Corte di cassazione
Sezione III penale
Sentenza 20 novembre 2020, n. 3727

Presidente: Marini - Estensore: Mengoni

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 12 dicembre 2018, la Corte di appello di Messina, in parziale riforma della pronuncia emessa il 26 settembre 2012 dal Tribunale di Patti, dichiarava non doversi procedere nei confronti di tutti gli imputati in ordine alla contravvenzione di cui agli artt. 110 c.p., 44, comma 1, lett. c), d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, perché estinta per prescrizione, confermando al contempo la confisca dei terreni e delle opere interessate dalla riconosciuta lottizzazione abusiva.

2. Propongono congiunto ricorso per cassazione Giuseppe S., Nicolò R., Sebastiano Se., Salvuccio Se., Agostina Se. e Maria Se., a mezzo del proprio difensore, deducendo - con unica censura - la violazione degli articoli di legge loro contestati, oltre che dell'art. 7 CEDU e dell'art. 1 Prot. 1 CEDU. La Corte di appello, nel dichiarare il reato estinto per prescrizione, avrebbe confermato la confisca in forza dell'elaborazione giurisprudenziale in materia, da ultimo richiamando la sentenza della Grande Chambre della Corte EDU 28 giugno 2018, nel caso G.I.E.M. c/Italia; proprio con riguardo a questa pronuncia, tuttavia, la sentenza non avrebbe verificato il necessario requisito della proporzionalità della misura ablatoria rispetto all'illecito contestato, così da imporsi l'annullamento della stessa decisione. Quanto precede, con la precisazione che la questione è stata rimessa alle Sezioni unite di questa Corte, con ordinanza del 15 maggio 2019 della Terza sezione penale.

CONSIDERATO IN DIRITTO

3. I ricorsi risultano fondati.

4. Al riguardo, occorre innanzitutto evidenziare che la tematica della confisca urbanistica - e dei presupposti per disporla - è stata oggetto negli ultimi anni di un significativo "dibattito tra le Corti" che ha interessato, a livello nazionale, questa Corte di cassazione e la Corte costituzionale, e, a livello sovranazionale, la Corte europea dei diritti dell'uomo; quel che origina dalla particolare lettera dell'art. 44, comma 2, d.P.R. n. 380 del 2001, che - diversamente da altre disposizioni in materia di confisca (ad esempio, artt. 240, 240-bis e 322-ter c.p., artt. 73, comma 7-bis, 85-bis, d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309) - lega espressamente la misura ablatoria urbanistica, con carattere di obbligatorietà, non ad una pronuncia di condanna o di applicazione della pena su richiesta, ma alla sentenza definitiva del giudice penale che accerta che vi è stata lottizzazione abusiva (come contestato nel caso in esame).

5. Si ritiene qui opportuno richiamare soltanto gli esiti che possono esser tratti dalla complessiva discussione in materia, anche alla luce della sentenza G.I.E.M. e altri c/Italia, emessa dalla Grande Camera della Corte EDU il 28 giugno 2018, che ne ha definitivamente individuato i parametri convenzionali, poi ulteriormente confermati dalla sentenza Sez. un. "Perroni", n. 13539 del 30 gennaio 2020.

6. Con la pronuncia "G.I.E.M.", in particolare, la Corte di Strasburgo - ribadita la natura di "pena" della confisca, ai sensi dell'art. 7 della Convenzione, attesine il carattere e lo scopo punitivi (desunti dalla natura afflittiva e dissuasiva della stessa, dalla sua obbligatorietà pur in assenza di prova di un danno effettivo e di un rischio concreto per l'ambiente, oltre che dalla penetrante onerosità) - ha sostenuto che "la logica della pena e della punizione nonché la nozione di «guilty» (nella versione inglese) e la corrispondente nozione di «personne coupable» (nella versione francese) vanno nel senso di un'interpretazione dell'art. 7 che esige, per punire, un legame di natura intellettuale" che permetta di rilevare un elemento di responsabilità nella condotta dell'autore materiale del reato; "ciò significa anche che una pena nel senso dell'art. 7 si può concepire in linea di principio soltanto a condizione che a carico dell'autore del reato sia stato accertato un elemento di responsabilità personale".

7. Muovendo da questo assunto, la sentenza CEDU ha quindi precisato che la richiesta dichiarazione di responsabilità penale è spesso contenuta in una sentenza che condanna formalmente l'imputato, ma ciò non costituisce una norma imperativa (al riguardo ricordando che la nota sentenza Varvara della stessa Corte Edu, del 29 ottobre 2013, "non permette di concludere che le confische per lottizzazione abusiva devono necessariamente essere accompagnate da condanne penali ai sensi del diritto nazionale"). Ciò che invero rileva, quale presupposto imprescindibile nell'ottica della tutela convenzionale, è infatti soltanto che i giudici del merito agiscano nel pieno rispetto dei diritti della difesa sanciti dall'art. 6 della Convenzione e constatino che sussistono tutti gli elementi - oggettivi e soggettivi - del reato di lottizzazione abusiva, pur pervenendo ad una pronuncia di non luogo a procedere, ad esempio, soltanto a causa della prescrizione; "tali constatazioni, in sostanza, costituiscono una condanna nel senso dell'art. 7, che in questo caso non è violato".

8. Tanto sinteticamente richiamato, ritiene il Collegio che questa conclusione ben possa essere interpretata come una conferma della giurisprudenza interna di legittimità, anche successiva alla citata sentenza Varvara; con il quale indirizzo, in particolare, si era affermato che se la prescrizione non è concettualmente incompatibile con un accertamento di responsabilità idoneo a legittimare l'applicazione di una misura ablatoria e se, ancora, la inapplicabilità della misura renderebbe il sistema "scoperto" sul versante della tutela di diritti anch'essi di rango costituzionale, così come evidenziato dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 49 del 2015, l'opzione interpretativa del giudice comune deve orientarsi per quella soluzione che, nel rispettare i principi convenzionali - per come "interpretati" dalla Corte di Strasburgo - si collochi in una linea che risulti integralmente satisfattiva anche e soprattutto dei valori costituzionali che, altrimenti, risulterebbero compromessi. "Difatti, con la sentenza n. 49 del 2015, il Giudice delle leggi, chiamato a pronunciarsi su una questione di legittimità costituzionale dell'art. 44, comma 2, d.P.R. n. 380 del 2001, denunciato, in riferimento agli artt. 2, 9, 32, 41, 42 e 117 Cost., nella parte in cui in forza proprio della interpretazione della Corte europea dei diritti dell'uomo, tale disposizione «non può applicarsi nel caso di dichiarazione di prescrizione del reato anche qualora la responsabilità penale sia stata accertata in tutti i suoi elementi», pur pervenendo, per ragioni varie, ad una declaratoria di inammissibilità della questione, ha offerto una serie di affermazioni di indubbio rilievo, evidenziando come il dovere del giudice comune di interpretare il diritto interno in senso conforme alla CEDU «è, ovviamente, subordinato al prioritario compito di adottare una lettura costituzionalmente conforme, poiché tale modo di procedere riflette il predominio assiologico della Costituzione alla CEDU», e confermando - sulla scia di precedenti pronunce relative proprio al tema della confisca urbanistica - il principio secondo il quale «nel nostro ordinamento, l'accertamento ben può essere contenuto in una sentenza penale di proscioglimento dovuto a prescrizione del reato, la quale, pur non avendo condannato l'imputato, abbia comunque adeguatamente motivato in ordine alla responsabilità personale di chi è soggetto alla misura ablativa, sia esso l'autore del fatto, ovvero il terzo in mala fede acquirente del bene». Su questa scia, non sarebbe di per sé «escluso che il proscioglimento per prescrizione possa accompagnarsi alla più ampia motivazione sulla responsabilità, ai soli fini della confisca del bene lottizzato»" (così Sez. 3, n. 53692 del 13 luglio 2017, Martino; in termini, tra le altre e successivamente alla sentenza G.I.E.M., Sez. 3, n. 8350 del 23 gennaio 2019, cit.; Sez. 3, n. 14005 del 4 dicembre 2018, PM/Bogni+altri; Sez. 3, n. 5936 dell'8 novembre 2018, Basile+altri).

9. Le stesse conclusioni, da ultimo, sono state raggiunte dalla sentenza "Perroni" delle Sezioni unite di questa Corte, pronunciata il 31 gennaio 2020, che - nel richiamare diffusamente l'evoluzione giurisprudenziale qui riportata in sintesi - ha sottolineato anche quella, normativa, nel frattempo maturata, con l'introduzione, del tutto coerente, dell'art. 578-bis c.p.p.; a mente del quale, quando è stata ordinata la confisca in casi particolari prevista dal primo comma dell'art. 240-bis del codice penale e da altre disposizioni di legge (come quella in esame) o la confisca prevista dall'art. 322-ter del codice penale, il giudice di appello o la corte di cassazione, nel dichiarare il reato estinto per prescrizione o per amnistia, decidono sull'impugnazione ai soli effetti della confisca, previo accertamento della responsabilità dell'imputato. Con la stessa pronuncia, peraltro, il Supremo Collegio ha anche affermato che tale principio cede a fronte dell'obbligo di immediata declaratoria della causa di estinzione del reato posto dall'art. 129, comma 1, c.p.p., unicamente derogabile, in melius, dal comma 2 della stessa norma, laddove già risulti con evidenza la sussistenza di una causa di proscioglimento nel merito e, in peius, nel senso, cioè, di consentire ugualmente la prosecuzione del processo ai fini dell'adozione di provvedimenti lato sensu sanzionatori, solo in presenza di norme che espressamente statuiscano in tal senso, invero non riscontrata con riguardo alla confisca in oggetto.

10. Ancora la sentenza "Perroni", di seguito, ha affrontato il diverso tema della proporzionalità della misura ablatoria rispetto all'entità dell'illecito - oggetto del presente ricorso - e ne ha ribadito la necessaria verifica per l'adozione della stessa confisca; con la precisazione, peraltro, che anche questo profilo trova fondamento nella giurisprudenza convenzionale sopra richiamata (e, in precedenza, nella nota decisione CEDU nel caso Sud Fondi c. Italia del 20 gennaio 2009).

11. La pronuncia G.I.E.M., in particolare, ha affermato che l'art. 1 del Protocollo n. 1 richiede, "per qualsiasi ingerenza, un ragionevole rapporto di proporzionalità tra i mezzi impiegati e lo scopo perseguito (Jahn e altri c. Germania [GC], nn. 46720/99, 72203/01 e 72552/01, §§ 83-95, CEDU 2005-VI). Questo giusto equilibrio è rotto se la persona interessata deve sostenere un onere eccessivo ed esagerato (Maggio e altri c. Italia, nn. 46286/09, 52851/08, 53727/08, 54486/08 e 56001/08, § 57, 31 maggio 2011). Al fine di valutare la proporzionalità della confisca, possono essere presi in considerazione i seguenti elementi: la possibilità di adottare misure meno restrittive, quali la demolizione di opere non conformi alle disposizioni pertinenti o l'annullamento del progetto di lottizzazione; la natura illimitata della sanzione derivante dal fatto che può comprendere indifferentemente aree edificate e non edificate e anche aree appartenenti a terzi; il grado di colpa o di imprudenza dei ricorrenti o, quanto meno, il rapporto tra la loro condotta e il reato in questione".

In forza di questa premessa, la Grande Chambre ha quindi concluso che "l'applicazione automatica della confisca in caso di lottizzazione abusiva prevista - salvo che per i terzi in buona fede - dalla legge italiana è in contrasto con questi principi in quanto non consente al giudice di valutare quali siano gli strumenti più adatti alle circostanze specifiche del caso di specie e, più in generale, di bilanciare lo scopo legittimo soggiacente e i diritti degli interessati colpiti dalla sanzione".

12. Tali principi, come accennato, sono stati poi confermati dalle Sezioni unite "Perroni" del 2020, che - rispondendo alla questione devoluta da questa Terza sezione con ordinanza del 15 maggio 2019 - hanno affermato che in caso di declaratoria, all'esito del giudizio di impugnazione, di estinzione del reato di lottizzazione abusiva per prescrizione, il giudice di appello e la Corte di cassazione sono tenuti, in applicazione dell'art. 578-bis c.p.p., a decidere sull'impugnazione agli effetti della confisca di cui all'art. 44 del d.P.R. n. 380 del 2001; con espresso riferimento, quindi, anche al requisito della proporzionalità qui esclusivamente in esame.

13. Così descritta la cornice giurisprudenziale di riferimento, occorre quindi valutarne la corretta applicazione al caso di specie; nel quale, in particolare, la Corte di appello si è limitata a ritenere legittima "la statuizione della confisca dei terreni e delle opere interessate dalle attività di lottizzazione abusiva, nonostante l'intervenuta prescrizione del reato", alla luce delle pronunce sopra riportate.

14. Ebbene, a giudizio del Collegio questa motivazione è carente e dovrà essere integrata in sede di rinvio.

15. La formula appena richiamata, infatti, nella sua genericità non sembra aver preso in esame un profilo assai rilevante nella vicenda, ossia che la lottizzazione accertata a carico dei ricorrenti - in ogni profilo oggettivo e soggettivo e nel pieno rispetto delle garanzie difensive - ha carattere esclusivamente negoziale, atteso che la trasformazione urbanistica dei terreni era avvenuta attraverso il frazionamento degli stessi, la vendita dei suoli od atti a questa equivalenti; il tutto, senza l'esecuzione di opere, nonostante il generico riferimento anche a queste, contenuto nel citato passo della motivazione.

16. Occorre domandarsi, dunque, se - a fronte di una lottizzazione solo negoziale - la confisca costituisca l'unica misura atta a ripristinare la conformità urbanistica dell'area interessata (come sembrerebbe ritenere la Corte di appello), tanto da rendere inutile ogni verifica di proporzionalità ed ogni argomento al riguardo in sentenza, oppure se anche altre misure ripristinatorie possano essere eventualmente adottate, così da imporre al giudice - chiamato ad una decisione sostenuta da discrezionalità - un'espressa motivazione (anche) in ordine allo stesso requisito di adeguatezza.

17. Ritiene la Corte che debba essere accolta questa seconda opzione, come peraltro già affermato in sede di legittimità (Sez. 3, n. 12640 del 5 febbraio 2020, Iannelli, Rv. 278765), con indirizzo qui da ribadire.

A fronte di un'ipotesi di lottizzazione c.d. mista, infatti, è stato sostenuto che la effettiva ed integrale eliminazione di tutte le opere eseguite in attuazione dell'intento lottizzatorio, nonché dei pregressi frazionamenti, con conseguente ricomposizione fondiaria e catastale nello stato preesistente ed in assenza di definitive trasformazioni, se dimostrata in giudizio ed accertata in fatto dal giudice del merito con congrua motivazione, rende superflua la confisca perché misura sproporzionata secondo i parametri di valutazione indicati dalla giurisprudenza della Corte EDU; nella fattispecie in esame, in particolare, la Corte ha valutato la legittimità della confisca in presenza dell'integrale ripristino della situazione antecedente all'intervento lottizzatorio abusivo, effettuato attraverso la demolizione di tutte le opere realizzate, la stipula di atti notarili finalizzati alla eliminazione delle conseguenze delle pregresse alienazioni, nonché la completa ricomposizione fondiaria e catastale tale da far venire meno le conseguenze del precedente frazionamento.

18. Da questo principio, che il Collegio condivide e conferma, discende quindi che la verifica della proporzionalità ben può investire anche la fattispecie di lottizzazione solo negoziale, non apparendo la confisca - in astratto - l'unica misura applicabile per l'ipotesi in cui, comunque, un intervento ripristinatorio sia stato eseguito, ad esempio nei termini richiamati nel precedente arresto giurisprudenziale, pur in difetto di opere da demolire; intervento che, tuttavia, per giustificare una misura diversa, dovrà possedere i caratteri sopra richiamati e dovrà essere inconfutabilmente dimostrato da chi ha interesse a giovarsene, mentre al giudice del merito è richiesto un rigoroso ed effettivo accertamento in fatto che non può limitarsi ad una mera presa d'atto.

19. Applicati questi principi al caso di specie, ritiene dunque la Corte che difetti del tutto una motivazione sul punto, risolvendosi l'unico argomento impiegato in sentenza in una mera formula di stile (che - si ribadisce - richiama anche opere mai eseguite) che non valuta affatto la particolare natura della lottizzazione in esame, né la natura degli interventi ripristinatori eventualmente compiuti.

La sentenza, pertanto, deve essere annullata con rinvio, limitatamente alla confisca, per nuovo giudizio sul punto.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata limitatamente alla confisca, con rinvio per nuovo giudizio sul punto alla Corte di appello di Reggio Calabria.

Depositata il 1° febbraio 2021.