Consiglio di Stato
Sezione VII
Sentenza 5 luglio 2023, n. 6577

Presidente: Lipari - Estensore: De Berardinis

Considerato:

- che con l'appello in epigrafe i sigg.ri Vittoria e Gerardo C. hanno impugnato la sentenza breve del T.A.R. Lazio, Roma, Sez. II-quater, n. 13124/2022 del 14 ottobre 2022, chiedendone la riforma, previa tutela cautelare, anche monocratica;

- che la sentenza appellata ha dichiarato inammissibile la trasposizione in sede giurisdizionale del ricorso straordinario al Capo dello Stato proposto dall'avv. Gerardo C. contro i provvedimenti dell'Agenzia del demanio del 15 giugno 2021, di autotutela possessoria ai sensi dell'art. 823 c.c., recanti sgombero forzoso del fabbricato sito in Comune di Sannicola (LE), denominato "torre Alto Lido", distinto in catasto al fg. n. 1, part.lla n. 744, nonché contro i provvedimenti del 29 ottobre 2021 (di rigetto del ricorso gerarchico) e del 18 novembre 2021 (di rigetto dell'istanza di annullamento in autotutela);

- che in particolare il T.A.R. ha dichiarato inammissibile l'atto di opposizione al ricorso straordinario siccome proposto dalla sig.ra Vittoria C., nella sua veste di "unica erede legittima della sorella" sig.ra Eleonora C. (alla quale il ricorso straordinario era stato notificato e che nelle more era deceduta), trattandosi di soggetto cointeressato al ricorso;

- che, per l'effetto, la sentenza ha disposto, ai sensi dell'art. 48, comma 3, c.p.a., la restituzione del fascicolo al Ministero competente per la prosecuzione del giudizio in sede straordinaria.

Considerato, inoltre:

- che nel gravame gli appellanti contestano le motivazioni e le conclusioni della sentenza di prime cure, deducendo i seguenti motivi:

1) violazione del principio di diritto espresso dalle sentenze dell'Adunanza plenaria del Consiglio di Stato n. 9 del 6 maggio 2013 e delle Sezioni unite della Cassazione n. 23464 del 19 dicembre 2012, violazione dell'art. 48, comma 3, c.p.a., in quanto le sentenze ora riportate avrebbero chiarito che la facoltà di opposizione al ricorso straordinario spetta anche ai cointeressati;

2) nel merito, eccesso di potere per sviamento, carenza dei presupposti dell'autotutela possessoria, travisamento dei fatti, contraddittorietà di più atti, violazione dell'art. 823 c.c., violazione dell'art. 42 Cost., violazione dell'art. 1 del protocollo addizionale alla CEDU, violazione dell'art. 17 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, giacché il potere di autotutela possessoria nel caso di specie sarebbe stato esercitato in modo illegittimo e vessatorio, al fine di eludere surrettiziamente le risultanze dei registri immobiliari e il legittimo possesso dell'immobile da parte del ricorrente, che si baserebbe su atti pubblici regolarmente trascritti;

3) illegittimità del provvedimento di rigetto dell'istanza di annullamento ex officio, poiché questo ha fondato la demanialità del bene sulla sentenza del Tribunale civile di Lecce, Sez. II, n. 106/90 del 20 gennaio 1990, ma tale sentenza non potrebbe giustificare il provvedimento di autotutela possessoria, non avendo valore di giudicato, siccome emessa a definizione di un'actio negatoria in un giudizio tra la prof.ssa Eleonora C. e altro soggetto, proprietario confinante, e non all'esito di un'azione di accertamento della proprietà. Inoltre, in detto giudizio il Ministero delle finanze sarebbe intervenuto proponendo domanda riconvenzionale, che fu dichiarata tardiva e inammissibile sia in primo grado, sia nei successivi;

4) illegittimità del provvedimento di rigetto del ricorso gerarchico, poiché quest'ultimo recherebbe motivazioni erronee, atteso che: a) l'ordinanza ex art. 823 c.c. non costituirebbe atto amministrativo definitivo; b) il thema decidendum del ricorso gerarchico sarebbe stato non la titolarità del bene, ma l'illegittimità dei provvedimenti impugnati;

- che nella parte finale del gravame gli appellanti insistono sull'esistenza in capo alla prof.ssa Vittoria C. di un'autonoma e specifica posizione di interesse legittimo, per avere l'Agenzia del demanio intimato la consegna delle chiavi del giardino pertinenziale all'abitazione di residenza, come se la P.A. potesse godere di una servitù di accesso passando dalla suddetta abitazione (ciò che viene dagli appellanti risolutamente negato);

- che successivamente al deposito dell'atto di appello i ricorrenti hanno formulato istanza di misure cautelari, anche monocratiche, allegando la comunicazione da parte dell'Agenzia del demanio della fissazione al 22 giugno 2022 della data di esecuzione coattiva dello sgombero;

- che la domanda di misure cautelari monocratiche è stata respinta con decreto presidenziale del 29 maggio 2023, n. 2177/2023, attesa l'insussistenza di ragioni di estrema gravità e urgenza tali da non consentire la dilazione della trattazione della predetta domanda cautelare fino alla data della camera di consiglio (fissata al 20 giugno 2023);

- che si è costituita in giudizio l'Agenzia del demanio con il patrocinio dell'Avvocatura generale dello Stato, la quale ha depositato una memoria di costituzione e difensiva e documentazione sui fatti di causa, resistendo all'appello di controparte e riproponendo le eccezioni già sollevate innanzi al T.A.R. e da questo assorbite;

- che gli appellanti hanno depositato una memoria di controdeduzioni e poi ancora una memoria e documenti, allegando l'avvenuta sospensione, da parte del T.A.R. Puglia, Lecce, dell'intimazione esecutiva e insistendo nelle conclusioni già rassegnate;

- che nella camera di consiglio del 20 giugno 2023 è comparso il difensore degli appellanti, il quale ha brevemente discusso la causa;

- che il Collegio ha dato avviso alla parte comparsa, ai sensi dell'art. 60 c.p.a., della possibilità della pronuncia di una sentenza c.d. semplificata, quindi ha trattenuto la causa in decisione.

Ritenuta la sussistenza degli estremi per la pronuncia di una sentenza in forma semplificata, attesa la completezza del contraddittorio tra le parti e dell'istruttoria.

Ritenuto, in particolare, che sia fondato e da condividere il primo motivo dell'appello.

Considerato, infatti, al riguardo:

- che secondo il T.A.R. la sig.ra Vittoria C., essendo cointeressata, non avrebbe potuto proporre l'opposizione di cui all'art. 10 del d.P.R. n. 1199/1971, a ciò ostando lo stesso art. 10, che consente l'esercizio della facoltà di trasposizione in sede giurisdizionale soltanto ai controinteressati e, dopo l'intervento della Corte costituzionale (sent. n. 148/1982), ai resistenti, quando enti pubblici diversi dallo Stato. L'opposto indirizzo maturato in giurisprudenza non sarebbe consolidato e quindi non sarebbe invocabile, atteso che consentire al cointeressato di chiedere la trasposizione una volta spirato il termine di impugnazione significherebbe permettergli di eludere tale termine. L'opposizione prima del decorso del termine - osserva infine la sentenza - non avrebbe senso, perché il cointeressato può proporre ricorso autonomo, non operando nei suoi confronti il principio dell'alternatività tra rimedio giurisdizionale e rimedio giustiziale;

- che tuttavia è d'uopo rilevare come, contrariamente all'assunto del primo giudice, la giurisprudenza si sia orientata ormai in modo univoco nel senso di ammettere la proposizione dell'opposizione da parte (anche) del cointeressato, muovendo dalla nozione di "parte" di cui all'art. 48, comma 1, c.p.a., più ampia di quella di controinteressato contenuta nell'art. 10 del d.P.R. n. 1199/1971 (cfr. Cass. civ., Sez. un., 19 dicembre 2012, n. 23464; C.d.S., Ad. plen., 6 maggio 2013, n. 9; Sez. VI, 3 marzo 2016, n. 882);

- che in particolare sia le Sezioni unite, sia l'Adunanza plenaria sottolineano come l'art. 48, comma 1, c.p.a. contempli la facoltà di opposizione ai sensi dell'art. 10 del d.P.R. n. 1199/1971 in favore di qualsiasi "parte nei cui confronti sia stato proposto il ricorso straordinario". «La nozione di "parte nei cui confronti sia stato proposto ricorso straordinario" è amplissima sì da comprendere i controinteressati, i cointeressati, la pubblica amministrazione che ha emanato l'atto impugnato (non più escluso lo Stato, essendo venuta meno la possibilità che il Governo interloquisca con una delibera del Consiglio dei ministri per disattendere il parere del Consiglio di Stato); ciò che assicura il pieno rispetto del contraddittorio.

Tale generalizzazione della facoltà di opposizione assicura inoltre che la natura di decisione di giustizia del decreto del Presidente della Repubblica, che qui si viene ad affermare, è compatibile con la garanzia di tutela giurisdizionale (art. 24 Cost.) innanzi ad un "giudice" sia esso ordinario (art. 102 Cost.) o speciale (art. 103 Cost.). Nessuna "parte" può - per così dire, contro la sua volontà - essere evocata in una sede contenziosa in cui la lite è destinata ad essere decisa sì nel rispetto del principio del contraddittorio, ma senza il doppio grado di giurisdizione e con un'istruttoria semplificata. La "parte nei cui confronti sia stato proposto ricorso straordinario" può (nel termine perentorio di sessanta giorni dal ricevimento dell'atto di opposizione) opporsi all'iniziativa del ricorrente che abbia scelto questa strada più rapida e meno processualmente strutturata affinché la lite sia invece trasferita e decisa nella sede ordinaria. Sicché la concreta percorribilità della via più rapida del ricorso straordinario richiede, in sostanza, il consenso di tutte le parti secondo una ratio non dissimile da quella sottesa al ricorso per saltum ex art. 360 c.p.c., comma 2, che richiede appunto l'accordo delle parti» (così Cass. civ., Sez. un., n. 23464/2012, cit.; in termini analoghi si esprime l'Adunanza plenaria n. 9/2013);

- che il rischio, paventato dal giudice di prime cure, di consentire in questo modo al cointeressato un'elusione del termine decadenziale di impugnativa, non può ritenersi sussistente, ove si consideri: a) che il cointeressato, anche se decaduto dal termine per proporre ricorso, può comunque spiegare intervento adesivo dipendente (C.d.S., Sez. VI, n. 882/2016, cit.); b) che in sede giurisdizionale non è consentito l'ampliamento o la modifica dei motivi, salva l'ipotesi dei motivi aggiunti (C.d.S., Sez. V, 25 marzo 1991, n. 357);

- che la fondatezza del primo motivo di gravame ha carattere pregiudiziale e assorbente, nel senso che essa determina, con l'accoglimento dell'appello, la rimessione della causa al primo giudice ai sensi dell'art. 105, comma 1, c.p.a.;

- che, infatti, anche sulla base di quanto osservato dalle Sezioni unite circa la natura del decreto del Presidente della Repubblica che decide il ricorso straordinario in conformità al parere obbligatorio e vincolante del Consiglio di Stato, quale decisione di giustizia impugnabile con ricorso per cassazione solo per motivi attinenti alla giurisdizione, la decisione del T.A.R. di disporre, ai sensi dell'art. 48, comma 3, c.p.a., la restituzione del fascicolo al Ministero competente per la prosecuzione del giudizio in sede straordinaria va configurata come una vera e propria declaratoria di difetto di giurisdizione, o almeno come declinatoria di competenza. Essa deve farsi rientrare, perciò, tra le ipotesi di rimessione della causa al primo giudice contemplate dall'art. 105, comma 1, c.p.a. (cfr. C.d.S., Ad. plen. 30 luglio 2018, n. 10, parag. 24).

Ritenuto, in conclusione, di dover accogliere l'appello e per l'effetto di dover annullare la sentenza impugnata, che ha dichiarato l'inammissibilità dell'opposizione e disposto la restituzione degli atti al Ministero per la prosecuzione del giudizio in sede straordinaria, con rimessione del giudizio stesso innanzi al T.A.R. Lazio affinché tale giudizio, riassunto nei termini di legge, venga deciso nel merito (salvo che a ciò non ostino ulteriori - e diversi - impedimenti processuali).

Ritenuta, da ultimo, la sussistenza di giusti motivi per disporre l'integrale compensazione tra le parti delle spese del doppio grado di giudizio, attesa la peculiarità della questione trattata.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Settima (VII), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie nei termini di cui in motivazione e per l'effetto annulla la sentenza impugnata, rimettendo la causa, ai sensi dell'art. 105, comma 1, c.p.a., al giudice di primo grado.

Dichiara le spese del doppio grado di giudizio interamente compensate tra le parti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Note

La presente decisione annulla con rinvio, ex art. 105, comma 1, c.p.a., Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, sezione II-quater, sentenza 14 ottobre 2022, n. 13124.