Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria
Sezione II
Sentenza 31 agosto 2021, n. 774

Presidente: Peruggia - Estensore: Goso

FATTO

Con bando spedito per la pubblicazione in G.U.U.E. il 19 aprile 2021, il Comune di Lavagna ha indetto una procedura aperta per l'affidamento del servizio di gestione integrata di igiene urbana e ambientale.

CZETA s.p.a., impresa del settore, ha impugnato il bando in questione e gli altri atti indicati in epigrafe con ricorso notificato e depositato il 10 maggio 2021, deducendo i seguenti motivi di gravame:

I) "Carenza di potere. Violazione e falsa applicazione dell'art. 200 del d.lgs. n. 152/2006. Violazione dell'art. 14 della l.r. n. 1/2014 e dell'art. 24-bis della l. n. 12/2015. Violazione dell'ordinanza Presidente Regione Liguria n. 81/2020".

Il Comune sarebbe privo del potere di indire autonome procedure per l'affidamento del servizio di gestione integrata dei rifiuti urbani che, ai sensi dell'art. 200 del codice dell'ambiente, deve essere gestito in forma unitaria, anche per quanto concerne l'espletamento delle gare, attraverso gli ambiti territoriali ottimali individuati a livello regionale. La deroga all'obbligo di affidamento centralizzato prevista dall'art. 24, comma 2-bis, della l.r. Liguria n. 12 del 2015, ha efficacia limitata al 30 giugno 2021.

II) "Violazione dell'art. 83 del d.lgs. n. 50/2016. Violazione dell'art. 30 del d.lgs. n. 50/2016. Violazione degli artt. 52 e 53 del d.lgs. n. 466/1997. Violazione dell'art. 3 della l. n. 241/1990. Violazione del principio di concorrenza, massima partecipazione e proporzionalità. Eccesso di potere per contraddittorietà e irragionevolezza".

I previsti requisiti di capacità economico/finanziaria non sarebbero proporzionati all'oggetto di un appalto avente durata certa di soli sei mesi. I requisiti di fatturato globale e specifico sarebbero superiori al limite massimo stabilito dall'art. 83, comma 5, del codice degli appalti. La scelta di chiedere un fatturato minimo annuo non sarebbe supportata da una specifica motivazione.

III) "Violazione dell'art. 51 del d.lgs. n. 50/2016. Violazione dell'art. 30 del d.lgs. n. 50/2016. Violazione della direttiva n. 24/2014, sotto il profilo della tutela delle piccole e medie imprese. Eccesso di potere per sproporzione, irragionevolezza ed illogicità. Carenza di motivazione".

La scelta di non dividere in lotti l'affidamento sarebbe irragionevole nonché supportata da una motivazione inadeguata, anche alla luce della suddivisione del territorio comunale in quattro zone connotate da specifiche caratteristiche.

IV) "Violazione dell'art. 30 e dell'art. 83 del d.lgs. n. 50/2016. Violazione del principio di buon andamento. Eccesso di potere per indeterminatezza dell'oggetto del servizio. Carenza assoluta di istruttoria. Violazione dell'art. 29 del d.lgs. n. 276/2003. Violazione degli artt. 30, 31 e 38 del d.lgs. n. 81/2015. Violazione dell'art. 18 della direttiva n. 24/2014. Travisamento. Eccesso di potere per erroneità".

L'indeterminatezza dei costi a carico dell'aggiudicatario, con particolare riguardo al rimborso delle eventuali quote di ammortamento residuo dei beni al gestore uscente, impedirebbe di formulare un'offerta ponderata.

La domanda di tutela cautelare provvisoria è stata respinta con il decreto monocratico n. 111 del 12 maggio 2021.

Costituitosi in resistenza, il Comune di Lavagna eccepisce che il ricorso sarebbe inammissibile per:

- carenza di interesse in quanto, nell'eventualità di accoglimento del gravame e conseguente annullamento del bando di gara, non sarebbe possibile espletare una nuova procedura concorrenziale in tempo utile, rendendosi inevitabile un'ulteriore proroga in favore dell'affidatario uscente;

- mancata impugnazione dell'atto presupposto costituito dalla nota del 19 febbraio 2021, con cui la Città Metropolitana di Genova aveva fornito puntuali indicazioni in ordine alle modalità per l'affidamento del servizio nel periodo transitorio.

Nel merito, l'Amministrazione resistente controdeduce ai motivi di ricorso, concludendo per la sua reiezione.

All'udienza camerale del 26 maggio 2021, la ricorrente ha rinunciato alla domanda cautelare, a fronte della ravvicinata celebrazione dell'udienza di merito.

Le parti in causa hanno depositato memorie a suffragio delle proprie tesi e confutazione delle difese avversarie.

Quindi, la difesa comunale ha prodotto la determinazione dirigenziale n. 466 del 17 giugno 2021 di aggiudicazione dell'appalto al costituendo raggruppamento Aprica s.p.a./Docks Lanterna s.p.a. e, con la memoria di replica, ha eccepito la mancata impugnazione di tale provvedimento sopravvenuto.

Parte ricorrente ha controdedotto sul punto con note di udienza ex artt. 4 d.l. n. 28/2020 e 25 d.l. n. 137/2020.

All'esito della trattazione orale svoltasi con modalità da remoto all'udienza del 30 giugno 2021, il ricorso è stato trattenuto in decisione.

DIRITTO

Nella sua qualità di impresa del settore, la ricorrente contesta la legittimità del bando di gara, in tesi immediatamente lesivo perché contenente clausole escludenti, approvato dal Comune di Lavagna per l'affidamento del servizio di gestione integrata di igiene urbana e ambientale.

Nelle more del giudizio, la gara è stata aggiudicata al raggruppamento costituendo tra Aprica s.p.a. e Docks Lanterna s.p.a.

Parte ricorrente non ha chiesto un rinvio per proporre motivi aggiunti avverso l'aggiudicazione ed è emersa in modo inequivocabile, dalle note di udienza e dalla discussione orale, la sua volontà di non impugnare il provvedimento sopravvenuto.

Ciò premesso, si rileva preliminarmente che la disposta aggiudicazione reca la data del 17 giugno 2021 ed è stata depositata in giudizio il giorno stesso dalla difesa comunale: la produzione tardiva, peraltro non contestata dalla controparte, deve ritenersi senz'altro ammissibile, stante l'impossibilità di depositare nei termini di legge un atto non ancora venuto ad esistenza e la solerzia con cui l'Amministrazione ha provveduto all'incombente processuale.

Per le stesse ragioni, non rileva che l'eccezione concernente la mancata impugnazione del provvedimento di aggiudicazione sia stata sollevata solo con la memoria di replica, tanto più che la ricorrente ha controdedotto compiutamente sul punto con le note di udienza il cui contenuto è stato richiamato anche in sede di discussione orale.

Essendo stato assicurato un adeguato spazio di contraddittorio, può procedersi all'esame dell'eccezione di improcedibilità del ricorso sostanzialmente articolata dall'Amministrazione resistente, ad avviso della quale i vizi inficianti il bando di gara fatti valere con il ricorso introduttivo potrebbero esplicare solo un effetto viziante sull'aggiudicazione, sicché la ricorrente sarebbe stata onerata ad impugnare anche il provvedimento sopravvenuto, in tesi deducendone l'invalidità derivata.

La questione ha dato adito a risposte giurisprudenziali non univoche.

Secondo un primo orientamento, l'annullamento del bando comporterebbe, secondo lo schema della cosiddetta "invalidità ad effetto caducante", l'automatica caducazione del provvedimento di aggiudicazione, con la conseguenza che il ricorrente avverso il bando di gara non è tenuto ad impugnare anche quest'ultimo atto (cfr., fra le ultime, C.d.S., sez. V, 6 maggio 2021, n. 3538).

Questa ricostruzione si fonda su due ordini di ragioni: la prima attiene al rapporto di presupposizione-consequenzialità immediata, diretta e necessaria che sussisterebbe tra il bando di gara e il provvedimento di aggiudicazione il quale non potrebbe logicamente continuare ad esistere (e produrre i suoi effetti) una volta venuto meno il primo atto; la seconda ragione valorizza la natura strumentale dell'interesse all'impugnazione del bando di gara (siccome inteso ad ottenere la ripetizione della procedura) che, a scanso di privazione di effettività della tutela giurisdizionale, dovrebbe prevalere sul contrapposto interesse a conservare l'aggiudicazione.

La prima argomentazione sembra porsi al di là dei confini generalmente tracciati dalla giurisprudenza per disegnare lo schema dell'invalidità ad effetto caducante (a sua volta difficilmente compatibile con il principio della domanda che governa il processo amministrativo), limitandone la portata ai casi in cui la relazione di presupposizione si palesa con particolare intensità.

È stato precisato, a tale riguardo, che non è sufficiente l'appartenenza dell'atto annullato e di quello caducato alla medesima serie procedimentale, ma occorre che il secondo si ponga in rapporto di necessaria derivazione dal primo, come sua inevitabile ed ineluttabile conseguenza e senza necessità di nuove ed ulteriori valutazioni di interessi, con particolare riguardo al coinvolgimento di soggetti terzi (cfr., fra le ultime, C.d.S., sez. II, 28 maggio 2021, n. 4130).

Siffatte condizioni non sono evidentemente ravvisabili nella sequenza procedimentale che conduce dal bando di gara al provvedimento di aggiudicazione, poiché l'atto conseguente comporta valutazioni ulteriori rispetto a quelle sottese all'approvazione della lex specialis nonché l'attribuzione di una posizione di vantaggio ad un soggetto che non costituiva parte necessaria nel giudizio avente ad oggetto l'atto presupposto.

In ogni caso, a prescindere dal carattere più o meno appagante sul piano logico-formale della soluzione proposta, il problema del trattamento processuale dell'invalidità derivata assume, soprattutto nel contesto delle procedure ad evidenza pubblica, un rilievo essenzialmente pratico.

Va considerata, quindi, la seconda ragione su cui si fonda il richiamato orientamento giurisprudenziale, protesa ad assicurare effettività alla tutela giurisdizionale del ricorrente che, mirando alla riedizione della procedura, fa valere un interesse strumentale ritenuto logicamente precedente e, in caso di accoglimento, prevalente su quello a conservare l'aggiudicazione della gara.

Non è agevole comprendere, però, il motivo per cui le esigenze della parte ricorrente non debbano ritenersi adeguatamente tutelate attraverso la previsione della possibilità di impugnare, all'interno dello stesso giudizio, l'atto conseguente mediante la proposizione di motivi aggiunti (istituto che, di per sé, sembrerebbe implicare l'onere di duplice impugnazione e, pertanto, la necessaria recessività della figura giurisprudenziale della caducazione automatica): l'odierna ricorrente, pur avendo acquisito piena conoscenza del sopravvenuto provvedimento di aggiudicazione, ha liberamente e consapevolmente scelto di non avvalersi di tale opzione.

Tanto precisato, ritiene il Collegio che il dato sul quale porre l'attenzione sia rappresentato, invece, dall'esigenza di garantire la difesa del terzo resosi aggiudicatario della gara il quale, non essendo identificabile come controinteressato nel giudizio instaurato per l'annullamento della lex specialis, risulterebbe altrimenti esposto agli effetti pregiudizievoli di un'eventuale statuizione di annullamento rispetto alla quale non ha potuto difendersi.

Appare preferibile, pertanto, l'orientamento giurisprudenziale che, valorizzando la ratio di tutela del controinteressato successivo, afferma il carattere viziante, anziché caducante, degli eventuali profili di legittimità del bando, con conseguente onere di impugnazione della successiva aggiudicazione (T.A.R. Lombardia, Milano, sez. IV, 18 maggio 2020, n. 835; cfr. anche C.d.S., sez. VI, 17 maggio 2006, n. 2846, e T.A.R. Liguria, sez. II, 21 marzo 2018, n. 233).

Con l'ulteriore precisazione che, in caso contrario, gli inconvenienti determinati dalla pretermissione dell'aggiudicatario/controinteressato successivo non potrebbero essere adeguatamente fronteggiati attraverso gli strumenti dell'opposizione di terzo o dell'intervento iussu iudicis: il primo è un rimedio di carattere straordinario e "postumo" che, in antitesi agli stessi obiettivi di economia processuale perseguiti attraverso lo schema della caducazione automatica, comporta l'inconveniente di una moltiplicazione dei giudizi, nella specie evitabile attraverso l'attivazione di strumenti di tutela preventiva (i.e. la proposizione di motivi aggiunti avverso l'aggiudicazione) nel giudizio instaurato per l'annullamento del bando di gara; il rimedio della chiamata in giudizio del terzo su ordine del giudice (suggerito da T.A.R. Veneto, sez. I, 8 febbraio 2017, n. 138) non sembra sufficiente a garantire il diritto di difesa dell'aggiudicatario che, tra l'altro, si vedrebbe sottratta la possibilità di proporre un eventuale ricorso incidentale.

Per completezza, occorre ancora sottolineare come la soluzione prescelta appaia preferibile anche per ragioni di coerenza con le posizioni univocamente assunte dalla giurisprudenza in tema di impugnazione di un bando di concorso e di un provvedimento di esclusione da una procedura di gara.

Infatti, nella materia dei concorsi, la giurisprudenza non dubita che, una volta impugnato il bando, sia necessario impugnare successivamente, pena l'improcedibilità del ricorso avverso l'atto presupposto, l'atto conclusivo del procedimento che non ne costituisce conseguenza inevitabile in quanto implica nuove ed ulteriori valutazioni di interessi (cfr., ex plurimis, C.d.S., sez. V, 5 novembre 2014, n. 5463): stante l'affinità della struttura procedimentale, pare difficile giustificare l'opposta soluzione nel caso delle procedure ad evidenza pubblica.

La giurisprudenza non dubita neppure che, nel caso di impugnazione del provvedimento di esclusione da una procedura di gara, rimanga fermo l'onere del concorrente escluso di estendere il gravame al provvedimento conclusivo che sarebbe affetto da un'invalidità ad effetto solo viziante e non caducante (cfr., fra le ultime, C.d.S., sez. III, 18 aprile 2019, n. 2534): a ben vedere, tale ipotesi non differisce sostanzialmente da quella dell'impugnazione del bando di gara, perlomeno nei casi (non infrequenti) in cui l'aggiudicazione costituisce conseguenza necessitata della precedente esclusione di un altro concorrente.

Per le esposte ragioni, la mancata impugnazione del provvedimento di aggiudicazione della gara rende improcedibile il presente ricorso impugnatorio, atteso che l'eventuale annullamento del bando non sarebbe idoneo a travolgere l'atto sopravvenuto.

Le riferite incertezze giurisprudenziali giustificano l'integrale compensazione delle spese di lite.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo dichiara improcedibile.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

F. Del Giudice, B. Locoratolo

Compendio di diritto amministrativo

Simone, 2024

P. Corso

Codice di procedura penale

La Tribuna, 2024

F. Caringella

Codice amministrativo

Dike Giuridica, 2024