Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
Sezione II-ter
Sentenza 4 ottobre 2023, n. 14677
Presidente: Mezzacapo - Estensore: Oliva
FATTO E DIRITTO
1. A seguito della relativa aggiudicazione, in data 10 marzo 2015 la società ricorrente ha stipulato con la s.p.a. AMA un contratto d'appalto per l'affidamento dei lavori per l'esecuzione e la manutenzione ordinaria degli impianti nei cimiteri di Roma Capitale.
Con distinti provvedimenti di data 3 ottobre 2016, 7 ottobre 2016, 2 novembre 2016, 9 novembre 2016, 29 maggio 2018, 19 giugno 2018 e 26 giugno 2018, la s.p.a. AMA ha affidato alla società l'effettuazione di ulteriori lavori.
In data 4 dicembre 2017, la s.p.a. AMA ha rilasciato il certificato di esecuzione lavori n. 42815/2017 per i lavori eseguiti sino al 30 giugno 2016.
Dopo riconsegne parziali di data 25 febbraio 2019 e 1° marzo 2019, in data 5 marzo 2019 la società ha riconsegnato l'area di cantiere alla s.p.a. AMA.
2. In data 10 marzo 2023, la società ha chiesto alla s.p.a. AMA il rilascio del certificato di esecuzione lavori, anche al fine di ottenere una nuova qualificazione SOA nella categoria OG2.
3. Col ricorso indicato in epigrafe, proposto ai sensi degli artt. 31 e 117 del codice del processo amministrativo, la società ha lamentato l'inerzia della s.p.a. AMA ed ha chiesto che sia dichiarato il suo obbligo di provvedere sull'istanza.
4. Con l'unico articolato motivo del ricorso, la società ha lamentato la violazione dell'art. 2 della l. n. 241 del 1990, degli artt. 6 e 40 del d.lgs. n. 163 del 2006, dell'art. 8, comma 7, dell'art. 83, comma 4, e dell'art. 84 del d.P.R. n. 207 del 2010, degli artt. 84 e 86, comma 5-bis, del d.lgs. n. 50 del 2016, nonché delle "linee guida n. 3 dell'ANAC", della delibera ANAC n. 24 del 2013 e dell'art. 11 del decreto interministeriale MIT-MIBACT n. 154 del 2017.
La ricorrente ha dedotto che la s.p.a. AMA avrebbe dovuto senz'altro emettere il certificato di esecuzione dei lavori entro il termine di trenta giorni, decorrente dalla relativa istanza.
5. La s.p.a. AMA si è costituita in giudizio con una memoria depositata in data 28 giugno 2023, con cui ha eccepito il difetto della giurisdizione amministrativa ed ha chiesto che il ricorso sia comunque respinto, perché infondato.
6. Ritiene il Collegio che l'eccezione di difetto di giurisdizione, formulata dalla s.p.a. AMA, debba essere accolta.
7. Per quanto riguarda il quadro normativo di riferimento, rilevano le seguenti disposizioni.
Ai sensi dell'art. 86, comma 5-bis, del d.lgs. n. 50 del 2016, "l'esecuzione dei lavori è documentata dal certificato di esecuzione dei lavori redatto secondo lo schema predisposto dall'ANAC con le Linee guida di cui all'articolo 83, comma 2".
L'art. 79, comma 6, del d.P.R. n. 210 del 2010 ha previsto che "l'esecuzione dei lavori è documentata dai certificati di esecuzione dei lavori previsti dagli articoli 83, comma 4, e 84, indicati dall'impresa e acquisiti dalla SOA ai sensi dell'articolo 40, comma 3, lett. b), del codice, nonché secondo quanto previsto dall'articolo 86".
L'art. 83, comma 4, dello stesso d.P.R. ha disposto che "i certificati di esecuzione lavori sono redatti in conformità dello schema di cui all'allegato B e contengono la espressa dichiarazione dei committenti che i lavori eseguiti sono stati realizzati regolarmente e con buon esito; se hanno dato luogo a vertenze in sede arbitrale e giudiziaria, ne viene indicato l'esito".
Ritiene il Collegio che, sulla base delle disposizioni sopra riportate, il certificato di esecuzione dei lavori vada qualificato come un atto di natura privatistica, riconducibile all'attività di stazione appaltante nella sua qualità di contraente.
Tale certificato attesta la valutazione della stazione appaltante - quale contraente - che "i lavori sono stati realizzati regolarmente e con buon esito" e, sotto il profilo cronologico, può essere emanato quando la stessa rileva che i lavori "non hanno dato luogo a vertenze in sede arbitrale e giudiziaria".
La stazione appaltante può decidere di non emettere il certificato, qualora ritenga che i lavori non siano stati "realizzati regolarmente e con buon esito" ovvero rilevi che essi abbiano dato luogo "a vertenze in sede arbitrale e giudiziaria".
La relativa attività di "certificazione" deve essere coerente con le circostanze emerse al termine del rapporto contrattuale ed ispirarsi ai principi di buona fede e correttezza, rilevanti nella fase della esecuzione del contratto (artt. 1176 e 1376 del codice civile).
Il contraente privato può agire innanzi al giudice civile o in sede arbitrale non solo per far valere le proprie pretese di carattere patrimoniale, ma anche per far rilevare che la stazione appaltante stia violando il principio di buona fede in executivis, tardando senza idonea giustificazione il rilascio del certificato di esecuzione dei lavori.
Ciò comporta che tra la stazione appaltante e l'altro contraente non sono ravvisabili posizioni di potere autoritativo e di interesse legittimo: i loro rapporti sono disciplinati dal diritto privato, configurandosi posizioni di diritto e di obbligo, da valutare sulla base dei sopra richiamati principi di buona fede e correttezza.
Va pertanto richiamato il principio pacificamente affermato dalla giurisprudenza amministrativa, per il quale è inammissibile - per difetto di giurisdizione - il ricorso presentato ai sensi degli artt. 31 e 117 del codice del processo amministrativo, quando si agisca per ottenere tutela per una posizione non qualificabile come interesse legittimo, che sia invece tutelabile dal giudice ordinario (C.d.S., Sez. IV, 1° luglio 2021, n. 5037; Sez. IV, 7 giugno 2017, n. 2751).
8. Per di più, dalla documentazione depositata dalle parti emerge che la società ricorrente ha convenuto in giudizio la s.p.a. AMA innanzi al Tribunale civile di Roma, chiedendo la sua condanna al pagamento di ulteriori importi, in relazione alla fase di esecuzione del contratto in questione.
Tale circostanza evidenzia ancor più come la spettanza del rilascio del certificato di esecuzione dei lavori sia strettamente connessa - nel caso di specie - ai rapporti tra le parti già sottoposti alla cognizione del giudice civile.
9. Per le ragioni che precedono, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile per difetto di giurisdizione del giudice adito, trattandosi di controversia riservata alla cognizione del giudice ordinario, davanti al quale il processo potrà essere proseguito con le modalità e nei termini di cui all'art. 11 c.p.a.
Sussistono giusti motivi per compensare tra le parti le spese del giudizio.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, sede di Roma (Sezione Seconda Ter), definitivamente pronunciando sul ricorso n. 7244 del 2023, come in epigrafe proposto, lo dichiara inammissibile per difetto di giurisdizione.
Indica, quale giudice munito di giurisdizione, il giudice ordinario, dinanzi al quale la domanda potrà essere riproposta nei termini di cui all'art. 11 c.p.a.
Compensa tra le parti le spese del giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa.