Corte di cassazione
Sezioni unite civili
Ordinanza 8 luglio 2020, n. 14237

Presidente: Di Cerbo - Relatore: Conti

FATTI DI CAUSA

La Procura contabile presso la Corte dei conti della Toscana spiccava innanzi alla sezione giurisdizionale della Corte dei conti della Toscana nei confronti di C. Christiane un atto di citazione, notificato il 13 febbraio 2018, per sentirla condannare al pagamento in favore dell'Università degli Studi di Firenze dei compensi indebitamente percepiti (pari ad euro 143.828,94) in quanto iscritta all'Albo degli Avvocati ancorché fosse già assunta con contratto di diritto privato a tempo indeterminato nella qualità di Collaboratore esperto linguistico a far data dall'1 aprile 1995. Rapporto di lavoro, che l'Università aveva provveduto a risolvere a decorrere dal 28 aprile 2015.

La Corte dei conti adita, con ordinanza n. 31/2019, depositata il 25 marzo 2019, ha sollevato d'ufficio la questione di giurisdizione ai sensi dell'art. 17, comma 3, del codice del giudizio contabile rilevando, in particolare, che:

a) il Tribunale di Firenze, al quale si era rivolta la C. per impugnare il licenziamento disciplinare, aveva dichiarato il difetto di giurisdizione del giudice ordinario a favore della stessa Corte dei conti relativamente alla domanda di restituzione delle somme percepite per lo svolgimento dell'attività libero-professionale di avvocato, ritenuta incompatibile con il rapporto di lavoro, che aveva formulato l'Università degli Studi di Firenze, con sentenza impugnata innanzi alla Corte di appello innanzi alla quale pendeva il relativo giudizio;

b) queste Sezioni unite - Cass., Sez. un., n. 19072/2016 e, successivamente Cass., Sez. un., n. 1415/2018 -, si erano già espresse a favore della giurisdizione del giudice ordinario quanto alle condotte riconducibili al comma 7-bis dell'art. 53 d.lgs. n. 165/2001 per il caso di omessa dimostrazione di un pregiudizio ulteriore - quale il danno all'immagine o da sottrazione di energie lavorative per avere svolto l'attività lavorativa durante l'orario di servizio - rispetto al semplice mancato introito dei compensi percepiti dal pubblico dipendente con lo svolgimento dell'attività lavorativa parallelamente svolta. Pertanto, non poteva disconoscersi la natura sanzionatoria dell'obbligo di riversamento delle somme percepite aliunde dal pubblico dipendente infedele, avuto riguardo al tenore letterale della norma che faceva salva l'applicazione delle più gravi sanzioni, così affermando implicitamente la natura sanzionatoria della disposizione normativa anzidetta;

c) il riversamento delle somme percepite indebitamente prescindeva dalla sussistenza degli elementi essenziali del danno erariale (evento dannoso, nesso causale con una data condotta, elemento psicologico), impedendo di potere dunque profilare una responsabilità di tipo erariale;

d) non era stata contestata né provata la sussistenza degli elementi tipici del danno erariale, per modo che la domanda di riversamento rientrava nella giurisdizione del giudice ordinario.

La ricordata ordinanza n. 31/2019 è stata comunicata alle parti.

Il Procuratore generale, al quale sono stati trasmessi gli atti, ha concluso per l'affermazione della giurisdizione del giudice ordinario.

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Il regolamento per conflitto negativo di giurisdizione proposto dalla Sezione giurisdizionale della Corte dei conti è, anzitutto, ammissibile ai sensi dell'art. 59, comma 3, l. n. 69/2009.

2. Ed invero, la sentenza del Tribunale di Firenze che ha rigettato la domanda di impugnazione del licenziamento disciplinare disposto a carico della C. ed ha altresì dichiarato il difetto di giurisdizione del g.o. rispetto alla domanda di condanna al rimborso delle somme corrisposte alla lettrice in quanto indebitamente percepite, è stata emessa il 4 ottobre 2017 e risulta gravata di appello.

3. In esito alla stessa il Procuratore contabile presso la Corte dei conti della Toscana, ricevuta la nota rettoriale del 7 novembre 2017 spiccò l'atto di citazione nei confronti della C. in data 13 febbraio 2018.

4. Tanto consente di ritenere rispettato il termine di tre mesi dal passaggio in giudicato della declinatoria di giurisdizione per la riassunzione, come fissato ai sensi dell'art. 17 del codice di giustizia contabile. Deve infatti ritenersi che alla luce del comma 8-bis dell'art. 17 del codice di giustizia contabile - «... Nei giudizi nei quali si controverte su una pretesa per danno all'erario, quando la giurisdizione è declinata in favore del giudice contabile, i soggetti indicati dall'articolo 52, comma 1, trasmettono la relativa sentenza senza ritardo, e comunque entro un mese dalla pubblicazione, al procuratore regionale della Corte dei conti. Resta fermo quanto previsto dall'articolo 52, comma 6» - il Rettore abbia rispettato detto termine per la trasmissione della sentenza che aveva declinato la giurisdizione sulla pretesa erariale inizialmente azionata innanzi al g.o. dall'Università. Né infine osta a ritenere che vi sia stata tempestiva riassunzione la non identità delle persone attrici (l'Università di Firenze nella domanda proposta innanzi all'a.g.o. ed il P.M. contabile dinanzi alla Corte dei conti) ciò non potendo comunque escludere il meccanismo della riassunzione, così scongiurando i diversi profili che sarebbero emersi ove il termine di riassunzione non fosse stato rispettato - per i quali v. Cass., Sez. un., n. 10687/2018 -.

5. Ciò posto in punto di ritualità del regolamento per conflitto negativo di giurisdizione, reputano le Sezioni unite di dovere affermare la giurisdizione della Corte dei conti rispetto alla domanda, proposta dalla Procura presso la Corte dei conti della Toscana, tendente ad ottenere la restituzione dei compensi percepiti dal dipendente che si assume essere stato infedele in relazione a quanto previsto dall'art. 53, comma 7-bis, d.lgs. n. 165/2001.

6. Giova premettere che l'art. 53, comma 7, d.lgs. n. 165/2001, prevede che "I dipendenti pubblici non possono svolgere incarichi retribuiti che non siano stati conferiti o previamente autorizzati dall'amministrazione di appartenenza. Ai fini dell'autorizzazione, l'amministrazione verifica l'insussistenza di situazioni, anche potenziali, di conflitto di interessi. Con riferimento ai professori universitari a tempo pieno, gli statuti o i regolamenti degli atenei disciplinano i criteri e le procedure per il rilascio dell'autorizzazione nei casi previsti dal presente decreto. In caso di inosservanza del divieto, salve le più gravi sanzioni e ferma restando la responsabilità disciplinare, il compenso dovuto per le prestazioni eventualmente svolte deve essere versato, a cura dell'erogante o, in difetto, del percettore, nel conto dell'entrata del bilancio dell'amministrazione di appartenenza del dipendente per essere destinato ad incremento del fondo di produttività o di fondi equivalenti".

7. Il comma 7-bis dello stesso art. 53 d.lgs. cit., introdotto dall'art. 1, comma 42, lett. d), della l. 6 novembre 2012, n. 190, ha poi previsto che "L'omissione del versamento del compenso da parte del dipendente pubblico indebito percettore costituisce ipotesi di responsabilità erariale soggetta alla giurisdizione della Corte dei conti".

8. Orbene, rispetto alla questione della giurisdizione in materia di ripetizione di quanto indebitamente percepito dal dipendente pubblico inosservanza degli obblighi nascenti dal rapporto di impiego giova evidenziare che queste Sezioni unite, con specifico riferimento alla portata della previsione di cui a ricordato art. 53, comma 7, d.lgs. n. 165/2001, hanno inizialmente ritenuto che la controversia avente ad oggetto la domanda della Pubblica Amministrazione rivolta ad ottenere dal proprio dipendente il versamento dei corrispettivi percepiti nello svolgimento di un incarico non autorizzato appartiene alla giurisdizione del giudice ordinario - Cass., Sez. un., 28 settembre 2016, n. 19072; Cass., Sez. un., 10 gennaio 2017, n. 8688; Cass., Sez. un., 19 gennaio 2018, n. 1415; Cass., Sez. un., 9 marzo 2018, n. 5789; Cass., Sez. un., 28 maggio 2018, n. 13239; Cass., Sez. un., 3 agosto 2018, n. 20533 -.

9. A tale conclusione si pervenne ritenendo che l'obbligo di versamento imposto dal d.lgs. n. 165 del 2001, art. 53, comma 7, si configura come una particolare sanzione ex lege volta a rafforzare la fedeltà del dipendente pubblico. Si affermò quindi che l'obbligo di versamento in esame "prescinde dai presupposti della responsabilità per danno (evento; nesso di causalità; elemento psicologico)", non dovendosi confondere "... il concetto attinente alla mera reversione del profitto con quello del danno...", ciò che "condurrebbe all'estensione del limite della giurisdizione contabile al di fuori dei suoi confini istituzionali" - cfr. Cass., Sez. un., n. 19072/2106, cit. -.

10. Da questa ricostruzione si faceva dunque derivare la conclusione che la giurisdizione contabile è ravvisabile "solo se alla violazione del dovere di fedeltà e/o all'omesso versamento della somma pari al compenso indebitamente percepito dal dipendente si accompagnino specifici profili di danno".

11. Detto orientamento è stato tuttavia modificato in relazione alla portata attribuita al comma 7-bis del citato art. 53, ritenendosi che l'azione proposta dal Procuratore contabile nei confronti di soggetto legato da rapporto d'impiego o di servizio con la P.A. trovi giustificazione nella violazione del dovere di chiedere l'autorizzazione allo svolgimento degli incarichi extralavorativi e del conseguente (rafforzativo) obbligo di riversare all'Amministrazione i compensi per essa ricevuti, costituendo queste prescrizioni chiaramente strumentali al corretto esercizio delle mansioni, in quanto preordinate a garantirne il proficuo svolgimento attraverso il previo controllo dell'Amministrazione sulla possibilità, per il dipendente, d'impegnarsi in un'ulteriore attività senza pregiudizio dei compiti d'istituto.

12. Seguendo tale prospettiva Cass., Sez. un., 26 giugno 2019, n. 17124 ha quindi ritenuto che la disposizione di cui al comma 7-bis dell'art. 53 ult. cit., laddove ha previsto la giurisdizione del giudice contabile per l'omesso versamento dei compensi indebitamente percepiti dal dipendente nello svolgimento di un incarico non autorizzato, non ha portata innovativa, di guisa che la domanda rimane attratta alla giurisdizione del giudice contabile, anche se la percezione dei compensi si è avuta in epoca precedente all'introduzione del comma 7-bis del medesimo art. 53. Ciò perché si verte in ipotesi di responsabilità erariale, che il legislatore ha tipizzato non solo nella condotta, ma annettendo, altresì, valenza sanzionatoria alla predeterminazione legale del danno, attraverso la quale si è inteso tutelare la compatibilità dell'incarico extraistituzionale in termini di conflitto di interesse e il proficuo svolgimento di quello principale in termini di adeguata destinazione di energie lavorative verso il rapporto pubblico, quali profili non sovrapponibili, ma strumentali rispetto al corretto adempimento del rapporto di lavoro/servizio con l'amministrazione (v. Cass., Sez. un., 26 giugno 2019, n. 17124).

13. Nella medesima circostanza si è poi ulteriormente chiarito che l'alternatività fra l'azione del Procuratore contabile e quella dell'amministrazione tesa ad ottenere la restituzione delle somme percette in assenza di valida autorizzazione ha come conseguenza che, in caso di inerzia dell'Amministrazione al fine di ottenere il riversamento nel proprio bilancio, l'azione intentata dal Procuratore contabile, in ragione della responsabilità erariale di cui alla tipizzata fattispecie legale d.lgs. n. 165 del 2001, ex art. 53, commi 7 e 7-bis, determina l'impossibilità da parte della medesima Amministrazione di promuovere azione per ottenere detto riversamento, con conseguente sterilizzazione della possibilità di un conflitto di giudicati.

14. Va poi rammentato che a tale orientamento ha dato di recente continuità Cass., Sez. un., n. 415/2020 e le stesse Sezioni riunite della Corte dei conti con la sentenza n. 26/2019 depositata in data 31 luglio 2019.

15. Alla stregua delle superiori considerazioni, queste Sezioni unite ritengono di dovere dare continuità all'indirizzo da ultimo ricordato. Ragione per cui deve ritenersi che la giurisdizione sull'azione promossa dalla Procura della Corte dei conti della Toscana per ottenere il riversamento delle somme che si assumevano indebitamente percepite dalla C. per l'attività libero-professionale in base a quanto previsto dall'art. 53, comma 7-bis, d.lgs. n. 165/2001 appartiene al giudice contabile.

16. Del tutto irrilevante, ai fini dell'individuazione del plesso giurisdizionale, risulta, pertanto, la circostanza, valorizzata dalla Corte dei conti della Toscana, secondo la quale non era stata contestata e provata la sussistenza degli elementi tipici del danno erariale quali un pregiudizio patrimoniale eziologicamente ricollegabile alla condotta dolosa o gravemente colposa della convenuta, tenuto conto del petitum e della causa petendi della domanda proposta alla stregua dell'art. 53, comma 7-bis, d.lgs. ult. cit., correlata ad un'ipotesi di responsabilità erariale che il legislatore ha tipizzato non solo nella condotta, ma annettendo, altresì, valenza sanzionatoria alla predeterminazione legale del danno forfettizzato in misura pari ai compensi percepiti dal dipendente.

17. Sulla base di tali considerazioni, va dichiarata la giurisdizione del giudice contabile.

18. Nulla sulle spese.

P.Q.M.

Dichiara la giurisdizione del Giudice Ordinario. (*)

Nulla sulle spese.

Note

(*) Trattasi di errore materiale, essendo stata affermata in motivazione la giurisdizione del giudice contabile.

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