Consiglio di Stato
Sezione VI
Sentenza 5 febbraio 2024, n. 1159

Presidente: Montedoro - Estensore: Cordì

FATTO E DIRITTO

1. L'Autorità garante della concorrenza e del mercato ha appellato la sentenza n. 3352/2022, con la quale il T.A.R. per il Lazio - sede di Roma ha accolto il ricorso proposto da Friends & Partners avverso il provvedimento prot. n. 0028241 (adottato nell'adunanza del 17 marzo 2020, a conclusione del procedimento A523B), con il quale l'Autorità aveva deliberato: i) di rigettare l'istanza di audizione presentata da Friends & Partners s.p.a. in data 9 marzo 2020, ii) di irrogare alla società la sanzione di euro 51.646,00, per aver fornito informazioni non veritiere in merito alla disponibilità di informazioni e di documenti richiesti a tale impresa nell'ambito del procedimento A523.

2. Quest'ultimo procedimento aveva avuto a oggetto possibili abusi di posizione dominante del gruppo Eventim-TicketOne, e si era concluso con il provvedimento n. 28495 del 22 dicembre 2020, poi annullato dal T.A.R. con sentenza n. 3334/2022, confermata dalla Sezione con sentenza n. 9035/2022.

2.1. Nell'ambito dell'attività istruttoria effettuata in questo procedimento l'Autorità aveva richiesto alla società appellata una serie di informazioni. In particolare, con l'istanza del 21 maggio 2019, l'Autorità aveva richiesto: i) di descrivere l'assetto della società (eventuali società controllanti e società controllate) e di fornire informazioni sul socio Mariposa s.r.l. soprattutto con riferimento alla situazione di controllo esistente all'atto di costituzione di Friends & Partners; ii) di fornire copia di tutti gli accordi, anche di carattere preliminare, stipulati da codesta società e CTS Eventim AG & Co. KGaA e/o le società da quest'ultima controllate anche indirettamente, nonché tra il sig. Ferdinando S. e CTS Eventim AG & Co. KGaA e/o le società da quest'ultima controllate, anche indirettamente, ovvero con altri promoter persone fisiche appartenenti al gruppo societario CTS Eventim, propedeutici all'acquisizione del controllo di Friends & Partners; iii) di indicare se la società o il sig. Ferdinando S. avessero stipulato patti di non concorrenza con CTS Eventim AG & Co. KGaA e/o le società da quest'ultima controllate, anche indirettamente inerenti l'attività di produzione e/o organizzazione di eventi di musica live di genere pop-rock; iv) di fornire copia dei contratti di distribuzione di biglietti per eventi di musica live pop-rock stipulati con TicketOne s.p.a. o altre società attive nel mercato dei servizi di biglietteria.

2.2. In data 31 maggio 2019 la società aveva riscontrato la richiesta evidenziando che: i) Friends & Partners era controllata da Habita s.r.l. (titolare di azioni 2.400.000 pari al 40% del capitale sociale), da Eventim Live International GmBH (titolare di azioni 3.600.000 pari al 60% del capitale sociale); la società era stata costituita in data 3 ottobre 2017 dal socio Mariposa s.r.l. e, in data 6 novembre 2017, Mariposa aveva ceduto il 60 per cento del pacchetto azionario a Medusa Music Group GmbH; in data 7 marzo 2018 Medusa Music Group GmbH aveva ceduto le proprie azioni a Medusa Music International GmbH, oggi Eventim Live International GmbH; in ultimo, con atto del 23 marzo 2018, Habita s.r.l. (quale società incorporante) aveva perfezionato l'operazione di fusione per incorporazione della società Mariposa s.r.l. (incorporata), determinandone l'estinzione e conseguente cancellazione dal Registro Imprese; ii) non vi erano stati accordi stipulati tra Friends & Partners e CTS Eventim AG & Co. KGaA e/o società da quest'ultima controllate, anche indirettamente, relativi all'acquisizione del controllo della stessa Friends & Partners da parte di Eventim AG & Co. KGaA; la società aveva segnalato di non essere in possesso, né di essere legittimata a fornire e/o detenere eventuale documentazione riguardante atti o accordi stipulati dai suoi soci o da terzi, quali il signor Ferdinando S., inerenti al suo azionariato; iii) Friends & Partners aveva in essere un contratto di collaborazione in esclusiva con il signor Ferdinando S. per l'organizzazione e la produzione di eventi di musica live. La società aveva, inoltre, trasmesso copia del contratto di distribuzione di biglietti siglato tra Friends & Partners e TicketOne s.p.a.

2.3. L'Autorità aveva, successivamente, effettuato un accesso ispettivo acquisendo presso i personal computer dell'amministratore delegato e di un consigliere di amministrazione una serie di documenti e in particolare: i) l'accordo di compravendita e pattuizioni accessorie tra le società Medusa, Habita s.r.l., Mariposa s.r.l. e il dott. Ferdinando S.; ii) la bozza del contratto di esclusiva che aveva legato il dott. S. e le società Habita s.r.l. e Mariposa s.r.l.; iii) la bozza dell'accordo di licenza del marchio "Friends & Partners"; iv) la bozza del patto parasociale tra Medusa e il dott. S.

2.4. L'Autorità aveva, quindi, contestato alla società la violazione della previsione di cui all'art. 14, comma 2, della l. n. 287/1990, per aver fornito informazioni non veritiere in merito alla disponibilità di informazioni e di documenti richiesti a tale impresa nell'ambito del procedimento A523. A conclusione dell'istruttoria, l'Autorità aveva ritenuto che la mancata spontanea trasmissione dei citati documenti, a seguito della richiesta del 21 maggio 2019, avesse costituito una violazione della previsione sopra indicata, ritenendo non pertinenti le argomentazioni addotte a giustificazione di tale condotta. L'Autorità aveva, quindi, irrogato alla società la sanzione pecuniaria pari a euro 51.646,00 euro.

3. Friends & Partners ha proposto ricorso dinanzi al T.A.R. per il Lazio - sede di Roma, articolando quattro motivi di ricorso.

3.1. Con il primo motivo la società ha dedotto l'insussistenza dell'elemento oggettivo dell'illecito, evidenziando di aver provveduto a rispondere alla richiesta dell'Autorità senza occultare documentazione in proprio possesso. In particolare, la società ha dedotto che gli atti acquisiti in ispezione sarebbero stati diversi da quelli richiesti; inoltre, si sarebbe trattato di bozze di accordi che non avrebbero potuti essere prodotti; in ultimo, si sarebbe trattato di documenti nella disponibilità di soggetti giuridici distinti.

3.2. Con il secondo motivo la società ha dedotto la tardività del provvedimento sanzionatorio, adottato dopo sette mesi dalla presunta violazione.

3.3. Con il terzo motivo la società ha dedotto la carenza dell'elemento soggettivo dell'illecito, in quanto le informazioni in proprio possesso sarebbero state fornite, mentre per le altre sarebbero stati indicati i detentori delle stesse.

3.4. Con il quarto motivo (dedotto in via di subordine) la società ha contestato l'entità della sanzione irrogata.

4. Il T.A.R. ha respinto il secondo motivo di ricorso, relativo alla violazione della disposizione di cui all'art. 14, comma 2, della l. n. 689/1981, ritenendo il procedimento tempestivamente avviato e concluso. Il Giudice di primo grado ha, invece, accolto il primo e il terzo motivo, ritenendo insussistenti l'elemento oggettivo e l'elemento soggettivo dell'illecito. In ragione dell'accoglimento di tali motivi (e del consequenziale annullamento del provvedimento impugnato) il T.A.R. ha assorbito la disamina del quarto motivo, articolato in via di subordine.

5. L'Autorità ha impugnato la sentenza di primo grado, articolando due motivi che saranno di seguito esaminati.

6. Friends & Partners s.p.a. ha proposto ricorso incidentale avverso il capo di sentenza con il quale il T.A.R. ha respinto la censura fondata sulla violazione della disposizione di cui all'art. 14, comma 2, della l. n. 689/1981, e ha, inoltre, riproposto la censura (assorbita dalla decisione di primo grado), relativa all'entità del trattamento sanzionatorio.

7. In data 22 dicembre 2023 l'Autorità ha chiesto di essere autorizzata a depositare mediante supporto elettronico fisico i seguenti documenti: i) cartella A523B: Accordo di compravendita e pattuizioni accessorie tra Medusa Music Group GmbH, Habita s.r.l., Mariposa s.r.l. e il dott. Ferdinando S.; bozza del contratto di esclusiva tra il dott. Ferdinando S. e le società Habita s.r.l. e Mariposa s.r.l.; bozza dell'accordo di licenza del marchio "Friends & Partners"; ii) cartella A523B_Documenti ispettivi acquisiti nell'ispezione del 26 settembre 2018 e relativi verbali; iii) cartella A523B_Documenti ispettivi acquisiti nell'ispezione del 26 settembre 2019 e relativi verbali.

7.1. Con decreto n. 1584/2023 l'istanza è stata accolta onerando, tuttavia, la parte di depositare una specifica relazione sul "tipo di classifica e sulle ragioni di sicurezza nazionale dell'apposizione del segreto" (evocate nella medesima istanza).

7.2. L'Autorità ha depositato la relazione richiesta precisando come i documenti fossero gli stessi versati nel giudizio di primo grado con le medesime modalità oggetto dell'istanza.

8. In vista dell'udienza pubblica del 18 gennaio 2024 le parti hanno depositato memorie conclusionali. La società appellata ha depositato anche memoria di replica. All'udienza del 18 gennaio 2024 la causa è stata trattenuta in decisione.

9. Preliminarmente occorre osservare come l'Autorità abbia chiarito che la documentazione versata in atti mediante supporto elettronico fisico sia la stessa già depositata nel giudizio di primo grado e conosciuta dalla parte appellata, che, del resto, non ha formulato rilievi in ordine all'ammissibilità di tale documentazione. L'istanza è stata, quindi, finalizzata esclusivamente a garantire modalità di deposito della documentazione che potessero garantire la riservatezza della stessa rispetto ad altre parti del giudizio ma i documenti non sono stati sottratti all'esame della controparte e, come tali, possono essere ammessi nel giudizio e posti a fondamento della decisione.

10. Operata tale precisazione, occorre prendere l'abbrivio dal ricorso in appello incidentale di Friends & Partners s.p.a. che, afferendo alla tempestività dell'esercizio del potere ha, dal punto di vista logico e giuridico, portata pregiudiziale rispetto ai motivi articolati dall'Autorità, afferenti all'accertamento dell'elemento oggettivo e di quello soggettivo dell'illecito contestato.

10.1. Il Giudice di primo grado ha respinto la speculare censura articolata in primo grado osservando come, solo a seguito dell'ispezione e della conseguente acquisizione documentale, l'Autorità fosse entrata in possesso della notizia relativa ad un possibile inadempimento alla richiesta del 21 maggio 2019; pertanto, dovesse individuarsi nella data del 26 settembre 2019 il dies a quo per il conteggio dei 90 giorni indicati dall'art. 14, comma 2, della l. 24 novembre 1981, n. 689. per l'avvio del procedimento sanzionatorio che tempestivamente l'amministrazione aveva iniziato in data 20 dicembre 2019 per concluderlo, altrettanto tempestivamente, in data 17 marzo 2020.

10.2. Friends & Partners s.p.a. ha dedotto l'erroneità della sentenza osservando che: i) la previsione di cui all'art. 14, comma 2, della l. n. 689/1981 sancisce che, qualora la violazione non sia stata contestata immediatamente, gli estremi della violazione debbono essere notificati agli interessati (residenti nel territorio della Repubblica) entro il termine di 90 giorni; ii) tale disposizione opera anche in materia antitrust, con conseguente obbligo dell'Autorità di attivare il procedimento nel termine perentorio di 90 giorni a partire dalla piena conoscenza dei fatti; iii) il dies a quo di tale termine dovesse decorrere dal riscontro del 31 maggio 2019 alla richiesta di informazioni del 21 maggio 2019, momento nel quale l'Autorità era entrata in possesso di tutti gli elementi per desumere il fumus dell'esistenza della violazione poi contestata; iv) tale dies a quo non avrebbe potuto decorrere dalla data dell'ispezione (26 settembre 2019), non avendo l'Autorità acquisito in tale data alcuna delle informazioni richieste dalla società, come sarebbe stato confermato dalla stessa sentenza di primo grado nella parte in cui ha escluso la sussistenza dell'elemento oggettivo dell'illecito.

10.3. Il motivo è infondato per le ragioni di seguito esposte.

10.4. Come affermato dalla giurisprudenza della Sezione "nella disciplina italiana antitrust, così come in quella europea, l'avvio del procedimento istruttorio volto all'accertamento di eventuali violazioni del diritto della concorrenza è preceduto da una fase comunemente definita preistruttoria nella quale l'AGCM, sulla base di segnalazioni, denunce o esposti o di notizie o informazioni autonomamente acquisite, procede in via officiosa a una prima indagine, di tipo preliminare, per verificare la sussistenza dei presupposti per procedere all'avvio dell'istruttoria"; "e ciò conformemente a quanto accade in genere per i procedimenti attivabili d'ufficio, nei quali - a differenza dei procedimenti attivabili su istanza di parte - il termine per procedere non può che decorrere dal momento in cui l'amministrazione valuti sussistenti i presupposti per esercitare il proprio potere". La Sezione ha, quindi, affermato l'operatività della previsione di cui all'art. 14 della l. n. 689/1981 alla fase preistruttoria volta alla contestazione dell'illecito antitrust, ma ha, altresì, evidenziato come il dies a quo del termine decadenziale "non possa che farsi decorrere dal momento in cui l'amministrazione è nelle condizioni per operare la detta contestazione ossia da quando ha acquisito quell'insieme di elementi che le consentono di perimetrare l'oggetto dell'indagine da svolgere in sede istruttoria nel contraddittorio con i soggetti interessati". Inoltre, la Sezione ha ricordato come "il diritto dell'UE non stabilisca un termine entro il quale la Commissione deve condurre le indagini antitrust e neppure un termine per la comunicazione formale degli addebiti una volta conclusa la fase preistruttoria, ma solo un termine di prescrizione per l'irrogazione delle sanzioni"; "ciò non significa, tuttavia, che, anche tenuto conto dell'art. 6 della Cedu e dell'art. 41 della Carta di Nizza, la fase preistruttoria e quella istruttoria possano svolgersi non rispettando alcuna tempistica, ma solo che il termine in questione deve essere ragionevole in modo da non pregiudicare da un lato il diritto di difesa e dall'altro l'effetto utile delle pertinenti disposizioni del Trattato". Inoltre, "una simile conclusione non contrasta con l'idea che il termine per la fase preistruttoria possa essere determinato, ovvero specificato, dal legislatore nazionale e che - in assenza di previsioni ad hoc, nel caso italiano - lo stesso coincida con quello generale di 90 giorni indicato dal citato art. 14, decorrente dal momento in cui l'Autorità ha la conoscenza degli elementi dell'illecito che intende contestare agli interessati". Pertanto, secondo la Sezione, "il termine di 90 giorni non risulta irragionevole o irrispettoso del diritto di difesa secondo il diritto unionale, né di impedimento all'Autorità per l'esercizio dei suoi poteri officiosi, una volta inteso come decorrente dall'accertamento dell'illecito nei suoi termini essenziali e non dalla mera notizia dello stesso sulla base di una semplice segnalazione" (C.d.S., 31 ottobre 2023, n. 9380; cfr., inoltre, C.d.S., Sez. VI, 22 dicembre 2023, n. 11134).

10.5. Il riferimento ai termini essenziali dell'illecito impone, inoltre, di calibrare il dies a quo del termine indicato alla specifica e concreta contestazione articolata dall'Autorità. Nel caso di specie, l'Autorità ha contestato alla società di aver "fornito informazioni non veritiere in merito alla disponibilità delle informazioni e dei documenti richiesti" in data 21 maggio 2019, nell'ambito del procedimento istruttorio A523. Ora, tale affermazione postula, dal punto di vista logico e giuridico, la sussistenza di un dato ulteriore in forza del quale predicare la non veridicità delle informazioni fornite. Tale elemento di raffronto è consistito in quanto acquisito nel corso dell'ispezione del 26 settembre 2019 che l'Autorità ha, infatti, posto a raffronto con il riscontro fornito dalla società per affermare la non veridicità della precedente dichiarazione. Pertanto, il dies a quo dal quale far decorre il termine di cui all'art. 14 della l. n. 689/1981 è stato, correttamente, indicato dal T.A.R. nella data dell'ispezione. Né rileva la circostanza che il T.A.R. abbia, poi, escluso la sussistenza dell'elemento oggetto dell'illecito, in quanto il dato esaminato rileva sotto il profilo della tempestività dell'esercizio del potere e non anche in relazione alla fondatezza dell'accusa.

11. Decretata l'infondatezza dell'appello incidentale in relazione alla tempestività dell'esercizio del potere, può ora procedersi ad esaminare il ricorso in appello dell'Autorità che è stato affidato - come in precedenza indicato - a due motivi, da trattarsi congiuntamente in quanto strettamente connessi e afferenti ai capi della sentenza con cui il T.A.R. ha escluso la sussistenza dell'elemento oggettivo e di quello soggettivo dell'illecito.

12. Il Giudice di primo grado ha, infatti, evidenziato che: i) quattro dei documenti indicati dall'Amministrazione erano contratti di cui la società non era stata parte (l'accordo di compravendita e pattuizioni accessorie tra Medusa Music Group GmbH, Habita s.r.l., Mariposa s.r.l. e il dott. Ferdinando S.; la bozza del contratto di esclusiva tra il dott. Ferdinando e le società Habita s.r.l. e Mariposa s.r.l.; la bozza dell'accordo di licenza del marchio "Friends & Partners"; la bozza del patto parasociale tra Medusa Music Group GmbH, Habita s.r.l., e il dott. Ferdinando S.), e, che, quindi, non avrebbe potuto fornire; ii) non era possibile immedesimare la società con il suo amministratore ovvero il suo socio, trattandosi di soggetti giuridici totalmente distinti; e ciò in quanto il patrimonio conoscitivo della società si sarebbe esaurito negli atti e nei fatti che l'avevano coinvolta, e non in quelli compiuti dal suo amministratore, ma al di fuori di tale veste; iii) la circostanza che la medesima persona fisica fosse amministratore della Friends & Partners e detenesse sul p.c. in dotazione documentazione ulteriore relativa ad affari personali (es. quelli trattati quale amministratore della Habita s.r.l., socia della Friends & Partners) non poteva determinare l'acquisizione alla disponibilità della società delle informazioni predette; iv) se la Friends & Partners avesse dovuto fornire documenti riservati della società partecipante, i soci di quest'ultimo ente avrebbero potuto insorgere denunciando un'illecita ingerenza negli affari sociali da parte dell'organo della Friends & Partners; v) detentore del patrimonio conoscitivo era il sig. Ferdinando S. in quanto socio di tale società per il tramite di Habita s.r.l., consigliere di amministrazione di Friends & Partners dal 30 aprile 2019, amministratore unico di Habita s.r.l. dal 1° ottobre 2013, al quale la documentazione andava, quindi, richiesta; vi) la mancata produzione degli accordi "tra il sig. Ferdinando S. e CTS Eventim AG & Co. KGaA e/o le società da quest'ultima controllate [...] propedeutici all'acquisizione del controllo di codesta società", era giustificata dalla mancata detenzione di tale materiale da parte di Friends & Partners s.p.a., che era nel p.c. del sig. S.; vii) parte delle acquisizioni operate in sede ispettiva era costituita da bozze di accordi, e, quindi, atti prodromici alla stipula, alla cui esibizione la parte non era tenuta in quanto si era trattato di atti non richiesti dall'Amministrazione; viii) era, altresì, carente l'elemento soggettivo in quanto dalle circostanze fattuali doveva escludersi che la società fosse consapevole "sino al punto di acquisire documentazione al di fuori della propria disponibilità"; inoltre, l'aver riscontrato la domanda dell'amministrazione indicando eventuali detentori delle informazioni richieste aveva costituito, sicuramente, "diligente ottemperanza alla richiesta formulata".

13. Con il primo motivo l'Autorità ha dedotto la violazione della previsione di cui all'art. 88 c.p.a., l'insufficienza della motivazione e il travisamento delle circostanze di fatto. In particolare, l'appellante principale ha dedotto che il Giudice di primo grado non avrebbe valutato le deduzioni difensive dell'Autorità in ordine: i) alle considerazioni relative ai contenuti della documentazione acquisita dopo l'avvio dell'istruttoria, ritenute idonee a smentire la tesi secondo la quale Friends & Partners non avrebbe avuto la disponibilità di accordi disciplinanti l'uso dei propri marchi e/o le relazioni commerciali da essa instaurabile con soggetti terzi; ii) alla natura pretestuosa e formalistica della risposta del 31 maggio 2019. L'appellante principale ha, quindi, esposto come il T.A.R. avesse chiesto di depositare in giudizio i documenti relativi al procedimento ma non avesse valutato le difese fondate su tale documentazione, né l'ulteriore "dirimente" argomento basato sulla previsione di cui all'art. 9, comma 6, del d.P.R. n. 217/1998. Secondo l'Autorità la sentenza di primo grado non avrebbe, quindi, assolto alle funzioni che l'ordinamento conferisce alla motivazione dei provvedimenti giurisdizionali.

14. Con il secondo motivo l'Autorità ha dedotto l'erroneità della sentenza di primo grado osservando come non fosse possibile ipotizzare la non conoscenza della società di tali accordi, relativi ad aspetti cruciali dell'attività degli assets dell'appellata, e, in particolare, dell'acquisizione da parte di Medusa (controllata da Eventim) del 60% di una Newco, in cui sarebbero confluite le partecipazioni detenute dal dott. S. nelle società F & P, Habita s.r.l. e Marisposa s.r.l., e, da ulteriori assets costituiti da: i) un contratto di licenza per l'esclusiva d'uso del marchio Friends & Partners; ii) accordi tramite i quali il dott. S. si era impegnato, anche per conto delle società da questi partecipate e/o amministrate (ivi inclusa Friends & Partners), a non operare in concorrenza con la Newco. Secondo l'Autorità il Giudice di primo grado avrebbe omesso integralmente di esaminare tali documenti, affermando una tesi meramente formalistica e contraria ai doveri di buona fede e leale collaborazione.

14.1. Sulla base di questa premessa l'Autorità ha inteso ripercorrere i tratti fondamentali della vicenda osservando che: i) la richiesta dell'Autorità era stata volta ad acquisire informazioni sulle acquisizioni da parte del gruppo Eventim/TicketOne di soggetti attivi nella vendita online di biglietti per eventi live, al fine di neutralizzare potenziali concorrenti; di ciò l'appellata era stata pienamente consapevole essendo stato il procedimento principale (A523 - Ticketone/Condotte escludenti nella vendita di biglietti) esteso nei suoi confronti già dal gennaio 2019; ii) accordi quali patti di non concorrenza, uso esclusivo di marchi, etc., assumono, dal punto di vista antitrust, significato e impatto in tutto analoghi ad un'acquisizione in termini di eliminazione della concorrenza tra i soggetti coinvolti; iii) in base a tali presupposti era evidente la pretestuosità delle risposte fornite dall'appellata, nonché la volontà di non offrire fattiva collaborazione, confermate anche dalla posizione rivestita dal sig. S.; iv) in base alla previsione di cui all'art. 9, comma 6, del d.P.R. n. 217/1998 la richiesta indirizzata dall'Autorità ad una persona giuridica deve essere intesa come rivolta, contestualmente, anche alle persone fisiche che la rappresentano, tanto più se queste rivestono la carica di amministratore delegato e/o di consigliere di amministrazione della società destinataria della richiesta; v) sarebbe errata l'asserzione del T.A.R. secondo il quale gli accordi non coinciderebbero con quanto richiesto dell'Autorità trattandosi di bozze, dovendo considerare come la società si fosse rifiutata di fornire la documentazione e l'Autorità aveva desunto la prova dell'esistenza dei documenti richiesti dalle bozze degli stessi che aveva potuto acquisire solo grazie all'attivazione dei propri poteri ispettivi e che si erano rivelati poi conformi a quelli definitivi (par. 19 del provvedimento); vi) il ritrovamento dei documenti nei p.c. dell'amministratore delegato e di uno dei consiglieri di amministratori non era sintomatica dell'estraneità dei documenti alla società, trattandosi di computer in dotazione alla stessa e rispetto ai quali non era stato addotta la natura personale né in sede ispettiva, né, comunque, nel corso dell'istruttoria; vii) l'affermazione secondo la quale la società non era stata in possesso della documentazione afferente, oltre alla vendita delle proprie quote, anche alla licenza d'uso esclusivo del marchio e all'obbligo di non concorrenza della società a favore della Newco (in quanto documentazione sottoscritta dal proprio amministratore delegato in qualità di socio e non in qualità di rappresentante della società, il quale la deteneva a titolo personale nel p.c. a lui fornito da F&P), era da considerarsi priva di credibilità e contraria ai principi di leale collaborazione e buona fede; viii) tale dovere di collaborazione escludeva che potesse rinviarsi a soggetti terzi l'onere di dar seguito a richieste di documenti che il destinatario avrebbe potuto agevolmente produrre; ix) esaminando la vicenda sotto il profilo del principio di leale collaborazione e buona fede doveva affermarsi anche la sussistenza dell'elemento soggettivo in capo alla società.

15. La società appellata ha puntualmente controdedotto alle argomentazioni dell'Autorità chiedendo, come già esposto, di respingere il ricorso in appello.

16. Entrando in medias res occorre prendere l'abbrivio dal dato normativo rilevante per la presente controversia. A tal fine, si osserva che la previsione di cui all'art. 14, comma 2, della l. n. 287/1990 prevedeva, nel testo vigente ratione temporis, che l'Autorità potesse in ogni momento dell'istruttoria richiedere alle imprese, enti o persone che ne fossero in possesso, "di fornire informazioni e di esibire documenti utili ai fini dell'istruttoria". La successiva previsione contenuta nel comma 5 prevedeva la possibilità di sottoporre i soggetti richiesti di fornire gli elementi di cui al comma 2 alla sanzione amministrativa pecuniaria fino a cinquanta milioni di lire se avessero rifiutato o omesso, senza giustificato motivo, di fornire le informazioni o di esibire i documenti ovvero alla sanzione amministrativa pecuniaria fino a cento milioni di lire se avessero fornito informazioni od esibito documenti non veritieri.

16.1. Rilevano, inoltre, le previsioni contenute all'interno dell'art. 9 del d.P.R. n. 217/1998, e, in particolare, la regola di cui al comma 2 - che impone, ex aliis, di indicare lo scopo delle richieste di informazioni e di esibizione di documenti, e la regola di cui al comma 6, a mente della quale "l'obbligo di fornire le informazioni e di esibire i documenti richiesti ad imprese o ad enti grava sui titolari delle imprese o loro rappresentanti e, se si tratta di enti con o senza personalità giuridica, su coloro che per legge o in base allo statuto ne hanno la rappresentanza legale".

16.2. Tali previsioni impongono specifiche regole di condotta ai destinatari delle richieste di informazioni e di documenti, e, in particolare, imputano agli stessi un dovere di collaborazione, che, come correttamente evidenziato dall'Autorità, va adempiuto secondo canoni di correttezza e lealtà. Le disposizioni indicate impongono, infatti, la necessaria cooperazione dei soggetti coinvolti nell'attività istruttoria, al punto da prevedere una sanzione amministrativa nei casi in cui tale cooperazione non sia prestata o siano fornite informazioni non veritiere. Si tratta di una scelta del legislatore le cui rationes riposano, nella particolare delicatezza e rilevanza della concorrenza nel mercato interno (che esige, pertanto, accertamenti penetranti ed effettivi delle eventuali violazioni), e, dall'altro, dalla particolare caratteristica di tali illeciti che, di norma, non hanno carattere palese e sono, pertanto, disvelati sono all'esito di un'attività di indagine complessa e non agevole in assenza di una proficua cooperazione degli operatori economici interessati.

16.3. Alla luce di queste coordinate generali può procedersi ad esaminare la fattispecie concreta all'attenzione del Collegio.

16.4. Si osserva, in primo luogo, come il caso all'attenzione del Collegio riguardi l'istruttoria svolta in relazione al procedimento A523, nell'ambito del quale era stata formulata una richiesta di informazioni alla società appellata. Tale richiesta era, quindi, finalizzata ad ottenere informazioni sulle acquisizioni da parte del gruppo Eventim/TicketOne di soggetti attivi nella vendita online di biglietti per eventi live, al fine di neutralizzare potenziali concorrenti, nonché su accordi come patti di non concorrenza, uso esclusivo di marchi, che, come osservato dall'Autorità, "assumono, dal punto di vista antitrust, significato e impatto in tutto analoghi ad un'acquisizione in termini di eliminazione della concorrenza tra i soggetti coinvolti". Lo scopo della richiesta (ex art. 9, comma 2, del d.P.R. n. 217/1998) era, quindi, chiaramente evincibile dal tenore della stessa e, del resto, la stessa parte appellata doveva ritenersi consapevole delle finalità dell'accertamento, stante l'intervenuta estensione del procedimento nei propri confronti.

16.5. A fronte di tale richiesta la società si era limitata ad osservare come non vi erano stati accordi stipulati tra Friends & Partners e CTS Eventim AG & Co. KGaA e/o società da quest'ultima controllate, anche indirettamente, relativi all'acquisizione del controllo della stessa Friends & Partners da parte di Eventim AG & Co. KGaA; la società aveva, inoltre, segnalato di non essere in possesso, né di essere legittimata a fornire e/o detenere eventuale documentazione riguardante atti o accordi stipulati dai suoi soci o da terzi, quali il signor Ferdinando S., inerenti al suo azionariato.

16.6. Simile riscontro non può ritenersi puntale adempimento degli obblighi di collaborazione imposti agli operatori economici, alla luce di quanto successivamente acquisito dalla società nel corso dell'ispezione. Infatti, la legittimità della condotta non può affermarsi in ragione del solo elemento costituito dall'essere la società parte o meno dei negozi e, quindi, enfatizzando - come effettuato dal T.A.R. - la non corrispondenza tra quanto richiesto e quanto effettivamente acquisito. Infatti, una simile prospettiva non tiene conto, in primo luogo, della finalità delle richieste istruttorie che non si esauriscono nella mera acquisizione di un documento (la cui esistenza sia, quindi, già nota all'Autorità), ma, al contrario, nella ricerca di elementi probatori che confermino o smentiscano l'ipotesi dell'Autorità. In altri termini, non può ritenersi un comportamento rispondente alla ratio delle previsioni sopra illustrate quello che si esaurisca nella mera negazione dell'esistenza degli specifici accordi richiesti, qualora vi siano, comunque, ulteriori negozi che integrano evidenze funzionali allo scopo della richiesta di accertamento, e, quindi, "utili ai fini dell'istruttoria" (art. 14, comma 2, della l. n. 287/1990). Pertanto, la circostanza relativa alla discrasia tra quanto richiesto e quanto acquisito non può assumere il rilievo conferito dal T.A.R., ove si consideri che, in ogni caso, anche se non stipulati dalla parte, vi erano, comunque, dei contratti rilevanti in considerazione dello scopo conseguito dall'Autorità e, quindi, utili ai fini dell'istruttoria condotta dalla stessa. Né assume rilievo la circostanza che alcuni di questi documenti fossero bozze, in quanto anche documenti di questo tipo possono, comunque, assumere significato per l'Autorità, pure al solo fine di orientare la successiva attività istruttoria. Inoltre, non può ritenersi che quanto esposto costituisca una dilatazione degli obblighi di cooperazione imposti agli operatori economici. Infatti, non si tratta di imporre alla parte doveri di informazione e di esibizione ulteriori rispetto ai limiti tracciati dalla richiesta, ma di esigere integrale adempimento di tale obblighi, da interpretarsi e definirsi secondo il canone di buona fede che permea anche i rapporti tra il privato e la Pubblica Amministrazione, e che impone di valutare la condotta delle parti non tenendo conto della sola aderenza al dato formale, ma verificando la congruità sostanziale della condotta.

16.7. Inoltre, non è neppure condivisibile la seconda affermazione sulla quale si base la sentenza del T.A.R., costituita dall'estraneità di tali dati al patrimonio conoscitivo della società. Tale affermazione si fonda, in primo luogo, sul non essere la società parte contrattuale di tali negozi (punto 5.3), che, tuttavia, non è un elemento dirimente per le ragioni sopra indicate e alle quali si rinvia. In secondo luogo, il T.A.R. valorizza l'impossibilità di immedesimare la società con il suo amministratore o con il suo socio, dovendosi, quindi, ritenere che il patrimonio conoscitivo della società si esaurisse "negli atti e nei fatti che la coinvolgono, non anche in quelli compiuti dal suo amministratore, ma al di fuori di tale veste".

16.8. Occorre, invero, osservare come, dal verbale ispettivo, risulta che la documentazione sia stata acquisita dai p.c. dell'amministratore delegato e del consigliere di amministratore, detenuti all'interno della società e che la natura personale di tali beni non sia mai stata addotta dalla società stessa. Tale elemento contrasta con la dicotomia patrimonio conoscitivo della società/patrimonio conoscitivo del socio o dell'amministratore che il T.A.R. pone a fondamento della decisione, che ha condotto il Giudice di primo grado a ritenere le informazioni e la documentazione in esame fossero, espressi in logica hegeliana, una sorta di "anderssein" (essere altro), rispetto a ciò che la società sapeva del proprio "sein" (essere se stessa). Ma se tali elementi sono estratti da beni aziendali e non personali è, piuttosto, inferenza logica e giuridica ritenere ciò che in esso è immanente ugualmente riferibile alla società, ritenendo integrato il patrimonio conoscitivo con ciò che discende dal patrimonio materiale.

16.9. Inoltre, discorrere di patrimonio conoscitivo della società differente da quello del proprio amministratore si traduce, in ultima istanza, in una indebita antropizzazione della persona giuridica, che avrebbe un patrimonio conoscitivo proprio e distinto da quello di coloro che la amministrano, nonostante le componenti di tale patrimonio siano custodite nei beni della società stessa. In realtà, come evidenziato dagli studi di semantica del linguaggio normativo, il problema delle persone giuridiche è, in ultima analisi, il problema della determinazione d'uso del concetto di persona giuridica; tali condizioni d'uso sono poste da norme giuridiche che dettano il "trattamento normativo di fatti e di comportamenti", con la conseguenza che "anche quando si dà la condizione di impiego del concetto di persona giuridica, il diritto regola pur sempre i rapporti tra gli uomini e sotto quel concetto non c'è nessun misterioso macroantropo". Di questa logica è, del resto, espressione la regola di cui all'art. 9, comma 6, del d.P.R. n. 217/1998, che, nel riferire l'obbligo di fornire le informazioni e di esibire i documenti richiesti ad imprese o ad enti ai titolari delle imprese o loro rappresentanti, è piuttosto sintomatica dell'unitarietà di quel patrimonio conoscitivo e, al contempo, negazione di una possibile imputazione di tale conoscenza ad un entità astratta e artificiosa come la persona giuridica, le cui conoscenze coincidono e si esprimono attraverso coloro che la amministrano. Diversamente opinando, la responsabilità della persona giuridica finirebbe per essere immunizzata - rovesciando lo schema che ha dato luogo alle note reazioni attuate tramite le teoriche della c.d. "Durchgriffs Normanwendung" (applicazione aggressiva degli standard) elaborata in Germania o del c.d. "piercing the veil" (squarciando il velo) della tradizione nordamericana - dallo schermo della persona fisica che la amministra, come testimonia l'affermazione del T.A.R., secondo il quale "se il detentore del patrimonio conoscitivo richiesto dall'amministrazione è pacificamente il S., non si comprende perché la documentazione non fosse stata a lui richiesta". Proposizione che, tuttavia, non tiene conto del fatto che il sig. S. rivestiva un ruolo apicale nella società, con la conseguenza che, nell'adempimento del dovere di fornire informazioni richieste alla stessa società, lo stesso non avrebbe potuto sottrarre la stessa ai propri doveri, imputando - in modo postumo - tali informazioni ad un patrimonio conoscitivo proprio. Né risulta condivisile l'affermazione dell'appellata, secondo la quale "è certamente vero che la richiesta di informazioni dell'Autorità indirizzata ad una persona giuridica deve essere intesa come rivolta anche alle persone fisiche che la rappresentano, ma ciò non significa affatto che - come vorrebbe l'Autorità - sussiste l'obbligo giuridico posto in capo al rappresentante di una società di fornire informazioni inerenti ad una società diversa rispetto a quella alla quale è stata indirizzata formale richiesta di informazioni". Infatti, simile affermazione circoscrive le informazioni che la società era tenuta a fornire a quanto formalmente indicato nella richiesta, senza tener conto delle chiare finalità di accertamento che tale richiesta aveva espresso e che erano, comunque, evincibili dall'essere tale richiesta effettuata nel corso dello specifico procedimento di accertamento di possibili abusi di posizione dominante. Con la conseguenza che tali informazioni non potevano essere sottratte per essere inerenti ad una società diversa, essendo, al contrario, informazioni utili ai fini dell'accertamento e, quindi, ricomprese negli obblighi informativi, interpretati e declinati secondo quel canone di lealtà e correttezza già in precedenza richiamata. Né convince la tesi secondo la quale la società non sarebbe stata "legittimata" a fornire tale documentazione. Infatti, si è trattato, comunque, di documentazione che era nei p.c. aziendali della società - pur concessi in uso agli amministratori - e che, comunque, era doveroso fornire, senza che ciò esponesse la società a possibili doglianze da parte delle altre società o di altri soggetti: affermata la doverosità del comportamento alla luce della previsione di cui all'art. 14, comma 2, della l. n. 287/1990, ogni eventuale pretesa sarebbe stata infondata non potendosi predicare la sussistenza di un comportamento non iure datum.

16.10. In ultimo, neppure può condividersi la tesi del T.A.R. secondo il quale sarebbe difettato nel caso di specie l'elemento soggettivo. Va, infatti, considerato come il silenzio sulla sussistenza di negozi o di bozze di accordi relativi al tema di indagine dell'Autorità è stato già considerato dal Collegio come contrario ai doveri di buona fede e correttezza, alla luce dei quali va valutata la condotta degli organi apicali della società e, inoltre, va imputata a quest'ultima la responsabilità dell'illecito, in difetto di evidenze sull'organizzazione societaria che consentano di affermare un diaframma tra l'operato dei propri organi apicali e la società stessa. Questo contegno esclude, quindi, che possa ritenersi non sussistente l'elemento soggettivo dell'illecito o che possa ritenersi sussistente in capo alla società un affidamento in ordine alla liceità della propria condotta, stante la mancanza di richieste integrative da parte dell'Autorità. Va, infatti, considerato che la mancanza di richieste integrative si è fondata sulla non conoscenza da parte dell'Autorità della circostanza che quelle informazioni erano, comunque, in possesso della società.

16.11. In definitiva, l'appello principale dell'Autorità deve essere accolto in quanto fondato.

17. L'accoglimento dell'appello principale impone di verificare la fondatezza delle censure racchiuse nel motivo riproposto dalla società ex art. 101, comma 2, c.p.a.

17.1. Con tale motivo la società ha dedotto la mancanza di motivazione in ordine alla decisione dell'Autorità di applicare il massimo edittale, con violazione della previsione di cui all'art. 11 della l. n. 689/1981, che impone di considerare la gravità della violazione, l'opera svolta dall'agente per la eliminazione o attenuazione delle conseguenze della violazione, nonché la personalità dello stesso e alle sue condizioni economiche. Secondo la parte appellata, la motivazione esposta dall'Autorità "non consente nemmeno di comprendere in concreto le ragioni per cui la violazione dovrebbe essere considerata così grave da meritare l'applicazione della sanzione massima", soprattutto avendo riguardo alla risposta fornita in buona fede dalla società e alla mancanza di ulteriori richieste di chiarimento.

17.2. Il motivo è infondato.

17.3. Il provvedimento impugnato ha compiutamente esposto le ragioni a sostegno della determinazione della sanzione nel massimo edittale. Infatti, l'Autorità ha considerato - in ordine al profilo relativo alla gravità dell'infrazione - lo specifico momento temporale nel quale si è collocata la violazione della previsione di cui all'art. 14, comma 2, della l. n. 287/1990. Tale violazione è stata commessa nel corso dell'istruttoria relativa ad un procedimento di peculiare delicatezza, come quello relativo ai possibili abusi di posizione dominante del gruppo Eventim-TicketOne. La condotta della società ha, quindi, interessato un aspetto importante dell'istruttoria del delicato procedimento condotto dall'Autorità, la quale ha dovuto ricorrere ai propri poteri ispettivi per acquisire informazioni che, come chiarito, la società era tenuta a fornire. Inoltre, la scelta di applicare il massimo edittale è stata motivata in considerazione delle caratteristiche della società, la quale era uno dei principali operatori nel mercato della produzione e promozione di eventi live di musica leggera, ed era, inoltre, parte di un primario gruppo internazionale attivo nel medesimo settore. Si era trattato, quindi, di un soggetto di rilievo nel mercato esaminato e in grado di fornire - con una leale cooperazione - importanti elementi conoscitivi all'Autorità. In ultimo, non può riconoscersi in capo alla società la sussistenza di uno stato di buona fede nel fornire la risposta. Al contrario, come esposto in precedenza, le informazioni erano detenute da figure apicali della stessa società, che, come tali, avrebbero dovuto fornire all'Autorità una collaborazione reale e leale, secondo quel canone di correttezza già indicato dalla presente sentenza. Né si può ritenere che "il silenzio dell'Autorità nei mesi successivi al riscontro fornito dalla società aveva ingenerato in questa l'affidamento della correttezza del proprio operato"; va, infatti, considerato che quel "silenzio" è stata solo la conseguenza della non conoscenza da parte dell'Autorità della circostanza che quelle informazioni erano, comunque, in possesso della società, ed è stato rotto quando l'Autorità ha appreso tale circostanza nel corso dell'ispezione. La tesi della società termina, in sostanza, per rovesciare sull'Autorità stessa il contegno non conforme tenuto, ed è, pertanto, non condivisibile. In definitiva, la sanzione irrogata appare legittima e, comunque, congrua in considerazione delle circostanze indicate.

18. In definitiva, l'appello principale dell'Autorità deve essere accolto, mentre va respinto l'appello incidentale della società e va, altresì, respinto il motivo riproposto ex art. 101, comma 2, c.p.a.; pertanto, in parziale riforma della sentenza di primo grado, va respinto il ricorso introduttivo del giudizio.

19. Le questioni esaminate esauriscono la disamina dei motivi, essendo stati toccati tutti gli aspetti rilevanti a norma dell'art. 112 c.p.c., in aderenza al principio sostanziale di corrispondenza tra il chiesto e pronunciato (come chiarito dalla giurisprudenza costante; cfr., ex plurimis, C.d.S., Sez. VI, 2 settembre 2021, n. 6209; 13 settembre 2022, n. 7949), con la conseguenza che gli argomenti di doglianza non espressamente esaminati sono stati dal Collegio ritenuti non rilevanti ai fini della decisione e comunque inidonei a supportare una conclusione di tipo diverso.

20. Le spese del doppio grado di giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando:

i) accoglie l'appello principale, respinge l'appello incidentale e il motivo riproposto da Friends & Partners, e, per l'effetto, in parziale riforma della sentenza di primo grado, respinge il ricorso introduttivo del giudizio;

ii) condanna Friends & Partners a rifondere all'Autorità garante della concorrenza e del mercato le spese del doppio grado di giudizio che liquida in complessivi euro 5.000,00 (cinquemila/00), oltre accessori di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Note

La presente decisione ha per oggetto TAR Lazio, sez. I, sent. n. 3335/2022.

V. anche Consiglio di Stato, sezione VI, sentenza 5 febbraio 2024, n. 1160.