Consiglio di Stato
Sezione II
Sentenza 8 aprile 2022, n. 2601
Presidente: Saltelli - Estensore: Addesso
FATTO E DIRITTO
1. Con l'appello in epigrafe il sig. Antonio Cipollaro chiede la riforma della sentenza del T.A.R. Campania, Sez. II, n. 190 dell'11 gennaio 2022 che ha respinto il ricorso avverso il provvedimento del 14 ottobre 2021, con cui l'Ufficio centrale elettorale del Comune di Brusciano ha proclamato l'elezione alla carica di Sindaco dell'unico candidato ammesso alla tornata elettorale del 3-4 ottobre, avv. Giacomo Romano.
1.1. Col ricorso di primo grado il sig. Cipollaro, in qualità di cittadino elettore, chiedeva l'annullamento del verbale di proclamazione degli eletti alla carica di consiglieri comunali del Comune di Brusciano, lamentando l'illegittimità dell'intero procedimento per: i) violazione dell'art. 28 d.P.R. 16 maggio 1960, n. 570 - che prevede che il Segretario generale dell'ente abbia l'obbligo di accettare le liste pervenute, anche con ritardo, ovvero che risultino incomplete sotto il profilo documentale, indicando l'orario in cui le stesse siano state presentate - in quanto l'illegittima chiusura, alle ore 12,00, della porta di accesso agli uffici del Comune di Brusciano aveva impedito, tra gli altri, ai presentatori di due liste, a sostegno della candidatura alla carica di Sindaco dell'avv. Giuseppe Montanile, di accedere agli uffici per presentare le rispettive candidature; ii) violazione dell'art. 60 d.P.R. 16 maggio 1960, n. 570 in relazione all'art. 72 d.P.R. 18 agosto 2000, n. 267, per l'illegittimità del provvedimento di proclamazione dell'avv. Giacomo Romano alla carica di Sindaco del Comune di Brusciano per mancanza del quorum richiesto dall'art. 60 del citato d.P.R. 570/1960.
1.2. Il giudice adito, con sentenza n. 190/2022, respingeva il ricorso, rilevando che: i) le censure di cui al primo motivo di ricorso - sebbene prospettate come vizio inficiante in via derivata l'atto di proclamazione dei consiglieri eletti - erano inammissibili perché già scrutinate sia dal T.A.R. che dal Consiglio di Stato (quest'ultimo, con le sentenze n. 6274 e 6275 del 13 settembre 2021) in sede di ricorso ex art. 129 c.p.a. avverso l'esclusione delle liste a sostegno del candidato alla carica di sindaco avv. Giuseppe Montanile; ii) il secondo motivo di ricorso era infondato in quanto l'art. 60 d.P.R. 570/1960, riferendosi letteralmente alla sola ipotesi in cui sia ammessa e votata una sola lista, non era applicabile al caso di specie, in cui le liste ammesse, ancorché collegate tra loro, erano state quattro.
2. Con ricorso in appello notificato in data 28 gennaio 2022 e depositato in data 1° febbraio 2022 il signor Cipollaro chiede la riforma della sentenza sopra indicata sulla scorta di due motivi di appello con cui ripropone le censure già avanzate con il ricorso di primo grado.
2.1. Si sono costituiti in giudizio il Comune di Brusciano e il controinteressato signor Romano Giacomo, che hanno chiesto la reiezione dell'appello e la conferma della sentenza impugnata.
2.2. Le parti hanno depositato documenti e memorie, insistendo nelle rispettive difese.
3. All'udienza del 5 aprile 2022, previa discussione orale, la causa è stata trattenuta in decisione.
4. Il ricorso è infondato.
5. Con il primo motivo di appello l'appellante censura il capo della sentenza impugnata che ha dichiarato inammissibile il primo motivo di ricorso di primo grado relativo alla violazione dell'art. 28 d.P.R. 570/1960, ritenendo che la questione fosse stata già esaminata dal Consiglio di Stato nel giudizio sull'esclusione delle liste a sostegno della candidatura dell'avv. Montanile. Deduce, in particolare, che l'art. 129 c.p.a. prevede l'immediata impugnabilità dei provvedimenti di esclusione delle liste solo nei confronti dei diretti interessati, mentre il cittadino elettore, titolare dell'azione popolare, prevista in via generale dall'art. 83 d.P.R. 570/1960, può esercitare solo ed esclusivamente il suo diritto di azione entro i termini di cui all'art. 130 c.p.a. avverso l'atto di proclamazione degli eletti, in relazione a tutti i vizi del procedimento, ivi compresi quelli che attengono agli atti endoprocedimentali (esclusione liste).
5.1. Il motivo è infondato.
5.2. L'ordinamento (art. 130, comma 1, c.p.a e art. 83, comma 10, d.P.R. 570/1960) attribuisce al cittadino elettore l'azione avverso le operazioni elettorali a salvaguardia dell'interesse generale al corretto svolgimento delle elezioni.
Attesa la finalità sopra indicata, l'azione non può essere esperita per riproporre, a valle del procedimento elettorale, le questioni che sono già state scrutinate e risolte a monte con il rito speciale di cui all'art. 129 c.p.a. e sulle quali si è ormai formato il giudicato.
5.3. In materia elettorale, e in particolare in tema di giudizio anticipato sull'esclusione delle liste, il giudicato, sotto il profilo soggettivo, produce effetti erga omnes.
5.4. Questa caratteristica del giudicato elettorale si spiega storicamente proprio per la compresenza di interessi individuali e pubblici che giustifica anche la previsione di una legitimatio ad causam straordinaria, diffusa e fungibile, accordata in funzione di tutela dell'interesse pubblico alla regolare composizione ed al retto funzionamento degli organi collegiali degli enti territoriali. L'azione popolare infatti trova la sua ragion d'essere nell'opportunità di utilizzare l'iniziativa di qualsiasi cittadino elettore, diretta ad eliminare eventuali illegittimità in materia di operazioni elettorali ed elettorato attivo e passivo. Il giudicato formatosi in tali giudizi acquista autorità ed efficacia erga omnes, non essendo compatibile con la natura popolare dell'azione, con il suo carattere fungibile e con le sue finalità, che gli effetti della pronuncia rimangano limitati alle sole parti del primigenio giudizio e non operino nei confronti di tutti gli altri legittimati e dell'organo collegiale cui il giudizio stesso si riferisce (cfr. C.d.S., Sez. V, 23 febbraio 2012, n. 1058; Sez. VI, 21 dicembre 2010, n. 9323; Sez. V, 8 maggio 2013, n. 2500, che ha riconosciuto la legittimazione dei cittadini elettori a proporre appello avverso la sentenza di primo grado di ammissione della lista nel rito di cui all'art. 129 c.p.a.).
5.5. Logico corollario di tali premesse è che, una volta che la legittimità della fase iniziale di esclusione delle liste sia stata accertata nell'ambito del giudizio disciplinato dall'art. 129 c.p.a., risulta soddisfatto l'interesse pubblico che l'azione del cittadino elettore mira a perseguire, con conseguente impossibilità di rimettere in discussione, nell'ambito del giudizio ex art. 130 c.p.a., gli atti sulla cui legittimità il giudice amministrativo si è già espresso in via definitiva.
5.6. Nel caso di specie, sia il T.A.R. che il Consiglio di Stato si sono pronunciati, nell'ambito del giudizio ex art. 129 c.p.a., sulla legittimità dell'esclusione delle liste anche sotto il profilo dell'asserita violazione dell'art. 28 d.P.R. 570/1960.
5.7. Si legge, in particolare, nelle sentenze di questa Sezione n. 6274 e 6275 del 13 settembre 2021: «Parimenti infondate sono, poi, le ulteriori eccezioni in rito da questi ultimi portate all'attenzione del Collegio, con riferimento: - alla mancata impugnazione di un capo della gravata pronunzia (ovvero, la "violazione dell'art. 29 del T.U. elettorale, perché un soggetto incompetente ha impedito di consegnare le liste al segretario comunale, con la conseguenza che quest'ultimo non ha potuto certificare l'orario")... Rileva, in proposito, il Collegio come con il mezzo di tutela all'esame siano state confutate le ragioni - dalla parte ricorrente in prime cure sostenute; e dal T.A.R. ritenute meritevoli di condivisione - che hanno condotto all'accoglimento del ricorso; rivelandosi, per l'effetto, non apprezzabili le suesposte censure, atteso che ha formato oggetto di devoluzione all'esame del Giudice d'appello la vicenda - e, conseguentemente, l'intero apparato argomentativo della sentenza di prime cure - che ha condotto alla mancata presentazione della lista precedentemente indicata».
5.8. Questa Sezione, sulla base dell'effetto devolutivo dell'appello, ha quindi esaminato tutte le censure avverso il provvedimento di esclusione, accolte dal giudice di primo grado e confutate dal controinteressato sig. Romano Giacomo con il ricorso in appello, ivi compresa quella della violazione dell'art. 28 d.P.R. 570/1960 per l'asserita impossibilità del segretario comunale di certificare l'orario di consegna delle liste.
5.9. Poiché la legittimità dell'esclusione è già stata accertata con sentenza passata in giudicato, non può predicarsi alcuna illegittimità derivata, sotto tale profilo, dell'atto di proclamazione degli eletti.
5.10. Le considerazioni sopra svolte in ordine alle caratteristiche del giudicato elettorale e alle finalità sottese alla legittimazione straordinaria riconosciuta al cittadino elettore conducono alla manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale degli artt. 129 e 130 Cost. per violazione degli artt. 3, 48, 113 e 76 Cost., proposta dall'appellante.
5.11. Non è ravvisabile infatti alcuna illegittima compressione dell'azione popolare, atteso che, come già osservato, la legittimità dell'operazione elettorale che l'azione popolare mira a tutelare è già stata accertata dal giudice amministrativo con una pronuncia la cui efficacia non è limitata alle parti del giudizio. D'altra parte, lo stesso appellante riconosce che la finalità dell'azione popolare è quella di verificare "attraverso il giudice, la legittimità del procedimento elettorale" (pag. 12 del ricorso), sicché una volta la legittimità dell'atto di esclusione abbia positivamente superato il vaglio giurisdizionale, non vi è alcun interesse all'azione dell'elettore, che agisce sempre uti civis e non uti singulus, ossia nell'interesse generale del buon andamento della P.A. (C.d.S., Sez. V, 10 aprile 2013, n. 1968).
5.12. Per le ragioni sopra indicate, il motivo è infondato e deve essere respinto.
6. Con il secondo motivo l'appellante censura il capo della sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto inapplicabile al caso di specie l'art. 60 d.P.R. 570/1960 - che esige un quorum di votanti a pena di nullità ove sia stata ammessa una sola lista - alle elezioni dei comuni con popolazione superiore a 15.000 abitanti. Deduce in particolare che l'art. 72 d.lgs. 267/2000 non è derogatorio alla suddetta disposizione, poiché, in caso contrario, l'articolo sarebbe incostituzionale per eccesso di delega, attesa la natura meramente compilativa del testo unico enti locali.
6.1. Il motivo è infondato.
6.2. L'art. 60 d.P.R. 16 maggio 1960, n. 570 sancisce: "Ove sia stata ammessa e votata una sola lista, nei Comuni con popolazione sino a 10.000 abitanti, si intendono eletti i candidati che abbiano riportato un numero di voti validi non inferiore al 20 per cento dei votanti, purché il numero dei votanti non sia stato inferiore al 50 per cento degli elettori iscritti nelle liste elettorali del Comune; nei Comuni con popolazione superiore ai 10.000 abitanti si intendono eletti i candidati compresi nella lista purché essa abbia riportato un numero di voti validi non inferiore al 50 per cento dei votanti ed il numero dei votanti non sia stato inferiore al 50 per cento degli elettori iscritti nelle liste elettorali del Comune. Qualora il numero dei votanti non abbia raggiunto la percentuale di cui al comma precedente, la elezione è nulla".
6.3. La disposizione introduce, nel caso in cui sia ammessa e votata una sola lista, un duplice quorum, di voti validi e di votanti (quest'ultimo a pena di nullità della votazione), a garanzia dell'effettiva rappresentatività dell'organo consiliare.
6.4. Con il passaggio all'elezione diretta del sindaco, il t.u. enti locali ha riprodotto una norma di analogo tenore solo per i comuni con popolazione sino ai 15.000 abitanti (art. 71, comma 10, d.lgs. 267/2000) e non per quelli di popolazione superiore, il cui sistema elettorale è contrassegnato da regole profondamente diverse, che rendono la partecipazione alle elezioni di un'unica lista un'ipotesi meramente scolastica (art. 72).
6.5. A prescindere dalla questione se la mancata riproduzione dell'art. 60 d.P.R. 570/1960 nel corpo dell'art. 72 t.u. enti locali ne abbia determinato la tacita abrogazione, è dirimente osservare, come correttamente rilevato dal T.A.R., che la disposizione si riferisce espressamente ai casi in cui sia ammessa e votata una sola lista. Nel caso di specie, per contro, le liste ammesse erano quattro, sebbene collegate ad un unico candidato alla carica di sindaco.
6.6. Non convince l'assunto di parte appellante secondo cui l'ipotesi di unicità della lista ammessa è perfettamente equiparabile a quella dell'unicità del candidato alla carica di sindaco sorretto da più liste collegate, atteso che in quest'ultimo caso non viene pregiudicato il pluralismo rappresentativo e la dialettica democratica in seno all'organo consiliare che la previsione del quorum mira a garantire.
6.7. L'unicità del programma elettorale che caratterizza le liste tra loro collegate (art. 73, comma 2, t.u. enti locali) non può tradursi nella reductio ad unitatem di quelle che rimangono formazioni politiche distinte e separate e che, come tali, verranno rappresentate nell'ambito del Consiglio comunale.
6.8. D'altra parte è proprio la natura meramente compilativa del testo unico, che l'appellante invoca a sostegno della dedotta illegittimità costituzionale per eccesso di delega (pag. 19 del ricorso in appello), ad essere ostativa ad un ampliamento dell'ambito applicativo di una disposizione previgente che stabiliva un quorum di votanti a pena di nullità nei soli casi in cui fosse ammessa un'unica lista.
6.9. L'espressa riproduzione della disposizione sopra menzionata per i soli comuni con popolazione sino ai 15.000 abitanti sottende inoltre una precisa scelta legislativa, nel senso di ritenere sufficientemente garantito, nei comuni di dimensioni maggiori, il pluralismo democratico in seno all'organo consiliare anche in caso di partecipazione alle elezioni di un unico candidato alla carica di sindaco sorretto da più liste collegate.
6.10. Né l'auspicata estensione è possibile in via interpretativa, non solo per la già chiarita non sovrapponibilità delle liste collegate alla lista unica, ma anche per l'ampia discrezionalità di cui gode il legislatore nella disciplina elettorale. Ciò in quanto, come sottolineato dalla Corte costituzionale, la determinazione delle formule e dei sistemi elettorali costituisce un ambito nel quale si esprime con un massimo di evidenza la politicità della scelta legislativa, censurabile in sede di giudizio di costituzionalità solo quando risulti manifestamente irragionevole (cfr. Corte cost., sent. 10 marzo 2022, n. 62; sent. 31 ottobre 2012, n. 242, quest'ultima con specifico riferimento all'art. 71, comma 10, d.lgs. 267/2000).
6.11. Il delicato bilanciamento tra rappresentatività democratica, effettività di partecipazione all'elezione e puntuale rinnovo degli organi politici degli enti locali rinviene nel meccanismo elettorale dell'art. 72 d.lgs. 267/2000 un punto di equilibrio, espressione di una scelta legislativa che non si appalesa manifestamente irragionevole, secondo i principi espressi dalla Corte costituzionale. Di qui la manifesta infondatezza delle eccezioni di legittimità costituzionale della disposizione per violazione degli artt. 1 e 3 Cost., in considerazione della non equiparabilità dei sistemi elettorali dei comuni sino a 15.000 abitanti e di quelli superiori ai 15.000 abitanti, e dell'art. 48 Cost., in quanto il richiamato precetto costituzionale non è finalizzato ad una generica salvaguardia del corpo elettorale, ma è diretto ad assicurare la parità di condizione dei cittadini nel momento in cui il voto viene espresso, senza riguardare fasi anteriori o successive a tale momento (in questo senso, Corte cost., 4 maggio 2005, n. 173).
6.12. Quanto all'illegittimità costituzionale della disposizione sopra richiamata per violazione dell'art. 117, comma 1, Cost. in relazione all'art. 3, Prot. 1, CEDU (diritto alle libere elezioni), si tratta di una questione enunciata - senza, peraltro, essere compiutamente sviluppata - unicamente in sede di discussione orale dalla difesa dell'appellante. In ogni caso, la questione è manifestamente infondata anche in relazione a siffatto parametro.
6.13. La giurisprudenza della CEDU ha chiarito, da un lato, che il campo di applicazione dell'art. 3 del Protocollo n. 1 non copre le elezioni locali, che si tratti di elezioni comunali (Xuereb c. Malta, 15 giugno 2000; Salleras Llinares c. Spagna, 12 ottobre 2000) o regionali (Malarde c. Francia, 5 settembre 2000) e, dall'altro lato, che il margine di apprezzamento riconosciuto agli Stati non può produrre l'effetto di vietare ad alcune persone o ad alcuni gruppi di prendere parte alla vita politica del paese, in particolare attraverso la nomina dei membri del corpo legislativo (Aziz c. Cipro, 22 giugno 2004; Tănase c. Moldavia, 27 aprile 2010).
6.14. Nel caso di specie, la mancata previsione del quorum di votanti, oltre a non riferirsi alle elezioni di un corpo legislativo, non impedisce in alcun modo ai cittadini elettori di partecipare alle elezioni e alla vita politica del paese, nel senso indicato dalla Corte, poiché non introduce alcun un ostacolo fisico o giuridico alla libera espressione del voto. Né, d'altra parte, l'appellante ha chiarito in che modo la mancata previsione si traduca in una lesione del diritto alle libere elezioni ai sensi dell'art. 3, Prot. 1, CEDU come interpretato dalla giurisprudenza della Corte europea.
7. In conclusione, l'appello è infondato e deve essere respinto.
8. Sussistono giustificati motivi, stante la natura della controversia, per compensare tra le parti le spese del presente grado di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Note
V. anche Consiglio di Stato, sezione II, sentenza 8 aprile 2022, n. 2614.