Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana
Sentenza 24 aprile 2024, n. 315

Presidente: Giovagnoli - Estensore: Cogliani

FATTO E DIRITTO

I. Con il ricorso in appello descritto in epigrafe, l'istante, premesso di essere aggiudicataria del servizio di spazzamento, raccolta e trasporto allo smaltimento dei rifiuti solidi urbani differenziati e indifferenziati compresi quelli assimilati ed altri servizi di igiene pubblica ed aggiuntivi nel territorio dell'ARO del Comune di Vittoria, per la durata di anni sette, e che il relativo contratto era sottoscritto l'8 ottobre 2021, espone che il capitolato speciale d'appalto prevedeva (art. 6) "servizi base a corpo" (Titolo I) e "servizi base a misura" (Titolo II), e tra questi ultimi, l'A16 relativo a «Scerbatura, spazzamento, eliminazione piante invadenti le carreggiate, zappettatura rotonde, incroci, etc. e scerbatura, spazzamento, pulizia dei viali, riduzioni alberature, sagomatura aiuole, negli edifici pubblici quali scuole, uffici comunali, Canile di c.da Carosone, Depuratore di c.da Mendolilli, etc.».

Espone, ancora, che tra le parti è sorta questione circa la natura di tale servizio, e più in generale circa le modalità di determinazione del corrispettivo dovuto per i servizi a misura. Così, con nota prot. n. 14768 del 7 aprile 2022 il Comune, in risposta ad un quesito (nota del 4 aprile 2022) precisava che "Come si evince dalla tabella allegata, i servizi pur denominati a misura, risultano stimati in termini di manodopera e dimensionati a corpo; per misura si intende il numero di interventi previsti nell'anno in CSA e non già il dimensionamento degli stessi che rimane a corpo. Pertanto gli obiettivi da raggiungere nell'esecuzione del servizio in oggetto prescindono dal personale impiegato e devono essere completamente realizzati. Alla luce delle superiori considerazioni, nell'elaborazione del SAL, si dovrà tenere conto di quanto previsto in CSA e i servizi attivati a misura saranno contabilizzati solo alla verifica di regolare esecuzione, secondo quanto previsto nella tabella allegata".

Afferma, dunque, parte istante, che la nota avrebbe rinviato ad una tabella contenente il computo metrico estimativo del servizio A16, tuttavia non allegata.

Per tale ragione, con nota prot. n. PR2 2022 253 dell'8 aprile 2022 l'istante rappresentava che: «La tabella ... non era nota all'epoca della formulazione dell'offerta, né era nota l'interpretazione fornita dalla stazione appaltante, secondo la quale i servizi de quo sono stati definiti "a corpo", e pagati "a misura", secondo la parte d'opera effettivamente resa».

Pertanto, ai fini dell'esercizio della tutela della propria posizione, l'istante, con nota prot. n. PR2 2022 960 del 15 dicembre 2022 chiedeva al Comune di accedere alla documentazione (computo metrico estimativo), da cui deriverebbe la predetta tabella.

Avverso il silenzio serbato dall'Amministrazione, l'odierna appellante proponeva ricorso.

Nelle more del giudizio di primo grado, interveniva il diniego esplicito (nota prot. n. 1209 del 2 marzo 2023), che era impugnato dalla ricorrente con motivi aggiunti.

Con la sentenza appellata, il primo giudice, dunque, dichiarato improcedibile il ricorso introduttivo, respingeva il ricorso per motivi aggiunti, ritenendo che l'Amministrazione avesse rappresentato in sostanza l'inesistenza dell'atto richiesto e che la citata nota avesse precisato il "criterio" di determinazione del servizio contraddistinto dalla voce A16.

Con l'appello in esame, l'istante contesta la parte della sentenza attinente all'ambiguità della risposta data dalla nota in argomento nella parte in cui si afferma che:

- non esisterebbe un computo metrico estimativo dei servizi a misura (da cui estrarre copia conforme all'originale);

- tale documento non risulterebbe tra gli elaborati del progetto approvato con delibera n. 80 del 23 dicembre 2019, altrimenti sarebbe stato allegato anche agli atti di gara;

- e tuttavia, ancora, che qualora esistesse un computo metrico interno, utilizzato come stima anche sommaria dei costi da porre a base di gara, esso comunque sarebbe un documento non ufficiale (non approvato) e quindi non suscettibile di accesso agli atti;

- sicché la tabella allegata alla nota prot. n. 14768/gen del 7 aprile 2022 determinerebbe solo in misura proporzionale la voce A16 al solo scopo di consentirne l'inserimento parziale negli stati di avanzamento.

Si è costituito il Comune evidenziando l'inammissibilità dell'appello.

Alla camera di consiglio del 17 aprile 2024, la causa è stata trattenuta in decisione.

II. Osserva il Collegio, che ai fini della decisione della presente controversia, deve prendersi in esame la giurisprudenza formatasi in tema di accesso agli atti interni.

Rispetto ad essi, la giurisprudenza ha ammesso l'accesso già nella vigenza della originaria stesura della l. n. 241/1990, riconoscendone l'ammissibilità con riguardo a documenti rappresentativi di mera attività interna dell'Amministrazione, ritenendo irrilevante che essi siano stati o meno utilizzati ai fini dell'attività con rilevanza esterna.

Va, altresì, ricordato che - quanto alla definizione di "documento amministrativo" ai sensi dell'art. 22, comma 2, l. n. 241/1990 - il Consiglio di Stato ha affermato che l'art. 22, comma 2, della l. n. 241 del 1990 statuisce espressamente che, nella nozione di documenti amministrativi, che formano oggetto del diritto di accesso, rientra "qualunque altra specie del contenuto di atti, anche interni, formati dalle pubbliche amministrazioni o, comunque, utilizzati ai fini dell'attività amministrativa" (C.d.S., Sez. VI, 24 febbraio 2005, n. 658).

A ciò deve aggiungersi che deve considerarsi l'attività amministrativa deve ritenersi retto dal generale principio di trasparenza.

Vale ricordare, a riguardo che, in sede comunitaria, è ammesso l'accesso ai documenti preparatori delle decisioni, dovendo invece essere interpretate in senso restrittivo le eccezioni al diritto di accesso che derogano al principio del più ampio accesso possibile del pubblico ai documenti (Tribunale dell'Unione europea, Sez. IV, 22 maggio 2012, causa T-344/2008, EnBW Energie BadenWürttemberg AG contro Commissione europea, in http://curia.europa.eu).

Orbene, se è vero che la normativa posta dal legislatore comunitario non trova diretta applicazione alle istituzioni nazionali, essa rappresenta comunque un modello ermeneutico. Lo stesso legislatore italiano, infatti, qualifica il diritto di accesso quale un "principio generale dell'attività amministrativa al fine di favorire la partecipazione e di assicurarne l'imparzialità e la trasparenza" (art. 22, comma 2, l. n. 241 del 1990) sottolineando il collegamento con i principi fondamentali del nostro ordinamento, quali l'imparzialità e la trasparenza e attribuendogli il carattere di principio generale in relazione al principio di buon andamento di cui all'art. 97 Cost.

III. Per ciò che qui interessa rileva che:

- il d.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445, all'art. 1, comma 1, lett. a), definisce il documento amministrativo come "ogni rappresentazione, comunque formata, del contenuto di atti, anche interni, delle pubbliche amministrazioni o, comunque, utilizzati ai fini dell'attività amministrativa";

- ancora la l. 11 febbraio 2005, n. 15, contenente "Modifiche ed integrazioni alla L. 7 agosto 1990, n. 241, concernenti norme generali sull'azione amministrativa", che ha sostituito il cit. art. 22, all'art. 15 stabilisce al comma 1, lett. d), che per "documento amministrativo" si intende "ogni rappresentazione grafica, fotocinematografica, elettromagnetica o di qualunque altra specie del contenuto di atti, anche interni o non relativi ad uno specifico procedimento, detenuti da una pubblica amministrazione e concernenti attività di pubblico interesse, indipendentemente dalla natura pubblicistica o privatistica della loro disciplina sostanziale".

Sul punto, peraltro, la giurisprudenza del Consiglio di Stato (Sez. IV, 10 aprile 2009, n. 2243) ha affermato che "La disciplina sull'accesso è quindi estesa ad ogni documento, non solo su supporto cartaceo, indifferentemente dal modo e dalla tecnica con cui sia stato prodotto", visto che il comma 3 dello stesso articolo dispone che "tutti i documenti amministrativi sono accessibili", fatte salve alcune eccezioni fondate sul tipo di contenuto degli atti.

Soccorre ancora l'art. 50 del d.lgs. 7 marzo 2005, n. 82, che stabilisce, a proposito della disponibilità dei dati, che "I dati delle pubbliche amministrazioni sono formati, raccolti, conservati, resi disponibili e accessibili con l'uso delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione che ne consentano la fruizione e riutilizzazione, alle condizioni fissate dall'ordinamento, da parte delle altre pubbliche amministrazioni e dai privati; restano salvi i limiti alla conoscibilità dei dati previsti dalle leggi e dai regolamenti, le norme in materia di protezione dei dati personali ed il rispetto della normativa comunitaria in materia di riutilizzo delle informazioni del settore pubblico".

Ne discende l'ammissibilità della istanza di accesso all'atto interno di rilevazione del computo metrico posto a fondamento della quantificazione contenuta in capitolato.

IV. Peraltro, nella specie che occupa, il dato inserito nel capitolato, rispetto al quale la parte richiede sostanzialmente gli atti recanti valori rilevati per la sua determinazione, risulta esistente, dovendosi presumere che vi sia stata una rilevazione presupposta. In questo senso deve escludersi la portata esplorativa dell'istanza di accesso eccepita dall'Amministrazione.

Del resto, come censurato da parte appellante, il diniego dell'Amministrazione risulta effettivamente di non chiara formulazione quanto all'esistenza, lasciando lo stesso intendere l'esistenza di atti meramente interni.

Tuttavia, tale portata non rileva ai fini dell'accessibilità degli stessi, per quanto sopra evidenziato.

V. Per tutto quanto sin qui ritenuto, in accoglimento dell'appello ed in riforma parziale della sentenza appellata, l'Amministrazione è condannata all'ostensione degli atti interni del procedimento per la redazione del capitolato per quanto di interesse.

VI. Altresì, in ragione del principio di soccombenza, il Comune appellato è condannato al pagamento delle spese del doppio grado di giudizio, come determinate in dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, in sede giurisdizionale, definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l'effetto, in parziale riforma della sentenza appellata, condanna l'Amministrazione appellata a fornire gli atti descritti in motivazione; condanna, altresì, la stessa Amministrazione al pagamento delle spese del doppio grado di giudizio, determinate in complessivi euro 1.500,00 (millecinquecento/00), oltre accessori di legge se dovuti, con refusione del contributo unificato se dovuto.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa.

Note

La presente decisione ha per oggetto TAR Sicilia, Catania, sez. I, sent. n. 1676/2023.