Consiglio di Stato
Sezione III
Sentenza 23 febbraio 2023, n. 1891
Presidente: Greco - Estensore: Fedullo
FATTO E DIRITTO
1. La società Engie Servizi s.p.a. (di seguito "Engie") risultava aggiudicataria del lotto n. 6 (comprendente le Regioni Lazio, Campania e Sardegna) della convenzione CONSIP avente ad oggetto l'affidamento del "Multiservizio Tecnologico Integrato con fornitura di Energia per gli immobili adibiti ad uso Sanitario, in uso, a qualsiasi titolo, alle Pubbliche Amministrazioni" (anche denominata "convenzione MIES").
L'Azienda ospedaliera San Camillo-Forlanini, con deliberazione n. 697/2014, perfezionava il procedimento di adesione a tale convenzione, prevedendo anche l'affidamento di alcuni servizi ulteriori non compresi nella convenzione MIES (definiti "complementari" nella delibera suindicata) ai sensi dell'art. 57, comma 5, lett. a), d.lgs. n. 163/2006, e sottoscriveva il relativo contratto con la Engie in data 30 dicembre 2014.
I suddetti "servizi complementari" contemplavano in particolare: presidio control room (antincendio), presidio sala operativa, presidio ascensorista, presidio termo-idraulico, presidio elettrico, verifiche ambientali sale operatorie, manutenzione impianti osmosi, manutenzione impianti gas medicali, manutenzione strutture metalliche, infissi e arredi ed emergenza tecnica (manutenzione straordinaria impianti).
Con deliberazione n. 1116 del 7 ottobre 2015, a conclusione del relativo procedimento di autotutela, l'Amministrazione stabiliva di «annullare d'ufficio, ai sensi dell'art. 21-nonies l. 241/90 ... la Deliberazione n. 697 del 24 novembre 2014 nella parte in cui affida, ai sensi dell'art. 57, comma 5 lett. a) del d.lgs. n. 163/2006 al R.T.I. Cofely Italia s.p.a. mandataria capogruppo e Manitalidea s.p.a. quale mandante i servizi ivi indicati e nel contratto come "complementari" alla convenzione Consip MIES sussistendo un interesse concreto al suo parziale annullamento», sul presupposto che non ci fossero i presupposti di legge per l'affidamento diretto dei suddetti servizi e che non fossero presenti ragioni di natura tecnica per l'affidamento dei medesimi allo stesso operatore che eseguiva i servizi oggetto della convenzione "principale".
Tale deliberazione veniva impugnata da parte della Cofely Italia s.p.a. (oggi Engie Servizi s.p.a.) e il ricorso dalla stessa proposto era respinto dal T.A.R. per il Lazio, Sez. III-quater, con sentenza dell'8 marzo 2016, n. 2980, confermata dal Consiglio di Stato, Sez. V, con sentenza del 20 febbraio 2017, n. 757.
L'Azienda ospedaliera San Camillo-Forlanini agiva quindi dinanzi al T.A.R. per il Lazio per la declaratoria, ai sensi dell'art. 121, lett. a), c.p.a., della nullità e/o dell'inefficacia parziale ex tunc del contratto d'appalto rep. 232/15 del 30 dicembre 2014 stipulato tra la medesima e la società Cofely Italia s.p.a. (oggi, come si è detto, Engie Servizi s.p.a.), capogruppo del R.T.I. con Manitalidea s.p.a., quale effetto dell'annullamento d'ufficio dell'affidamento diretto dei servizi c.d. complementari alla convenzione Consip MIES - Multiservizio tecnologico integrato con fornitura di energia per gli immobili adibiti ad uso sanitario, disposto con deliberazione dell'Azienda ospedaliera San Camillo-Forlanini n. 1116 del 7 ottobre 2015.
2. Il T.A.R., con la sentenza n. 11118 del 9 agosto 2022, pronunciata all'esito della relativa udienza di smaltimento, ha accolto il ricorso.
Ritenuta preliminarmente la sussistenza dell'"interesse dell'Azienda ricorrente ad ottenere la declaratoria di inefficacia del contratto attesa la sussistenza di un contenzioso civile strettamente collegato al presente giudizio", il giudice di primo grado ha altresì ritenuto la sussistenza nel caso di specie dei presupposti cui l'art. 121 c.p.a. correla la doverosa declaratoria di inefficacia del contratto, in quanto l'affidamento dei servizi complementari da parte del San Camillo alla società Cofely era "avvenuto nonostante l'assenza dei presupposti previsti in sede di adesione alla convenzione Consip MIES; si è preceduto, infatti, ad un affidamento diretto, senza alcun bando od avviso di gara, di servizi complementari in patente violazione delle prescrizioni contenute dalla convenzione Consip MIES, determinando una grave violazione contrattualistica".
La sentenza suindicata costituisce oggetto dell'appello proposto dalla Engie Servizi s.p.a., in proprio e nella qualità di capogruppo mandataria del R.T.I. con Manitalidea s.p.a.
Si oppone all'accoglimento del gravame l'Azienda ospedaliera S. Camillo-Forlanini.
3. Mediante i motivi di appello, la parte appellante eccepisce in primo luogo il difetto di giurisdizione in capo al giudice amministrativo in ordine alla domanda di declaratoria della parziale inefficacia del contratto a seguito del provvedimento di annullamento in autotutela della stazione appaltante avente ad oggetto l'atto di affidamento.
Essa contesta quindi la sentenza appellata nella parte in cui ha ravvisato la sussistenza in capo all'Azienda ricorrente dell'interesse alla proposizione della suddetta domanda.
4. Iniziando dalla questione pregiudiziale di giurisdizione, la parte appellante fa leva, al fine di affermare la spettanza della giurisdizione in ordine alla controversia de qua al giudice ordinario, sul fatto che nella fattispecie in esame la questione relativa alla sorte del contratto emerge a valle (non di una sentenza di annullamento dell'aggiudicazione da parte del giudice amministrativo, ma) di una determinazione di autotutela dell'Amministrazione avente ad oggetto il provvedimento di affidamento sulla scorta del quale il contratto, dichiarato inefficace ab origine, è stato stipulato.
Essa allega infatti, a fondamento della sua prospettazione, che, ai sensi degli artt. 121 e 122 c.p.a., solo l'annullamento giudiziale dell'aggiudicazione determina la possibilità per il giudice amministrativo di decidere discrezionalmente se mantenere o meno l'efficacia del contratto medio tempore stipulato, non costituendo l'inefficacia del contratto una conseguenza automatica dell'annullamento giudiziale dell'aggiudicazione.
Né, essa aggiunge, potrebbe farsi leva sul disposto di cui all'art. 133 c.p.a. nella parte in cui individua, tra le ipotesi di "giurisdizione esclusiva" del giudice amministrativo, "le controversie relative a procedure di affidamento di pubblici lavori, servizi, forniture, svolte da soggetti comunque tenuti, nella scelta del contraente o del socio, all'applicazione della normativa comunitaria ovvero al rispetto dei procedimenti di evidenza pubblica previsti dalla normativa statale o regionale, ivi incluse quelle risarcitorie e con estensione della giurisdizione esclusiva alla dichiarazione di inefficacia del contratto a seguito di annullamento dell'aggiudicazione ed alle sanzioni alternative", atteso che l'inciso è inserito all'interno di una disposizione che individua a monte la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo in relazione alle controversie relative a procedure di affidamento di pubblici lavori, servizi, forniture, espressamente estendendo la cognizione del medesimo giudice sulla sorte del contratto di cui alle medesime procedure sottoposte al suo esame, dovendo inoltre la predetta disposizione essere interpretata in combinato disposto con i sopra citati articoli che, come già rilevato, circoscrivono la possibilità per il giudice amministrativo di conoscere della sorte del contratto solo nel caso di "annullamento giudiziale dell'aggiudicazione".
4.1. La sollevata questione di giurisdizione, ad avviso del Collegio, deve essere risolta nel senso della affermazione della spettanza al giudice amministrativo del potere di dichiarare l'inefficacia del contratto, a valle di un intervento di autotutela dell'Amministrazione che abbia costituito oggetto di giudizio dinanzi al medesimo giudice.
4.2. Deve premettersi che, ai sensi dell'art. 133, comma 1, c.p.a., "sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, salvo ulteriori previsioni di legge:
(...)
e) le controversie:
1) relative a procedure di affidamento di pubblici lavori, servizi, forniture, svolte da soggetti comunque tenuti, nella scelta del contraente o del socio, all'applicazione della normativa comunitaria ovvero al rispetto dei procedimenti di evidenza pubblica previsti dalla normativa statale o regionale, ivi incluse quelle risarcitorie e con estensione della giurisdizione esclusiva alla dichiarazione di inefficacia del contratto a seguito di annullamento dell'aggiudicazione ed alle sanzioni alternative".
La disposizione citata invero, nell'affermare la spettanza al giudice amministrativo del potere di dichiarare l'"inefficacia del contratto a seguito di annullamento dell'aggiudicazione", non distingue a seconda che l'annullamento del provvedimento presupposto sia deciso in sede giurisdizionale o in via di autotutela da parte dell'Amministrazione, con la conseguente attrazione alla sfera giurisdizionale amministrativa (anche) delle fattispecie in cui si tratti di definire le sorti del contratto a seguito dell'annullamento d'ufficio del provvedimento di affidamento.
Né potrebbe pervenirsi a diversa conclusione sulla scorta del disposto di cui agli artt. 121, comma 1, e 122, comma 1, c.p.a., ai sensi dei quali, rispettivamente, "il giudice che annulla l'aggiudicazione definitiva dichiara l'inefficacia del contratto nei seguenti casi..." e "fuori dei casi indicati dall'articolo 121, comma 1, e dall'articolo 123, comma 3, il giudice che annulla l'aggiudicazione definitiva stabilisce se dichiarare inefficace il contratto...".
Deve invero osservarsi che l'art. 133 c.p.a., da un lato, e gli artt. 121 e 122, dall'altro, si occupano di temi diversi, essendo il primo funzionale a determinare la sfera di giurisdizione del giudice amministrativo ed i secondi a disciplinare, nei presupposti e negli effetti, il potere di dichiarare l'inefficacia del contratto: pertanto, l'eventuale lacuna codicistica per quanto concerne la disciplina (ovvero, il quomodo) del potere de quo nei casi in cui consegua all'annullamento d'ufficio dell'aggiudicazione non costituisce ragione sufficiente per escludere tale potere (ovvero, per negare l'an dello stesso) dal perimetro della giurisdizione amministrativa.
4.3. Né il ragionamento della parte appellante, secondo cui l'art. 133, comma 1, lett. e), c.p.a., nell'"estendere" la giurisdizione del giudice amministrativo alla declaratoria della inefficacia del contratto, farebbe riferimento ai casi in cui la controversia costituisce una appendice di quella avente ad oggetto un atto delle "procedure di affidamento di pubblici lavori, servizi, forniture", può essere condiviso, dal momento che la disposizione ha riguardo alla astratta perimetrazione dell'ambito giurisdizionale amministrativo, indipendentemente dal modo in cui si atteggi in concreto la vicenda processuale, con la conseguenza che anche l'attribuzione al giudice amministrativo della controversia relativa alla definizione della sorte del contratto, laddove derivi dall'annullamento in autotutela del provvedimento di aggiudicazione, rappresenta una "estensione" della giurisdizione amministrativa sulle "procedure di affidamento", essendo la legittimità di quel provvedimento, così come del relativo atto di secondo grado (o contrarius actus), affidato alla cognizione di quel giudice (e ciò indipendentemente dal fatto che tale astratto affidamento si sia tradotto nella concreta instaurazione di una controversia avente ad oggetto tali atti).
4.4. Del resto, la suddetta soluzione trova conferma anche in una prospettiva attenta al tradizionale criterio di riparto della giurisdizione fondato sulla distinzione della situazione giuridica dedotta in giudizio, applicato avendo riguardo al petitum sostanziale dell'azione e temperato alla luce della ratio ispiratrice della creazione di "fette" di giurisdizione attribuite in via esclusiva al giudice amministrativo, correlata al carattere "indistricabile" col quale sovente si manifesta, in determinati settori dell'ordinamento e con riferimento ad alcune tipologie di controversie, la commistione tra situazioni giuridiche aventi in astratto diversa qualificazione.
4.5. Deve premettersi che lo spartiacque giurisdizionale tradizionalmente connesso alla stipulazione del contratto - la quale sancirebbe la conclusione della fase procedimentale di evidenza pubblica e l'inizio di quella contrattuale, caratterizzata dalla reciprocità di posizioni creditorie e debitorie, ergo di situazioni giuridiche paritetiche, in capo alle parti pubblica e privata - non coglie, in alcuni casi, l'essenza della controversia, specialmente quando questa, essendo finalizzata alla fissazione del regime contrattuale sulla scorta di profili patologici risalenti alla serie procedimentale, si collochi al crocevia tra i due segmenti della complessiva attività contrattuale (quello preparatorio e quello costitutivo) della P.A.
Del resto, che il binomio "perfezionamento del vincolo contrattuale-giurisdizione del giudice ordinario" non costituisca un dogma assoluto, sul piano del diritto positivo (e quindi un ostacolo insuperabile all'adozione di soluzioni ermeneutiche di segno derogatorio rispetto ad esso), lo dimostra proprio il disposto del già citato art. 133, comma 1, lett. e), c.p.a., anche laddove si ritenga che esso si riferisca testualmente alle sole fattispecie in cui la declaratoria di inefficacia del contratto consegue all'annullamento giurisdizionale del provvedimento di aggiudicazione.
4.6. Ebbene, proseguendo nel ragionamento intrapreso, deve ritenersi che il giudizio concernente l'(in)efficacia del contratto a seguito dell'annullamento - giurisdizionale o amministrativo - del suo atto presupposto costituisca la prosecuzione di un conflitto tra interessi contrapposti che, avendo la sua genesi nel procedimento di evidenza pubblica, non può non recare i segni, dal punto di vista della qualificazione delle situazioni giuridiche soggettive facenti capo alle parti, del rapporto autoritativo proprio della fase procedimentale.
Deve anzi ritenersi - e in ciò può rinvenirsi la ragionevole spiegazione del riferimento fatto dall'art. 133, comma 1, lett. e), c.p.a. alle sole ipotesi in cui la declaratoria di inefficacia del contratto consegua al giudizio avente ad oggetto il provvedimento di aggiudicazione - che, a differenza di tali ipotesi, in cui l'"estensione" della giurisdizione amministrativa alla sequenza contrattuale soddisfa esigenze di semplificazione e concentrazione processuale, nell'ipotesi in cui essa si correla in via consequenziale all'annullamento in autotutela del provvedimento presupposto di aggiudicazione, l'effetto "attrattivo" della predetta controversia alla giurisdizione amministrativa si giustifica, già sul piano sostanziale, con l'efficacia "degradatoria" del provvedimento di autotutela nei confronti della posizione di diritto soggettivo imputabile alla controparte privata: ciò tanto più ove si ritenga, in linea con la pronuncia del Consiglio di Stato, Adunanza plenaria, del 20 giugno 2014, n. 14, che all'annullamento d'ufficio dell'aggiudicazione definitiva consegua "la caducazione automatica degli effetti negoziali del contratto per la stretta consequenzialità funzionale tra l'aggiudicazione della gara e la stipulazione dello stesso".
4.7. In ogni caso, anche a non voler aderire alla suindicata prospettiva qualificatoria, resta il fatto che sussiste la ratio istitutiva di una ipotesi di giurisdizione esclusiva, tenuto conto che anche la controversia avente ad oggetto la declaratoria di inefficacia del contratto quale conseguenza dell'annullamento d'ufficio del relativo atto presupposto è strettamente collegata ad un episodio di esercizio di un pubblico potere (quale è tipicamente quello di autotutela), in linea con l'orientamento giurisprudenziale che individua il fondamento della giurisdizione esclusiva nell'inestricabile compenetrazione che in relazione a "particolari materie", strettamente disciplinate dalla legge, si realizza tra diritti ed interessi, tra momenti di diritto comune e momenti [di] esplicazione di poteri pubblicistici, laddove fa difetto la relativa giustificazione solo "quando la pubblica amministrazione non abbia in concreto esercitato, nemmeno mediatamente, il potere che la legge le attribuisce per la cura dell'interesse pubblico" (cfr., di recente, Cass. civ., Sez. un., 18 ottobre 2022, n. 30712).
4.8. Del resto, se si riconosce - come fa del resto la stessa parte appellante - che spetta al giudice amministrativo la cognizione della sorte del contratto laddove sia associata a quella del provvedimento di aggiudicazione, non è ravvisabile alcuna concreta ragione per pervenire a diversa conclusione quando la caducazione del medesimo provvedimento sia disposta dalla stessa Amministrazione: ché anzi, come si è detto, in tale evenienza sussiste con ancor maggior evidenza il collegamento con l'esercizio del potere amministrativo, che nella prima è surrogato da una statuizione giurisdizionale.
4.9. Né la differente conclusione propugnata dalla parte appellante potrebbe rinvenire il suo fondamento nell'esigenza di concentrazione della tutela, che non sarebbe ravvisabile quando il provvedimento di aggiudicazione sia annullato dall'Amministrazione, atteso che nessuna norma impone all'interessato di richiedere nell'ambito dello stesso giudizio l'annullamento del provvedimento di aggiudicazione e la declaratoria di inefficacia del contratto.
4.10. Le suesposte conclusioni si impongono vieppiù quando, come nella fattispecie in esame, il provvedimento di autotutela abbia costituito oggetto di un giudizio dinanzi al giudice amministrativo, essendo evidente che anche in tale ipotesi è ravvisabile l'"estensione" della controversia avente ad oggetto un atto della "procedura di affidamento" a quella di declaratoria della inefficacia del contratto: ciò tanto più in quanto l'instaurazione di un giudizio avverso il provvedimento di autotutela rimette in discussione l'assetto degli interessi che ruota intorno all'aggiudicazione della gara allo stesso modo in cui lo fa l'impugnazione diretta di quest'ultima, mettendo capo ad un atto di definizione giudiziaria del medesimo assetto che presenta nei due casi, sia quanto all'effetto che al parametro di giudizio (ancorato comunque a criteri di legittimità), contorni del tutto assimilabili.
4.11. Una volta acclarata la sussistenza di una ipotesi di giurisdizione esclusiva, ne discende che la declaratoria di inefficacia del contratto ben potrebbe essere richiesta in via riconvenzionale, ex art. 42, comma 5, c.p.a., dalla stessa stazione appaltante nell'ambito del giudizio avente ad oggetto il provvedimento di autotutela ovvero in via autonoma, come avvenuto nella vicenda in esame, dopo la definitiva conclusione del primo.
4.12. Deve solo aggiungersi che la soluzione qui raggiunta è conforme a quella cui è addivenuta, in fattispecie del tutto analoga (caratterizzata appunto dall'annullamento in autotutela del provvedimento di affidamento), il giudice regolatore della giurisdizione.
È stato infatti affermato che "se è previsto che la giurisdizione del giudice amministrativo ricorra quando si tratti di dichiarare l'inefficacia del contratto a seguito dell'annullamento della aggiudicazione (art. 133, comma 1, lett. e), ad eguale conclusione deve giungersi anche nella situazione - di gran lunga più grave - in cui la inefficacia del contratto consegua all'annullamento di un affidamento diretto, senza alcuna previsione di gara, in violazione delle norme comunitarie e nazionali in materia di contratti pubblici. Nel caso in esame, va, in particolare, sottolineato che vi è una sentenza passata in giudicato del giudice amministrativo che ha confermato il provvedimento di annullamento emesso dalla pubblica amministrazione. Per effetto di tale pronuncia si consolida l'effetto dell'annullamento emesso in sede di autotutela. In questo contesto riconoscere la giurisdizione del giudice civile sul contratto, oltre a contraddire i principii comunitari indicati, comporterebbe il duplice, pernicioso effetto di moltiplicare i procedimenti e di porre le condizioni per un possibile conflitto di pronunce. La conclusione cui deve necessariamente giungersi è, allora, che, se è vero che la norma testualmente non prevede il caso, in quanto limita il riconoscimento della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo alle ipotesi di inefficacia del contratto conseguente all'annullamento dell'aggiudicazione, è altrettanto vero che non ci si deve fermare al solo criterio ermeneutico testuale in quanto, in base all'art. 12 preleggi, questo deve essere integrato dal criterio della ratio legis. Ed è di tutta evidenza che si è in presenza di un'eadem ratio che - come si è detto - è quella di preservare i principii di trasparenza, pubblicità e concorrenza cui deve ispirarsi la pubblica amministrazione in materia di appalti pubblici. Invero, il senso della disposizione è quello di attribuire al giudice amministrativo la cognizione piena di tutte le controversie conseguenti all'annullamento di un'aggiudicazione - comunque intervenuta -; quindi, a maggior ragione, nell'ipotesi di affidamento diretto, posto in essere in violazione delle norme nazionali e comunitarie, per non essere stata disposta alcuna gara. D'altra parte, sarebbe una contraddizione logica del sistema ammettere la giurisdizione del giudice amministrativo nel caso in cui una gara sia, comunque, stata effettuata e negarla in quello, di gran lunga più grave, di affidamento diretto, posto in essere dalla pubblica amministrazione con abuso delle funzioni pubbliche" (Cass. civ., Sez. un., 8 agosto 2012, n. 14260, nonché, più recentemente, Cass. civ., Sez. un., 15 giugno 2017, n. 14859).
5. Con il successivo motivo di appello, la parte appellante censura la sentenza appellata nella parte in cui ha affermato la sussistenza dell'interesse ad agire in capo all'Azienda ricorrente.
Premesso che la parte ricorrente riconduceva il suddetto interesse al fatto che essa continuava "a ricevere richieste economiche da parte della Cofely che non tengono conto dell'invalidità ab origine del titolo contrattuale", deduce la parte appellante che, successivamente all'adozione del provvedimento di autotutela, l'Azienda ha continuato ad affidare molti dei servizi "extra canone" (ergo, non compresi nella convenzione MIES) ad Engie.
Essa evidenzia in particolare che, con la nota n. 20526 del 15 ottobre 2015 a firma del direttore generale, veniva confermato l'affidamento dei seguenti servizi: (i) manutenzione gas medicali; (ii) servizi di presidio H24; (iii) manutenzione degli impianti di osmosi inversa; (iv) verifiche delle sale operatorie.
Deduce altresì la parte appellante che in data 2 novembre 2015, con la deliberazione n. 1196, l'Azienda ha affidato al R.T.I. Engie, ai sensi dell'art. 57, comma 2, lett. c), d.lgs. n. 163/2006 e nelle more dell'indizione ed aggiudicazione delle relative procedure di gara, l'esecuzione di ulteriori servizi "extra canone", ovvero: servizi di verifiche classe ISO (ambientali) camere operatorie; servizi di manutenzione degli impianti a osmosi inversa delle centrali termiche; servizio di presidio elettrico, idraulico ed ascensorista; servizio di manutenzione ordinaria dei gas medicali.
Inoltre, con la delibera n. 224 del 2 marzo 2016, l'Azienda ha ulteriormente esteso l'affidamento "extra canone" dei servizi di presidio H24 sino al 2 aprile 2016, ovvero: presidio ascensorista; presidio termo-idraulico; presidio elettrico, ai quali vanno aggiunti gli interventi di manutenzione straordinaria (sia "Emergenza tecnica" per gli impianti, che "Manutenzione strutture metalliche, infissi e arredi" per la parte edile) che sono stati eseguiti da Engie sulla base di singoli affidamenti nel periodo compreso tra il 1° gennaio 2016 e il 31 dicembre 2018.
Assume quindi la parte appellante che proprio alla luce di tale quadro fattuale il Consiglio di Stato "volutamente non si pronunciava sull'inefficacia del contratto che, nel contemperamento degli interessi, risultava addirittura contraria finanche all'interesse pubblico alla prosecuzione dello svolgimento dei servizi medesimi da parte di Engie per l'impossibilità di affidarli a terzi in tempi brevi".
Né, prosegue la parte appellante, l'interesse al ricorso può essere rinvenuto nella circostanza, evidenziata da controparte, secondo la quale "è altresì pendente tra le stesse parti una causa davanti al Tribunale Civile di Roma, 9^ Sezione Imprese, R.G. n. 58727/2019, per la cui definizione l'esito del presente procedimento è rilevante", atteso che la suddetta controversia attiene esclusivamente, per quel che concerne i servizi "extra canone" oggetto della delibera di annullamento in autotutela n. 1116 del 7 ottobre 2015, al periodo successivo a tale data (fino al 31 marzo 2019), ovvero riguarda prestazioni rese in virtù delle nuove e più recenti determine e/o delibere di assegnazione dei predetti servizi, innanzi richiamate.
5.1. Nemmeno il suindicato motivo di appello è meritevole di accoglimento.
5.2. Deve premettersi che l'effetto invalidante a carico del contratto derivante dall'annullamento parziale del provvedimento di affidamento era già stato sancito dalla deliberazione n. 1116 del 7 ottobre 2015, la quale reca appunto l'inciso secondo cui "l'annullamento d'ufficio parziale della deliberazione n. 697 del 24 novembre 2014 comporta (...) l'inefficacia parziale del contratto relativamente alla parte con cui risultano affidati i servizi c.d. complementari" (si veda sul punto anche il par. 25 della sentenza del Consiglio di Stato, Sez. V, n. 757 del 20 febbraio 2017: "Con un ulteriore motivo d'appello la Engie Servizi critica il capo di sentenza di primo grado in cui il Tribunale amministrativo ha ritenuto che l'amministrazione potesse esercitare la propria potestà di autotutela decisoria anche dopo la stipulazione del contratto - della cui inefficacia parziale si dà atto nella delibera impugnata per effetto della determinazione di annullamento d'ufficio adottata...").
Deve quindi ritenersi che la formale declaratoria di inefficacia parziale del contratto medesimo sia stata richiesta al T.A.R. per il Lazio dall'Azienda ospedaliera essenzialmente al fine di superare lo stato di incertezza in ordine alla condizione giuridica del contratto (non recando sul punto né la menzionata deliberazione n. 1116/2015 né le sentenze di primo e di secondo grado emesse nel giudizio avente ad oggetto quest'ultima una espressa statuizione), oltre che per definire esattamente, da un punto di vista temporale, l'invocata inefficacia parziale del vincolo contrattuale (come si evince dal fatto che il ricorso proposto mirava all'accertamento "della nullità e/o dell'inefficacia parziale ab origine o comunque ex tunc del contratto d'appalto rep. 232/15 del 30 dicembre 2014..."), anche al fine di rintuzzare le richieste economiche avanzate dalla Engie e fondate sulla perdurante efficacia del contratto medesimo.
5.3. Ciò premesso, deve in primo luogo osservarsi che l'accertamento della eventuale carenza dell'interesse al ricorso, quale presupposto per la declaratoria della sua inammissibilità, deve essere condotto con estremo rigore, laddove non scaturisca da una dichiarazione (sopravvenuta) dello stesso soggetto promotore, ma da una eccezione formulata dalla parte resistente.
Ebbene, deve rilevarsi che non può riconoscersi idonea efficacia dimostrativa in tal senso alla tesi di parte appellante intesa a far discendere la dedotta carenza di interesse al ricorso in capo all'Azienda ospedaliera dal fatto che "alcuni" dei servizi complementari interessati dal provvedimento di annullamento parziale avrebbero costituito oggetto, successivamente alla delibera n. 1116/2015, di rinnovato affidamento alla Engie.
In primo luogo infatti, come si è detto, il ricorso proposto dall'Azienda ospedaliera ha ad oggetto la declaratoria della inefficacia parziale ex tunc del contratto: pretesa questa insensibile alla suddetta eccezione, in quanto incentrata su fatti successivi all'adozione del provvedimento di annullamento parziale.
5.4. In ogni caso, e come ammesso dalla stessa parte appellante, i successivi provvedimenti di affidamento, intesi essenzialmente a sovvenire all'esigenza di continuità dei servizi nelle more dell'espletamento delle relative procedure di gara ai sensi dell'art. 57, comma 1, lett. c), d.lgs. n. 163/2006 (cfr. in tal senso la deliberazione n. 1196 del 2 novembre 2015, invocata dalla parte appellante), hanno carattere parziale - sia da un punto di vista oggettivo-tipologico, sia da un punto di vista temporale - rispetto all'affidamento, di durata settennale, dei servizi complementari disposto con la delibera n. 697/2014: sì che essi non sono idonei a far venire meno, in capo all'Azienda ospedaliera, ogni esigenza certificativa della inesistenza di un valido titolo contrattuale sul quale la controparte avrebbe potuto fondare eventuali pretese esecutive e/o economiche (anche di tipo risarcitorio).
5.5. Infine, deve evidenziarsi che, come si evince dalla nota di Engie n. 87 del 10 marzo 2017, i corrispettivi pretesi dall'impresa avevano ad oggetto non solo le prestazioni "extra canone" rese successivamente alla deliberazione n. 1116/2015 (oggetto, secondo la tesi di parte appellante, di successivi autonomi affidamenti), ma anche quelle rese in precedenza, le quali non potevano che trovare titolo nel contratto stipulato a valle della deliberazione n. 697/2014: ciò non senza trascurare che, come si evince dalla nota suindicata, anche relativamente ai servizi resi successivamente alla deliberazione n. 1116/2015 l'impresa scrivente lamentava la discrasia tra il corrispettivo riconosciuto con le deliberazioni di rinnovato affidamento e quello spettante, evidentemente sulla scorta del contratto del 30 dicembre 2014, a dimostrazione del fatto che la rilevanza di quest'ultimo - e quindi l'interesse dell'Azienda ospedaliera ad ottenere la sanzione giurisdizionale della sua parziale inefficacia ab origine - non era circoscritto alla sua idoneità a legittimare l'esecuzione delle prestazioni da parte della Engie (profilo rispetto al quale sul contratto erano effettivamente venuti a sovrapporsi, seppure nei termini parziali dianzi evidenziati, atti di affidamento successivi), ma anche alla sua valenza regolatrice degli aspetti economici dei servizi resi (evidentemente in termini più vantaggiosi per l'impresa rispetto alle condizioni previste con le menzionate deliberazioni sopravvenute).
5.6. Ma la sussistenza in capo alla Azienda ricorrente di un interesse concreto ed attuale all'ottenimento di una pronuncia dichiarativa della inefficacia del contratto del 30 dicembre 2014 trova fondamento anche nell'ulteriore circostanza, sulla quale ha fatto leva il T.A.R. nella reiezione della simmetrica eccezione formulata in primo grado dalla odierna appellante, relativa alla "sussistenza di un contenzioso civile strettamente collegato al presente giudizio".
Premesso che la parte appellante, al fine di dimostrare l'irrilevanza del contratto suindicato ai fini della definizione del suddetto giudizio, deduce essenzialmente che questo ha ad oggetto le pretese economiche dalla stessa azionate relativamente al periodo successivo alla deliberazione di parziale annullamento n. 1116/2015, deve osservarsi in senso contrario che nel relativo atto di citazione (pag. 24) si dichiara che "Engie ha limitato l'analisi al periodo successivo al 7 ottobre 2015, (data di pubblicazione della delibera di annullamento parziale) atteso che, per il periodo precedente, Engie ha ritenuto preferibile, pur senza nulla riconoscere e senza prestare alcuna acquiescenza, attendere l'esito del giudizio amministrativo in corso avente ad oggetto l'accertamento dell'inefficacia in parte qua del Contratto, per i soli Servizi Complementari. Per questi motivi in questa sede Engie svolge domanda di pagamento del corrispettivo per i Servizi Complementari svolti solo dopo il 7.10.2015, riservandosi di agire anche per i corrispettivi maturati precedentemente a tale data, in separato giudizio".
Ebbene, se, come si è detto, la vigenza del contratto anche per il periodo successivo al 7 ottobre 2015 non è irrilevante ai fini della definizione delle posizioni economiche delle parti, anche relativamente al periodo pregresso la questione della sua validità conserva in pieno la sua attualità, ove si consideri che l'impresa non ha rinunciato ad ogni pretesa contrattuale, ma si è riservata di agire dopo la conclusione del giudizio avente ad oggetto l'inefficacia parziale del contratto (ovvero il giudizio definito in primo grado con la sentenza qui appellata): così ammettendo implicitamente, in contrasto con il motivo di appello in esame, la rilevanza di tale giudizio, e della questione della inefficacia ex tunc del contratto che ne costituisce oggetto, ai fini della definizione dei rapporti economici con l'Azienda appellata.
6. L'appello, in conclusione, deve essere complessivamente respinto e la parte appellante condannata alla refusione delle spese del giudizio di appello a favore dell'Azienda ospedaliera appellata, nella complessiva misura di euro 3.000,00, oltre oneri di legge.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Terza, definitivamente pronunciando sull'appello n. 9133/2022, lo respinge.
Condanna la parte appellante alla refusione delle spese del giudizio di appello a favore dell'Azienda ospedaliera appellata, nella complessiva misura di euro 3.000,00, oltre oneri di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.