Consiglio di Stato
Sezione VI
Sentenza 30 novembre 2021, n. 7994
Presidente: De Felice - Estensore: Lamberti
FATTO E DIRITTO
1. Bruno A., Vincenzo D.G. e Giancarlo M. hanno prestato servizio alle dipendenze della Autorità per le garanzie nelle comunicazioni rispettivamente dal 1° febbraio 2000 all'11 novembre 2006; dal 1° febbraio 2001 al 30 novembre 2006 e dal 31 ottobre 2001 al 31 ottobre 2006.
2. Gli stessi lamentano che non si sono mai visti riconoscere la progressione economica per scatti stipendiali prevista dal regolamento per il trattamento giuridico ed economico del personale, poiché l'Autorità non ha mai dato attuazione a quanto previsto dall'all. C) della delibera n. 17 del 16 giugno 1998.
2.1. Al riguardo, riferiscono che, in data 26 luglio 2007, l'Autorità ha raggiunto un'intesa con le organizzazioni sindacali nella quale si dava atto che "il regolamento per il trattamento giuridico ed economico del personale prevede attualmente un sistema di valutazione triennale differenziato per le varie qualifiche" e che "allo stato tali procedure non sono mai state effettuate e si rende pertanto necessario prevedere un meccanismo di recupero e compensazione" e, pertanto, si stabiliva che, "a saldo e a completo stralcio e transazione della mancata applicazione dei meccanismi di progressione economica previsti dal regolamento concernente il trattamento giuridico ed economico del personale relativamente al periodo che va dal 10 marzo 1998 al 31 dicembre 2006", a tutto il personale dipendente sarebbero stati attribuiti "un livello economico incrementale per ogni anno di anzianità, o frazione di esso superiore a sei mesi, maturato da ciascuno nel periodo che va dal 1° gennaio del 2001 al 31 dicembre 2006, fino ad un massimo di sei livelli".
3. Con ricorso notificato il 27 gennaio 2010, gli appellanti hanno chiesto al TAR per il Lazio di voler accertare il loro diritto a vedersi riconosciuti, secondo i termini dell'accordo transattivo del 26 luglio 2007: n. 6 livelli (periodi dal 1° febbraio 2001 all'11 novembre 2006, ovvero anni 5 e mesi 10) per quanto riguarda Bruno A.; n. 6 livelli (periodi dal 1° febbraio 2001 al 30 novembre 2006, ovvero anni 5 e mesi 10) per quanto riguarda Vincenzo D.G.; n. 5 livelli (periodi dal 31 ottobre 2001 al 31 ottobre 2006, anni 5) "a recupero e compensazione" della mancata attuazione delle disposizioni del regolamento, il tutto anche ai fini pensionistici e di quiescenza.
4. Con la sentenza n. 9655/2019, il TAR adito ha respinto il ricorso, rilevando che la stipulazione dei contratti collettivi non può automaticamente estendere i suoi effetti ai rapporti dei lavoratori che, alla data della stipula, erano cessati dal servizio.
5. Con l'appello avverso tale pronuncia, gli originari ricorrenti contestano tale conclusione, rivendicando l'efficacia del citato accordo collettivo anche nei propri confronti.
A sostegno di tale prospettazione, parte appellante rileva la peculiare natura dell'accordo concluso tra le organizzazioni sindacali con l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni in data 26 luglio 2007. In particolare, insi[s]te sul fatto che l'accordo in questione ha un contenuto propriamente transattivo ("a saldo e completo stralcio e transazione della mancata applicazione dei meccanismi di progressione economica"), con il quale la parte sindacale e l'Autorità si sono accordate per il riconoscimento della progressione economica in una misura minore di quella che sarebbe spettata ai dipendenti se l'Autorità avesse correttamente adempiuto le previsioni del regolamento.
6. L'appello non può trovare accoglimento.
Il TAR ha rilevato l'inapplicabilità dell'accordo concluso tra le organizzazioni sindacali e l'Autorità sulla scorta di una robusta giurisprudenza (che la sentenza impugnata cita in modo puntuale), in base alla quale la stipulazione di nuovi accordi sindacali ha ad oggetto esclusivamente i rapporti di lavoro in atto, salvo che i lavoratori cessati dal servizio non abbiano conferito specifico mandato alle organizzazioni sindacali stipulanti o ratificato l'attività negoziale (cfr. Corte cass., 2 aprile 2001, n. 4839); sempre sulla scorta della giurisprudenza lavoristica, il giudice di primo grado ha inoltre precisato che presupposto ineludibile dell'applicabilità di una clausola contrattuale ai dipendenti cessati dal servizio non è esclusivamente l'assenso dei destinatari, ma, in primo luogo, l'esistenza di una clausola che ciò autorizzi.
Pertanto, pur ammettendo una funzione perequativa dell'accordo sindacale in questione, in chiave transattiva rispetto alle progressioni non attivate a tempo debito, ai fini del presente giudizio, risulta dirimente il fatto che l'accordo sindacale non contiene alcuna specifica clausola di estensione ai dipendenti collocati a riposo.
Il TAR ha inoltre condivisibilmente rilevato che l'accordo è chiaro nello stabilire la decorrenza dei meccanismi di progressione economica a fare data dal "1° gennaio 2007 a tutto il personale dipendente", concludendo nel senso che: "l'Accordo di cui si discute è stato finalizzato al reinquadramento del personale attualmente in servizio, al fine, come specifica l'accordo stesso, di equipararne il trattamento a quello dei funzionari AGCM e ciò, però, a valere per il futuro e in ciò il testo è chiaro nel non prevedere una estensione al personale a riposo".
6.1. Le puntuali considerazioni del giudice di primo grado innanzi ricordate non sono state specificatamente contestate con l'atto di appello, con quanto ne consegue in termini di ammissibilità del gravame.
Le predette considerazione svolte nella sentenza impugnata meritano in ogni caso di essere condivise, dovendosi per l'effetto integralmente confermare la statuizione di primo grado.
Invero, l'accento posto da parte appellante sulla natura transattiva dell'accordo non risulta idoneo ad inficiare tale esito.
Anzi, proprio la natura transattiva e il sotteso effetto dispositivo del diritto alla progressione economica escludono che esso possa trovare applicazione rispetto a soggetti che, a tale specifico scopo, non hanno conferito mandato ad una delle organizzazioni sindacali stipulanti l'accordo (Corte cass., n. 5016/1988: "Il nostro ordinamento riconosce alle organizzazioni sindacali la funzione di stipulare contratti collettivi di lavoro, di sostenere le rivendicazioni dei lavoratori, di assisterli nelle conciliazioni e nelle controversie individuali, di svolgere opera di promozione sociale, ma non attribuisce alle medesime organizzazioni alcun potere di rappresentanza in ordine ad atti dispositivi di diritti soggettivi acquisiti. Conseguentemente, la disciplina collettiva avente ad oggetto, fra l'altro, la rinuncia, anche parziale, a diritti soggettivi dei lavoratori non vincola coloro che non abbiano conferito alle organizzazioni predette uno specifico mandato con rappresentanza né, a maggior ragione, i lavoratori cessati dal servizio prima della stipulazione di tale disciplina contrattuale, essendo per essi venuta meno la stessa legittimazione dell'organizzazione sindacale a rappresentarli ed ad interferire nella loro sfera giuridica").
6.2. Infine, non pare potersi riconoscere alcuna valenza decisoria all'inciso contenuto nella sentenza impugnata (e criticato da parte appellante) che richiama l'eventualità di un'azione risarcitoria da parte dei ricorrenti. Infatti, ciò che rileva ai fini del presente giudizio è l'impossibilità di riconoscere il diritto fatto valere dai ricorrenti avente quale presupposto l'accordo sindacale innanzi citato, resta invece salva ogni altra differente forma di tutela.
7. Per le ragioni esposte l'appello non può trovare accoglimento.
Le spese di lite, ad un giudizio complessivo della vicenda e stante la complessità delle questioni alla stessa sottese, possono essere compensate.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) respinge l'appello e compensa le spese di lite.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.