Tribunale Amministrativo Regionale per il Friuli-Venezia Giulia
Sentenza 28 maggio 2024, n. 186

Presidente: Modica de Mohac - Estensore: Sinigoi

FATTO E DIRITTO

1. Con ricorso notificato a mezzo pec il 22 maggio 2023 e depositato il successivo 20 giugno 2023, l'associazione di volontariato "Socialmente" ha impugnato, invocandone l'annullamento, il provvedimento in epigrafe compiutamente indicato, con cui la Regione Autonoma Friuli-Venezia Giulia ha: a) revocato il contributo che le aveva precedentemente concesso a valere sull'art. 2, commi da 56 a 62, della l.r. FVG 29 dicembre 2016, n. 25, e relativo regolamento di attuazione approvato con d.P.Reg. 8 maggio 2017, n. 094/Pres. (Finanziamento di attività finalizzate al miglioramento della vita e al mantenimento e valorizzazione di borghi e ambienti naturali in montagna); b) chiesto la restituzione della somma di euro 40.000,00 che le aveva liquidato a titolo di anticipazione; c) disposto il recupero della somma di euro 1.089,70, corrispondente all'importo degli interessi maturati sull'anticipazione accordata.

1.1. La ricorrente - che ha chiesto a questo giudice anche di ordinare all'intimata Regione di ammettere e, dunque, erogarle l'importo residuo dovuto a titolo di contributo - ha denunciato l'illegittimità del provvedimento gravato per violazione e/o falsa applicazione di diverse disposizioni del regolamento su indicato ed eccesso di potere sotto plurimi profili.

2. La Regione intimata, costituita, ha eccepito, in via preliminare, l'inammissibilità del ricorso ex adverso proposto per difetto di giurisdizione del giudice amministrativo, nonché, comunque, contestato nel merito la sua fondatezza.

2.1. Con successiva memoria ha, poi, ulteriormente insistito nelle argomentazioni difensive svolte.

3. L'affare è stato, quindi, chiamato alla pubblica udienza del 23 maggio 2024 e discusso, come da sintesi a verbale.

3.1. In particolare, l'associazione ricorrente, con riguardo all'eccezione preliminare sollevata dalla difesa della Regione, ha richiamato l'attenzione sul primo motivo di ricorso (volto a contestare la ritenuta falsità delle dichiarazioni e dei documenti prodotti in fase di rendicontazione, addotta, tra le altre, a giustificazione della revoca disposta) ed osservato che, a suo avviso, si tratta unicamente di un problema di regolarità formale concernente l'inclusione nella rendicontazione di talune spese. Ha, quindi, concluso per la giurisdizione del giudice amministrativo. Si è richiamata per il resto.

3.2. La Regione - che si è rimessa alla decisione giudiziale in punto giurisdizione - ha richiamato, invece, l'attenzione sullo sfasamento temporale tra il termine stabilito per la conclusione delle attività progettuali e quello del vincolo di destinazione, che decorre dall'ultima fattura.

3.3. L'affare è stato, quindi, introitato per la decisione.

4. Il ricorso è inammissibile per difetto di giurisdizione del giudice amministrativo, risultando condivisibile il rilievo preliminare di rito sollevato dalla difesa della Regione.

5. Valgono, invero, le seguenti considerazioni.

6. La revoca del contributo - incontroversa l'esistenza del provvedimento di concessione - è stata disposta per problemi afferenti al rapporto di sovvenzione (e non alla sua concessione) ed attinenti alla realizzazione dell'investimento ed alla sua regolarità, come chiaramente evincibile dalle motivazioni che la sorreggono, così riassumibili:

- falsità delle informazioni, dichiarazioni e dei documenti resi e/o prodotti in fase di rendicontazione;

- violazione del vincolo di destinazione dei beni;

- realizzazione parziale del progetto di attività (sotto il limite minimo di spesa ammissibile di euro 20.000,00).

6.1. L'atto impugnato non può, quindi, ritenersi né espressivo dell'esercizio di poteri autoritativi, né tale da involgere posizioni di interesse legittimo, al cospetto dei quali soli sussiste la giurisdizione di legittimità del giudice amministrativo (cfr. Cass., Sez. un., ord. 25 gennaio 2013, n. 1776; 24 gennaio 2013, n. 1710; 7 gennaio 2013, n. 150; 20 luglio 2011, n. 15867; 18 luglio 2008, n. 19806; 26 luglio 2006, n. 16896; 10 aprile 2003, n. 5617; C.d.S., Ad. plen., 29 luglio 2013, n. 13).

6.2. Risulta, piuttosto, ascrivibile al genus degli atti cc.dd. "paritetici" che l'Amministrazione adotta nella fase esecutiva del rapporto di sovvenzione a seguito della riscontrata sussistenza di "inadempimenti" e/o irregolarità in cui è incorso il beneficiario (in termini C.d.S., Sez. III, n. 3293 del 2018; vd. inoltre C.d.S., Ad. plen., n. 6 del 2014).

6.3. Rispetto all'atto opposto l'associazione ricorrente s'appalesa, quindi, titolare di un diritto soggettivo perfetto, come tale tutelabile dinanzi al giudice ordinario, attenendo la controversia alla fase esecutiva del rapporto di sovvenzione e all'inadempimento degli obblighi cui è subordinata la concreta attribuzione dell'aiuto (cfr. Cass., Sez. un., ord. 25 gennaio 2013, n. 1776, e 10 luglio 2006, n. 15618) e venendo in rilievo lo speciale potere di autotutela privatistica dell'Amministrazione, con il quale, nell'ambito di un rapporto ormai paritetico, l'Amministrazione fa valere le conseguenze derivanti dall'inadempimento del privato alle obbligazioni assunte per ottenere la sovvenzione; sicché, le contestazioni che investono l'esercizio di tale forma di autotutela sono sottratte alla giurisdizione del giudice amministrativo e sono devolute a quella del giudice ordinario.

7. Quanto sin qui osservato trova, invero, conforto nella consolidata giurisprudenza della Corte di cassazione, che - oltre ad affermare che "... la giurisdizione deve essere determinata sulla base della domanda, dovendosi guardare, ai fini del riparto della giurisdizione tra giudice ordinario e giudice amministrativo, al petitum sostanziale, da identificare, non solo e non tanto in funzione della concreta pronuncia che si chiede al giudice, quanto, soprattutto, in funzione della causa petendi, ossia dell'intrinseca natura della posizione dedotta in giudizio, da individuare con riguardo ai fatti allegati e al rapporto giuridico di cui essi sono espressione" (Cass., Sez. un., 12 novembre 2020, n. 25578; 18 maggio 2021, n. 13492) - ha anche in tempi recenti ribadito che "La controversia sulla legittimità della revoca di un finanziamento pubblico determinata dall'inadempimento del privato beneficiario alle prescrizioni dell'atto di concessione rientra nella giurisdizione del giudice ordinario qualora la contestazione faccia esclusivo riferimento alle inadempienze del percettore, senza coinvolgere in alcun modo il legittimo esercizio dell'apprezzamento discrezionale del concedente circa an, quid e quomodo dell'erogazione (Cass., Sez. un., 17 febbraio 2016, n. 3057; 4 aprile 2021, n. 9840; 11 aprile 2023, n. 9634; 6 luglio 2023, n. 19160).

In ordine alla controversia originata dalla revoca di un contributo pubblico, la giurisdizione spetta all'autorità giudiziaria ordinaria quando la revoca discenda dall'accertamento di un inadempimento (da parte del fruitore) delle condizioni stabilite in sede di erogazione o comunque dalla legge, nonché nel caso di sviamento dei fondi acquisiti rispetto al programma finanziato, mentre sussiste, invece, la giurisdizione del giudice amministrativo quando occorra sindacare il corretto esercizio della ponderazione comparativa degli interessi in sede di attribuzione del beneficio o in relazione a mutamenti intervenuti nel prosieguo e, quindi, quando il giudizio riguardi una fase procedimentale precedente al provvedimento discrezionale attributivo del beneficio oppure allorché, successivamente alla concessione, l'atto sia stato annullato o revocato per illegittimità o per contrasto iniziale con il pubblico interesse, ma non per inadempienze del beneficiario (Cass., Sez. un., 4 gennaio 2023, n. 146; 21 giugno 2023, n. 17757).

In altri termini, la controversia promossa per ottenere l'annullamento del provvedimento di revoca di un finanziamento pubblico concerne una posizione di diritto soggettivo (ed è pertanto devoluta alla giurisdizione del giudice ordinario) tutte le volte in cui l'amministrazione abbia inteso far valere la decadenza del beneficiario dal contributo in ragione della mancata osservanza, da parte sua, di obblighi al cui adempimento la legge o il provvedimento condizionano l'erogazione, mentre riguarda una posizione di interesse legittimo (con conseguente devoluzione al giudice amministrativo) allorché la mancata erogazione del finanziamento, pur oggetto di specifico provvedimento di attribuzione, sia dipesa dall'esercizio di poteri di autotutela dell'amministrazione, la quale abbia inteso annullare il provvedimento stesso per vizi di legittimità o revocarlo per contrasto originario con l'interesse pubblico" (Cass. civ., Sez. un., ord. 12 luglio 2023, n. 19966).

8. Il ricorso va, pertanto, dichiarato inammissibile ai sensi degli artt. 9 e 35, comma 1, lett. b), del c.p.a.

9. Le spese di lite vengono poste a carico dell'associazione ricorrente e liquidate a favore della Regione intimata nella misura liquidata in dispositivo, risultando oramai consolidato e costante l'orientamento giurisprudenziale sulla specifica questione già da epoca antecedente alla notifica del ricorso (ex multis T.A.R. FVG, I, 22 giugno 2020, n. 208; 15 giugno 2018, n. 197; 10 febbraio 2016, n. 40; 30 ottobre 2014, n. 527; 21 maggio 2014, n. 219).

10. Va, in ogni caso, dato atto che, secondo quanto previsto dall'art. 11 del codice del processo amministrativo, a seguito della presente pronuncia il processo può essere proseguito mediante riassunzione davanti al giudice ordinario, munito di giurisdizione, entro il termine perentorio di tre mesi dal suo passaggio in giudicato, ferma restando la conservazione degli effetti processuali e sostanziali della domanda originaria nel processo riassunto dinanzi alla competente autorità giudiziaria.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Friuli-Venezia Giulia, Sezione I, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo dichiara inammissibile per difetto di giurisdizione del giudice amministrativo.

Condanna l'Associazione ricorrente al pagamento delle spese di lite a favore della Regione intimata, che vengono liquidate in complessivi euro 2.000,00, oltre oneri di legge.

Dà atto che, a seguito della presente pronuncia, il processo può essere proseguito mediante riassunzione davanti al giudice ordinario, munito di giurisdizione, entro il termine perentorio di tre mesi dal suo passaggio in giudicato, ferma restando, in ogni caso, la conservazione degli effetti processuali e sostanziali della domanda originaria nel processo riassunto dinanzi alla competente autorità giudiziaria.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa.