Corte di giustizia dell'Unione Europea
Sesta Sezione
Sentenza 15 dicembre 2022

«Rinvio pregiudiziale - Politica sociale - Lavoro a tempo determinato - Direttiva 1999/70/CE - Accordo quadro - Principio di non discriminazione - Misure volte a prevenire l'utilizzo abusivo di una successione di contratti di lavoro a tempo determinato - Rapporto di lavoro a tempo determinato di diritto pubblico - Ricercatori universitari».

Nelle cause riunite C-40/20 e C-173/20, aventi ad oggetto le domande di pronuncia pregiudiziale proposte alla Corte, ai sensi dell'articolo 267 TFUE, dal Consiglio di Stato (Italia), con ordinanze del 10 gennaio 2020, pervenute in cancelleria il 27 gennaio 2020 e il 23 aprile 2020, nei procedimenti AQ, BO, CP (C-40/20), AZ, BY, CX, DW, EV, FU, GJ (C-173/20), contro Presidenza del Consiglio dei Ministri, Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca - MIUR, Università degli Studi di Perugia, con l'intervento di: Federazione Lavoratori della Conoscenza Cgil, Confederazione Generale Italiana del Lavoro (CGIL), Cipur - Coordinamento Intersedi Professori Universitari di Ruolo, Anief - Associazione Professionale e Sindacale (C-40/20), HS, IR, JQ, KP, LO, MN, NM, OZ, PK, QJ, RI, SH, TG, UF, WE, XC, YD (C-173/20).

[...]

1. Le domande di pronuncia pregiudiziale vertono sull'interpretazione della clausola 5 dell'accordo quadro sul lavoro a tempo determinato, concluso il 18 marzo 1999 (in prosieguo: l'«accordo quadro»), che figura in allegato alla direttiva 1999/70/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, relativa all'accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato (GU 1999, L 175, pag. 43).

2. Tali domande sono state presentate nell'ambito di controversie che oppongono, l'una, AQ, BO e CP (causa C-40/20) e, l'altra, AZ, BY, CX, DW, EV, FU e GJ (causa C-173/20), ricercatori universitari, alla Presidenza del Consiglio dei Ministri (Italia), al Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca - MIUR (Italia) e all'Università degli Studi di Perugia (Italia) in merito al rifiuto di trasformare i loro contratti a tempo determinato in contratti a tempo indeterminato, o di ammetterli alla valutazione ai fini della chiamata nel ruolo dei professori associati.

Contesto normativo

Diritto dell'Unione

3. Il considerando 14 della direttiva 1999/70 è del seguente tenore:

«[L]e parti contraenti hanno voluto concludere un accordo quadro sul lavoro a tempo determinato che stabilisce i principi generali e i requisiti minimi per i contratti e i rapporti di lavoro a tempo determinato; hanno espresso l'intenzione di migliorare la qualità del lavoro a tempo determinato garantendo l'applicazione del principio di non discriminazione, nonché di creare un quadro per la prevenzione degli abusi derivanti dall'utilizzo di una successione di contratti o di rapporti di lavoro a tempo determinato».

4. Il secondo comma del preambolo dell'accordo quadro stabilisce che le parti di tale accordo «riconoscono che i contratti a tempo indeterminato sono e continueranno ad essere la forma comune dei rapporti di lavoro fra i datori di lavoro e i lavoratori [e] che i contratti a tempo determinato rispondono, in alcune circostanze, sia alle esigenze dei datori di lavoro sia a quelle dei lavoratori».

5. Ai sensi della clausola 1 dell'accordo quadro:

«L'obiettivo del presente accordo quadro è:

a) migliorare la qualità del lavoro a tempo determinato garantendo il rispetto del principio di non discriminazione;

b) creare un quadro normativo per la prevenzione degli abusi derivanti dall'utilizzo di una successione di contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato».

6. La clausola 3 dell'accordo quadro, intitolata «Definizioni», così prevede:

«1. Ai fini del presente accordo, il termine "lavoratore a tempo determinato" indica una persona con un contratto o un rapporto di lavoro definiti direttamente fra il datore di lavoro e il lavoratore e il cui termine è determinato da condizioni oggettive, quali il raggiungimento di una certa data, il completamento di un compito specifico o il verificarsi di un evento specifico.

2. Ai fini del presente accordo, il termine "lavoratore a tempo indeterminato comparabile" indica un lavoratore con un contratto o un rapporto di lavoro di durata indeterminata appartenente allo stesso stabilimento e addetto a lavoro/occupazione identico o simile, tenuto conto delle qualifiche/competenze. In assenza di un lavoratore a tempo indeterminato comparabile nello stesso stabilimento, il raffronto si dovrà fare in riferimento al contratto collettivo applicabile o, in mancanza di quest'ultimo, in conformità con la legge, i contratti collettivi o le prassi nazionali».

7. La clausola 4 dell'accordo quadro, intitolata «Principio di non discriminazione», al punto 1 così dispone:

«Per quanto riguarda le condizioni di impiego, i lavoratori a tempo determinato non possono essere trattati in modo meno favorevole dei lavoratori a tempo indeterminato comparabili per il solo fatto di avere un contratto o rapporto di lavoro a tempo determinato, a meno che non sussistano ragioni oggettive».

8. La clausola 5 dell'accordo quadro, intitolata «Misure di prevenzione degli abusi», così recita:

«1. Per prevenire gli abusi derivanti dall'utilizzo di una successione di contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato, gli Stati membri, previa consultazione delle parti sociali a norma delle leggi, dei contratti collettivi e della prassi nazionali, e/o le parti sociali stesse, dovranno introdurre, in assenza di norme equivalenti per la prevenzione degli abusi e in un modo che tenga conto delle esigenze di settori e/o categorie specifici di lavoratori, una o più misure relative a:

a) ragioni obiettive per la giustificazione del rinnovo dei suddetti contratti o rapporti;

b) la durata massima totale dei contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato successivi;

c) il numero dei rinnovi dei suddetti contratti o rapporti.

2. Gli Stati membri, previa consultazione delle parti sociali, e/o le parti sociali stesse dovranno, se del caso, stabilire a quali condizioni i contratti e i rapporti di lavoro a tempo determinato:

a) devono essere considerati "successivi";

b) devono essere ritenuti contratti o rapporti a tempo indeterminato».

9. La clausola 8 dell'accordo quadro, intitolata «Disposizioni di attuazione», è del seguente tenore:

«1. Gli Stati membri e/o le parti sociali possono mantenere o introdurre disposizioni più favorevoli per i lavoratori di quelle stabilite nel presente [accordo quadro].

(...)».

Diritto italiano

10. L'articolo 22 della legge del 30 dicembre 2010, n. 240 - Norme in materia di organizzazione delle università, di personale accademico e reclutamento, nonché delega al Governo per incentivare la qualità e l'efficienza del sistema universitario (supplemento ordinario alla GURI n. 10, del 14 gennaio 2011), nella versione applicabile ai fatti dei procedimenti principali (in prosieguo: la «legge n. 240/2010»), intitolato «Assegni di ricerca», al suo comma 9 dispone quanto segue:

«La durata complessiva dei rapporti instaurati con i titolari degli assegni di cui al presente articolo e dei contratti di cui all'articolo 24, intercorsi anche con atenei diversi, statali, non statali o telematici, nonché con gli enti di cui al comma 1 del presente articolo, con il medesimo soggetto, non può in ogni caso superare i dodici anni, anche non continuativi. Ai fini della durata dei predetti rapporti non rilevano i periodi trascorsi in aspettativa per maternità o per motivi di salute secondo la normativa vigente».

11. L'articolo 24 di tale legge, intitolato «Ricercatori a tempo determinato», così prevede:

«1. Nell'ambito delle risorse disponibili per la programmazione, al fine di svolgere attività di ricerca, di didattica, di didattica integrativa e di servizio agli studenti, le università possono stipulare contratti di lavoro subordinato a tempo determinato. Il contratto stabilisce, sulla base dei regolamenti di ateneo, le modalità di svolgimento delle attività di didattica, di didattica integrativa e di servizio agli studenti nonché delle attività di ricerca.

2. I destinatari sono scelti mediante procedure pubbliche di selezione disciplinate dalle università con regolamento ai sensi della legge 9 maggio 1989, n. 168, nel rispetto dei principi enunciati dalla Carta europea dei ricercatori, di cui alla raccomandazione della Commissione delle Comunità europee n. 251 dell'11 marzo 2005 (...)

3. I contratti hanno le seguenti tipologie:

a) contratti di durata triennale prorogabili per soli due anni, per una sola volta, previa positiva valutazione delle attività didattiche e di ricerca svolte, effettuata sulla base di modalità, criteri e parametri definiti con decreto del Ministro; i predetti contratti possono essere stipulati con il medesimo soggetto anche in sedi diverse;

b) contratti triennali, riservati a candidati che hanno usufruito dei contratti di cui alla lettera a), ovvero che hanno conseguito l'abilitazione scientifica nazionale alle funzioni di professore di prima o di seconda fascia di cui all'articolo 16 della presente legge, ovvero che sono in possesso del titolo di specializzazione medica, ovvero che, per almeno tre anni anche non consecutivi, hanno usufruito di assegni di ricerca ai sensi dell'articolo 51, comma 6, della legge 27 dicembre 1997, n. 449, o di assegni di ricerca di cui all'articolo 22 della presente legge, o di borse post-dottorato ai sensi dell'articolo 4 della legge 30 novembre 1989, n. 398, ovvero di analoghi contratti, assegni o borse in atenei stranieri.

(...)

5. Nell'ambito delle risorse disponibili per la programmazione, nel terzo anno di contratto di cui al comma 3, lettera b), l'università valuta il titolare del contratto stesso, che abbia conseguito l'abilitazione scientifica di cui all'articolo 16, ai fini della chiamata nel ruolo di professore associato, ai sensi dell'articolo 18, comma 1, lettera e). In caso di esito positivo della valutazione, il titolare del contratto, alla scadenza dello stesso, è inquadrato nel ruolo dei professori associati. La valutazione si svolge in conformità agli standard qualitativi riconosciuti a livello internazionale individuati con apposito regolamento di ateneo nell'ambito dei criteri fissati con decreto del Ministro. La programmazione di cui all'articolo 18, comma 2, assicura la disponibilità delle risorse necessarie in caso di esito positivo della procedura di valutazione. Alla procedura è data pubblicità sul sito dell'ateneo.

6. Nell'ambito delle risorse disponibili per la programmazione, fermo restando quanto previsto dall'articolo 18, comma 2, dalla data di entrata in vigore della presente legge e fino al 31 dicembre dell'ottavo anno successivo, la procedura di cui al comma 5 può essere utilizzata per la chiamata nel ruolo di professore di prima e seconda fascia di professori di seconda fascia e ricercatori a tempo indeterminato in servizio nell'università medesima, che abbiano conseguito l'abilitazione scientifica di cui all'articolo 16. A tal fine le università possono utilizzare fino alla metà delle risorse equivalenti a quelle necessarie per coprire i posti disponibili di professore di ruolo. A decorrere dal nono anno l'università può utilizzare le risorse corrispondenti fino alla metà dei posti disponibili di professore di ruolo per le chiamate di cui al comma 5.

(...)

8. Il trattamento economico spettante ai destinatari dei contratti di cui al comma 3, lettera a), è pari al trattamento iniziale spettante al ricercatore confermato a seconda del regime di impegno. Per i titolari dei contratti di cui al comma 3, lettera b), il trattamento annuo lordo onnicomprensivo è pari al trattamento iniziale spettante al ricercatore confermato a tempo pieno elevato fino a un massimo del 30 per cento.

9. I contratti di cui al presente articolo non danno luogo a diritti in ordine all'accesso ai ruoli. L'espletamento del contratto di cui al comma 3, lettere a) e b), costituisce titolo preferenziale nei concorsi per l'accesso alle pubbliche amministrazioni».

12. La legge del 7 agosto 2015, n. 124 - Deleghe al Governo in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche (GURI n. 187, del 13 agosto 2015; in prosieguo: la «legge n. 124/2015»), la quale detta, segnatamente, regole di delegazione legislativa sul riordino della disciplina del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche, al suo articolo 17, comma 1, prevede quanto segue:

«I decreti legislativi per il riordino della disciplina in materia di lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche e connessi profili di organizzazione amministrativa sono adottati, sentite le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative, entro diciotto mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, nel rispetto dei seguenti principi e criteri direttivi, che si aggiungono a quelli di cui all'articolo 16:

a) previsione nelle procedure concorsuali pubbliche di meccanismi di valutazione finalizzati a valorizzare l'esperienza professionale acquisita da coloro che hanno avuto rapporti di lavoro flessibile con le amministrazioni pubbliche (...)

(...)

o) disciplina delle forme di lavoro flessibile, con individuazione di limitate e tassative fattispecie, caratterizzate dalla compatibilità con la peculiarità del rapporto di lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche e con le esigenze organizzative e funzionali di queste ultime, anche al fine di prevenire il precariato;

(...)».

13. L'articolo 20 del decreto legislativo del 25 maggio 2017, n. 75 - Modifiche e integrazioni al decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, ai sensi degli articoli 16, commi 1, lettera a), e 2, lettere b), c), d) ed e) e 17, comma 1, lettere a), c), e), f), g), h), l) m), n), o), q), r), s) e z), della legge 7 agosto 2015, n. 124, in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche (GURI n. 130, del 7 giugno 2017; in prosieguo: il «decreto legislativo n. 75/2017»), intitolato «Superamento del precariato nelle pubbliche amministrazioni», stabilisce quanto segue:

«1. Le amministrazioni, al fine di superare il precariato, ridurre il ricorso ai contratti a termine e valorizzare la professionalità acquisita dal personale con rapporto di lavoro a tempo determinato, possono, nel triennio 2018-2020, in coerenza con il piano triennale dei fabbisogni di cui all'articolo 6, comma 2, e con l'indicazione della relativa copertura finanziaria, assumere a tempo indeterminato personale non dirigenziale che possegga tutti i seguenti requisiti:

a) risulti in servizio successivamente alla data di entrata in vigore della legge n. 124 del 2015 con contratti a tempo determinato presso l'amministrazione che procede all'assunzione o, in caso di amministrazioni comunali che esercitino funzioni in forma associata, anche presso le amministrazioni con servizi associati;

b) sia stato reclutato a tempo determinato, in relazione alle medesime attività svolte, con procedure concorsuali anche espletate presso amministrazioni pubbliche diverse da quella che procede all'assunzione;

c) abbia maturato, al 31 dicembre 2017, alle dipendenze dell'amministrazione di cui alla lettera a) che procede all'assunzione, almeno tre anni di servizio, anche non continuativi, negli ultimi otto anni.

2. Nello stesso triennio 2018-2020, le amministrazioni possono bandire, in coerenza con il piano triennale dei fabbisogni di cui all'articolo 6, comma 2, e ferma restando la garanzia dell'adeguato accesso dall'esterno, previa indicazione della relativa copertura finanziaria, procedure concorsuali riservate, in misura non superiore al cinquanta per cento dei posti disponibili, al personale non dirigenziale che possegga tutti i seguenti requisiti:

a) risulti titolare, successivamente alla data di entrata in vigore della legge n. 124 del 2015, di un contratto di lavoro flessibile presso l'amministrazione che bandisce il concorso;

b) abbia maturato, alla data del 31 dicembre 2017, almeno tre anni di contratto, anche non continuativi, negli ultimi otto anni, presso l'amministrazione che bandisce il concorso.

(...)

8. Le amministrazioni possono prorogare i corrispondenti rapporti di lavoro flessibile con i soggetti che partecipano alle procedure di cui ai commi 1 e 2, fino alla loro conclusione, nei limiti delle risorse disponibili ai sensi dell'articolo 9, comma 28, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122.

9. Il presente articolo non si applica al reclutamento del personale docente, educativo e amministrativo, tecnico e ausiliario (ATA) presso le istituzioni scolastiche ed educative statali. (...) Il presente articolo non si applica altresì ai contratti di somministrazione di lavoro presso le pubbliche amministrazioni».

14. L'articolo 5, comma 4 bis, del decreto legislativo del 6 settembre 2001, n. 368 - Attuazione della direttiva 1999/70/CE relativa all'accordo quadro sul lavoro a tempo determinato concluso dall'UNICE, dal CEEP e dal CES (GURI n. 235, del 9 ottobre 2001; in prosieguo: il «decreto legislativo n. 368/2001»), che ha trasposto la direttiva 1999/70 nell'ordinamento giuridico italiano, così recitava:

«Ferma restando la disciplina della successione di contratti di cui ai commi precedenti, qualora per effetto di successione di contratti a termine per lo svolgimento di mansioni equivalenti il rapporto di lavoro fra lo stesso datore di lavoro e lo stesso lavoratore abbia complessivamente superato i trentasei mesi comprensivi di proroghe e rinnovi, indipendentemente dai periodi di interruzione che intercorrono tra un contratto e l'altro, il rapporto di lavoro si considera a tempo indeterminato ai sensi del comma 2. (...)».

15. La disposizione citata è stata riprodotta, in sostanza, e mantenuta in vigore dall'articolo 19 del decreto legislativo del 15 giugno 2015, n. 81 - Disciplina organica dei contratti di lavoro e revisione della normativa in tema di mansioni, a norma dell'articolo 1, comma 7, della legge 10 dicembre 2014, n. 183 (supplemento ordinario alla GURI n. 144, del 24 giugno 2015; in prosieguo: il «decreto legislativo n. 81/2015»), intitolato «Apposizione del termine e durata massima», in vigore dal 25 giugno 2015. In forza di tale disposizione, qualora il limite dei 36 mesi sia superato, per effetto di un unico contratto o di una successione di contratti conclusi per lo svolgimento di mansioni di pari livello e categoria legale, «il contratto si trasforma in contratto a tempo indeterminato dalla data di tale superamento».

16. Tuttavia, conformemente all'articolo 10, comma 4 bis, del decreto legislativo n. 368/2001, in alcuni casi l'applicazione dell'articolo 5, comma 4 bis, del medesimo decreto legislativo è esclusa. I contratti di cui trattasi nei procedimenti principali rientrano in tali casi, in forza dell'articolo 29, comma 2, lettera d), del decreto legislativo n. 81/2015, disposizione che prevede espressamente, tra le esclusioni dall'ambito di applicazione dell'articolo 5, comma 4 bis, del decreto legislativo n. 368/2001, i contratti a tempo determinato stipulati ai sensi della legge n. 240/2010.

17. Inoltre, l'articolo 29, comma 4, del decreto legislativo n. 81/2015 prevede che resti fermo quanto disposto dall'articolo 36 del decreto legislativo del 30 marzo 2001, n. 165 - Norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche (supplemento ordinario alla GURI n. 106, del 9 maggio 2001; in prosieguo: il «decreto legislativo n. 165/2001»).

18. L'articolo 36 del decreto legislativo n. 165/2001, come modificato dal decreto legislativo n. 75/2017, intitolato «Personale a tempo determinato o assunto con forme di lavoro flessibile», prevede quanto segue:

«1. Per le esigenze connesse con il proprio fabbisogno ordinario le pubbliche amministrazioni assumono esclusivamente con contratti di lavoro subordinato a tempo indeterminato (...)

(...)

5. In ogni caso, la violazione di disposizioni imperative riguardanti l'assunzione o l'impiego di lavoratori, da parte delle pubbliche amministrazioni, non può comportare la costituzione di rapporti di lavoro a tempo indeterminato con le medesime pubbliche amministrazioni, ferma restando ogni responsabilità e sanzione. Il lavoratore interessato ha diritto al risarcimento del danno derivante dalla prestazione di lavoro in violazione di disposizioni imperative (...)

(...)

5-quater. I contratti di lavoro posti in essere in violazione del presente articolo sono nulli e determinano responsabilità erariale. I dirigenti che operano in violazione delle disposizioni del presente articolo sono, altresì, responsabili ai sensi dell'articolo 21. Al dirigente responsabile di irregolarità nell'utilizzo del lavoro flessibile non può essere erogata la retribuzione di risultato».

Procedimenti principali e questioni pregiudiziali

19. I ricorrenti nei procedimenti principali nelle cause C-40/20 e C-173/20 hanno stipulato ciascuno con l'Università di Perugia un contratto di ricercatore di durata triennale in forza dell'articolo 24, comma 3, lettera a), della legge n. 240/2010. Essi hanno beneficiato di una proroga del loro contratto per un periodo di due anni.

20. I ricorrenti nei procedimenti principali, che erano già in servizio alla data dell'entrata in vigore della legge n. 124/2015, hanno domandato all'Università di Perugia l'attivazione del procedimento per la chiamata, volto alla loro assunzione a tempo indeterminato, ai sensi dell'articolo 20, comma 1, del decreto legislativo n. 75/2017.

21. L'Università di Perugia ha respinto tali richieste con note dell'11 e del 19 aprile 2018, con la motivazione che, in base alla circolare della Presidenza del Consiglio dei Ministri n. 3, del 23 novembre 2017, sulla stabilizzazione del precariato presso le amministrazioni pubbliche (in prosieguo: la «circolare n. 3/2017»), la disciplina contenuta nell'articolo 20 del decreto legislativo n. 75/2017 nulla aveva innovato nel rapporto d'impiego di professori e ricercatori universitari, il cui rapporto di diritto pubblico non soggiaceva alle procedure di stabilizzazione del precariato.

22. I ricorrenti nei procedimenti principali hanno proposto ricorsi dinanzi al Tribunale amministrativo regionale per l'Umbria (Italia) contestando tali decisioni nonché la circolare n. 3/2017. Essi deducevano, segnatamente, che l'articolo 20 del decreto legislativo n. 75/2017 non escludeva i ricercatori universitari a tempo determinato dalla procedura di stabilizzazione del precariato, in caso contrario tale norma dovendo essere considerata inficiata da vizi di illegittimità costituzionale e contraria al diritto dell'Unione e in particolare all'accordo quadro.

23. Dopo aver riunito i ricorsi proposti dai ricorrenti nei procedimenti principali, rispettivamente nella causa C-40/20 e nella causa C-173/20, il Tribunale amministrativo regionale per l'Umbria li ha respinti con la motivazione che, anche alla luce del parere del Consiglio di Stato (Italia) dell'11 aprile 2017, la procedura di cui all'articolo 20, comma 1, del decreto legislativo n. 75/2017 costituiva una rilevante eccezione al principio del concorso pubblico, l'inderogabilità del quale era stata sempre sancita dalla Corte costituzionale (Italia) e dalla giurisprudenza del lavoro ed amministrativa. Pertanto tale procedura si dovrebbe intendere come uno strumento eccezionale, tant'è che soggiacerebbe, oltre ai principi di ragionevolezza e di proporzionalità, ai limiti programmatori e finanziari valevoli per tutto il pubblico impiego.

24. In ogni caso, anche qualora i ricercatori universitari che abbiano stipulato un contratto a tempo determinato non fossero esclusi in modo espresso dai suoi destinatari, detta procedura sarebbe inapplicabile a tale categoria di lavoratori, il cui rapporto sarebbe regolato dalle specifiche norme per l'Università e la ricerca scientifica.

25. I ricorrenti nei procedimenti principali hanno proposto appello dinanzi al Consiglio di Stato.

26. Tale giudice ritiene che la soluzione da apportare alle controversie di cui ai procedimenti principali presupponga anzitutto che si stabilisca se il sistema di assunzione dei ricercatori universitari sia compatibile con il diritto dell'Unione.

27. A tal riguardo, detto giudice ricorda, in via preliminare, che lo scopo essenziale dell'accordo quadro e dei meccanismi di tutela da esso previsti è quello di escludere non il contratto a termine, ma qualsivoglia abuso di tal strumento. Inoltre, esso dubita dell'applicazione automatica di detti meccanismi nei settori propri d'esercizio di pubblici poteri in generale e in quello della ricerca scientifica in modo specifico, poiché tali settori sono regolati nell'ordinamento nazionale sulla scorta di principi costituzionali.

28. Il giudice del rinvio sottolinea che, alla luce delle particolarità della ricerca scientifica universitaria, un rapporto di lavoro a termine, pur se consecutivo o ravvicinato ad uno precedente tra le stesse parti e pur afferente genericamente alle tematiche della ricerca scientifica ed anche se protratto oltre il termine massimo indicato dall'articolo 19, comma 1, del decreto legislativo n. 81/2015, non è per forza la mera, surrettizia ed abusiva prosecuzione del primo rapporto di lavoro.

29. Il reclutamento del personale da adibire alla ricerca scientifica universitaria sulla base di contratti a tempo determinato troverebbe le sue ragioni oggettive di giustificazione proprio nella non prevedibilità a priori di quali e quante linee di ricerca potranno essere attivate, così come del tipo, durata e contenuto di tale attività didattica. In entrambi i casi, le esigenze sarebbero in realtà temporanee perché non permanenti e sarebbero cadenzate in segmenti temporali non necessariamente racchiusi o delimitabili in siffatto termine massimo.

30. Tuttavia, il giudice del rinvio si interroga sul possibile contrasto della normativa di cui trattasi nei procedimenti principali con il diritto dell'Unione.

31. In via preliminare, esso ritiene che il mantenimento delle due qualifiche dei ricercatori a tempo determinato di cui all'articolo 24, comma 3, della legge n. 240/2010 possa confliggere con la clausola 5, punto 1, dell'accordo quadro. I criteri «oggettivi e trasparenti» richiesti da quest'ultima non si ritroverebbero infatti nell'articolo 24, comma 1, di tale legge, il quale si limiterebbe a porre la condizione che il contratto a termine sia compatibile con le «risorse disponibili per la programmazione». Orbene, dalla giurisprudenza, e segnatamente dalla sentenza del 26 novembre 2014, Mascolo e a. (C-22/13, da C-61/13 a C-63/13 e C-418/13, EU:C:2014:2401), risulta che, sebbene considerazioni di bilancio, che tendano a negare la tutela conservativa del posto di lavoro, possano costituire il fondamento delle scelte di politica sociale di uno Stato membro e possano influenzare la natura ovvero la portata delle misure che esso intende adottare, esse non costituiscono tuttavia, di per sé, un obiettivo perseguito da tale politica e, pertanto, non possono giustificare l'assenza di qualsiasi misura di prevenzione del ricorso abusivo a una successione di contratti di lavoro a tempo determinato ai sensi della clausola 5, punto 1, dell'accordo quadro.

32. Inoltre, neppure la soggezione del possibile rinnovo biennale ad una semplice «positiva valutazione delle attività didattiche e di ricerca svolte» consente di ritenere soddisfatta la necessità che l'università stabilisca e segua criteri oggettivi e trasparenti al fine di verificare se il rinnovo di siffatti contratti risponda effettivamente ad un'esigenza reale e se sia idoneo a conseguire l'obiettivo perseguito.

33. Infine, il rinnovo di tale contratto soffrirebbe altresì del contrasto con i principi del diritto dell'Unione della stipulazione del primo contratto a tempo determinato.

34. Pertanto, la previsione dell'articolo 24, comma 3, della legge n. 240/2010 potrebbe comportare un rischio concreto di ricorso abusivo ai contratti a tempo determinato e, se così fosse, non risulterebbe compatibile con lo scopo e l'effetto utile dell'accordo quadro.

35. In tale contesto, il Consiglio di Stato ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali, comuni alle cause C-40/20 e C-173/20:

«1) Se la clausola 5 dell'[accordo quadro], intitolata "Misure di prevenzione degli abusi", letta in combinazione coi considerando 6 e 7 [della direttiva 1999/70] e con la clausola 4 di tale accordo ("Principio di non discriminazione"), nonché alla luce dei principi di equivalenza, d'effettività e dell'effetto utile del diritto [dell'Unione], osta a una normativa nazionale, nella specie l'articolo 24, comma 3, lettera a), e l'articolo 22, comma 9, della legge n. 240/2010, che consenta alle Università l'utilizzo, senza limiti quantitativi, di contratti da ricercatore a tempo determinato con durata triennale e prorogabili per due anni, senza subordinarne la stipulazione e la proroga ad alcuna ragione oggettiva connessa ad esigenze temporanee o eccezionali dell'Ateneo che li dispone, e che prevede, qual unico limite al ricorso di molteplici rapporti a tempo determinato con la stessa persona, solo la durata non superiore a dodici anni, anche non continuativi.

2) Se la citata clausola 5 dell'accordo quadro, letta in combinazione con i considerando 6 e 7 della direttiva [1999/70] e con la citata clausola 4 di detto accordo, nonché alla luce dell'effetto utile del diritto [dell'Unione], osta ad una normativa nazionale (nella specie, gli articoli 24 e 29, comma 1, della legge n. 240/2010), laddove concede alle Università di reclutare esclusivamente ricercatori a tempo determinato, senza subordinare la relativa decisione alla sussistenza di esigenze temporanee o eccezionali senza porvi alcun limite, mercé la successione potenzialmente indefinita di contratti a tempo determinato, le ordinarie esigenze di didattica e di ricerca di tali Atenei.

3) Se la clausola 4 del medesimo accordo quadro osta ad una normativa nazionale, quale l'articolo 20, comma 1, del decreto legislativo n. 75/2017 (come interpretato dalla citata circolare [n. 3/2017]), che, nel mentre riconosce la possibilità di stabilizzare i ricercatori a tempo determinato degli Enti pubblici di ricerca - ma solo se abbiano maturato almeno tre anni di servizio entro il 31 dicembre 2017 -, non la consente a favore dei ricercatori universitari a tempo determinato sol perché l'articolo 22, comma 16, del decreto legislativo n. 75/2017 ne ha ricondotto il rapporto di lavoro, pur fondato per legge su un contratto di lavoro subordinato, al "regime di diritto pubblico", nonostante l'articolo 22, comma 9, della legge n. 240/2010 sottoponga i ricercatori degli Enti di ricerca e delle Università alla stessa regola di durata massima che possono avere i rapporti a tempo determinato intrattenuti, sotto forma di contratti di cui al successivo articolo 24 o di assegni di ricerca di cui allo stesso articolo 22, con le Università e con gli Enti di ricerca.

4) Se i principi di equivalenza e di effettività e quello dell'effetto utile del diritto UE, con riguardo al citato accordo quadro, nonché il principio di non discriminazione contenuto nella clausola 4 di esso ostano ad una normativa nazionale (l'articolo 24, comma 3, lettera a), della legge n. 240/2010 e l'articolo 29, commi 2, lettera d), e 4, del decreto legislativo n. 81/2015) che, pur in presenza d'una disciplina applicabile a tutti i lavoratori pubblici e privati da ultimo racchiusa nel medesimo decreto n. 81/2015 e che fissa (a partire dal 2018) il limite massimo di durata d'un rapporto a tempo determinato in 24 mesi (comprensivi di proroghe e rinnovi) e subordina l'utilizzo di tal tipo di rapporti alle dipendenze della Pubblica amministrazione all'esistenza di "esigenze temporanee ed eccezionali", consente alle Università di reclutare ricercatori grazie ad un contratto a tempo determinato triennale, prorogabile per due anni in caso di positiva valutazione delle attività di ricerca e di didattica svolte nel triennio stesso, senza subordinare né la stipulazione del primo contratto né la proroga alla sussistenza di tali esigenze temporanee o eccezionali dell'Ateneo, permettendogli pure, alla fine del quinquennio, di stipulare con la stessa o con altre persone ancora un altro contratto a tempo determinato di pari tipologia, al fine di soddisfare le medesime esigenze didattiche e di ricerca connesse al precedente contratto.

5) Se la clausola 5 del citato accordo quadro osta, anche alla luce dei principi di effettività e di equivalenza e della predetta clausola 4, a che una normativa nazionale (l'articolo 29, commi 2, lettera d), e 4, del decreto legislativo n. 81/2015 e l'articolo 36, commi 2 e 5, del decreto legislativo n. 165/2001) precluda ai ricercatori universitari assunti con contratto a tempo determinato di durata triennale e prorogabile per altri due (ai sensi del citato articolo 24, comma 3, lettera a), della 1egge n. 240/2010), la successiva instaurazione di un rapporto a tempo indeterminato, non sussistendo altre misure all'interno dell'ordinamento italiano idonee a prevenire ed a sanzionare gli abusi nell'uso d'una successione di rapporti a termine da parte delle Università».

36. Il 23 aprile 2020, il Consiglio di Stato ha sottoposto, nella causa C-40/20, una sesta questione così formulata:

«6) Se la clausola 4 dell'[accordo quadro], intitolata "Principio di non discriminazione", letta unitamente agli articoli 20 e 21 del[la] Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, ed anche alla luce dei principi di equivalenza e di effettività, osta ad una normativa nazionale, quale quella di cui all'articolo 24, commi 5 e 6, della legge n. 240/2010, che riconosce ai ricercatori a tempo determinato di cui all'articolo 24, comma 3, lettera b), che abbiano conseguito l'abilitazione scientifica nazionale di cui all'articolo 16 della medesima legge, e ai ricercatori a tempo indeterminato, che parimenti abbiano conseguito la predetta abilitazione, rispettivamente il diritto e la possibilità (implementata con l'assegnazione di apposite risorse) di essere sottoposti - i primi alla scadenza del contratto, i secondi fino al 31 dicembre 2021 - ad un'apposita procedura di valutazione per la chiamata nel ruolo dei professori associati, mentre nessun diritto né possibilità analoghi vengono riconosciuti ai ricercatori a tempo determinato di cui all'articolo 24, comma 3, lettera a), in possesso della abilitazione scientifica nazionale, malgrado si tratti di lavoratori chiamati a svolgere, tutti indistintamente, identiche mansioni».

37. Con decisione del 27 aprile 2020, il presidente della Corte ha riunito le cause C-40/20 e C-173/20 ai fini delle fasi scritta e orale del procedimento nonché della sentenza.

Sulle questioni pregiudiziali

Osservazioni preliminari

38. Nell'ambito della prima, della quarta, della quinta e della sesta questione, il giudice del rinvio si interroga sulla conformità di disposizioni nazionali, in particolare, ai principi di effettività e di equivalenza. Tuttavia, dal momento che tali disposizioni nazionali prevedono prescrizioni sostanziali e non modalità processuali, i principi in parola non sono pertinenti per rispondere a dette questioni. Tali principi trovano infatti applicazione solo nel contesto della tutela dei diritti spettanti ai singoli in forza del diritto dell'Unione e, di conseguenza, non riguardano la portata sostanziale di tali diritti, ma unicamente le modalità processuali di esercizio di questi ultimi, modalità disciplinate dal diritto nazionale (v., in tal senso, sentenza del 30 giugno 2016, Câmpean, C-200/14, EU:C:2016:494, punti 46 e 47).

Sulla prima parte della prima questione e sulla seconda questione

39. Con la prima parte della sua prima questione e con la sua seconda questione il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se la clausola 5 dell'accordo quadro osti a una normativa nazionale che consente alle università di stipulare con i ricercatori contratti a tempo determinato di durata triennale, prorogabili di due anni al massimo, senza subordinarne la stipulazione e la proroga ad alcuna ragione oggettiva connessa ad esigenze temporanee o eccezionali.

40. Occorre ricordare che l'articolo 24, comma 3, della legge n. 240/2010 prevede due tipi di contratti per i ricercatori universitari - sostituendo in tal modo la normativa precedente che aveva accordato a tali soggetti un posto permanente dopo il superamento di un periodo iniziale di prova di tre anni - ossia i contratti di cui alla lettera a) di tale disposizione (in prosieguo: i «contratti di tipo A») e i contratti di cui alla lettera b) della medesima (in prosieguo: i «contratti di tipo B»), gli uni e gli altri anch'essi stipulati per una durata di tre anni.

41. Se è vero che la procedura di selezione conduce così, per entrambe le categorie di ricercatori universitari suddette, alla stipulazione di un contratto a tempo determinato di tre anni, dalle domande di pronuncia pregiudiziale risulta che sussistono, nondimeno, differenze tra detti tipi di contratti.

42. La stipulazione di un contratto di tipo A dipende infatti dall'esistenza di risorse disponibili per svolgere attività di ricerca, di didattica, di didattica integrativa e di servizio agli studenti. Un contratto di tal genere può essere prorogato una sola volta per un periodo di due anni, previa valutazione positiva dell'attività scientifica effettuata dall'interessato. Un contratto di tipo B, invece, non può essere prorogato, ma il ricercatore interessato ha la possibilità, al termine di tale periodo e a seconda del risultato di un'adeguata valutazione, di conseguire un posto di professore associato, cui è collegato un contratto a tempo indeterminato.

43. I requisiti per accedere all'uno o all'altro di tali contratti sono anch'essi diversi. Per i contratti di tipo A, è sufficiente essere in possesso del titolo di dottore di ricerca, di un titolo universitario equivalente o del diploma di specializzazione medica. Per i contratti di tipo B, invece, è necessario aver lavorato come ricercatore conformemente all'articolo 24, comma 3, lettera a), della legge n. 240/2010, aver conseguito l'abilitazione come professore di prima o di seconda fascia, aver completato un periodo di formazione medica o, ancora, aver trascorso almeno tre anni in diverse università usufruendo di assegni di ricerca o di borse di studio.

44. Pertanto, il fatto di aver stipulato un contratto di tipo A consente di avere accesso a un contratto di tipo B. Un ricercatore universitario può quindi proseguire la sua carriera accademica, passando da un contratto di tipo A a un contratto di tipo B, il che gli darà poi la possibilità di essere nominato professore associato. Tale nomina dipende, tuttavia, dal risultato di un'adeguata valutazione e non è quindi automatica.

45. Ne consegue che la differenza tra le due categorie di ricercatori universitari risiede, in primo luogo, nei diversi requisiti per stipulare i rispettivi contratti e, in secondo luogo, nel fatto che i ricercatori che usufruiscono di un contratto di tipo A non hanno direttamente accesso, nell'ambito della loro carriera, al posto di professore associato, mentre quelli che usufruiscono di un contratto di tipo B vi hanno direttamente accesso.

46. Nel caso di specie, i ricorrenti nei procedimenti principali sono stati assunti in quanto vincitori di una procedura di selezione organizzata ai sensi dell'articolo 24 della legge n. 240/2010 e, quindi, in seguito a una valutazione positiva, come richiesto dal comma 3, lettera a), di tale articolo, e tenendo conto delle «risorse disponibili per la programmazione, al fine di svolgere attività di ricerca, di didattica, di didattica integrativa e di servizio agli studenti».

47. Si deve ricordare che, secondo la clausola 1 dell'accordo quadro, l'obiettivo di quest'ultimo è, da un lato, migliorare la qualità del lavoro a tempo determinato garantendo il rispetto del principio di non discriminazione e, dall'altro, creare un quadro normativo per la prevenzione degli abusi derivanti dall'utilizzo di una successione di contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato.

48. A tal fine, per prevenire gli eventuali abusi derivanti dall'utilizzo di una successione di contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato, la clausola 5 dell'accordo quadro stabilisce, al suo punto 1, le misure che spetta agli Stati membri introdurre in assenza di norme equivalenti per la prevenzione degli abusi.

49. Dal tenore letterale di tale clausola 5 risulta che essa si applica solo in caso di successione di contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato, di modo che un contratto che è il primo o l'unico contratto di lavoro a tempo determinato non rientra nell'ambito di applicazione del punto 1 di detta clausola. L'accordo quadro non impone quindi agli Stati membri di adottare una misura che imponga di giustificare ogni primo o unico contratto di lavoro a tempo determinato con una ragione oggettiva [sentenza del 3 giugno 2021, Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca - MIUR e a. (Ricercatori universitari), C-326/19, EU:C:2021:438, punto 52 e giurisprudenza ivi citata].

50. Pertanto, la stipulazione di un contratto a tempo determinato, quale il contratto di tipo A, non è disciplinata, in quanto tale, dalla clausola 5, punto 1, dell'accordo quadro e non rientra quindi nell'ambito di applicazione di tale disposizione.

51. Detta disposizione è invece applicabile qualora un contratto di tipo A sia prorogato per un periodo massimo di due anni, come previsto all'articolo 24, comma 3, lettera a), della legge n. 240/2010, giacché si tratta, in tal caso, di una successione di due contratti a tempo determinato.

52. A tale riguardo, occorre ricordare che la clausola 5, punto 1, dell'accordo quadro ha lo scopo di attuare uno degli obiettivi perseguiti da tale accordo quadro, vale a dire limitare il ripetuto ricorso ai contratti o ai rapporti di lavoro a tempo determinato, considerato come potenziale fonte di abuso a danno dei lavoratori, prevedendo un certo numero di disposizioni di tutela minima volte a evitare la precarizzazione della situazione dei lavoratori dipendenti [sentenza del 3 giugno 2021, Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca - MIUR e a. (Ricercatori universitari), C-326/19, EU:C:2021:438, punto 55 e giurisprudenza ivi citata].

53. Pertanto, la clausola 5, punto 1, dell'accordo quadro impone agli Stati membri, al fine di prevenire l'utilizzo abusivo di una successione di contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato, l'adozione effettiva e vincolante di almeno una delle misure da essa elencate, qualora il loro diritto interno non contenga norme equivalenti. Le tre misure elencate al punto 1, lettere da a) a c), di detta clausola sono relative, rispettivamente, a ragioni obiettive che giustifichino il rinnovo di tali contratti o rapporti di lavoro, alla durata massima totale di tali contratti o rapporti di lavoro successivi e al numero di rinnovi di questi [sentenza del 3 giugno 2021, Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca - MIUR e a. (Ricercatori universitari), C-326/19, EU:C:2021:438, punto 56 e giurisprudenza ivi citata].

54. Gli Stati membri dispongono al riguardo di un margine di discrezionalità, dal momento che possono scegliere di far ricorso a una o più delle misure elencate nella clausola 5, punto 1, lettere da a) a c), dell'accordo quadro oppure a norme esistenti equivalenti, e ciò tenendo conto, al contempo, delle esigenze di settori specifici e/o di categorie di lavoratori [sentenza del 3 giugno 2021, Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca - MIUR e a. (Ricercatori universitari), C-326/19, EU:C:2021:438, punto 57 e giurisprudenza ivi citata].

55. In tal modo, la clausola 5, punto 1, dell'accordo quadro assegna agli Stati membri un obiettivo generale, consistente nella prevenzione di tali abusi, lasciando loro nel contempo la scelta dei mezzi per conseguirlo, purché essi non rimettano in discussione lo scopo o l'effetto utile dell'accordo quadro [sentenza del 3 giugno 2021, Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca - MIUR e a. (Ricercatori universitari), C-326/19, EU:C:2021:438, punto 58 e giurisprudenza ivi citata].

56. Nel caso di specie, l'articolo 24, comma 3, lettera a), della legge n. 240/2010 stabilisce un limite per quanto riguarda non solo la durata massima dei contratti di tipo A, come quelli stipulati dai ricorrenti nei procedimenti principali, ma anche il numero possibile di rinnovi di tali contratti. Più precisamente, tale disposizione fissa la durata massima di tali contratti a tre anni e autorizza una sola proroga limitata a una durata di due anni.

57. Pertanto, l'articolo 24, comma 3, lettera a), della legge n. 240/2010 contiene due delle misure indicate alla clausola 5, punto 1, dell'accordo quadro, ossia una misura riguardante la durata massima totale dei contratti a tempo determinato e una misura riguardante il numero di possibili rinnovi. Inoltre, il giudice del rinvio non ha menzionato elementi che potrebbero suggerire che tali misure non siano sufficienti per prevenire efficacemente il ricorso abusivo a contratti a tempo determinato nel caso dei contratti di tipo A.

58. È vero che il giudice del rinvio riferisce, basandosi in particolare sulla sentenza del 25 ottobre 2018, Sciotto (C-331/17, EU:C:2018:859), che la normativa nazionale di cui trattasi nei procedimenti principali non contiene criteri oggettivi e trasparenti che consentano di stabilire, da un lato, se la stipulazione e la proroga di contratti di tipo A siano giustificate da esigenze reali di carattere provvisorio e, dall'altro, se essi siano idonei a soddisfare tali esigenze e siano attuati in maniera proporzionata.

59. Tuttavia, in primo luogo, mentre, nella causa che ha dato luogo a tale sentenza, la questione di stabilire se il rinnovo dei contratti a tempo determinato in esame fosse giustificato da ragioni obiettive ai sensi della clausola 5, punto 1, lettera a), dell'accordo quadro, tra cui la necessità di soddisfare esigenze reali e provvisorie, si poneva a causa dell'assenza di misure della natura di quelle menzionate alla clausola 5, punto 1, lettere b) e c), dell'accordo quadro, la normativa nazionale di cui trattasi nei procedimenti principali contiene, come rilevato al punto 57 della presente sentenza, misure di tale natura. Pertanto, il fatto, invocato dal giudice del rinvio, che tale normativa non contenga precisazioni quanto al carattere reale e provvisorio delle esigenze da soddisfare mediante il ricorso a contratti a tempo determinato è irrilevante.

60. In secondo luogo, nella causa che ha dato luogo alla sentenza del 25 ottobre 2018, Sciotto (C-331/17, EU:C:2018:859), i lavoratori interessati si trovavano in una situazione di assoluta incertezza quanto alla durata del loro rapporto di lavoro. Per contro, i soggetti che stipulano un contratto di tipo A, come quello stipulato dai ricorrenti nei procedimenti principali, sono informati, ancor prima di sottoscrivere il contratto, che il rapporto di lavoro non potrà durare più di cinque anni.

61. Per quanto riguarda il beneficio, per un lavoratore, della stabilità dell'impiego, esso, come risulta dal secondo comma del preambolo dell'accordo quadro, è senz'altro inteso come un elemento portante della tutela dei lavoratori, laddove soltanto in alcune circostanze i contratti di lavoro a tempo determinato sono atti a rispondere alle esigenze sia dei datori di lavoro sia dei lavoratori [sentenza del 3 giugno 2021, Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca - MIUR e a. (Ricercatori universitari), C-326/19, EU:C:2021:438, punto 65 e giurisprudenza ivi citata].

62. Tuttavia, la cessazione degli effetti di un contratto di ricercatore a tempo determinato, come quello stipulato dai ricorrenti nei procedimenti principali, assunti in forza di un contratto di tipo A, non comporta necessariamente un'instabilità dell'impiego, in quanto essa consente al lavoratore interessato di acquisire le qualifiche necessarie per conseguire un contratto di tipo B, il quale può, a sua volta, portare a un rapporto di lavoro a tempo indeterminato in qualità di professore associato.

63. In terzo luogo, il fatto che le università abbiano un'esigenza permanente di assumere ricercatori universitari, come sembra emergere dalla normativa nazionale di cui trattasi nei procedimenti principali, non significa che tale esigenza non possa essere soddisfatta facendo ricorso a contratti di lavoro a tempo determinato [sentenza del 3 giugno 2021, Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca - MIUR e a. (Ricercatori universitari), C-326/19, EU:C:2021:438, punto 67 e giurisprudenza ivi citata].

64. Il posto di ricercatore sembra infatti concepito come la prima tappa nella carriera di un accademico, essendo tale ricercatore destinato, in ogni caso, a evolvere verso un altro posto, vale a dire un posto di docente, in qualità di professore associato in un primo tempo e in qualità di professore ordinario in un secondo tempo [sentenza del 3 giugno 2021, Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca - MIUR e a. (Ricercatori universitari), C-326/19, EU:C:2021:438, punto 68 e giurisprudenza ivi citata].

65. Inoltre, quanto al fatto che la proroga di due anni dei contratti di tipo A è subordinata alla positiva valutazione delle attività didattiche e di ricerca effettuate, le «esigenze particolari» del settore interessato possono ragionevolmente consistere, per quanto riguarda il settore della ricerca scientifica, nella necessità di garantire l'evoluzione della carriera dei diversi ricercatori in funzione dei loro rispettivi meriti, i quali devono di conseguenza essere valutati. Pertanto, una disposizione che obblighi un'università a stipulare un contratto a tempo indeterminato con un ricercatore, indipendentemente dalla valutazione dei risultati delle sue attività scientifiche, non soddisferebbe siffatti requisiti [sentenza del 3 giugno 2021, Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca - MIUR e a. (Ricercatori universitari), C-326/19, EU:C:2021:438, punto 69 e giurisprudenza ivi citata].

66. Alla luce dell'insieme delle considerazioni che precedono, occorre rispondere alla prima parte della prima questione e alla seconda questione dichiarando che la clausola 5 dell'accordo quadro deve essere interpretata nel senso che essa non osta a una normativa nazionale che consente alle università di stipulare con i ricercatori contratti a tempo determinato di durata triennale, prorogabili di due anni al massimo, senza subordinarne la stipulazione e la proroga ad alcuna ragione oggettiva connessa ad esigenze temporanee o eccezionali, e ciò al fine di soddisfare le esigenze ordinarie e permanenti dell'università interessata.

Sulla seconda parte della prima questione

67. Con la seconda parte della sua prima questione il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se la clausola 5 dell'accordo quadro osti a una normativa nazionale, come l'articolo 22, comma 9, della legge n. 240/2010, che fissa a dodici anni la durata complessiva dei contratti di lavoro che uno stesso ricercatore può stipulare, anche con università e istituti diversi e anche in modo non continuativo.

68. A tal riguardo, si deve constatare, in via preliminare, che l'articolo 22, comma 9, di detta legge ha lo scopo di limitare non già la durata del contratto individuale di lavoro a tempo determinato, bensì la durata complessiva di tutte le diverse possibili forme di rapporti di lavoro a tempo determinato nel settore della ricerca che il medesimo soggetto può instaurare, anche con università e istituti diversi, che si tratti di contratti di tipo A o B o di altre forme di rapporti di lavoro.

69. Occorre ricordare che lo scopo della clausola 5 dell'accordo quadro consiste nell'attuare uno degli obiettivi perseguiti da tale accordo quadro, vale a dire evitare la precarizzazione dei lavoratori dipendenti mediante il ripetuto ricorso ai contratti o ai rapporti di lavoro a tempo determinato, considerato come potenziale fonte di abuso a danno dei lavoratori [v., in tal senso, sentenza del 3 giugno 2021, Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca - MIUR e a. (Ricercatori universitari), C-326/19, EU:C:2021:438, punto 55 e giurisprudenza ivi citata].

70. Nel caso di specie, l'articolo 22, comma 9, della legge n. 240/2010 fissa a dodici anni la durata complessiva di tutti i contratti a tempo determinato, in particolare dei contratti di tipo A, che uno stesso ricercatore universitario può stipulare con una o più università.

71. Pertanto, al pari dell'articolo 24, comma 3, della legge n. 240/2010, l'articolo 22, comma 9, di tale legge contiene una delle misure menzionate alla clausola 5, punto 1, dell'accordo quadro, ossia quella relativa alla durata massima totale di tutti i contratti a tempo determinato stipulati da un determinato ricercatore. Oltre al fatto che la clausola 5, punto 1, lettera b), dell'accordo quadro riguarda soltanto la situazione in cui esiste un solo datore di lavoro, cosicché tale clausola è pertinente unicamente in caso di successione di contratti a tempo determinato stipulati da un ricercatore in seno a una stessa università, il giudice del rinvio non ha menzionato elementi che potrebbero suggerire che tale misura non sia sufficiente per prevenire efficacemente il ricorso abusivo a contratti a tempo determinato nel caso dei contratti di tipo A.

72. Dunque, il fatto, invocato dal giudice del rinvio, che la normativa nazionale di cui trattasi nei procedimenti principali non contenga precisazioni quanto al carattere reale e provvisorio delle esigenze da soddisfare mediante il ricorso a contratti a tempo determinato è, per le stesse ragioni indicate al punto 59 della presente sentenza, irrilevante [v., per analogia, sentenza del 3 giugno 2021, Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca - MIUR e a. (Ricercatori universitari), C-326/19, EU:C:2021:438, punto 63].

73. Anche ipotizzando che una misura del genere non sia sufficiente per prevenire efficacemente un tale ricorso abusivo e che vi siano casi in cui, nonostante l'esistenza di una norma di tutela riguardante, come nella specie, la durata massima totale della successione dei contratti a tempo determinato, uno Stato membro possa violare quanto prescritto dalla clausola 5 dell'accordo quadro facendo ricorso a contratti di lavoro a tempo determinato per soddisfare esigenze aventi carattere permanente e duraturo, un siffatto ricorso a tali rapporti di lavoro a tempo determinato sarebbe, in situazioni come quelle di cui trattasi nei procedimenti principali, giustificato da ragioni obiettive in base alla clausola 5, punto 1, lettera a), dell'accordo quadro.

74. Infatti, in primo luogo, e come parimenti rilevato dal giudice del rinvio nelle sue domande di pronuncia pregiudiziale, la natura della ricerca universitaria potrebbe giustificare il carattere temporaneo dell'assunzione dei ricercatori universitari.

75. A tal riguardo, il carattere spesso limitato della durata dell'incarico di un ricercatore è legato al tipo di prestazioni che questi deve effettuare e che consistono, segnatamente, nell'analisi di specifici argomenti e nella realizzazione di studi e ricerche, che portano a risultati successivamente pubblicati. Così, per un'università, la natura e il numero degli ambiti, nonché il tipo, la durata e il contenuto delle attività di ricerca che possono essere scelti hanno un carattere ampiamente imprevedibile.

76. In secondo luogo, come constatato ai punti da 63 a 65 della presente sentenza, il fatto che le università abbiano un'esigenza permanente di assumere ricercatori universitari, come sembra emergere dalla normativa nazionale di cui trattasi nei procedimenti principali, non significa che tale esigenza non possa essere soddisfatta facendo ricorso a contratti di lavoro a tempo determinato [sentenza del 3 giugno 2021, Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca - MIUR e a. (Ricercatori universitari), C-326/19, EU:C:2021:438, punto 67 e giurisprudenza ivi citata].

77. Il posto di ricercatore sembra infatti concepito come la prima tappa nella carriera di un accademico, essendo tale ricercatore destinato, in ogni caso, a evolvere verso un altro posto, vale a dire un posto di docente, in qualità di professore associato in un primo tempo e in qualità di professore ordinario in un secondo tempo [sentenza del 3 giugno 2021, Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca - MIUR e a. (Ricercatori universitari), C-326/19, EU:C:2021:438, punto 68 e giurisprudenza ivi citata].

78. Del resto, dalle domande di pronuncia pregiudiziale non risulta che le università utilizzino contratti a tempo determinato per soddisfare esigenze ordinarie e permanenti di ricerca e di didattica, circostanza che spetta, tuttavia, al giudice nazionale verificare.

79. Inoltre, quanto al fatto che la proroga di due anni dei contratti di tipo A è subordinata alla positiva valutazione delle attività didattiche e di ricerca svolte, le «esigenze particolari» del settore interessato possono ragionevolmente consistere, per quanto riguarda il settore della ricerca scientifica, nella necessità di garantire l'evoluzione della carriera dei diversi ricercatori in funzione dei loro rispettivi meriti, i quali devono di conseguenza essere valutati.

80. In terzo luogo, come già sottolineato al punto 65 della presente sentenza, una durata massima totale di dodici anni, come quella di cui trattasi nei procedimenti principali, può essere giustificata dalla necessità di garantire l'evoluzione della carriera dei diversi ricercatori in funzione dei loro rispettivi meriti e non è quindi incompatibile con l'idea di progressione nella carriera accademica [v., per analogia, sentenza del 3 giugno 2021, Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca - MIUR e a. (Ricercatori universitari), C-326/19, EU:C:2021:438, punto 69 e giurisprudenza ivi citata].

81. Oltre a ciò, non sembra che vi siano ostacoli alla possibilità, per un ricercatore che usufruisca di un contratto di tipo A, di partecipare a procedure concorsuali per ottenere un altro tipo di contratto a tempo determinato, come il contratto di tipo B, che può successivamente consolidarsi nella stabilizzazione professionale come professore presso lo stesso o un altro istituto universitario. Il contratto di tipo A sembra quindi permettere a un ricercatore di acquisire ulteriori titoli accademici e scientifici per ottenere un contratto di tipo B o, a seguito dell'abilitazione scientifica, di partecipare a procedure concorsuali per ottenere un contratto di lavoro a tempo indeterminato come professore.

82. In tale contesto, spetta al giudice nazionale esaminare, in ciascun caso, tutte le circostanze di fatto delle cause di cui è investito, prendendo in considerazione, in particolare, il numero di contratti stipulati dalla stessa università con lo stesso ricercatore o per svolgere il medesimo lavoro, e valutando inoltre la tipologia delle procedure di selezione e il periodo di tempo intercorso tra esse, al fine di prevenire l'utilizzo abusivo di una successione di contratti a tempo determinato da parte del datore di lavoro (v., per analogia, sentenza del 13 gennaio 2022, MIUR e Ufficio Scolastico Regionale per la Campania, C-282/19, EU:C:2022:3, punto 107).

83. Alla luce delle considerazioni che precedono, occorre rispondere alla seconda parte della prima questione dichiarando che la clausola 5 dell'accordo quadro deve essere interpretata nel senso che essa non osta a una normativa nazionale che fissa a dodici anni la durata complessiva dei contratti di lavoro che uno stesso ricercatore può stipulare, anche con università e istituti diversi e anche in modo non continuativo.

Sulla quinta questione

84. Con la sua quinta questione il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se la clausola 5 dell'accordo quadro osti a una normativa nazionale che non consente una trasformazione dei contratti a tempo determinato di durata triennale stipulati dai ricercatori universitari, prorogabili di due anni al massimo, in contratti a tempo indeterminato, nel caso in cui nell'ordinamento giuridico nazionale non esista alcun'altra misura volta a evitare e sanzionare un eventuale ricorso abusivo, da parte delle università, a contratti a tempo determinato.

85. Come risulta dalle risposte fornite alla prima e alla seconda questione e salva verifica da parte del giudice del rinvio, la clausola 5 dell'accordo quadro non osta a una normativa nazionale come quella di cui trattasi nei procedimenti principali, dal momento che quest'ultima non dà luogo a un rischio di ricorso abusivo a contratti a tempo determinato. Non è quindi necessario rispondere alla quinta questione.

Sulla terza questione

86. Con la sua terza questione il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se la clausola 4 dell'accordo quadro osti a una normativa nazionale che prevede la possibilità, a determinate condizioni, di stabilizzare l'impiego dei ricercatori degli enti pubblici di ricerca che hanno stipulato un contratto a tempo determinato, ma che nega tale possibilità ai ricercatori universitari che hanno stipulato un contratto a tempo determinato.

87. A tal riguardo va ricordato che, per costante giurisprudenza, poiché il principio di non discriminazione è stato attuato e concretizzato dall'accordo quadro solo per quanto riguarda le differenze di trattamento tra i lavoratori a tempo determinato e i lavoratori a tempo indeterminato che si trovano in situazioni comparabili, le eventuali differenze di trattamento tra determinate categorie di personale a tempo determinato non rientrano nell'ambito del principio di non discriminazione sancito da detto accordo quadro (sentenza del 13 gennaio 2022, MIUR e Ufficio Scolastico Regionale per la Campania, C-282/19, EU:C:2022:3, punto 72 e giurisprudenza ivi citata).

88. In particolare, la clausola 4 dell'accordo quadro mira a dare applicazione al principio di non discriminazione nei confronti dei lavoratori a tempo determinato, al fine di impedire che un rapporto di impiego di tale natura venga utilizzato da un datore di lavoro per privare tali lavoratori di diritti riconosciuti ai lavoratori a tempo indeterminato [sentenza del 13 gennaio 2022, MIUR e Ufficio Scolastico Regionale per la Campania, C-282/19, EU:C:2022:3, punto 73 e giurisprudenza ivi citata].

89. Orbene, il fatto che taluni lavoratori a tempo determinato, come i ricercatori universitari, non possano beneficiare della stabilizzazione del loro impiego, mentre i ricercatori degli enti pubblici di ricerca che hanno stipulato un contratto a tempo determinato possano beneficiarne, costituisce una differenza di trattamento tra due categorie di lavoratori a tempo determinato.

90. Occorre quindi rispondere alla terza questione dichiarando che la clausola 4 dell'accordo quadro deve essere interpretata nel senso che essa non osta a una normativa nazionale che prevede la possibilità, a determinate condizioni, di stabilizzare l'impiego dei ricercatori degli enti pubblici di ricerca che hanno stipulato un contratto a tempo determinato, ma che nega tale possibilità ai ricercatori universitari che hanno stipulato un contratto a tempo determinato.

Sulla quarta questione

91. Con la sua quarta questione il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se la clausola 4 dell'accordo quadro osti a una normativa nazionale che, derogando, da un lato, alla regola generale applicabile a tutti i lavoratori pubblici e privati secondo la quale, a partire dal 2018, il limite massimo di durata di un rapporto a tempo determinato è fissato a 24 mesi, comprensivi di proroghe e rinnovi, e, dall'altro, alla regola applicabile ai dipendenti della Pubblica amministrazione secondo la quale il ricorso a tale tipo di rapporti è subordinato all'esistenza di «esigenze temporanee ed eccezionali», consente alle università di stipulare con i ricercatori contratti a tempo determinato di durata triennale, prorogabili di due anni al massimo, senza subordinarne la stipulazione e la proroga alla sussistenza di esigenze temporanee o eccezionali dell'università, e che permette anche, alla fine del quinquennio, di stipulare con la stessa o con altre persone un altro contratto a tempo determinato di pari tipologia, al fine di soddisfare le medesime esigenze didattiche e di ricerca connesse al precedente contratto.

92. A tal riguardo, è stato ricordato ai punti 87 e 88 della presente sentenza che, poiché il principio di non discriminazione è stato attuato e concretizzato dall'accordo quadro solo per quanto riguarda le differenze di trattamento tra i lavoratori a tempo determinato e i lavoratori a tempo indeterminato che si trovano in situazioni comparabili, le eventuali differenze di trattamento tra determinate categorie di personale a tempo determinato non rientrano nell'ambito del principio di non discriminazione sancito da detto accordo quadro. In particolare, la clausola 4 dell'accordo quadro mira a dare applicazione al principio di non discriminazione nei confronti dei lavoratori a tempo determinato, al fine di impedire che un rapporto di impiego di tale natura venga utilizzato da un datore di lavoro per privare tali lavoratori di diritti riconosciuti ai lavoratori a tempo indeterminato.

93. Inoltre, dal momento che il giudice del rinvio non indica precisamente con quale categoria di lavoratori a tempo indeterminato occorrerebbe comparare i ricercatori che hanno stipulato un contratto di tipo A, la questione sembra piuttosto vertere sulla stipulazione di una successione di contratti a tempo determinato il cui abuso è sanzionato dalla clausola 5 dell'accordo quadro e non sulla discriminazione di ricercatori a tempo determinato rispetto ai lavoratori a tempo indeterminato comparabili.

94. Ne consegue che occorre rispondere alla quarta questione dichiarando che la clausola 4 dell'accordo quadro deve essere interpretata nel senso che essa non osta a una normativa nazionale che, in deroga, da un lato, alla regola generale applicabile a tutti i lavoratori pubblici e privati secondo la quale, a partire dal 2018, il limite massimo di durata di un rapporto a tempo determinato è fissato a 24 mesi, comprensivi di proroghe e rinnovi, nonché, dall'altro, alla regola applicabile ai dipendenti della Pubblica amministrazione secondo la quale il ricorso a tale tipo di rapporti è subordinato all'esistenza di esigenze temporanee ed eccezionali, consente alle università di stipulare con i ricercatori contratti a tempo determinato di durata triennale, prorogabili di due anni al massimo, senza subordinarne la stipulazione e la proroga alla sussistenza di esigenze temporanee o eccezionali dell'università di cui trattasi, e che permette anche, alla fine del quinquennio, di stipulare con la stessa o con altre persone un altro contratto a tempo determinato di pari tipologia, al fine di soddisfare le medesime esigenze didattiche e di ricerca connesse al precedente contratto.

Sulla sesta questione

95. Con la sua sesta questione, che è stata sollevata unicamente nell'ambito della causa C-40/20, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se la clausola 4, punto 1, dell'accordo quadro osti a una normativa nazionale secondo la quale solo i ricercatori che hanno stipulato un contratto a tempo determinato di un certo tipo o un contratto a tempo indeterminato hanno la possibilità, qualora abbiano conseguito l'abilitazione scientifica nazionale, di essere sottoposti ad un'apposita procedura di valutazione per la chiamata nel ruolo dei professori associati, mentre tale possibilità è negata ai ricercatori che hanno stipulato un contratto a tempo determinato di un altro tipo, qualora abbiano anch'essi conseguito l'abilitazione scientifica nazionale, nel caso in cui questi ultimi svolgano le stesse attività professionali e forniscano gli stessi servizi di didattica agli studenti delle prime due categorie di ricercatori.

96. A tal riguardo, dalle risposte fornite alla terza e alla quarta questione risulta che la clausola 4 dell'accordo quadro riguarda solo le discriminazioni tra i lavoratori che hanno stipulato contratti di lavoro a tempo determinato e quelli che hanno stipulato contratti di lavoro a tempo indeterminato e che lavorano nello stesso settore. Un'eventuale disparità di trattamento tra due categorie di lavoratori a tempo determinato e quindi, come nei procedimenti principali, tra i ricercatori che hanno stipulato contratti di tipo A e quelli che hanno stipulato contratti di tipo B non rientra nell'ambito di applicazione di detta clausola 4.

97. Per contro, un'eventuale disparità tra i ricercatori che hanno stipulato contratti a tempo indeterminato e i ricercatori che hanno stipulato contratti di tipo A, poiché i secondi non sono abilitati ad accedere alla procedura di valutazione per la chiamata nel ruolo di professore in forza dell'articolo 24, comma 6, della legge n. 240/2010, ricade nell'ambito di applicazione di tale clausola.

98. A tal riguardo, sebbene spetti, in linea di principio, al giudice del rinvio stabilire la natura e gli obiettivi delle misure di cui trattasi, dagli elementi del fascicolo a disposizione della Corte nonché dalla giurisprudenza costante al riguardo risulta che le condizioni di avanzamento della carriera nel percorso professionale sono da ritenersi «condizioni di impiego», ai sensi della clausola 4, punto 1, dell'accordo quadro (v., in tal senso, ordinanza del 22 marzo 2018, Centeno Meléndez, C-315/17, non pubblicata, EU:C:2018:207, punti da 46 a 48 e giurisprudenza ivi citata).

99. Ciò premesso, secondo una giurisprudenza costante, il principio di non discriminazione, di cui la clausola 4, punto 1, dell'accordo quadro costituisce un'espressione specifica, richiede che situazioni comparabili non siano trattate in maniera diversa e che situazioni diverse non siano trattate in maniera uguale, a meno che tale trattamento non sia obiettivamente giustificato [sentenza del 16 luglio 2020, Governo della Repubblica italiana (Status dei giudici di pace italiani), C-658/18, EU:C:2020:572, punto 141 e giurisprudenza ivi citata].

100. Il principio di non discriminazione è stato dunque attuato e concretizzato dall'accordo quadro soltanto per quanto attiene alle differenze di trattamento tra i lavoratori a tempo determinato e i lavoratori a tempo indeterminato che si trovano in una situazione comparabile [sentenza del 16 luglio 2020, Governo della Repubblica italiana (Status dei giudici di pace italiani), C-658/18, EU:C:2020:572, punto 142 e giurisprudenza ivi citata].

101. Secondo una giurisprudenza costante, al fine di valutare se talune persone esercitino un lavoro identico o simile nel senso dell'accordo quadro, occorre stabilire, in conformità alle clausole 3, punto 2, e 4, punto 1, di quest'ultimo, se, tenuto conto di un insieme di fattori, come la natura del lavoro, le condizioni di formazione e le condizioni di impiego, si possa ritenere che tali persone si trovino in una situazione comparabile [sentenza del 16 luglio 2020, Governo della Repubblica italiana (Status dei giudici di pace italiani), C-658/18, EU:C:2020:572, punto 143 e giurisprudenza ivi citata].

102. Se è dimostrato che, nell'ambito del loro impiego, i lavoratori a tempo determinato esercitano le medesime mansioni dei lavoratori impiegati dallo stesso datore di lavoro a tempo indeterminato oppure occupano il loro stesso posto, occorre, in linea di principio, considerare le situazioni di queste due categorie di lavoratori come comparabili [sentenza del 16 luglio 2020, Governo della Repubblica italiana (Status dei giudici di pace italiani), C-658/18, EU:C:2020:572, punto 144 e giurisprudenza ivi citata].

103. Nel caso di specie, spetta unicamente al giudice nazionale determinare se i ricercatori che hanno stipulato un contratto di tipo A si trovino in una situazione comparabile a quella dei ricercatori che hanno stipulato un contratto a tempo indeterminato, tenendo conto di tutti gli elementi menzionati al punto 101 della presente sentenza.

104. A tal riguardo, dalla domanda di pronuncia pregiudiziale risulta che il giudice del rinvio sembra essere dell'avviso che le mansioni affidate alle diverse categorie di ricercatori siano identiche.

105. Per quanto riguarda un'eventuale ragione oggettiva che giustifichi la disparità di trattamento tra le due categorie di ricercatori, occorre ricordare che, secondo una giurisprudenza costante, la nozione di «ragioni oggettive», ai sensi della clausola 4, punto 1, dell'accordo quadro, deve essere intesa nel senso che essa non consente di giustificare una differenza di trattamento tra i lavoratori a tempo determinato e i lavoratori a tempo indeterminato con il fatto che tale differenza è prevista da una norma generale e astratta, quale una legge o un contratto collettivo (sentenza del 17 marzo 2021, Consulmarketing, C-652/19, EU:C:2021:208, punto 59 e giurisprudenza ivi citata).

106. Al contrario, detta nozione richiede che la differenza di trattamento constatata sia giustificata dalla sussistenza di elementi precisi e concreti che contraddistinguono la condizione di impiego di cui trattasi, nel particolare contesto in cui s'inscrive e in base a criteri oggettivi e trasparenti, al fine di verificare se tale differenza risponda ad una reale necessità, sia idonea a conseguire l'obiettivo perseguito e risulti necessaria a tal fine. Detti elementi possono risultare, segnatamente, dalla particolare natura delle mansioni per l'espletamento delle quali sono stati conclusi contratti a tempo determinato e dalle caratteristiche inerenti a queste ultime o, eventualmente, dal perseguimento di una legittima finalità di politica sociale di uno Stato membro (sentenza del 17 marzo 2021, Consulmarketing, C-652/19, EU:C:2021:208, punto 60 e giurisprudenza ivi citata).

107. Orbene, nel caso di specie, il giudice del rinvio non menziona alcuna ragione oggettiva che possa giustificare la disparità di trattamento che esso sembra aver constatato e che consiste nella possibilità, concessa ai ricercatori che hanno stipulato un contratto a tempo indeterminato e negata ai ricercatori che hanno stipulato un contratto di tipo A, di essere sottoposti ad un'apposita procedura di valutazione per la chiamata nel ruolo dei professori associati. Pertanto, e salva verifica da parte di tale giudice, risulta sussistere una disparità di trattamento tra i ricercatori che hanno stipulato un contratto a tempo indeterminato e quelli che hanno stipulato un contratto di tipo A, in violazione della clausola 4 dell'accordo quadro.

108. Ne consegue che occorre rispondere alla sesta questione dichiarando che la clausola 4, punto 1, dell'accordo quadro deve essere interpretata nel senso che essa osta a una normativa nazionale secondo la quale i ricercatori che hanno stipulato un contratto a tempo indeterminato hanno la possibilità, qualora abbiano conseguito l'abilitazione scientifica nazionale, di essere sottoposti ad un'apposita procedura di valutazione per la chiamata nel ruolo dei professori associati, mentre tale possibilità è negata ai ricercatori che hanno stipulato un contratto a tempo determinato, anche qualora essi abbiano conseguito l'abilitazione scientifica nazionale, nel caso in cui questi ultimi svolgano le stesse attività professionali e forniscano agli studenti gli stessi servizi di didattica dei ricercatori che hanno stipulato un contratto a tempo indeterminato.

Sulle spese

109. Nei confronti delle parti nei procedimenti principali le presenti cause costituiscono un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

P.Q.M.
la Corte (Sesta Sezione) dichiara:

1) La clausola 5 dell'accordo quadro sul lavoro a tempo determinato, concluso il 18 marzo 1999, che figura in allegato alla direttiva 1999/70/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, relativa all'accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato, deve essere interpretata nel senso che essa non osta a una normativa nazionale che consente alle università di stipulare con i ricercatori contratti a tempo determinato di durata triennale, prorogabili di due anni al massimo, senza subordinarne la stipulazione e la proroga ad alcuna ragione oggettiva connessa ad esigenze temporanee o eccezionali, e ciò al fine di soddisfare le esigenze ordinarie e permanenti dell'università interessata.

2) La clausola 5 dell'accordo quadro sul lavoro a tempo determinato, concluso il 18 marzo 1999, che figura in allegato alla direttiva 1999/70, deve essere interpretata nel senso che essa non osta a una normativa nazionale che fissa a dodici anni la durata complessiva dei contratti di lavoro che uno stesso ricercatore può stipulare, anche con università e istituti diversi e anche in modo non continuativo.

3) La clausola 4 dell'accordo quadro sul lavoro a tempo determinato, concluso il 18 marzo 1999, che figura in allegato alla direttiva 1999/70, deve essere interpretata nel senso che essa non osta a una normativa nazionale che prevede la possibilità, a determinate condizioni, di stabilizzare l'impiego dei ricercatori degli enti pubblici di ricerca che hanno stipulato un contratto a tempo determinato, ma che nega tale possibilità ai ricercatori universitari che hanno stipulato un contratto a tempo determinato.

4) La clausola 4 dell'accordo quadro sul lavoro a tempo determinato, concluso il 18 marzo 1999, che figura in allegato alla direttiva 1999/70, deve essere interpretata nel senso che essa non osta a una normativa nazionale che, in deroga, da un lato, alla regola generale applicabile a tutti i lavoratori pubblici e privati secondo la quale, a partire dal 2018, il limite massimo di durata di un rapporto a tempo determinato è fissato a 24 mesi, comprensivi di proroghe e rinnovi, nonché, dall'altro, alla regola applicabile ai dipendenti della Pubblica amministrazione secondo la quale il ricorso a tale tipo di rapporti è subordinato all'esistenza di esigenze temporanee ed eccezionali, consente alle università di stipulare con i ricercatori contratti a tempo determinato di durata triennale, prorogabili di due anni al massimo, senza subordinarne la stipulazione e la proroga alla sussistenza di esigenze temporanee o eccezionali dell'università di cui trattasi, e che permette anche, alla fine del quinquennio, di stipulare con la stessa o con altre persone un altro contratto a tempo determinato di pari tipologia, al fine di soddisfare le medesime esigenze didattiche e di ricerca connesse al precedente contratto.

5) La clausola 4, punto 1, dell'accordo quadro sul lavoro a tempo determinato, concluso il 18 marzo 1999, che figura in allegato alla direttiva 1999/70, deve essere interpretata nel senso che essa osta a una normativa nazionale secondo la quale i ricercatori che hanno stipulato un contratto a tempo indeterminato hanno la possibilità, qualora abbiano conseguito l'abilitazione scientifica nazionale, di essere sottoposti ad un'apposita procedura di valutazione per la chiamata nel ruolo dei professori associati, mentre tale possibilità è negata ai ricercatori che hanno stipulato un contratto a tempo determinato, anche qualora essi abbiano conseguito l'abilitazione scientifica nazionale, nel caso in cui questi ultimi svolgano le stesse attività professionali e forniscano agli studenti gli stessi servizi di didattica dei ricercatori che hanno stipulato un contratto a tempo indeterminato.

F. Di Marzio (dir.)

Codice delle famiglie

Giuffrè, 2024

M. Bencini e al. (curr.)

Delitti di corruzione

Giuffrè, 2024

L. Tramontano (cur.)

Codice della scuola

Maggioli, 2024