Consiglio di Stato
Sezione II
Sentenza 1° febbraio 2023, n. 1144
Presidente: Saltelli - Estensore: Frigida
FATTO E DIRITTO
1. Il signor Rocco Stefano Di Fronzo ha proposto ricorso (n. 1220 del 2022) al Tribunale amministrativo regionale per la Campania, sezione staccata di Salerno, per l'annullamento: a) dell'atto di proclamazione degli eletti relativa all'elezione diretta del sindaco e dei candidati alla carica di consigliere comunale di Grottaminarda (comune con popolazione inferiore a 10.000 abitanti) a seguito della consultazione elettorale del 12 giugno 2022, nella parte in cui non lo ha inserito tra gli eletti; b) del prospetto dei voti di preferenza della lista "La Rinascita" e del verbale delle operazioni dell'adunanza dei presidenti di sezione del Comune di Grottaminarda, nonché del verbale delle operazioni dell'ufficio elettorale della sezione n. 7 del medesimo comune e dei relativi risultati nella parte in cui non hanno attribuito i voti di preferenza vantati dell'interessato e non hanno sottratto alla candidata signora Virginia Pascucci alcuni voti di preferenza asseritamente non spettanti; c) all'occorrenza, di tutti gli atti del procedimento elettorale.
Specificamente il signor Rocco Stefano Di Fronzo, candidato alla carica di consigliere comunale nella lista n. 1 "La Rinascita", ha contestato il numero di preferenze attribuite a lui (340) e alla signora Virginia Pascucci (341), lamentando, con riferimento alla sezione n. 7, la mancata attribuzione in proprio favore di 2 preferenze espresse nell'ambito di schede erroneamente ritenute nulle e l'attribuzione alla controinteressata di una preferenza sulla base di una scheda erroneamente ritenuta valida, con la conseguenza che egli avrebbe dovuto essere proclamato eletto alla carica di consigliere comunale con 342 preferenze in luogo della controinteressata (a cui dovrebbero esserne attribuite 340), così ottenendo l'ultimo degli otto seggi attribuiti alla citata lista.
1.1. La signora Virginia Pascucci si è costituita nel giudizio di primo grado, chiedendo il rigetto del ricorso.
1.2. Il Ministero dell'interno si è costituito soltanto formalmente, mentre il Comune di Grottaminarda non si è costituito.
2. Con la sentenza in epigrafe è stato respinto il ricorso e il ricorrente è stato condannato al pagamento in favore della controinteressata delle spese lite, liquidate in euro 1.500, oltre agli accessori di legge.
3. Con ricorso ritualmente notificato e depositato in data 19 ottobre 2022 il signor Rocco Stefano Di Fronzo ha interposto appello avverso la su menzionata sentenza, articolando quattro motivi.
4. La signora Virginia Pascucci si è costituita in giudizio, chiedendo il rigetto del gravame.
5. Il Ministero dell'interno si è costituito in giudizio senza svolgere difese effettive.
6. Il Comune di Grottaminarda, pur ritualmente evocato, non si è costituito in giudizio.
7. La causa è stata trattenuta in decisione all'udienza pubblica del 20 dicembre 2022.
8. L'appello è infondato e deve essere respinto.
9. Tramite il primo motivo d'impugnazione l'appellante ha lamentato «Nullità; violazione artt. 73 e 105 cpa» in quanto il T.a.r. avrebbe «posto a fondamento della sua decisione una questione rilevata d'ufficio e non prospettata alle parti», ovverosia un «profilo di nullità sia delle schede e sia delle preferenze attribuibili all'appellante per asserita violazione del principio di anonimato del voto e della correlata evidenza di "segni di riconoscimento del voto"».
Tale censura è infondata poiché non vi è stata alcuna violazione del diritto di difesa, non avendo il T.a.r. rilevato d'ufficio alcunché e avendo al contrario motivatamente disatteso le tesi del ricorrente. L'attribuzione delle due preferenze all'interessato rappresenta infatti il segmento più rilevante della domanda dell'interessato e il T.a.r. ha respinto le deduzioni dirette a contestarne la declaratoria di nullità con argomentazioni che non si sostanziano in eccezioni, bensì in un'analisi diretta a dimostrare l'infondatezza della tesi attorea, contrastante con i principi di esatta ricostruzione della volontà elettorale e di anonimato del voto.
10. Mediante la seconda doglianza l'appellante ha dedotto «Error in procedendo; error in iudicando con specifico riferimento alla violazione degli artt. 3, 51 e 97 Costituzione; violazione degli artt. 54 e 57 dpr 16.5.1960 n. 570; erroneità di motivazione; omissione di pronuncia; contraddittorietà».
In sostanza l'interessato, evidenziato che il suo è l'unico cognome nella lista "La Rinascita" (e anche dell'intera compagine di tutti i candidati) iniziante con "Di", ha sostenuto la sicura riconducibilità alla sua persona della coppia di lettere "Di" vergate nelle due schede contestate, senza possibilità di confusione, sicché il T.a.r. avrebbe contraddittoriamente disatteso la giurisprudenza sul principio del favor voti.
Siffatto motivo è infondato.
L'art. 71, comma 5, del d.lgs. n. 267/2000 prevede che l'elettore possa esprimere il proprio voto di preferenza per i candidati alla carica di consigliere comunale scrivendone il cognome nell'apposita riga stampata sotto il contrassegno della lista di appartenenza; l'art. 57, comma 2 (ex comma 5), del d.P.R. n. 570/1960 sancisce espressamente la nullità delle «preferenze nelle quali il candidato non sia stato designato con la chiarezza necessaria a distinguerlo da ogni altro candidato della stessa lista».
È evidente che le due preferenze espresse attraverso le due lettere "Di" non siano legittime, stante la loro difformità dal su descritto quadro legale.
Come correttamente precisato dal T.a.r., una compilazione della scheda riportante solo due lettere identiche alle prime due lettere del cognome dell'interessato non è assimilabile a una deformazione delle generalità del candidato o a una mera incertezza nella manifestazione della volontà elettorale, ma rappresenta una macroscopica irregolarità non sanabile in alcun modo, neanche tramite un argomento logico per esclusione. Ed invero la manifestazione della preferenza è gravemente incompiuta e del tutto anomala, non consentendo una effettiva ricostruzione della volontà dell'elettore e configurandosi inoltre quale elemento di riconoscibilità del voto, con conseguente sua insanabile nullità.
11. Con la terza censura il signor Rocco Stefano Di Fronzo ha lamentato «Error in procedendo; error in iudicando con specifico riferimento alla violazione degli artt. 3, 51 e 97 costituzione; violazione dell'art. 57 dpr 16.5.1960 n. 570 e dell'art. 5 dpr 28.4.1993 n. 132; erroneità di motivazione; omissione di pronuncia; contraddittorietà».
In sintesi, il T.a.r. non avrebbe valutato che a pagina 34 del verbale della sezione elettorale n. 7 è stata dichiarata la nullità del voto di preferenza espresso in favore del candidato signor Michele Spinapolice, appartenente alla stessa lista della signora Virginia Pascucci, mentre è stato attribuito un voto a quest'ultima in relazione alla medesima scheda.
Tale motivo è infondato.
Il T.a.r. infatti ha espressamente vagliato la circostanza de qua e l'ha congruamente reputata inconferente.
L'art. 5 del d.P.R. n. 132/1993 prevede che «Nelle elezioni relative ai comuni, qualora l'elettore ometta di votare un contrassegno di lista, ma esprima correttamente il voto di preferenza per un candidato alla carica di consigliere comunale, s'intende validamente votata anche la lista cui appartiene il candidato votato».
Ciò posto, alla luce del combinato disposto della suddetta norma e del citato art. 71, comma 5, del d.lgs. n. 267/2000, nel caso di specie il voto di preferenza per la candidata signora Pascucci è stato correttamente espresso accanto al contrassegno della lista di appartenenza (da intendersi automaticamente votata), mentre il voto di preferenza per il candidato signor Spinapolice è stato irregolarmente espresso accanto al contrassegno di altra lista e non a quella della sua lista di appartenenza (che tra l'altro è la stessa della signora Pascucci e dell'appellante).
Ne discende che non vi è stata alcuna contraddittorietà nell'assegnare la preferenza alla signora Pascucci in quanto espressa ritualmente nel riquadro accanto alla lista "La Rinascita", laddove la preferenza al signor Spinapolice è stata manifestata in modo non conforme al dettato legislativo ed è affetta da nullità non sanabile, siccome indicata contestualmente ad altra preferenza legittimamente espressa e dunque prevalente.
12. Attraverso il quarto motivo di gravame il signor Di Fronzo ha dedotto «Error in iudicando; error in procedendo; inesistenza e/o insufficienza della motivazione».
L'appellante ha specificato, anche ai fini della prova di resistenza, che l'esito del voto sarebbe modificato già con una diversa attribuzione di un solo voto in quanto, in caso di parità con la controinteressata, prevarrebbe l'interessato, siccome meglio collocato nella lista ai sensi dell'art. 71, comma 9, d.lgs. n. 267/2000; il T.a.r. inoltre non avrebbe valutato «che delle n. 2 schede riferite all'appellante e dichiarate nulle nel verbale, soltanto di n. 1 scheda si è potuto cogliere il contenuto, perché oggetto della dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà» e avrebbe dunque illegittimamente negato l'espletamento della verificazione chiesta in primo grado e diretta a controllare le «schede scrutinate dall'Ufficio Elettorale della sezione n. 7 (sette) del Comune di Grottaminarda comprese le schede bianche e le schede dichiarate nulle all'esito dello scrutinio e nel corso delle operazioni di voto, nonché (...) tutte quelle utilizzate dal precitato seggio, ivi comprese quelle autenticate ma non utilizzate e con riferimento specifico a quelle per le quali è stata disposta la nullità delle preferenze in danno del appellante ed è stato attribuito alla candidata Virginia Pascucci n. 1 illegittimo voto di preferenza», nonché le relative tabelle di scrutinio.
Detta contestazione è infondata giacché le due schede recanti le lettere "Di", in base a quanto dichiarato dall'appellante, sono identiche, cosicché le valutazioni del T.a.r. non avrebbero potuto logicamente condurre ad esiti differenti.
D'altra parte non è possibile procedere alla verificazione globale su tutte le schede della sezione in mancanza di specifiche censure su schede diverse da quelle in concreto contestate, giacché «il rito relativo alle operazioni elettorali è un giudizio di legittimità retto dal principio della domanda, il cui oggetto sono il provvedimento di proclamazione degli eletti e gli atti ad esso presupposti e non l'intera procedura elettorale, sicché non è ipotizzabile un controllo generalizzato del giudice amministrativo sulla sua correttezza» (C.d.S., Sez. II, sent. 8 novembre 2021, n. 7413). Va altresì precisato che una simile verificazione globale sarebbe in ogni caso irrilevante siccome eventuali ulteriori difformità riscontrate non sarebbero denunciabili con motivi aggiunti poiché «in materia elettorale sono ammissibili soltanto i motivi aggiunti costituenti un'esplicitazione o una puntualizzazione di censure già precedentemente dedotte, mentre va recisamente esclusa l'ammissibilità di nuovi motivi derivanti da ulteriori vizi emersi dalla verificazione» (C.d.S., Sez. II, sent. 10 febbraio 2022, n. 984), considerato peraltro che «Il ricorso elettorale (...) delimita i poteri istruttori e decisori del giudice amministrativo nell'ambito delle specifiche censure tempestivamente formulate (...) (per tutte, C.d.S., Sez. V, 11 luglio 2002, n. 3924; Sez. V, 5 maggio 1999, n. 519; Sez. V, 10 marzo 1997, n. 247), e non può ammettersi l'ampliamento sine die del thema decidendi dopo la scadenza del termine di decadenza, ad esempio dimostrando che la conoscenza di vizi delle operazioni elettorali è conseguita a indagini od informative, ovvero è derivata dalla cura con la quale si sia seguito l'andamento di un procedimento penale. In altri termini, le modifiche o il sovvertimento del risultato elettorale non possono dipendere dalla effettiva conoscibilità dei vizi eventualmente sussistenti, in quanto l'obiettivo decorso del tempo rende immutabili i risultati, così come ufficializzati nell'atto di proclamazione: la delimitazione dell'oggetto del giudizio elettorale ha luogo mediante l'indicazione tempestiva degli specifici vizi di cui sono affette le operazioni» (C.d.S., Sez. V, sent. 17 febbraio 2014, n. 755) e che «con i motivi aggiunti non possono dedursi, in base alle risultanze della verificazione disposta dal giudice, vizî inediti e, cioè, vizî che non trovano sufficiente e adeguato riscontro in quelli dedotti col ricorso introduttivo (v., ex plurimis, C.d.S., Sez. III, 21 dicembre 2016, n. 4863; C.d.S., Sez. V, 13 aprile 2016, n. 1477), vizî che, nel caso di specie, miravano a contestare la legittimità delle schede per uno specifico, ben distinto e circostanziato motivo, che era stato analiticamente indicato nel ricorso» (C.d.S., Sez. III, sent. 26 ottobre 2018, n. 6126).
13. In conclusione l'appello va respinto.
14. In applicazione del principio della soccombenza al rigetto dell'appello segue la condanna dell'appellante al pagamento in favore dell'appellata signora Virginia Pascucci delle spese di lite del presente grado di giudizio, che, tenuto conto dei parametri stabiliti dal d.m. 10 marzo 2014, n. 55 e dall'art. 26, comma 1, del codice del processo amministrativo, si liquidano in euro 3.500 (tremilacinquecento), oltre al 15% per spese generali e agli accessori di legge.
14.1. La peculiarità della vicenda e l'assenza di un'effettiva attività defensionale giustificano la compensazione delle spese di lite tra l'appellante e l'amministrazione statale.
14.2. Nulla va disposto circa la regolazione delle spese in relazione al rapporto processuale tra l'appellante e il Comune di Grottaminarda, stante la mancata costituzione di quest'ultimo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione seconda, definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge; condanna il signor Rocco Stefano Di Fronzo al pagamento, in favore della signora Virginia Pascucci, delle spese di lite del presente grado di giudizio, liquidate in euro 3.500 (tremilacinquecento), oltre al 15% per spese generali e agli accessori di legge; compensa le spese di lite tra l'appellante e il Ministero dell'interno; nulla per le spese quanto al Comune di Grottaminarda.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Ai sensi del combinato disposto degli artt. 131, comma 4, e 130, comma 8, del codice del processo amministrativo, manda alla segreteria di comunicare la presente sentenza al Sindaco di Grottaminarda e al Prefetto di Avellino.