Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto
Sezione II
Sentenza 19 luglio 2018, n. 766

Presidente: Mielli - Estensore: Valletta

FATTO E DIRITTO

1. Con il ricorso introduttivo del giudizio i ricorrenti hanno rappresentato di essere proprietari e conduttori dei terreni e delle abitazioni confinanti con l'area catastalmente censita alla sez. unica, foglio n. 19 mappale 322, sulla quale il Comune di Carbonera, nell'anno 2000, aveva autorizzato la realizzazione di una stazione radio base per telefonia mobile, rilasciando concessione edilizia in favore della società Alcatel Italia spa.

A causa del rilevante impatto dell'impianto sull'ambiente e il paesaggio circostante, i ricorrenti hanno impugnato la concessione citata, unitamente agli ulteriori atti indicati in premessa, deducendo:

- la violazione dell'art. 2-bis del d.l. 115/1997, come convertito in l. 189/1997, per carenza dell'esperimento della procedura di v.i.a. prevista dalla norma come presupposto per il rilascio della concessione in oggetto;

- la violazione dell'art. 220 del t.u. delle leggi sanitarie per mancanza del visto del dirigente comunale;

- la violazione dell'art. 3 l.r. 29/1993 per carenza di autorizzazione da parte del Presidente della Provincia;

- la mancanza di una congrua motivazione nell'autorizzazione ambientale 21 luglio 2000, nonché la carenza di istruttoria a fondamento del relativo rilascio.

Si è costituita la società Alcatel Italia, controinteressata, chiedendo che il ricorso venisse respinto.

Si è costituito altresì il Comune di Carbonera, eccependo l'irricevibilità del ricorso per essere stato proposto tardivamente: ciò in ragione della decorrenza del termine per impugnare a far data dalla pubblicazione della concessione edilizia nell'albo pretorio, ovvero, al più tardi, dal giorno di inizio dei lavori.

Con la memoria depositata ex art. 73 c.p.a., il Comune di Carbonera ha altresì eccepito l'inammissibilità del ricorso per difetto di legittimazione e di interesse personale, ai sensi dell'art. 35, comma 1, lett. b), c.p.a., per carenza di prova quanto al requisito minimo della vicinitas dei fondi di proprietà dei ricorrenti rispetto all'impianto di stazione radio base contestato. Si assume in proposito che la difesa della controparte si sarebbe limitata, sul punto, ad allegare nell'atto introduttivo - con proposizione meramente assertiva - che "i ricorrenti sono proprietari e conduttori dei terreni e delle abitazioni immediatamente limitrofi all'area interessata dalla costruzione del traliccio", senza suffragare l'assunto con adeguata documentazione di supporto.

È stata inoltre eccepita la sopravvenuta carenza di interesse alla decisione, alla luce delle più recenti disposizioni comunali relative all'installazione degli impianti di telefonia mobile, varate nell'anno 2008, con le quali l'ente avrebbe esternato la volontà di mantenere, sul sito di via B. n. 8 in oggetto, il vincolo di destinazione all'insediamento di impianti fissi per telefonia mobile.

Nel merito, il Comune resistente ha dedotto l'infondatezza dei motivi di ricorso, chiedendone il rigetto.

All'udienza del 5 luglio 2018, all'esito della discussione delle parti, il Collegio si è riservato di decidere.

2. Occorre, preliminarmente, procedere al vaglio delle eccezioni in rito sollevate dalla parte resistente.

2.1. Il Collegio ritiene infondata l'eccezione di irricevibilità del ricorso per tardività della relativa proposizione. Come accennato, il Comune di Carbonera pretende di far decorrere il dies a quo per la contestazione giudiziale del provvedimento in oggetto - al fine di trarre la conseguenza della tardività dell'impugnazione - dal momento della pubblicazione della concessione nell'albo pretorio, ovvero, in subordine, dalla data d'inizio dei lavori di installazione dell'impianto di telefonia mobile in esame.

Si osserva sul punto che nel caso di specie, avuto peraltro riguardo alla natura delle censure sviluppate con la proposizione del ricorso introduttivo del giudizio, l'impugnazione deve ritenersi tempestiva.

Richiamati i principali approdi ermeneutici della giurisprudenza amministrativa in punto di decorrenza del termine iniziale dell'impugnazione, è infatti da ritenersi che il termine per ricorrere in sede giurisdizionale avverso atti abilitativi di natura edilizia si ha, per i soggetti diversi da quelli cui l'atto è rilasciato ovvero che in esso sono comunque indicati, non dal momento della pubblicazione all'Albo Pretorio del titolo impugnato, bensì dalla data in cui si renda palese ed oggettivamente apprezzabile la lesione del bene della vita protetto, circostanza che si verifica quando sia percepibile dal controinteressato la concreta entità del manufatto e la sua incidenza effettiva sulla propria posizione giuridica (TAR Napoli, Campania, sez. VIII, 23 agosto 2016, n. 4092; TAR Catania, Sicilia, sez. I, 1° agosto 2011, n. 2044).

Tenuto conto, poi, della natura delle censure proposte dai ricorrenti, e a prescindere dalla relativa fondatezza (mancato esperimento della procedura di v.i.a.; difetto del visto del dirigente comunale; mancata autorizzazione del Presidente della Provincia), non può che ritenersi che il termine per impugnare sia nella specie decorso dal momento in cui i ricorrenti -non partecipanti al procedimento amministrativo conclusosi con i provvedimenti impugnati - ebbero la possibilità, a seguito di richiesta di accesso agli atti presentata in Comune, di ottenere la copia della concessione e del progetto approvato.

In termini: "L'inizio dei lavori segna il dies a quo della tempestiva proposizione del ricorso laddove si contesti l'an della edificazione (cioè laddove si sostenga che nessun manufatto poteva essere edificato sull'area), mentre laddove si contesti il quomodo (distanze, consistenza ecc.) il dies a quo va fatto coincidere con il completamento dei lavori ovvero con il grado di sviluppo degli stessi, ove renda palese l'esatta dimensione, consistenza, finalità, dell'erigendo manufatto, ferma restando la possibilità, da parte di chi solleva l'eccezione di tardività, di provare, anche in via presuntiva, la concreta anteriore conoscenza del provvedimento lesivo in capo al ricorrente (cfr., ex plurimis, C.d.S., sez. IV, 21 marzo 2016, n. 1135; sez. IV, 28 ottobre 2015, n. 4910 e n. 4909; sez. IV, 22 dicembre 2014, n. 6337; sez. V, 16 aprile 2013, n. 2107; sez. VI, 18 aprile 2012, n. 2209).

2.2. Deve, al contrario, ritenersi fondata l'eccezione di inammissibilità del ricorso per difetto di legittimazione a ricorrere, ai sensi dell'art. 35, comma 1, lett. b), c.p.a., per mancanza di prova in ordine al requisito della vicinitas dei fondi di proprietà dei ricorrenti rispetto all'impianto di stazione radio base contestato.

Come noto, in tema di legittimazione al ricorso in materia urbanistico-edilizia, la giurisprudenza pressoché unanime richiede, quale presupposto imprescindibile, lo stabile collegamento con l'area interessata dall'intervento contestato, che vale a fondare la titolarità di una posizione giuridica qualificata e differenziata rispetto a quella del quisque de populo (questione sulla quale si registrano, invece, indirizzi non convergenti è quella relativa alla necessità di dimostrare l'esistenza di uno specifico vulnus alla propria posizione giuridica, quale conseguenza dell'edificazione altrui, al fine di dimostrate l'interesse a ricorrere - ossia la sussistenza di una lesione concreta e attuale per effetto del provvedimento amministrativo impugnato -. Ed infatti all'indirizzo a mente del quale la c.d. vicinitas sarebbe elemento di per sé sufficiente a radicare sia la legittimazione ad agire che l'interesse a ricorrere - C.d.S., sez. IV, 23 giugno 2015, n. 3180, 22 febbraio 2016, n. 719; TAR Basilicata, 28 novembre 2016, n. 1071; TAR Piemonte, sez. I, 28 novembre 2016, n. 1071 - si contrappone l'altro, più rigoroso, che impone comunque la dimostrazione di uno specifico pregiudizio ulteriore, osservando che il mero criterio della vicinitas non può ex se radicare l'interesse al ricorso, dovendo pur sempre il ricorrente fornire la prova concreta del pregiudizio specifico inferto dagli atti impugnati - C.d.S., sez. IV, 2 febbraio 2016, n. 383; TAR Salerno, Campania, 18 aprile 2018, n. 755).

Nel caso in esame, tuttavia, la prova della cd. vicinitas è senz'altro carente.

Essa, infatti, si fonda su una duplice argomentazione, sviluppata dai ricorrenti nella memoria di replica del 18 giugno 2018:

- in primo luogo, si afferma che la stazione radio base in esame sarebbe ubicata in via B. n. 8: tale via prenderebbe il nome proprio dalla famiglia B.; di qui, la prova della effettiva residenza dei ricorrenti nell'area della quale si discorre.

Con ogni evidenza, si tratta di argomento del tutto inidoneo a dimostrare quanto si vorrebbe: non solo è del tutto indimostrata l'allegata circostanza per cui la toponomastica stradale prenderebbe spunto proprio dalla famiglia dei ricorrenti, ma anche a volerlo ritenere non si comprende come questo dimostrerebbe che all'attualità i ricorrenti risiedano effettivamente in zona;

- si allega, inoltre, sentenza della Suprema Corte depositata in data 7 maggio 2018, resa tra due degli odierni ricorrenti e le società Servizi Integrati Acqua s.r.l. e Alto Trevignano Servizi: con tale decisione le società convenute sono state condannate al risarcimento del danno, in favore delle controparti, causato da immissioni propagantesi dal depuratore di relativa proprietà. Assumono i ricorrenti che, dal momento che gli atti depositati dimostrerebbero che la stazione radio base insisterebbe proprio sull'area ove è collocato detto depuratore, ne risulterebbe provata la vicinitas tra i fondi dei ricorrenti e la zona ove insiste l'impianto oggetto di contestazione.

Anche tale argomento non convince affatto.

È infatti agevole osservare che non è dato conoscere le dimensioni né le caratteristiche morfologiche dell'area dove insiste l'impianto di depurazione o dove, all'interno di essa, sarebbe collocato il traliccio in oggetto, né quanto l'una e l'altra installazione distano precisamente dalle proprietà dei ricorrenti: tali carenze non consentono di ritenere dimostrato quanto si vorrebbe, tenuto conto del fatto che - pur sorgendo entrambe le strutture nell'ambito della stessa area - ben potrebbe esserci una distanza tra il depuratore e i fondi dei ricorrenti tale da rendere moleste le immissioni che sono prodotte dal primo (immissioni che, si badi bene, possono propagarsi nell'area anche per chilometri) e difettare invece una prossimità tra detti fondi e l'impianto di telefonia in oggetto sufficiente ai fini che qui interessano.

3. Conclusivamente, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile. Il carattere assorbente del rilievo relativo alla carenza di legittimazione al ricorso esclude la necessità di procedere alla disamina delle ulteriori argomentazioni delle parti.

Quanto al regolamento delle spese di lite, appare opportuno compensarle integralmente tra le parti.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo dichiara inammissibile.

Spese compensate tra le parti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

P. Valensise e al. (curr.)

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