Consiglio di Stato
Sezione V
Sentenza 13 febbraio 2023, n. 1518
Presidente: Sabatino - Estensore: Fantini
FATTO
1. La Syremont Monument Management s.p.a. (quale avente causa, all'esito di fusione per incorporazione, di Agorasophia Edutainment s.p.a.) e la Nova Apulia società consortile a r.l. hanno interposto appello nei confronti della sentenza 3 marzo 2022, n. 333 del Tribunale amministrativo regionale per la Puglia, Sez. III, che ha dichiarato in parte inammissibile per difetto di giurisdizione e in parte respinto il loro ricorso finalizzato all'accertamento della successione nel ruolo di concedente della Direzione regionale dei musei Puglia e del Museo archeologico nazionale di Taranto, con accertamento della scadenza da calcolarsi in relazione alla chiusura stabilita dal d.P.C.m. in data 3 novembre 2020, con condanna dell'amministrazione al pagamento dell'importo dovuto ai sensi dell'art. 183 del d.l. n. 34 del 2020, nonché, ancora, per l'accertamento dell'inadempimento dell'amministrazione agli obblighi contrattuali e conseguente condanna della stessa al pagamento di euro 1.233.960,00, nonché per l'annullamento del decreto 2 novembre 2020 di annullamento in autotutela dell'atto aggiuntivo del 18 agosto 2020 con cui è stata disposta la seconda proroga della concessione per la gestione integrata dei servizi aggiuntivi per diverse sedi museali e monumentali statali pugliesi della Direzione regionale musei Puglia.
L'oggetto della controversia riguarda una concessione di servizi aggiuntivi per diverse sedi museali e monumenti statali in Puglia, affidata nel 2013 (e con scadenza al 2019) ad un'associazione temporanea di imprese, che ha costituito una società strumentale di servizio denominata Nova Apulia società cooperativa a r.l. Nel 2016 è intervenuta la cessione di ramo di azienda alla Agorasophia Edutainment s.p.a. (ora Syremont Monument Management s.p.a.).
Con decreto in data 2 novembre 2020 la Direzione musei della Regione Puglia ha annullato in autotutela il provvedimento (del 18 agosto 2020) recante la seconda proroga dell'atto di concessione del 28 agosto 2013.
2. Con il ricorso in primo grado l'ATI Agorasophia ha proposto domande di accertamento e di condanna, nonché di annullamento, deducendo l'illegittimità del provvedimento di annullamento in autotutela dell'atto aggiuntivo n. 2 del 18 agosto 2020, e plurime violazioni imputabili all'amministrazione concedente.
3. La sentenza appellata, come premesso, ha in parte dichiarato inammissibile per difetto di giurisdizione e in parte respinto il ricorso. La declaratoria di inammissibilità riguarda la domanda di condanna dell'amministrazione al pagamento degli importi dovuti ai sensi dell'art. 183 del d.l. n. 34 del 2020 e del successivo d.l. n. 104 del 2020 e la domanda di accertamento dell'inadempimento dell'amministrazione agli obblighi contrattuali e al conseguente risarcimento del danno con determinazione del prezzo del servizio di biglietteria, vertendo tale lite su diritti soggettivi della ricorrente all'esatto adempimento del contratto. La sentenza ha poi ritenuto infondata l'azione di annullamento esperita avverso l'annullamento in autotutela della seconda proroga tecnica, nell'assunto della mancanza dei presupposti eccezionali per la stessa a termini dell'art. 106 del d.lgs. n. 50 del 2016; ciò in quanto, nonostante nel 2019 fosse stata adottata una prima proroga di dodici mesi, consentita dalla norma contrattuale, al momento dell'adozione della determina di concessione della secondo proroga non risultava in corso la procedura di selezione del nuovo contraente, pur tenendosi conto della collaborazione tra la Direzione museale e Consip per sviluppare la gara; inoltre il concessionario risultava dal 2019 inadempiente agli obblighi di versamento degli introiti da bigliettazione e servizi, ciò integrando una causa risolutiva anche dell'atto aggiuntivo.
4. Con il ricorso in appello Syremont Monumenton Management s.p.a. e Nova Apulia hanno dedotto l'erroneità della sentenza, nell'assunto che sussista la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo ai sensi dell'art. 133, comma 1, lett. d), c.p.a. vertendosi in materia di concessione di pubblici servizi, dell'illegittimità del provvedimento di autotutela sulla seconda proroga concessa dal Polo museale, cui è connessa la domanda di risarcimento dei danni per euro 1.233.960,00; in via preliminare ha riproposto il motivo di violazione del diritto di difesa comportante l'annullamento della sentenza con rinvio al primo giudice.
5. Si è costituito in resistenza il Ministero della cultura, chiedendo genericamente la reiezione del ricorso in appello.
6. All'udienza pubblica del 24 novembre 2022, la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
1. Con il primo motivo le società appellanti hanno criticato la lesione del diritto di difesa in considerazione del fatto che in primo grado l'amministrazione ha depositato memoria di replica in data 9 febbraio 2022, in assenza di memorie precedenti e dunque con natura di prima difesa; ciò comporterebbe l'annullamento della sentenza con rinvio al primo giudice ai sensi dell'art. 105, comma 1, c.p.a.
Il motivo è infondato, potendosi escludere una reale violazione del diritto di difesa, atteso che nel processo amministrativo la parte che non abbia depositato la memoria conclusionale può comunque depositare la memoria di replica (C.d.S., IV, 7 settembre 2018, n. 5277). D'altra parte, l'appellante non deduce l'abuso dello strumento processuale, nel senso dell'utilizzo, da parte dell'amministrazione, della memoria di replica al solo scopo di opporsi alle argomentazioni proposte dalla controparte negli scritti difensivi diversi dalla memoria di cui all'art. 73 c.p.a.
In ogni caso, la violazione del diritto di difesa che comporta l'annullamento della sentenza con rimessione della causa al giudice di primo grado (ai sensi dell'art. 105, comma 1, c.p.a.) si ha essenzialmente in presenza di c.d. "decisioni a sorpresa", ricorrenti, a titolo esemplificativo, allorché non sia stato provocato il contraddittorio su una questione rilevata d'ufficio ai sensi dell'art. 73, comma 3, c.p.a., situazione diversa da quella denunciata nella fattispecie in esame.
2. Il secondo motivo critica la statuizione declinatoria della giurisdizione sulle domande aventi contenuto patrimoniale, nell'assunto che si verta in materia di concessione di servizi aggiuntivi (di assistenza agli utenti), devoluta alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo dall'art. 133, comma 1, lett. c), c.p.a., cui sono inerenti le pretese all'adozione di misure di ristoro (ex artt. 183 del d.l. n. 34 del 2020 e 80 del d.l. n. 104 del 2020) e di riequilibrio del piano economico-finanziario (ex art. 165, comma 6, del d.lgs. n. 50 del 2016), implicanti l'esercizio di poteri amministrativi. Pertanto rientrano, per l'appellante, nella giurisdizione esclusiva la domanda di risarcimento dei danni nei confronti del concedente per gravi inottemperanze, violazioni di legge e atti contrari agli obblighi suoi propri, enucleante una pretesa differente da quella concernente indennità, canoni e altri corrispettivi; ne deriverebbe, anche in questa prospettiva, un caso di annullamento della sentenza che ha declinato la giurisdizione, con rimessione al primo giudice.
Inoltre con il quarto motivo, di cui può essere anticipata la trattazione per connessione tematica, censura, più specificamente, la declinatoria di giurisdizione in relazione alla domanda che ha denunciato inadempimenti e violazioni di legge ascrivibili all'amministrazione, e che hanno indotto l'appellante a trasmettere il conto finale della concessione al museo archeologico di Taranto e al Polo museale; in particolare la amministrazione concedente non ha proceduto all'erogazione dei fondi che il Ministero ha destinato ai musei statali e che risultano pertanto sine titulo trattenuti dall'amministrazione, a fronte di un concessionario che ha fatto fronte alle esigenze operative e finanziarie necessarie a fronteggiare la chiusura e le limitazioni derivanti dalla pandemia; in tale prospettiva, le società appellanti sono titolari ex lege del diritto al ristoro, la cui ritardata corresponsione costituisce comportamento gravemente lesivo da parte dell'amministrazione concedente. Precisa che gli ulteriori inadempimenti consistono nella mancata messa a disposizione di locali idonei nel sito del Castello di Bari, del castello svevo di Trani, nel museo di Taranto, per un ammontare complessivo di euro 1.233.960,00.
I motivi sono infondati.
La sentenza appellata ha condivisibilmente affermato che la domanda di condanna dell'amministrazione al pagamento degli importi dovuti a titolo di misure di ristoro e la domanda di accertamento dell'inadempimento agli obblighi contrattuali con conseguente condanna al risarcimento dei danni ineriscono a situazioni di diritto soggettivo, rimesse alla giurisdizione del giudice ordinario, in quanto non richiedono l'esercizio di poteri pubblicistici.
Tale è l'orientamento della giurisprudenza prevalente, alla cui stregua in tema di concessione di servizi pubblici la giurisdizione del giudice ordinario, riguardante le indennità, i canoni e altri corrispettivi, nella fase esecutiva del contratto di concessione, si estende alle questioni inerenti l'adempimento e l'inadempimento della concessione, nonché alle conseguenze risarcitorie, vertendosi nell'ambito di un rapporto paritetico tra le parti, ferma restando la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo nei casi in cui l'amministrazione eserciti poteri autoritativi tipizzati dalla legge (in termini, tra le tante, Cass., Sez. un., 8 luglio 2019, n. 18267; Sez. un., 9 agosto 2018, n. 20682). Nella fattispecie in esame non appare ravvisabile l'esercizio di poteri discrezionali inerenti la determinazione del corrispettivo, di cui si lamenti il mancato esercizio. Anche con riguardo alle risorse previste a ristoro delle perdite connesse alla pandemia da Covid-19, e dunque derivanti dall'annullamento, rinvio o ridimensionamento di spettacoli o mostre, le modalità di ripartizione e assegnazione sono stabilite con decreto del Mi.B.A.C.T. (art. 183 del d.l. n. 34 del 2020) e dunque vi è una predeterminazione a monte, che esclude al momento dell'erogazione l'esercizio di qualsivoglia potere pubblicistico.
Trova dunque coerente applicazione nella statuizione gravata, declinatoria della giurisdizione, l'indirizzo giurisprudenziale, già prima ricordato, secondo cui spetta al giudice ordinario di giudicare sulle questioni inerenti all'adempimento e/o all'inadempimento della concessione, e sui relativi effetti e conseguenze, anche di natura risarcitoria, con cognizione diretta alla determinazione dei diritti e degli obblighi dell'amministrazione e del concessionario (Cass., Sez. un., 18 dicembre 2018, n. 32728).
3. Con il terzo motivo le società Syremont e Nova Apulia criticano la statuizione di reiezione dell'azione di impugnazione (cautelativamente) esperita avverso il provvedimento di annullamento in autotutela dell'atto aggiuntivo con cui è stata disposta la seconda proroga della concessione per la gestione integrata dei servizi aggiuntivi, allegando come peraltro il petitum principale sia volto a contestare le condotte illecite dell'amministrazione nelle annualità precedenti al 2019, accertando che la decorrenza di efficacia della concessione è il 1° aprile 2014, e la scadenza il 1° aprile 2020, periodo cui va aggiunto il primo anno di proroga, sì da arrivare al 19 settembre 2021 (tenuto conto anche del periodo di chiusura dei musei normativamente imposta).
Il motivo è infondato e in parte inammissibile per genericità.
Difetta invero qualsiasi specifica deduzione volta a contestare la statuizione di rigetto dell'azione impugnatoria, invero ampiamente articolata.
Quanto alla domanda di accertamento di un nuovo termine di durata della concessione, la sentenza di prime cure ha condivisibilmente ritenuto che sia irrilevante la data di consegna dei siti, per quanto imputabile all'amministrazione, atteso che «in assenza di un apposito atto scritto che rechi la sottoscrizione di una modifica pattizia della previsione di cui all'art. 17 della convenzione, la durata della concessione è da considerarsi pari ad anni sei decorrenti dalla data di stipula della concessione, anche perché è espressamente esclusa la possibilità di singoli differimenti dipendenti dall'attivazione successiva di singoli servizi secondo la prevista formula a tenore della quale "tutti i servizi, anche se attivati in tempi differenziati e successivi alla data di stipula del presente atto, avranno comunque termine alla scadenza naturale della presente convenzione"».
4. Alla stregua di quanto esposto, l'appello va respinto.
Le spese di giudizio seguono, come per regola, la soccombenza e sono liquidate nel dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna l'appellante alla rifusione, in favore dell'amministrazione appellata, delle spese di giudizio, liquidate in euro tremila/00 (3.000,00).
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.