Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania
Salerno, Sezione II
Sentenza 2 marzo 2023, n. 495

Presidente: Durante - Estensore: Marena

FATTO E DIRITTO

Premesso che:

la ricorrente in epigrafe è proprietaria dei fondi siti in Casalbore, identificati catastalmente al fol. 19, p.lle 439, 100, 266 e 441;

con la sentenza n. 691 del 4 maggio 2018, questo T.A.R. annullava la deliberazione di C.C. n. 67 del 12 dicembre 2001, con la quale veniva pronunciata l'espropriazione dei terreni appresi di proprietà dei germani P. e condannava l'Amministrazione a conformare la situazione di diritto a quella di fatto;

seguivano vari tentavi di conciliazione con l'ente comunale per la definizione della predetta vicenda, di cui alle note, prot. n. 396 del 7 febbraio 2019; del 22 febbraio 2019, n. 569; del 3 luglio 2019; del 12 luglio 2019; prot. n. 2989 del 26 settembre 2019;

con deliberazione n. 37 del 26 ottobre 2022, il Consiglio comunale di Casalbore procedeva all'acquisizione sanante al patrimonio indisponibile dell'ente, ex art. 42-bis del d.P.R. n. 327/2001, dei terreni di proprietà P. e disponeva la liquidazione della somma di soli euro 105.197,63, a titolo di indennizzi e risarcimenti, mediante deposito delle somme presso la Ragioneria territoriale dello Stato, con detrazione della ritenuta di acconto del 20% dovuta per legge;

a seguito di istanza di accesso del 23 novembre, esitata il 29 novembre, il Comune consegnava copia della relazione tecnica, copia della determinazione n. 46 del 15 novembre 2022 del responsabile del settore finanziario di Casalbore e copia dei depositi effettuati il 17 novembre 2022 (nn. 1383374 e 1383488) dal settore finanziario comunale;

avverso la delibera n. 37 del 2022, insorge la ricorrente epigrafata, proponendo gravame di annullamento, notificato il 10 gennaio 2023 e depositato il 30 ottobre 2023;

il ricorso è assistito da una serie di censure di illegittimità, variamente scandite nei diversi motivi di ricorso;

non resiste in giudizio il Comune intimato;

nell'udienza camerale del 1° marzo 2023 la causa è introitata per la decisione.

Considerato che:

sussistono le condizioni per la definizione della controversia mediante sentenza in forma semplificata ex art. 60 c.p.a.;

va dichiarato il difetto di giurisdizione;

la materia del contendere verte sulla contestazione dell'ammontare economico ricevuto dalla ricorrente epigrafata, in termini di indennizzo espropriativo;

la giurisprudenza è chiara sul punto;

le Sezioni unite della Cassazione civile, nella pronuncia del 20 luglio 2021, n. 20691, così statuiscono:

«[...] sono devolute al giudice ordinario e alla corte di appello, in unico grado, secondo una regola generale dell'ordinamento di settore per la determinazione giudiziale delle indennità espropriative, le controversie sulla determinazione e corresponsione dell'indennizzo dovuto per l'acquisizione del bene utilizzato dall'autorità amministrativa per scopi di pubblica utilità ex art. 42-bis t.u. del 2001, in considerazione della natura intrinsecamente indennitaria del credito vantato dal proprietario del bene e globalmente inteso dal legislatore, come un unicum non scomponibile nelle diverse voci, con l'effetto non consentito di attribuire una diversa e autonoma natura e funzione a ciascuna di esse; di conseguenza, l'attribuzione di una somma forfettariamente determinata a "titolo risarcitorio" (pari all'interesse del cinque per cento annuo sul valore venale del bene, a norma dell'art. 42-bis, comma 3) vale unicamente a far luce sulla genesi di uno degli elementi (il mancato godimento del bene per essere il cespite occupato "senza titolo" dall'amministrazione) che vengono in considerazione per la determinazione dell'indennizzo in favore del proprietario, il quale non fa valere una duplice legittimazione, cioè di soggetto avente titolo ora a un "indennizzo" (quando agisce per il pregiudizio patrimoniale, e non patrimoniale, conseguente alla perdita della proprietà del bene), ora a un "risarcimento" di un danno scaturito da un comportamento originariamente contra jus dell'amministrazione; appartengono invece alla giurisdizione del giudice amministrativo le controversie nelle quali sia dedotta la illegittimità in sé del provvedimento di acquisizione, per insussistenza dei requisiti previsti dalla legge, anche ai fini della valutazione delle attuali ed eccezionali ragioni di interesse pubblico che ne giustificano l'emanazione, in relazione ai contrapposti interessi privati e all'assenza di ragionevoli alternative alla sua adozione;

[...] la ricostruzione in termini indennitari e le modalità di determinazione dell'indennizzo, anche per la pregressa occupazione illegittima del bene, nel procedimento di cui al d.lgs. n. 150 del 2011, art. 29, dinanzi alla corte d'appello, in unico grado di merito, non sono suscettibili di arrecare un deficit di tutela né per l'amministrazione, per esserle preclusa la introduzione di azioni di rivalsa nei confronti di terzi, nell'ipotesi di concorso di più enti nella realizzazione dell'opera pubblica, trattandosi di una limitazione coerente con la natura del procedimento, ferma restando la facoltà di rivalersi in separato giudizio ordinario sul soggetto corresponsabile della pregressa occupazione illegittima; né per il privato, per essergli consentito di agire nei confronti della sola autorità che utilizza il bene immobile per scopi di interesse pubblico, essendo tale autorità, cui è affidato il pagamento dell'indennità, il suo creditore, né essendo precluso al privato di avviare un autonomo giudizio di danno, a tutela dei suoi diritti, per il periodo di occupazione illegittima, prima dell'adozione del provvedimento di cui all'art. 42-bis, da parte della pubblica amministrazione;

[...] la qualificazione in termini indennitari dell'indennizzo per la pregressa occupazione "senza titolo", nella misura del cinque per cento annuo sul valore venale del bene all'attualità, non è foriera di un deficit di tutela per le parti, avendo il legislatore previsto una clausola di salvaguardia che fa salva la prova di una diversa entità del danno, la cui applicazione è rimessa all'incensurabile valutazione del giudice di merito, il quale può modulare l'importo determinato dal legislatore in via forfettaria - in melius o in pejus - in sintonia con le istanze e le prove offerte dalle parti nel caso concreto»;

ed invero, traslando le coordinate ermeneutiche nella fattispecie in esame, il Collegio rileva che la ricorrente non si duole dell'illegittimità della delibera impugnata, bensì dell'ammontare del ristoro economico ricevuto;

e tanto basta al Collegio;

l'afferenza della materia del contendere ad una doglianza squisitamente privatistica, a fronte del quale si rinviene una posizione giuridica di diritto soggettivo, implica l'inevitabile declaratoria del difetto di giurisdizione del giudice amministrativo in favore della giurisdizione del giudice ordinario;

e tanto basta al Collegio;

non resta al Collegio che dichiarare il proprio difetto di giurisdizione, nonché, in virtù del principio della c.d. translatio iudicii, ex art. 11 c.p.a., indicare alla parte ricorrente il termine perentorio di tre mesi decorrenti dal passaggio in giudicato della presente sentenza per riassumere il giudizio innanzi al giudice ordinario al fine di salvaguardare gli effetti processuali e sostanziali della domanda proposta in questa sede;

In ragione della peculiarità della fattispecie, le spese di giudizio possono essere compensate tra le parti in causa.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania, Sezione Staccata di Salerno (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo dichiara inammissibile per difetto di giurisdizione del T.A.R. adito e indica il termine di tre mesi dal passaggio in giudicato della presente sentenza per riassumere il giudizio davanti al giudice ordinario agli effetti di cui in motivazione.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.