Tribunale Amministrativo Regionale per l'Emilia-Romagna
Sezione I
Sentenza 14 maggio 2018, n. 395

Presidente: Di Nunzio - Estensore: Giovannini

FATTO E DIRITTO

La presente controversia concerne la verifica della legittimità, alla luce dei motivi di ricorso, del provvedimento in data 8 agosto 2016 con il quale la regione Emilia-Romagna ha disposto, nei confronti della società ricorrente, la revoca del contributo dell'importo di Euro 52.812,80 concesso a sostegno di progetti innovativi finalizzati al risparmio energetico e all'utilizzo di fonti rinnovabili di energia nel settore del commercio e del turismo e con il quale è stato contestualmente disposto il recupero della somma pari ad Euro 18.528,11 corrispondente alla parte di contributo già erogata oltre ad interessi.

A sostegno dell'impugnativa, la ricorrente deduce motivi in diritto rilevanti: violazione art. 97 Cost.; violazione artt. 2 e 21-nonies l. n. 241 del 1990 e del principio generale che tutela l'affidamento del privato nell'attività posta in essere dall'amministrazione; eccesso di potere per difetto di istruttoria, sviamento, manifesta ingiustizia, insufficienza e contraddittorietà della motivazione, travisamento dei fatti, illogicità.

La Regione Emilia-Romagna, costituitasi in giudizio, in via pregiudiziale eccepisce l'inammissibilità del ricorso per difetto di giurisdizione del giudice amministrativo, trattandosi di revoca di contributo per inadempimento del richiedente successivo alla fase procedimentale pubblicistica culminata con la concessione del contributo poi revocato. In subordine, nel merito, la regione Emilia-Romagna chiede la reiezione del ricorso, stante la ritenuta infondatezza di tutte le censure ivi rassegnate.

Con ordinanza collegiale n. 362 del 2016, questa Sezione ha respinto l'istanza cautelare presentata dalla ricorrente; il Consiglio di Stato, sez. V, con ordinanza 2223 del 2017, ritenendo, ai sensi dell'art. 55, comma 10, c.p.a., che le esigenze di parte ricorrente possano essere meglio tutelate mediante la sollecita fissazione nel merito della causa, ha disposto l'accoglimento dell'istanza esclusivamente a tali limitati fini, con rinvio al T.A.R. per la sollecita fissazione dell'udienza di merito di trattazione del presente ricorso.

Alla pubblica udienza del giorno 7 marzo 2018, la causa è stata chiamata ed è stata quindi trattenuta per la decisione come indicato nel verbale.

Il Collegio ritiene di dovere esaminare preliminarmente l'eccezione di inammissibilità del ricorso per difetto di giurisdizione del giudice amministrativo adito dalla ricorrente, sollevato dalla resistente regione Emilia-Romagna.

L'eccezione va respinta, in quanto il gravato provvedimento di revoca del contributo precedentemente concesso dalla Regione a Gabbiano s.r.l. trae origine, in concreto, non già da un inadempimento della richiedente il contributo successivo al riconoscimento dello stesso, ma alla mancanza di un requisito essenziale (proprietà o comunque piena disponibilità dell'immobile su cui effettuare gli interventi ammessi a contributo alla data di presentazione della domanda) che, se fosse stato conosciuto dall'amministrazione nella fase di esame della relativa domanda, avrebbe certamente comportato la reiezione o l'inammissibilità della stessa, con provvedimento direttamente incidente su una posizione del richiedente il contributo di interesse legittimo di tipo pretensivo. Con riferimento alle controversie aventi ad oggetto tale tipologia di revoca del contributo, la giurisprudenza delle Sezioni unite della Corte di cassazione e dei giudici amministrativi ha ritenuto che la cognizione delle stesse spetti al giudice amministrativo.

È stato infatti autorevolmente sostenuto e ribadito, in coerenza con la giurisprudenza della Corte regolatrice (cfr., più di recente, Cass. civ., Sez. un., n. 25211/2015), dall'Adunanza plenaria n. 6/2014, che il riparto di giurisdizione tra giudice ordinario e giudice amministrativo in materia di controversie riguardanti la concessione e la revoca di contributi e sovvenzioni pubbliche deve essere attuato sulla base del generale criterio fondato sulla natura della situazione soggettiva azionata, con la conseguenza che sussiste sempre la giurisdizione del giudice ordinario: (a) qualora il finanziamento è riconosciuto direttamente dalla legge, mentre alla Pubblica amministrazione è demandato soltanto il compito di verificare l'effettiva esistenza dei relativi presupposti senza procedere ad alcun apprezzamento discrezionale circa l'an, il quid, il quomodo dell'erogazione; (b) qualora la controversia attenga alla fase di erogazione o di ripetizione del contributo sul presupposto di un addotto inadempimento del beneficiario alle condizioni statuite in sede di erogazione o dall'acclarato sviamento dei fondi acquisiti rispetto al programma finanziato, anche se si faccia questione di atti formalmente intitolati come revoca, decadenza o risoluzione, purché essi si fondino sull'inadempimento alle obbligazioni assunte di fronte alla concessione del contributo. In tal caso, infatti, il privato è titolare di un diritto soggettivo perfetto, come tale tutelabile dinanzi al giudice ordinario, attenendo la controversia alla fase esecutiva del rapporto di sovvenzione e all'inadempimento degli obblighi cui è subordinato il concreto provvedimento di attribuzione. È invece configurabile una situazione soggettiva d'interesse legittimo, con conseguente giurisdizione del giudice amministrativo, solo qualora: (c) la controversia riguardi una fase procedimentale precedente al provvedimento discrezionale attributivo del beneficio; (d) a seguito della concessione del beneficio, il provvedimento sia stato annullato o revocato per vizi di legittimità o per contrasto iniziale con il pubblico interesse, ma non per inadempienze del beneficiario. Per qualificare simili situazioni, va tenuto presente che, alla luce del suddetto orientamento, ciò che assume valore dirimente, non è tanto la collocazione del vizio riscontrato rispetto alla fase del procedimento, quanto invece la natura della situazione soggettiva su cui interviene il potere amministrativo (della quale, la collocazione nella sequenza delle fasi è soltanto indice rivelatore, e per questo motivo viene utilizzato nella ricostruzione offerta dalla Plenaria) (v. di recente: C.d.S., sez. III, 9 agosto 2017, n. 3975; T.A.R. Lazio, Roma, 11 gennaio 2018, n. 312).

Ciò premesso in rito, nel merito il ricorso non merita accoglimento.

Il bando regionale relativo all'aiuto in questione stabilisce espressamente ed inequivocabilmente, all'art. 3, rubricato "Misure di intervento ammissibili", che "Sono ammessi gli interventi realizzati in immobili e/o unità locali, aventi sede nel territorio regionale, nella disponibilità dell'impresa richiedente secondo le forme dell'ordinamento giuridico vigente, e in cui si svolge l'attività operativa". A sua volta l'art. 5, punto 6, del bando stabilisce, in modo altrettanto inequivoco, che sono ammessi a contributo gli interventi effettuati dalle imprese richiedenti le cui relative spese fossero state sostenute nel periodo "dal 1° settembre 2013 fino al decorso di mesi 8 dalla data di comunicazione della concessione del contributo" (in riferimento alla domanda della ricorrente tale termine scadeva il 20 novembre 2015).

In sede di esame della rendicontazione economica finanziaria dell'intervento effettivamente realizzato dalla ricorrente con il contributo regionale ad essa in un primo tempo accordato - attività procedimentale espressamente prevista dal punto 16 del bando (v. doc. n. 3 della Regione) - l'amministrazione procedente ha accertato che: a) parte dell'intervento era stato realizzato dalla ricorrente in locali diversi (siti al 2° piano) da quelli in cui esercitava la propria attività di somministrazione di alimenti e bevande (bar-pizzeria siti al piano terra e 1° piano); b) in detti locali sarebbe stata esercitata un'attività diversa da quella indicata ai fini di ottenere il contributo (esercizio alberghiero); c) la ricorrente aveva ottenuto la necessaria disponibilità giuridica di tali locali solamente in data 20 gennaio 2016, ben oltre, quindi, il termine ultimo del 20 novembre 2015 fissato dal bando (v. contratto di locazione tra Castelluccio Imm.re s.r.l. e la ricorrente del 20 gennaio 2016 doc. n. 10 Regione). In definitiva, la Regione ha accertato che solo una parte dell'intervento, in riferimento alla quale era stata presentata la domanda della ricorrente (v. relazione tecnica e planimetria ad essa allegate docc. n. 6 e 7 della Regione) era ammissibile a contributo, e che tale parte, essendo essa riferita ad un complessivo progetto la cui effettiva realizzazione risultava inferiore al 50% del totale della spesa indicata nella domanda, integrava la fattispecie di revoca del contributo prevista dall'art. 17.4, lett. e), del bando, con conseguente piena legittimità del provvedimento impugnato. Rispetto alle suddette dirimenti considerazioni, si rivelano inconsistenti e comunque infondate le censure evidenziate nell'atto introduttivo del giudizio, tenuto conto, da un lato che il provvedimento è plurimotivato, con conseguente inammissibilità per carenza di interesse della doglianze con cui si aggredisce l'ulteriore capo di motivazione inerente la ritenuta irregolarità del certificato energetico dei locali oggetto di intervento e dall'altro lato che non sussiste alcuna contraddittorietà tra le motivazioni contenute nel primo preavviso di reiezione della domanda di contributo e quelle contenute nel secondo preavviso, stante che la revoca è derivata dall'accertato superamento della percentuale del progetto non realizzato rispetto a quanto previsto nella domanda e dalla conseguente violazione dell'art. 17.4, lett. e), del Bando, che riconnette al verificarsi di tale fatto, non già la riduzione del contributo concesso (come nell'eventualità del mancato superamento di tale parametro), ma la revoca dello stesso, con conseguente ulteriore inconsistenza del rilievo invocante la tutela di un non meglio precisato affidamento - oggettivamente insussistente - asseritamente riposto dal ricorrente nella legittimità della propria domanda.

Per le suesposte ragioni, il ricorso è respinto.

Sussistono, tuttavia, in ragione della peculiarità della vicenda esaminata, giusti motivi per disporre l'integrale compensazione delle spese di lite tra le parti.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per l'Emilia-Romagna, Bologna (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.