Corte di cassazione
Sezione I penale
Sentenza 31 maggio 2023, n. 26563

Presidente: Casa - Estensore: Magi

IN FATTO E IN DIRITTO

1. Con ordinanza resa in data 27 settembre 2021 la Corte di appello di Firenze - quale giudice del rinvio da questa Corte di cassazione - ha dichiarato inammissibile, per tardività, la domanda di tutela di una posizione creditoria (originariamente assistita da ipoteca) incisa da confisca emessa (ai sensi dell'art. 240-bis c.p.) in un procedimento penale definito in data 8 maggio 2013.

Va precisato che la domanda «originaria» è stata proposta - il 13 giugno del 2015 - da Cassa di Risparmio di Firenze s.p.a., con posteriore cessione della posizione creditoria a Penelope Spv s.r.l. (attuale ricorrente, in forza di atto di ricorso proposto in data 4 novembre 2021).

2. In riferimento alla vicenda di tutela del credito - oggi in valutazione - si sono succedute due decisioni rescindenti di questa Corte di cassazione.

Con la prima (sent. n. 22303 del 2018) questa Corte ha rilevato che, in rapporto al tema della tempestività della domanda (regolamentato dall'art. 37 della l. n. 161 del 2017 nella parte in cui rende applicabile alla confisca penale, con interpretazione autentica, la disciplina della legge di stabilità del 2012), se da un lato il termine di 180 giorni dalla definitività del provvedimento era di certo scaduto, dall'altro non era stata verificata la regolarità degli adempimenti procedurali di competenza della Agenzia nazionale, con necessità di verificare l'effettiva conoscenza del provvedimento ablatorio da parte del creditore.

Con la seconda decisione di annullamento (la n. 2016 del 2021) questa Corte, sempre in riferimento al quadro normativo vigente all'epoca, aveva evidenziato che la decisione emessa in sede di rinvio aveva, in sostanza, eluso la verifica richiesta dalla prima decisione rescindente, basandosi sui contenuti di una posteriore decisione delle Sezioni unite di questa Corte.

3. La decisione oggi impugnata affronta il tema posto dalla ultima sentenza rescindente ma - come segnalato con memoria depositata dalla società ricorrente in data 5 maggio 2023 - il quadro di riferimento normativo è, nel frattempo, mutato in forza dei contenuti della sentenza n. 18/2023 della Corte costituzionale, depositata il 10 febbraio del 2023.

In accoglimento di una questione di legittimità costituzionale - sollevata da questa Corte di cassazione - relativa all'art. 37 della l. n. 161 del 2017 (nella parte in cui rendeva applicabili le disposizioni di cui all'art. 1, commi da 194 a 206, della l. 24 dicembre 2012, n. 228 alle statuizioni di confisca emesse in sede penale), la Corte costituzionale ha così provveduto: dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 37, primo periodo, della legge 17 ottobre 2017, n. 161 (Modifiche al codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, al codice penale e alle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale e altre disposizioni. Delega al Governo per la tutela del lavoro nelle aziende sequestrate e confiscate), nella parte in cui non esclude che il termine di decadenza di cui all'art. 1, commi 199 e 205, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (Legge di stabilità 2013)» possa decorrere prima dell'entrata in vigore del menzionato art. 37.

È dunque venuta meno per il periodo 2012/2017 - con il tipico effetto ex tunc correlato alle pronunzie dichiarative della illegittimità costituzionale, su cui v. tra le molte Sez. un., n. 42858 del 29 maggio 2014, Gatto - la disposizione di interpretazione autentica contenuta nel citato art. 37 (che aveva reso applicabile alla confisca penale la disciplina transitoria dettata per la confisca di prevenzione), in forza della quale le precedenti decisioni di questa Corte avevano ritenuto la domanda di tutela "apparentemente tardiva" ma bisognosa di verifiche sul punto della effettiva conoscenza della decisione di confisca in capo al creditore.

4. Tutto ciò posto, è evidente che il novum apportato dalla decisione del giudice delle leggi debba trovare applicazione nel caso in esame, trattandosi - peraltro - di un rapporto ancora «pendente» in forza della mancata definitività della decisione di inammissibilità della originaria domanda.

Il mutato scenario normativo - in altre parole - impone di ritenere «costituzionalmente valida» la sola linea interpretativa (tra le molte Sez. I, n. 26527 del 20 maggio 2014, ric. Italfondiario, Rv. 259331) che da un lato aveva sostenuto che con le modifiche contenute nella legge del 2012 (il comma 190 relativo al testo dell'art. 12-sexies l. 356 del 1992) era stata sancita la applicabilità alla confisca c.d. estesa delle disposizioni (art. 52 e ss.) introdotte dal d.lgs. n. 159 del 2011 in tema di tutela del credito, dall'altro aveva sottolineato che le disposizioni transitorie della legge del 2012 (i commi da 194 a 206) andavano applicate esclusivamente alla confisca di prevenzione.

4.1. Ne deriva una prima conseguenza in diritto.

L'esistenza di una sentenza dichiarativa di illegittimità costituzionale travolge l'assetto giuridico fissato nelle due decisioni rescindenti, basate proprio sulla disposizione espunta dall'ordinamento (tra le molte, in tema di giudizio di rinvio posteriore ad annullamento, v. Sez. VI, n. 48832 del 25 ottobre 2022, Rv. 284028).

La decisione impugnata è, pertanto, anch'essa travolta, per sopravvenuta assenza della disposizione regolatrice posta a base dell'annullamento.

4.2. Vi è poi un secondo profilo, a cui il Collegio intende dare rilievo anche allo scopo di orientare i poteri di verifica del giudice del (nuovo) rinvio.

Si tratta di comprendere, in particolare, per il periodo intercorso dal 1° gennaio 2013 (entrata in vigore della legge del 2012) al 19 novembre 2017 (entrata in vigore della l. n. 161 del 2017) quale sia il termine "di legge" cui possa farsi riferimento per il deposito della domanda di tutela del credito inciso dalla confisca emessa in ambito penale.

La questione rileva nel caso in esame, posto che la originaria domanda di tutela è stata depositata, come si è detto, nel mese di giugno dell'anno 2015.

4.3. Le decisioni di questa Corte di legittimità antecedenti alla entrata i vigore della legge del 2017 (v. Sez. I, n. 11889 del 1° febbraio 2017) avevano sostenuto che il regime della decadenza doveva essere ricavato dall'assetto "ordinario" del d.lgs. n. 159 del 2011 (art. 58), con individuazione del termine ultimo in quello di un anno dalla definitività del provvedimento di confisca.

Tuttavia si tratta di una disciplina legislativa che - nelle more - è stata anch'essa variata (proprio con l'intervento di modifica del 2017 in tema di misure di prevenzione).

Trattandosi di una variazione in bonam (per le ragioni che si diranno) il Collegio ritiene che - anche in ragione della complessità e novità della materia e del disorientamento correlato alle stratificazioni normative - al caso in esame, ancora sub iudice, debba essere applicato, almeno in parte, tale ius superveniens.

La attuale disciplina del codice antimafia (d.lgs. n. 159/2011) prevede che:

a) dopo il decreto di primo grado il giudice delegato assegna ai creditori (già censiti dall'amministratore giudiziario) un termine perentorio, non superiore a sessanta giorni, per il deposito delle istanze di accertamento, fissando la data della udienza di verifica (art. 57, comma 2). Si tratta di un decreto «notificato agli interessati», il che rende effettiva la conoscenza del procedimento in cui è stata disposta la confisca;

b) la domanda va depositata entro il termine assegnato dal giudice (art. 58, comma 5). Successivamente, non oltre il termine di un anno dal deposito del decreto di esecutività dello stato passivo, le domande relative ad ulteriori crediti sono ammesse solo ove il creditore provi, a pena di inammissibilità della richiesta, di non aver potuto presentare la domanda per causa a lui non imputabile.

In buona sostanza, il legislatore del 2017 ha inteso innalzare gli oneri informativi della autorità procedente (in ciò ritenendo fondati i dubbi interpretativi sorti sul precedente regime) ed ha al contempo dettato una disciplina ad hoc per il caso di domande tardive, tesa a renderne possibile l'ammissione in un termine «massimo» individuato nel decorso di un anno dal deposito del decreto di esecutività dello stato passivo.

4.4. Ora, tornando al caso in esame, il Collegio evidenzia che:

a) non può attribuirsi rilievo immediato alla disposizione relativa agli oneri informativi, riguardando una fase del procedimento di merito del tutto esaurita prima della vigenza delle nuove disposizioni;

b) va tuttavia individuato come termine "ultimo" della domanda del creditore quello introdotto dal legislatore del 2017 per le c.d. domande tardive (un anno dal deposito del decreto di esecutività dello stato passivo) in quanto più favorevole rispetto alla precedente indicazione normativa (un anno dalla definitività del provvedimento di confisca);

c) nel particolare caso oggetto del presente ricorso, la domanda dell'originario creditore andrà pertanto - senza altra verifica non essendovi stato formale interpello - ritenuta ammissibile se ed in quanto alla data del deposito era trascorso un tempo inferiore ad un anno dal deposito del decreto di esecutività dello stato passivo.

Va pertanto, in ragione di quanto sinora affermato, disposto l'annullamento del provvedimento impugnato con rinvio per nuovo giudizio.

P.Q.M.

Annulla l'ordinanza impugnata con rinvio per nuovo giudizio alla Corte di appello di Firenze.

Depositata il 20 giugno 2023.