Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
Sezione V-bis
Sentenza 15 marzo 2024, n. 5258

Presidente ed Estensore: Rizzetto

Considerato che:

con il ricorso in esame la parte ricorrente agisce in giudizio avverso il silenzio serbato dal Ministero dell'Interno sull'istanza di concessione della cittadinanza italiana presentata ai sensi dell'art. 5 della l. 5 febbraio 1992, n. 9;

l'Amministrazione intimata si è costituita in giudizio ed ha eccepito l'inammissibilità del ricorso per difetto di giurisdizione del giudice amministrativo, trattandosi di richiesta della cittadinanza per matrimonio;

con memoria di replica la parte ricorrente ha controdedotto che non intendeva chiedere l'accertamento del diritto alla cittadinanza bensì alla conclusione del procedimento in esame;

alla camera di consiglio odierna la causa è stata trattenuta in decisione.

Ritenuto che:

il ricorso risulta inammissibile per difetto di giurisdizione del giudice amministrativo, trattandosi di controversia [che] rientra nella giurisdizione del giudice ordinario, come chiarito dall'ormai consolidato orientamento giurisprudenziale in materia, condiviso dalla Sezione (vedi, tra tante, T.A.R. Lazio, Sez. V-bis, nn. 1105/2023, 13426/2022; T.A.R. Lazio, Sez. I-ter, nn. 123/2019, 1994/2019, 8153/2019, 10986/2021, 13676/2022; C.d.S., Sez. III, nn. 7324/2022, 4677/2020, 2768/2019, nel senso che "rispetto alla pretesa acquisizione della cittadinanza per matrimonio, il coniuge del cittadino italiano sia titolare di un vero e proprio diritto soggettivo che affievolisce ad interesse legittimo solo in presenza dell'esercizio, da parte della p.a., del potere discrezionale di valutare l'esistenza di motivi inerenti alla sicurezza della Repubblica che ostino a detto acquisto; dunque, relativamente all'acquisto della cittadinanza italiana, l'unica causa preclusiva demandata alla valutazione discrezionale della competente amministrazione è quella di cui all'art. 6, comma 1, lett. c), l. 5 febbraio 1992, n. 91, ossia i comprovati motivi inerenti alla sicurezza della Repubblica. Soltanto in tale evenienza, la situazione di diritto soggettivo risulta affievolita ad interesse legittimo, con conseguente radicamento della giurisdizione in capo al giudice amministrativo. In tutti gli altri casi, la vertenza va riassunta dinanzi al giudice civile").

È stato infatti da tempo superato quell'orientamento che riteneva rientrare nella giurisdizione del giudice amministrativo anche la cognizione delle controversie relative al diniego della cittadinanza per precedenti penali, che risulta, ormai minoritario (vedi, di recente, C.d.S., Sez. I, 8 luglio 2020, parere su affare 696/2020). La Corte di cassazione ha altresì di recente precisato che nessun dubbio, al riguardo, è prospettabile con riferimento del d.l. 17 febbraio 2017, n. 13, art. 3, comma 2, conv. in l. 13 aprile 2017, n. 46, chiarendo che «tale disposizione, nell'attribuire alle sezioni specializzate in materia di immigrazione la competenza in ordine alle controversie sull'accertamento dello stato di cittadinanza italiana, si limita a fissare regole relative alla "competenza per materia", quindi concerne unicamente il riparto delle competenze all'interno della giurisdizione ordinaria, e non può essere considerata una norma sulla giurisdizione» (Cass. civ., Sez. un., 21 ottobre 2021, n. 29297).

Secondo l'ormai pacifico orientamento giurisprudenziale, il ricorso avverso il silenzio-rifiuto è esperibile solo se proposto a tutela di posizioni di interesse legittimo, implicanti l'esercizio in via autoritativa di una potestà pubblica, e non se l'inerzia è serbata a fronte di un'istanza avanzata per il riconoscimento di un diritto soggettivo, poiché in tal caso l'interessato ha titolo a chiedere l'accertamento del diritto al giudice competente, vale a dire al giudice ordinario, se la materia non rientra tra quelle di giurisdizione esclusiva; per cui, in applicazione di tale criterio, i ricorsi avverso il silenzio serbato sulle richieste di cittadinanza per matrimonio sono stati dichiarati inammissibili per difetto di giurisdizione (vedi, tra tante, T.A.R. Lazio, Sez. II-quater, n. 1419/2011; Sez. I-ter, nn. 123/2019, 1994/2019, 8153/2019, 11750/2020, 10986/2021; Sez. V-bis, nn. 7515/2022, 13426/2022, 13676/2022, 14123/2022), con conseguente condanna alle spese (vedi, in tal senso, tra tante, da ultimo, T.A.R. Lazio, Sez. V-bis, nn. 17305/2023, 16789/2023, 17385/2022, 1997/2023, 1095/2023, 1105/2023, 4256/2023, 4790/2023, 5547/2023, 8542/2023).

Il ricorso in esame va pertanto dichiarato inammissibile per difetto di giurisdizione del giudice amministrativo, trattandosi di controversia rientrante tra quelle attribuite alla giurisdizione del giudice ordinario, davanti al quale potrà essere riproposta ai sensi e nei termini di cui all'art. 11, comma 2, c.p.a.

Le spese seguono la soccombenza (vedi, in tal senso, tra tante, da ultimo, T.A.R. Lazio, Sez. V-bis, nn. 17305/2023, 16789/2023, 17385/2022, 1997/2023, 1095/2023, 1105/2023, 4256/2023, 4790/2023, 5547/2023, 8542/2023).

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Quinta Bis), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo dichiara inammissibile per difetto di giurisdizione.

Condanna la parte ricorrente a rifondere all'Amministrazione resistente le spese di giudizio liquidate nella misura di euro 1000,00 oltre agli accessori di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'art. 52, commi 1 e 2, del d.lgs. 30 giugno 2003, n. 196 [e degli artt. 5 e 6 del regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016], a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità.