7 e 8, dell'art. 39-octies del d.lgs. n. 504 del 1995, letti secondo la loro "portata" complessiva, che comporterebbe la non compatibilità della disposizione nazionale con la direttiva e con i principi generali in essa contenuti.

Infatti, sarebbero violati: l'art. 7, paragrafo 3, della direttiva 2011/64/UE, poiché, determinando l'allineamento dei prezzi delle sigarette di fascia bassa a quelli di fascia media, si verrebbe a produrre l'effetto economico che i prezzi di vendita non rifletterebbero quelli di cessione dei produttori; l'art. 7, paragrafo 2, della medesima direttiva, poiché, nel sistema nazionale, l'accisa globalmente applicata ai fini del calcolo dell'OFM è decrescente dal livello minimo a quello medio dei prezzi delle sigarette, invece che variare proporzionalmente al prezzo; l'art. 7, paragrafo 4, della medesima direttiva, perché l'OFM sarebbe stato introdotto in modo automatico, ancorato a una percentuale sempre crescente dell'aliquota da applicare, senza alcun legame con la finalità di tutelare la salute umana e il regime concorrenziale del mercato unionale.

Il giudice a quo evidenzia, inoltre, che nessuna delle disposizioni della direttiva, che la sentenza n. 220 del 2023 aveva richiesto di esaminare e valutare, potrebbe essere idonea a giustificare la scelta del legislatore nazionale di configurare e calcolare l'OFM secondo quanto previsto dalle disposizioni sospettate di illegittimità costituzionale.

2.- Non è fondata l'eccezione di inammissibilità sollevata dalla difesa statale, argomentata sostenendo che il TAR Lazio, nel riformulare le questioni di legittimità costituzionale, non avrebbe compiuto alcuna specifica analisi e valutazione delle disposizioni contenute nella direttiva cui aveva fatto riferimento la sentenza n. 220 del 2023.

Il vizio di inammissibilità di una questione di legittimità costituzionale può, infatti, essere rimosso dal giudice a quo qualora provveda a colmare le lacune in precedenza riscontrate (sentenza n. 279 del 2014).

Questa Corte, con la già citata sentenza n. 220 del 2023, ha dichiarato inammissibili le questioni, che lo stesso TAR Lazio aveva sollevato, «per un'incompleta ricostruzione del quadro normativo di riferimento», poiché rimanevano ignorate diverse disposizioni, contenute nei considerando e negli articoli della direttiva 2011/64/UE, che avrebbero dovuto essere considerate al fine di motivare i dubbi di compatibilità unionale e di illegittimità costituzionale circa il rapporto tra OFM e "PMP-sigarette" stabilito dalle disposizioni nazionali censurate.

Con l'ordinanza di rimessione all'esame, il TAR Lazio, come detto, ne tiene ora conto e illustra specificamente il quadro normativo unionale di riferimento, chiarendo, anche sotto il profilo delle previsioni in precedenza non attenzionate, che la normativa nazionale vi si porrebbe in contrasto.

Pertanto, risultano superate le ragioni che avevano condotto questa Corte, con la sentenza n. 220 del 2023, a dichiarare l'inammissibilità delle questioni.

3.- Le questioni sono comunque inammissibili, perché, pur a fronte di evidenti criticità, la reductio ad legitimitatem cui ambisce il rimettente non può che spettare, in prima battuta, al legislatore, data la pluralità di soluzioni idonee allo scopo, che implicano diversificate scelte di sistema.

Per comprendere tale conclusione occorre premettere una sintetica ricostruzione della complessa evoluzione che ha caratterizzato il regime nazionale di tassazione dei tabacchi e, in particolare, delle sigarette.

3.1.- È utile iniziare, a tal fine, dal momento in cui il legislatore, con l'art. 1, comma 486, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2005)», ha introdotto per la prima volta un prezzo minimo per la vendita delle sigarette.

Questa misura non è passata indenne al vaglio della Corte di giustizia dell'Unione europea (terza sezione, sentenza 24 giugno 2010, causa C-571/08, Commissione europea), che ha rilevato il contrasto con l'art. 9, paragrafo 1, della direttiva 95/59/CE del Consiglio, del 27 novembre 1995, relativa alle imposte diverse dall'imposta sul volume d'affari che gravano sul consumo dei tabacchi lavorati, allora vigente.

Nella sentenza si evidenzia, infatti, che «[u]na normativa che impone un siffatto prezzo minimo è quindi idonea ad arrecare pregiudizio alle relazioni concorrenziali, impedendo a taluni di questi produttori o importatori di trarre vantaggio da prezzi di costo inferiori per proporre più allettanti prezzi di vendita al minuto».

In merito alle esigenze di tutela della salute pubblica, che, in astratto, avrebbero potuto porsi a giustificazione della disciplina del prezzo minimo, la Corte di giustizia ha, peraltro, chiarito che tale obiettivo «può essere adeguatamente perseguito mediante l'aumento dell'imposizione fiscale su tali prodotti, dal momento che gli aumenti dei diritti di accisa devono prima o poi tradursi in un aumento dei prezzi di vendita al minuto, senza con ciò compromettere la libertà di determinazione del prezzo».

3.2.- Il legislatore nazionale ha ritenuto di dare seguito a questa sentenza seguendo una duplice prospettiva, incentrata, questa volta, sul diverso versante dell'imposizione fiscale.

In primo luogo, con l'art. 4, comma 5, del decreto legislativo 29 marzo 2010, n. 48 (Attuazione della direttiva 2008/118/CE relativa al regime generale delle accise e che abroga la direttiva 92/12/CEE), ha soppresso la previsione relativa al prezzo minimo e, con l'art. 1, comma 1, lettera nn), del medesimo decreto ha disposto l'inserimento nel d.lgs. n. 504 del 1995, fra l'altro, dell'art. 39-quinquies, comma 2, stabilendo in tal modo un diverso criterio di determinazione dell'accisa sulle sigarette, impostato sulla nozione della classe di prezzo più richiesta (most popular price category, MPPC).

In secondo luogo, con l'art. 55, comma 2-bis, lettera c), il decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78 (Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica), convertito, con modificazioni, nella legge 30 luglio 2010, n. 122, intervenuto pochi mesi dopo l'entrata in vigore del d.lgs. n. 48 del 2010, ha modificato significativamente la modalità di tassazione delle sigarette, da un lato, lasciando immutata la tassazione per le sigarette di "fascia alta", ossia vendute a un prezzo pari o superiore a quello della classe di prezzo più richiesta, e, dall'altro, per le sigarette di "fascia bassa", ha invece previsto, modificando il comma 4 dell'art. 39-octies del d.lgs. n. 504 del 1995, che «[l]'importo di base di cui al comma 3 costituisce, nella misura del centoquindici per cento, l'accisa dovuta per le sigarette aventi un prezzo di vendita al pubblico inferiore a quello delle sigarette della classe di prezzo più richiesta di cui all'articolo 39-quinquies, comma 2».

In questo modo, il prezzo minimo è stato sostituito da una misura fiscale, ovvero l'accisa minima disincentivante (pari al 115 per cento dell'accisa applicabile alla classe di prezzo più richiesta).

3.3.- Anche questo intervento normativo è stato però censurato dalla Corte di giustizia, questa volta per violazione della direttiva 2011/64/UE, che ha sostituito la precedente.

La Corte di giustizia, quinta sezione, con sentenza 9 ottobre 2014, causa C-428/13, Ministero dell'economia e delle finanze e Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato (AAMS), ha infatti precisato che «l'applicazione di soglie d'imposta che variano in funzione delle caratteristiche o del prezzo delle sigarette comporterebbe distorsioni alla concorrenza tra le differenti sigarette e sarebbe quindi contraria all'obiettivo di garantire il corretto funzionamento del mercato interno e condizioni neutre di concorrenza perseguito dalla direttiva 2011/64».

Secondo la CGUE «[c]iò è proprio quanto avviene con la normativa di cui trattasi nel procedimento principale, la quale prevede il prelievo di un'accisa, fissata nella misura del 115% dell'accisa applicabile alla classe di prezzo più richiesta, unicamente sulle sigarette con un prezzo di vendita inferiore a quello delle sigarette della classe di prezzo più richiesta».

Pertanto, la sentenza ha chiarito che «[g]li articoli 7, paragrafo 2, e 8, paragrafo 6, della direttiva 2011/64/UE [...] devono essere interpretati nel senso che ostano a una normativa nazionale, come quella di cui trattasi nel procedimento principale, che stabilisca non un'accisa minima identica per tutte le sigarette, bensì un'accisa minima sulle sole sigarette con un prezzo di vendita al pubblico inferiore a quello delle sigarette della classe di prezzo più richiesta».

3.4.- Il legislatore nazionale, a seguito della citata sentenza, è nuovamente intervenuto e, con l'art. 1, comma 1, lettera d), del decreto legislativo 15 dicembre 2014, n. 188 (Disposizioni in materia di tassazione dei tabacchi lavorati, dei loro succedanei, nonché di fiammiferi, a norma dell'articolo 13 della legge 11 marzo 2014, n. 23), ha introdotto una diversa configurazione della struttura dell'imposizione, imperniata sulla previsione di un OFM.

3.5.- In particolare, con specifico riferimento alla misura di quest'ultimo, inizialmente il comma 6 dell'art. 39-octies del d.lgs. n. 504 del 1995 - nel testo risultante dopo le modifiche apportate dal citato art. 1, comma 1, lettera d), del d.lgs. n. 188 del 2014 - lo aveva determinato nella misura fissa di «euro 170 il chilogrammo convenzionale», cioè ogni 1000 sigarette.

3.6.- Dopo l'introduzione del meccanismo dell'OFM di cui al d.lgs. n. 188 del 2014, sono intervenuti quattro ulteriori mutamenti legislativi, segnatamente:

- art. 1, comma 1074, della legge n. 145 del 2018;

- art. 1, comma 659, della legge n. 160 del 2019;

- art. 1, comma 122, della legge n. 197 del 2022;

- art. 1, comma 48, lettera a), numero 3), della legge n. 213 del 2023.

La caratteristica comune di queste disposizioni, oltre che nella conferma dell'OFM, risiede nella modifica della sua modalità di calcolo.

In particolare, in base all'art. 1, comma 1074, della legge n. 145 del 2018, l'OFM non è più stabilito in misura fissa dal legislatore, ma risulta indicizzato, in quanto è divenuto una percentuale, inizialmente pari al 95,22 (poi, per effetto delle disposizioni di cui alle leggi n. 160 del 2019, n. 197 del 2022 e n. 213 del 2023, è stata alzata, rispettivamente, al 96,22 dal 2019, al 98,10 dal 2023, al 98,70 dal 2024 e al 98,80 dal 2025) della somma dell'accisa globale, calcolata con riferimento al "PMP-sigarette".

3.7.- Si è così passati da un sistema di calcolo dell'OFM fondato su una scelta numerica del legislatore a una metodologia basata su un aggiornamento automatico, che si rapporta al "PMP-sigarette".

Quest'ultimo, ai sensi dell'art. 39-quinquies, comma 2, del d.lgs. n. 504 del 1995, viene «determinato annualmente entro il primo marzo dell'anno solare successivo, sulla base del rapporto, espresso in euro con troncamento dei decimali, tra il valore totale, calcolato con riferimento al prezzo di vendita comprensivo di tutte le imposte, delle sigarette immesse in consumo nell'anno solare precedente e la quantità totale delle medesime sigarette».

3.8.- L'art. 1, comma 659, della legge n. 160 del 2019, poi, si è limitato a intervenire sul comma 6 dell'art. 39-octies del d.lgs. n. 504 del 1995, modificando la percentuale dell'OFM, che è diventata pari al 96,22 per cento della somma dell'accisa globale e dell'imposta sul valore aggiunto calcolate con riferimento al "PMP-sigarette".

3.9.- L'art. 1, comma 122, della legge n. 197 del 2022 ha, infine, modificato e aumentato l'importo dell'accisa specifica, prevedendo, al comma 3, lettera a), dell'art. 39-octies del d.lgs. n. 504 del 1995, come sostituito, che «[p]er le sigarette, l'ammontare dell'accisa è costituito dalla somma dei seguenti elementi: a) un importo specifico fisso per unità di prodotto, determinato, per l'anno 2023, in 28 euro per 1.000 sigarette, per l'anno 2024 in 28,20 euro per 1.000 sigarette e, a decorrere dall'anno 2025, in 28,70 euro per 1.000 sigarette».

L'accisa ad valorem dall'art. 39-octies, comma 3, lettera b), anch'esso come sostituito, è stata definita come «[u]n importo risultante dall'applicazione dell'aliquota di base, di cui alla voce "Tabacchi lavorati", lettera c), dell'allegato I, al prezzo di vendita al pubblico».

È stato abrogato il comma 4 dell'art. 39-octies (che prevedeva il computo dell'accisa globale), mentre è rimasta la nozione di accisa globale, quale somma delle due componenti, fissa e proporzionale, richiamata nel meccanismo di determinazione dell'OFM, che è stato così determinato al comma 6 del medesimo articolo: «[p]er i tabacchi lavorati di cui all'articolo 39-bis, comma 1, lettera b) (sigarette) l'onere fiscale minimo, di cui all'articolo 7, paragrafo 4, della direttiva 2011/64/UE del Consiglio, del 21 giugno 2011, è pari, per l'anno 2023, al 98,10 per cento della somma dell'accisa globale costituita dalle due componenti di cui alle lettere a) e b) del comma 3 del presente articolo e dell'imposta sul valore aggiunto calcolate con riferimento al "PMP-sigarette"; la medesima percentuale è determinata al 98,50 per cento per l'anno 2024 e al 98,60 per cento a decorrere dall'anno 2025».

Lo ius variandi è stato previsto esclusivamente per il calcolo dell'accisa specifica, ma non per la determinazione dell'OFM, che continua quindi a dipendere da una (alta) percentuale, stabilita di volta dal legislatore, sostanzialmente rapportata al "PMP-sigarette".

Infine, con l'art. 1, comma 48, lettera a), numero 3), della legge n. 213 del 2023, si è modificato il comma 6 dell'art. 39-octies del d.lgs. n. 504 del 1995, aumentando ulteriormente la misura della percentuale da applicare ai fini del calcolo dell'OFM, determinandola «al 98,70 per cento per l'anno 2024 e al 98,80 per cento a decorrere dall'anno 2025».

4.- L'attuale meccanismo di determinazione dell'OFM presenta evidenti criticità in riferimento al principio di proporzionalità, dal momento che comprime eccessivamente e in modo non necessario la libertà di determinazione dei prezzi che la direttiva 2011/64/UE riconosce ai produttori di sigarette.

È pur vero che, come rilevato dall'Avvocatura generale dello Stato, la direttiva, in più punti, fa richiamo, ai fini del calcolo dell'accisa sulle sigarette, al "PMP-sigarette" (in particolare, negli artt. 8, paragrafo 4, e 10, paragrafo 2, e nel considerando n. 14); essa riconosce altresì la possibilità per gli Stati membri di introdurre l'OFM, a cui fa specifico riferimento - senza però dettagliarne espressamente le modalità concrete con le quali può essere reso operativo - nell'art. 7, paragrafo 4; infine, la direttiva dà anche rilievo all'esigenza di garantire «un livello elevato di protezione della salute, come richiesto dall'articolo 168 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea, tenendo presente che i prodotti del tabacco possono nuocere gravemente alla salute» (considerando n. 2).

Tuttavia, queste previsioni devono essere interpretate alla luce delle finalità perseguite e tenendo conto degli specifici bilanciamenti operati dalla medesima direttiva.

Questa, infatti, riconosce un rilievo non marginale all'esigenza che «non [si] falsino le condizioni di concorrenza» (considerando n. 3), le quali «implicano un sistema di prezzi che si formino liberamente per tutti i gruppi di tabacchi lavorati» (considerando n. 10).

Coerente con questa finalizzazione della disciplina unionale è, in primo luogo, la previsione di cui all'art. 7, paragrafo 3, della direttiva, in base alla quale deve essere assicurato per le sigarette lo stesso rapporto tra l'accisa specifica e la somma dell'accisa ad valorem e dell'IVA, «in modo che la gamma dei prezzi di vendita al minuto rifletta equamente il divario dei prezzi di cessione dei produttori», nonché, in secondo luogo, quella di cui al paragrafo 4 del medesimo articolo, che precisa che l'OFM deve essere applicato «nella misura in cui ciò sia necessario», richiedendo, inoltre, che «la struttura mista della tassazione e la fascia dell'elemento specifico dell'accisa, ai sensi dell'articolo 8, siano rigidamente rispettate».

4.1.- Rispetto a questo quadro normativo unionale, cui il legislatore nazionale è tenuto a conformarsi, l'attuale meccanismo di calcolo dell'OFM stabilito dalle norme censurate risulta - anche alla luce dei principi già affermati al riguardo dalla Corte di Giustizia e fortemente orientati a garantire il corretto funzionamento del mercato interno - comprimere eccessivamente le esigenze di tutela della concorrenza.

Riguardo al meccanismo di indicizzazione al "PMP-sigarette" - per cui l'OFM viene ogni anno rideterminato automaticamente, in via amministrativa con delibera del Direttore delle dogane e dei monopoli, in funzione del prezzo di vendita delle sigarette relativo all'anno precedente - non è, infatti, possibile escludere il rischio prospettato dal rimettente, ovvero che, in un mercato oligopolistico come quello italiano, la misura dell'OFM finisca per essere condizionata dall'aumento dei prezzi provocato dalle multinazionali che dominano il mercato di fascia alta; ciò che si riverbera a danno di produttori di sigarette di fascia bassa, gravate tutte e indistintamente dal medesimo importo a titolo di OFM, mentre quelle di fascia alta, superando il cosiddetto prezzo di parità - ovvero la fascia di prezzo oltre l'OFM - rimangono sottoposte all'accisa ordinaria in ragione e in proporzione al prezzo di vendita al pubblico.

Inoltre, il livello di adeguamento al "PMP-sigarette" è stato fissato in una percentuale estremamente elevata, che è stata progressivamente aumentata per legge: dal 95,22 originariamente previsto per il 2019, al 96,22 per cento del 2020, al 98,10 per cento del 2023, al 98,70 per cento del 2024, al 98,80 dal 2025.

La combinazione di questi due fattori (l'indicizzazione al "PMP-sigarette" e l'aumento progressivo della percentuale dell'aliquota da applicare, che comporta un avvicinamento notevole dell'OFM al "PMP-sigarette") sottopone al regime dell'OFM una fascia crescente del mercato delle sigarette. In altri termini, la crescita del rapporto tra l'OFM e il "PMP-sigarette" spinge oltremodo i produttori di fascia bassa ad aumentare i loro prezzi per salvaguardare i loro ricavi, mentre consente a quelli di fascia alta di innalzare anch'essi i loro prezzi senza perdere competitività: così, il "PMP-sigarette" aumenta e, data l'indicizzazione a quest'ultimo, aumenta ulteriormente anche l'OFM, innescando un effetto circolare che rafforza se stesso.

In tal modo, si determina la penalizzazione dei produttori di fascia bassa denunciata dall'ordinanza di rimessione e documentata dalle parti.

Si tratta di un effetto sproporzionato e non necessario rispetto alla finalità per cui la direttiva 2011/64/UE ha consentito di istituire l'OFM, che è quella di salvaguardare la salute, evitando che prezzi troppo bassi favoriscano il consumo, soprattutto nelle fasce della popolazione più esposta, come i giovani.

Il meccanismo censurato, infatti, innesca un automatismo che tende ad autoalimentarsi, incidendo drasticamente sul margine di guadagno delle sigarette vendute a un prezzo di "fascia bassa", cioè al di sotto del "prezzo di parità", con un effetto di protezione della "fascia alta" che va a sbilanciare fortemente, pregiudicandola, la finalità di tutela della concorrenza rispetto a quella, parimenti perseguita dal legislatore unionale, di tutela della salute.

4.2.- Tuttavia, la reductio ad legitimitatem, come detto, non può essere operata da questa Corte. Le modalità con cui ciò potrebbe avvenire risultano infatti molteplici, nonché espressive di diverse scelte di sistema, e sono rimesse in prima battuta alla discrezionalità del legislatore.

Lo spettro delle opzioni possibili spazia tra la soluzione - verso la quale si è in effetti indirizzato l'attuale disegno di legge di «Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2026 e bilancio pluriennale per il triennio 2026-2028», presentato dal Ministro dell'economia e delle finanze, con l'art. 28, comma 1, lettera a), numero 3), ponendosi in linea con la scelta già compiuta, a suo tempo, dal d.lgs. n. 188 del 2014 - di tornare a determinare l'OFM, a partire dal 2026, in una misura numerica (riferita al quantitativo di un chilogrammo convenzionale di sigarette) stabilita direttamente dalla norma primaria, eliminando, cioè, automatismi, e quella di ridurre in modo significativo l'aliquota prevista per l'OFM; entrambe queste soluzioni possono, peraltro, declinarsi secondo un'ampia gamma di possibili variabili all'interno di ciascuna di esse.

Fermo restando che la concreta determinazione dell'OFM deve essere informata a criteri di proporzionalità e di contemperamento dei ricordati obiettivi perseguiti dalla direttiva, il vasto terreno delle soluzioni possibili, e necessarie, determina quindi l'inammissibilità delle questioni sollevate, dal momento che il rimedio al vulnus riscontrato richiede, in realtà, «un intervento normativo di sistema, implicante scelte di fondo tra opzioni tutte rientranti nella discrezionalità del legislatore (sentenze n. 71 del 2023, n. 96 e n. 22 del 2022, n. 259, n. 240, n. 146, n. 103, n. 33 e n. 32 del 2021)» (sentenza n. 190 del 2023).

P.Q.M.
LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 39-octies, commi 6, 7 e 8, del decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504 (Testo unico delle disposizioni legislative concernenti le imposte sulla produzione e sui consumi e relative sanzioni penali e amministrative), come modificato dall'art. 1, comma 1074, della legge 30 dicembre 2018, n. 145 (Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2019 e bilancio pluriennale per il triennio 2019-2021), dall'art. 1, comma 659, della legge 27 dicembre 2019, n. 160 (Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2020 e bilancio pluriennale per il triennio 2020-2022), dall'art. 1, comma 122, della legge 29 dicembre 2022, n. 197 (Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2023 e bilancio pluriennale per il triennio 2023-2025) nonché dall'art. 1, comma 48, lettera a), numero 3), della legge 30 dicembre 2023, n. 213 (Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2024 e bilancio pluriennale per il triennio 2024-2026), sollevate, in riferimento agli artt. 11 e 117, primo comma, della Costituzione, in relazione all'art. 7, paragrafi 2, 3 e 4, della direttiva 2011/64/UE del Consiglio, del 21 giugno 2011, relativa alla struttura e alle aliquote dell'accisa applicata al tabacco lavorato, all'art. 101 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, nonché all'art. 4 del Trattato dell'Unione europea, dal Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, sezione seconda, con l'ordinanza indicata in epigrafe.