Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
Sezione I
Sentenza 14 dicembre 2021, n. 12902
Presidente: Savo Amodio - Estensore: Petrucciani
FATTO
Con il ricorso in epigrafe il Comune di Milano ha impugnato la delibera n. 829/2017 con la quale l'ANAC ha concluso il procedimento di vigilanza avviato il 13 gennaio 2016 in ordine alle "varianti in corso di esecuzione dei lavori del c.d. Lotto Funzionale 1B" della strada Zara-Expo a Milano.
Il ricorrente ha esposto di avere incaricato, tra il 2009 ed il 2011, Metropolitana Milanese s.p.a. della progettazione preliminare e definitiva dell'intervento "Strada di collegamento Zara - Expo", articolata in due lotti, il Lotto 1 di collegamento di via Eritrea con il sito Expo ed il Lotto 2 di collegamento di Viale Zara con Via Eritrea.
Il 6 febbraio 2014 il Provveditorato alle opere pubbliche di Lombardia e Liguria aveva approvato il progetto definitivo dell'opera e il progetto di bonifica.
In data 13 gennaio 2014 Metropolitana Milanese aveva indetto procedura aperta per l'affidamento delle opere del Lotto 1B sulla base del progetto esecutivo, ponendo a base d'asta l'importo di euro 40.851.470,69, di cui euro 39.780.948,59 per lavori e euro 1.070.522,10 per oneri della sicurezza non suscettibili di ribasso.
Il bando di gara prevedeva un appalto "a corpo", da aggiudicare con procedura aperta secondo il criterio del prezzo più basso e, ricorrendo alla deroga prevista dall'art. 5, comma 2-ter, lett. c), del d.l. n. 43/2016, conv. in l. n. 71/2016, con esclusione automatica delle offerte anomale.
La gara veniva aggiudicata al RTI composto dalle Società SALC s.p.a. (mandataria), Agrideco s.r.l. (mandante) e DAF s.r.l. (mandante), che aveva offerto uno sconto rispetto all'importo posto a base di gara pari al 28,93%.
Poiché nel corso dell'esecuzione dell'appalto era sorta la necessità di provvedere a delle varianti in corso d'opera, la stazione appaltante aveva trasmesso all'ANAC, secondo quanto disposto dall'art. 37 del d.l. 90/2014, convertito con la l. 114/2014 ("Misure urgenti per la semplificazione e la trasparenza degli uffici giudiziari"), le "varianti in corso d'opera di cui all'art. 132, lett. b), c) e d), del d.lgs. 163/2006 di importo eccedente il 10 per cento dell'importo originario del contratto".
Benché tale disposizione fosse stata abrogata dall'art. 217 del d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50, la stessa era infatti applicabile ratione temporis all'appalto in esame, di tal che il ricorrente aveva trasmesso ad ANAC, con nota del 7 ottobre 2015, la documentazione prevista dalla norma in questione e relativa alle varianti fino a quella data intervenute.
L'ANAC aveva richiesto ulteriore documentazione ed aveva avviato il procedimento con nota del 13 gennaio 2016, con la quale era stata convocata anche l'audizione per il 3 febbraio 2016.
All'esito dell'audizione, con nota del 15 marzo 2016 il RUP aveva trasmesso anche il testo dell'ultima variante in corso d'opera e, infine, il 18 marzo 2016, l'intero dossier documentale contenente le informazioni integrative richieste.
La comunicazione delle risultanze dell'istruttoria veniva inviata il 28 novembre 2016.
Con la delibera impugnata l'ANAC aveva concluso il procedimento di vigilanza, ritenendo sussistenti "gravi disfunzioni e irregolarità" nell'esecuzione dell'appalto in relazione a diversi aspetti, tra i quali la progettazione, la contabilizzazione, l'esecuzione dei lavori in variante, nonché l'individuazione del soggetto aggiudicatario, la sostituzione di un componente dell'ATI, l'ipotesi di accordo transattivo e il provvedimento di risoluzione contrattuale.
Con la stessa delibera ANAC aveva invitato l'amministrazione municipale e Metropolitana Milanese s.p.a. a comunicare "le misure che intendono adottare alla luce dei rilievi dinanzi evidenziati", disponendo, altresì, la trasmissione della delibera alla Procura regionale della Corte dei conti e alla Procura della Repubblica di Milano.
A fronte delle carenze istruttorie rilevate nella delibera, l'Amministrazione Comunale e MM s.p.a. avevano inviato congiuntamente una motivata istanza di riesame e di annullamento in via di autotutela, rimasta senza riscontro.
A sostegno del ricorso sono state formulate, in unico motivo, le censure di eccesso di potere per carenza di istruttoria e di motivazione, violazione degli artt. 1, 2, 3 e 6 della l. n. 241/1990 e degli artt. 19 e 20 del Regolamento sull'esercizio dell'attività di vigilanza in materia di contratti pubblici dell'ANAC.
Dalla lettura della delibera n. 829/2017 era emersa una carenza di istruttoria da parte di ANAC, che aveva omesso di esaminare le controdeduzioni e il documento allegato, trasmessi dalla stazione appaltante MM s.p.a. in data 31 gennaio 2017, e aveva solo formalmente e parzialmente esaminato le controdeduzioni del RUP trasmesse il 1° febbraio 2017.
Le controdeduzioni di MM avevano ad oggetto tutti i rilievi sollevati e, in particolare, lo snaturamento del contratto a corpo in relazione alle terre da scavo, la formulazione dei nuovi prezzi, la consegna frazionata delle aree, la redazione di atti contrattuali modificativi del progetto e del contratto ex post rispetto all'esecuzione delle lavorazioni in variante, l'avvicendamento dell'Impresa Agrideco destinataria di informativa interdittiva antimafia, con l'impresa Elios s.r.l., l'individuazione del soggetto aggiudicatario e l'erroneità del riconoscimento del premio di accelerazione e dell'equo compenso in sede transattiva per le opere della categoria OG12.
Le controdeduzioni fornite ad ANAC dal RUP "ad integrazione delle controdeduzioni della società MM s.p.a." avevano poi messo in evidenza:
- il raggiungimento dell'obiettivo - utilizzo dell'infrastruttura nel periodo di maggiore affluenza dell'esposizione universale del 2015 (agosto-ottobre 2015) - nel contesto di assoluta straordinarietà ed emergenza in cui l'opera era stata progettata ed eseguita, senza che vi fosse un aggravio di costi, ingiustificato dal punto di vista sia tecnico che economico;
- la correttezza della validazione del progetto;
- il controllo eseguito sull'esecuzione di tutte le lavorazioni, ivi incluse quelle oggetto di varianti;
- le contestazioni del RUP a RFI per i costi sostenuti per le variazioni richieste in corso di esecuzione;
- la sostituzione della società Agrideco, colpita da interdittiva antimafia, nel rispetto della normativa vigente e delle indicazioni della stessa ANAC;
- alcune precisazioni sul procedimento ex art. 239 d.lgs. n. 163/2006, mai concluso con una transazione;
- la risoluzione contrattuale, disposta nell'interesse dell'Amministrazione, a seguito della sospensione immotivata, da parte dell'impresa, di tutte le lavorazioni residue.
La delibera doveva pertanto ritenersi illegittima poiché non aveva esaminato tale documentazione.
Nel dispositivo della deliberazione n. 829/2017, inoltre, ANAC aveva invitato il Comune di Milano e MM a comunicare le misure che intendevano adottare alla luce dei rilievi evidenziati; tale conclusione, oltre ad essere generica e priva di qualunque concreta indicazione, doveva ritenersi irragionevole ed errata, se si fosse tenuto conto dello svolgimento del procedimento come riportato nelle controdeduzioni prodotte.
Risultava, inoltre, estremamente difficile comprendere a quali misure si riferisse ANAC, tenendo conto della fase di pressoché completa esecuzione in cui si trovava l'appalto.
Con ricorso r.g. 11034/2017 Metropolitana Milanese ha impugnato la medesima delibera ed il successivo diniego di autotutela, deducendo le seguenti censure:
1. improcedibilità del procedimento di vigilanza per decorso del termine, violazione del regolamento, artt. 19 e 20; incompetenza, violazione di legge per contrasto con l'art. 37 del d.l. n. 90/2014, eccesso di potere per sviamento, violazione di legge per contrasto con l'art. 41 CEDU, violazione dell'art. 1 della l. 7 agosto 1990, n. 241, dell'art. 97 Cost., del principio di imparzialità.
Per la comunicazione delle risultanze istruttorie il regolamento applicabile, all'art. 19, prevedeva un termine di centottanta giorni "decorrenti dalla data della comunicazione di avvio del procedimento, salva l'applicazione della sospensione" per motivi istruttori, per una sola volta e per non più di trenta giorni; tale termine risultava violato, così come quello previsto per la conclusione del procedimento, stabilito dal successivo art. 20 in sessanta giorni dal ricevimento del riscontro alle risultanze istruttorie.
Pertanto, quando la delibera era stata assunta il potere attribuito all'Autorità doveva ritenersi consumato per decorso del termine.
Sotto altro profilo, la ricorrente ha dedotto che, quando il procedimento era stato avviato, ANAC disponeva di un potere di raccomandazione vincolante nei confronti della stazione appaltante, mentre, a causa della durata del procedimento, al momento della deliberazione questo potere era venuto meno, poiché l'art. 213 del codice appalti non consentiva di imporre comportamenti puntuali alla stazione appaltante.
La delibera impugnata, invece, aveva richiesto alla stazione appaltante di comunicare le misure che intendeva adottare alla luce dei rilievi evidenziati, esercitando così un potere non più previsto dalla legge;
2. violazione di legge per contrasto con l'art. 37 del d.l. 90/2014 sotto diverso profilo.
La previsione di cui all'art. 37 del d.l. n. 90/2014 era stata abrogata ben prima dell'adozione della delibera in questione, di tal che il presupposto stesso del procedimento era venuto meno, con la conseguenza dell'estinzione del potere e dell'illegittimità del provvedimento;
3. violazione di legge per contrasto con gli artt. 9 e seguenti della l. 7 agosto 1990, n. 241. Eccesso di potere per carenza dell'istruttoria, travisamento dei fatti e sviamento.
La delibera non menzionava nemmeno gli atti di partecipazione procedimentale presentati da MM;
4. violazione di legge per contrasto con l'art. 213 codice appalti, dell'art. 37 del d.l. 90/2014, dell'art. 3 l. 241/1990. Eccesso di potere per travisamento dei fatti, difetto d'istruttoria, carenza della motivazione, sviamento.
L'accertamento contenuto nella delibera era errato in fatto ed in diritto.
Dopo la consegna dei lavori le opere erano state realizzate, ma l'intervento aveva richiesto l'approvazione di cinque varianti, tre delle quali di minima entità: l'appaltatore, per parte sua, aveva iscritto ventiquattro riserve.
Nel corso dell'esecuzione veniva poi sostituito uno dei componenti del raggruppamento d'imprese aggiudicatario (nella specie, Agrideco).
Le parti avevano negoziato una transazione che, tuttavia, non era stata mai sottoscritta e, anzi, il contratto era stato risolto per inadempimento dell'appaltatore; questi, quindi, aveva citato in giudizio la stazione appaltante, richiedendo un importo assai più significativo di quello relativo alle riserve iscritte.
L'ANAC aveva ritenuto illegittimo l'accordo transattivo sia per la presenza del premio di accelerazione, sia per il superamento del 20% di alcune categorie contrattuali; tuttavia, da un lato le considerazioni relative all'accordo transattivo esulavano dalle competenze di ANAC relative alle varianti dell'opera, dall'altro nessuna transazione era stata conclusa tra le parti; infine non erano state considerate le ampie e dettagliate deduzioni procedimentali della ricorrente.
Si è costituita in entrambi i giudizi l'ANAC, eccependo l'inammissibilità dei ricorsi e chiedendone, comunque, il rigetto.
Con i motivi aggiunti i ricorrenti hanno impugnato il successivo provvedimento con cui ANAC ha respinto l'istanza di autotutela, entrambi per illegittimità derivata e Metropolitana Milanese anche per le seguenti ulteriori censure:
1. violazione degli artt. 3 e 21-nonies l. 7 agosto 1990, n. 241, per difetto di motivazione;
2. violazione dell'art. 21-nonies l. 7 agosto 1990, n. 241.
All'udienza del 20 ottobre 2021 entrambi i ricorsi sono stati trattenuti in decisione.
DIRITTO
Preliminarmente deve essere disposta la riunione dei ricorsi, che hanno ad oggetto i medesimi provvedimenti.
Entrambi i ricorsi ed i motivi aggiunti devono essere dichiarati inammissibili, in accoglimento dell'eccezione sollevata dall'ANAC.
L'atto impugnato costituisce espressione delle funzioni di vigilanza, accertamento, nonché consultive e propositive attribuite inizialmente all'Autorità di vigilanza sui contratti pubblici e, poi, all'ANAC.
Tali attribuzioni di vigilanza e di accertamento costituiscono attestazione della generale funzione di garanzia, normativamente puntualizzata già dalla previgente l. 11 febbraio 1994, n. 109 e poi ribadita nel d.lgs. 163/2006, vigente per la fattispecie in esame, laddove era previsto, all'art. 6, che "L'Autorità vigila sui contratti pubblici, anche di interesse regionale, di lavori, servizi e forniture nei settori ordinari e nei settori speciali, nonché, nei limiti stabiliti dal presente Codice, sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture esclusi dall'ambito di applicazione del presente Codice, al fine di garantire l'osservanza dei principi di cui all'articolo 2 e, segnatamente, il rispetto dei principi di correttezza e trasparenza delle procedure di scelta del contraente, di tutela delle piccole e medie imprese attraverso adeguata suddivisione degli affidamenti in lotti funzionali e di economica ed efficiente esecuzione dei contratti, nonché il rispetto delle regole della concorrenza nelle singole procedure di gara".
Tale assetto ha trovato conferma con il d.l. 90/2014, che ha previsto che "i compiti e le funzioni svolti dall'Autorità di vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture sono trasferiti all'Autorità nazionale anticorruzione e per la valutazione e la trasparenza (ANAC), di cui all'articolo 13 del decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150, che è ridenominata Autorità nazionale anticorruzione".
La delibera impugnata, in particolare, è stata emessa all'esito del procedimento di vigilanza avviato dall'ANAC a seguito della trasmissione da parte del RUP della variante n. 4, effettuata ai sensi dell'art. 37 del d.l. n. 90/2014, conv. in l. n. 114/2014 (ora abrogato), secondo il quale il RUP deve trasmettere ad ANAC le varianti in corso d'opera "di importo eccedente il 10 per cento dell'importo originario del contratto (...) per le valutazioni e gli eventuali provvedimenti di competenza".
L'Autorità resistente, avendo ravvisato "gravi disfunzioni e irregolarità" nell'esecuzione dell'appalto, che non sarebbero state giustificate dalle norme derogatorie previste per l'evento EXPO 2015, in relazione a diversi aspetti, tra i quali la progettazione, la contabilizzazione, l'esecuzione dei lavori in variante, nonché l'individuazione del soggetto aggiudicatario, la sostituzione di un componente dell'ATI, l'ipotesi di accordo transattivo e il provvedimento di risoluzione contrattuale, ha invitato l'amministrazione municipale e Metropolitana Milanese s.p.a. a comunicare "le misure che intendono adottare alla luce dei rilievi dinanzi evidenziati", disponendo la trasmissione della delibera alla Procura della Repubblica di Milano e alla Procura regionale della Corte dei conti per le valutazioni di competenza, senza, tuttavia, adottare alcuna statuizione di contenuto costitutivo nei confronti delle ricorrenti.
Al riguardo il Collegio non ha motivi per discostarsi dal consolidato orientamento giurisprudenziale, già formatosi in relazione al sistema disegnato dalla l. n. 109 del 1994 in ordine al generale esercizio dei poteri di vigilanza attribuiti all'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici (e successivamente trasferiti all'ANAC), e ribadito in precedenti analoghi casi da questa Sezione, secondo cui l'Autorità non è dotata di poteri di supremazia gerarchica nei confronti delle amministrazioni aggiudicatrici, così da poter ipotizzare un potere di annullamento per vizi di legittimità dei provvedimenti da queste adottati in tema di affidamento di contratti pubblici (C.d.S., Sez. VI, 12 settembre 2006 n. 5317; T.A.R. Lazio, Sez. I, 21 ottobre 2019, n. 12074).
Nell'adottare un atto di tenore analogo a quello oggetto dell'odierna impugnativa, infatti, l'Autorità non reca alcuna statuizione di carattere costitutivo, in quanto non dispone l'annullamento o, comunque, la privazione degli effetti di alcuno dei provvedimenti adottati dalla stazione appaltante, ovvero dei contratti in essere.
L'atto dell'Autorità, in tali casi, non costituisce una manifestazione di volontà in grado di incidere sulla sfera giuridica del destinatario ma è la mera rappresentazione di un giudizio, che può eventualmente essere accompagnato dall'invito alla stazione appaltante ad esercitare i propri poteri di autotutela (in termini, cfr. anche T.A.R. Lazio, Sez. I, 21 febbraio 2012, n. 1730).
La circostanza che l'ANAC possa anche disporre la trasmissione dell'atto in questione alle autorità competenti ad accertare eventuali profili di rilevanza erariale o penale dalle condotte oggetto di giudizio costituisce uno strumento volto a dare effettività all'esercizio dei poteri di vigilanza spettanti all'Autorità, ma non determina alcuna immediata conseguenza negativa, giuridicamente apprezzabile, nei confronti dei soggetti vigilati.
Tanto premesso, come si evince dalla piana lettura della delibera impugnata, essa è priva di contenuti precettivi nei confronti dei soggetti vigilati, poiché l'Autorità, pur avendo evidenziato una serie di criticità emerse nella progettazione e nell'esecuzione dell'appalto, non ha assunto alcuna determinazione lesiva nei confronti degli enti ricorrenti, limitandosi a richiedere loro di comunicarle "le misure che intendono adottare" a fronte dei rilievi esposti.
Dalla lettura del dispositivo della delibera si evince, pertanto, molto chiaramente come l'ANAC non abbia adottato alcun atto di natura vincolante nei confronti dei ricorrenti, assumendo una delibera di natura interlocutoria con la quale si è richiesto agli stessi quali iniziative intendessero avviare senza offrire alcuna indicazione al riguardo, ma lasciando del tutto aperti gli eventuali esiti del procedimento, come, peraltro, rimarcato dagli stessi ricorrenti, che hanno contestato l'indeterminatezza di tale disposto.
L'atto impugnato, quindi, ha la medesima natura di un parere non vincolante, con il quale l'ANAC ha espresso delle valutazioni che possono eventualmente essere di impulso per l'esercizio da parte della stazione appaltante o di altre autorità dei propri poteri, ma che sono prive di autonoma consistenza lesiva.
Tali conclusioni sono del resto coerenti con la natura di atto endoprocedimentale ravvisata a fronte di provvedimenti analoghi in precedenti pronunce di questo Tribunale (Sez. I, 3 febbraio 2021, n. 1406; Sez. II, 16 gennaio 2017, n. 725).
Né può dirsi che la delibera impugnata abbia acquistato autonoma portata lesiva in ragione delle conseguenze che ne sarebbero sortite (o potute sortire) a danno dei ricorrenti, in relazione al pregiudizio alla reputazione dalla stessa in ipotesi arrecato, potendosi così configurare quantomeno un interesse morale all'accoglimento del ricorso.
In proposito, va anzitutto rilevato che la sussistenza di una posizione di interesse morale non permette di riconoscere carattere di immediata e diretta lesività (intesa nel senso più sopra precisato) all'atto che di per sé ne sia privo in quanto inserito, come nella specie, in un più ampio contesto procedimentale.
Ma nemmeno potrebbe farsi valere, nella fattispecie, un ipotetico pregiudizio reputazionale e d'immagine, giacché in tal modo si addebiterebbe all'amministrazione una condotta lesiva non già di un interesse legittimo, ma del diritto soggettivo alla reputazione, con prospettazione, dunque, di una domanda fondata su una posizione giuridica ben diversa (T.A.R. Lazio, Sez. I, 3 febbraio 2021, n. 1406).
Conclusivamente, la carenza di interesse delle parti ricorrenti ad ottenere una pronuncia di annullamento della delibera impugnata, in ragione dell'assenza di un pregiudizio che possa derivare dalla sua adozione, comporta l'inammissibilità del gravame; alle stesse conclusioni deve addivenirsi con riferimento al diniego di autotutela oggetto dei motivi aggiunti, per le medesime considerazioni.
Le spese del giudizio, attesa la peculiarità della vicenda, possono essere compensate tra le parti.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sui ricorsi riuniti e sui motivi aggiunti, come in epigrafe proposti, li dichiara inammissibili.
Compensa le spese.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.