Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana
Sentenza 3 giugno 2024, n. 394

Presidente: Giovagnoli - Estensore: Francola

FATTO

Con il ricorso introduttivo del giudizio di primo grado l'associazione Colla Secca-Galvagno-Torrente Immarotta domandava l'annullamento del d.d.g. del 31 maggio 2018 (pubblicato in G.U.R.S., parte I, n. 38 del 31 agosto 2018) e della nota assunta al prot. n. 13445 del 29 novembre 2017 nonché di tutti gli atti prodromici con i quali l'Assessorato regionale dell'agricoltura, dello sviluppo rurale e della pesca mediterranea non aveva ammesso tra i progetti ammissibili a finanziamento quello proposto dalla ricorrente ed avente ad oggetto il ripristino/ristrutturazione e ammodernamento della strada interpoderale Colla Secca-Galvagno-Torrente Immarotta che avrebbe consentito il collegamento sia interno, tra i fondi nella disponibilità della medesima associazione, sia esterno, con la via pubblica, con un costo stimato di euro 683.200,00 I.V.A. inclusa.

La decisione veniva assunta poiché il progetto proposto era stato ritenuto "Non cantierabile - Manca nulla-osta vincolo idrogeologico".

Con ordinanza cautelare n. 1216 del 12 dicembre 2018 il T.A.R. per la Sicilia, sede di Palermo, Sez. I, ritenendo ad un primo e sommario esame fondata la censura dedotta in relazione al difetto di motivazione degli atti in questione, sollecitava l'Amministrazione al riesame del provvedimento impugnato.

Con d.d.g. n. 1851 del 7 novembre 2019, pubblicato in G.U.R.S. del 22 novembre 2019, l'Assessorato, in adempimento alla predetta ordinanza cautelare, approvava l'aggiornamento della graduatoria definitiva regionale - di cui al d.d.g. 584/18 - includendo nell'elenco delle istanze non ammissibili a seguito di riesame quella dell'associazione Colla Secca-Galvagno-Torrente Immarotta, con la seguente testuale motivazione: "Non è presente: il NO al vincolo idrogeologico".

L'associazione impugnava il predetto d.d.g. n. 1851 del 7 novembre 2019 con un primo ricorso per motivi aggiunti, seguito da un ulteriore ricorso per motivi aggiunti volto a contestare le risultanze del verbale depositato dall'Amministrazione il 22 gennaio 2020 ed inerente all'istruttoria condotta in sede di riesame.

Con ordinanza n. 732 del 3 luglio 2020, il T.A.R. per la Sicilia, sede di Palermo, Sez. I, rigettava l'istanza cautelare proposta con i motivi aggiunti.

Avverso la predetta ordinanza cautelare l'associazione ricorrente proponeva appello che, con ordinanza n. 742/2020, il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana accoglieva ai sensi dell'art. 55, comma 10, c.p.a. ai soli fini della celere fissazione dell'udienza di merito da parte del T.A.R.

Con sentenza n. 3027/2021 pubblicata il 3 novembre 2021 il T.A.R. per la Sicilia, sede di Palermo, Sez. I, dichiarava improcedibile il ricorso introduttivo per sopravvenuta carenza di interesse e rigettava i due ricorsi per motivi aggiunti, compensando fra le parti le spese processuali.

Con ricorso in appello notificato il 3 maggio 2022 e depositato il 17 maggio 2022 l'associazione domandava la riforma della predetta sentenza limitatamente al disposto rigetto dei motivi aggiunti.

L'Assessorato regionale dell'agricoltura, dello sviluppo rurale e della pesca mediterranea si costituiva con memoria di mera forma il 15 aprile 2024.

I Comuni intimati, invece, non si costituivano.

All'udienza pubblica del 17 aprile 2024, il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, dopo avere udito i difensori delle parti costituite, tratteneva l'appello in decisione.

DIRITTO

I. La declaratoria di improcedibilità del ricorso introduttivo.

I.1. Con il proposto appello si lamenta l'erroneità della decisione assunta dal giudice di primo grado in relazione ai provvedimenti ed agli atti prodromici impugnati con il ricorso introduttivo ed i motivi aggiunti.

I.2. Al riguardo, il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana osserva che l'utilizzo in cautelare dell'ordinanza propulsiva di riesame (nota anche come remand) deve essere propedeutico a sancire un assetto interinale del rapporto dedotto in giudizio nella prospettiva di salvaguardarne gli interessi coinvolti dal nocumento potenzialmente configurabile durante l'attesa della pronuncia di merito ma non può essere preordinato a stimolare una cessazione della materia del contendere.

Posto, infatti, che l'Amministrazione interessata è a conoscenza delle doglianze del ricorrente in ragione della notifica del ricorso, un eventuale ripensamento in ordine al mantenimento degli effetti del provvedimento impugnato può certamente provenire dalla medesima autorità che ne sia autrice, non occorrendo all'uopo un apposito ordine cautelare del giudice amministrativo che, se adottato, sortirebbe l'effetto pratico di anticipare il verdetto dell'ipotetica futura sentenza di accoglimento, senza però i relativi vantaggi sul piano dell'effetto conformativo, posto che i parametri di riferimento ai quali la riedizione del potere dovrebbe in questi casi attenersi dipenderebbero, pur sempre, da un atto giurisdizionale interinale e non conclusivo potenzialmente foriero di ampliare e complicare l'oggetto del contendere, anziché semplificarlo, in caso di successiva conferma del provvedimento già impugnato della cui illegittimità si discute, in ragione del conseguente onere di proposizione di motivi aggiunti ed ulteriore aggravio di costi (peraltro spesso non indifferenti già soltanto a considerare l'entità del contributo unificato) per la parte ricorrente interessata ad evitare la conclusione del processo con una pronuncia in rito di improcedibilità del ricorso introduttivo per sopravvenuta carenza di interesse.

Diversamente, qualora l'Amministrazione si pronunciasse in senso favorevole al ricorrente con un atto idoneo a realizzare l'interesse sostanziale sotteso alla proposizione del ricorso, non si determinerebbe sempre e comunque il venir meno della ragione del contendere, prospettandosi all'uopo un nuovo tema di indagine per il giudice amministrativo motivato dalla necessità di ricostruire gli effetti sostanziali e processuali riconducibili alla decisione amministrativa sopravvenuta nell'ottica di verificare se l'Amministrazione si sia determinata autonomamente ovvero in mera esecuzione dell'ordine giudiziale, pronunciato al fine di cautelare - nelle more della definizione della controversia nel merito - la situazione giuridica soggettiva vantata dalla parte ricorrente.

Ed invero, mentre nella prima ipotesi l'Amministrazione detta una regula iuris del rapporto amministrativo tendenzialmente stabile, definita nel perseguimento dell'interesse pubblico affidato alla sua cura, autonomamente e indipendentemente dall'esecuzione di un'ordinanza cautelare all'uopo emessa, condividendo le censure contestate dal ricorrente e riscontrate in sede cautelare, al fine di attuare un nuovo assetto di interessi, sostitutivo di quello censurato in giudizio, idoneo a governare il rapporto amministrativo corrente con la controparte, nella seconda ipotesi, il provvedimento sopravvenuto viene assunto al solo fine di ottemperare ad un comando giudiziale, realizzando, per l'effetto, un assetto di interessi per propria natura interinale, destinato ad essere caducato in caso di esito del giudizio favorevole all'Amministrazione procedente.

Il diverso atteggiarsi della volontà provvedimentale influisce, peraltro, non soltanto sulla stabilità, sul piano sostanziale, del provvedimento sopravvenuto, ma anche e correlativamente sull'andamento, sul piano processuale, del giudizio corrente tra le parti.

Difatti, qualora l'Amministrazione adotti il provvedimento in mera esecuzione dell'ordinanza cautelare e tale provvedimento sia favorevole al ricorrente, si assiste ad una doverosa ottemperanza dell'ordine giurisdizionale, che non influirà sulla procedibilità del ricorso, ma consentirà soltanto la cautela della situazione giuridica soggettiva azionata in attesa dell'approfondito esame, proprio della sede di merito, delle questioni sollevate dalle parti, componenti il thema decidendum ancora da risolvere in sede giurisdizionale.

Diversamente, qualora il provvedimento sopravvenuto sia stato soltanto occasionato dall'ordinanza cautelare, condividendo l'Amministrazione la necessità di rimuovere i vizi di legittimità rilevati ad un sommario esame proprio della sede cautelare, alla stregua di quanto sopra precisato, viene integrata una fattispecie di cessata materia del contendere, da dichiarare con sentenza di merito (art. 34, comma 5, c.p.a.), attraverso cui accertare l'avvenuta realizzazione dell'interesse sostanziale sotteso alla proposizione del ricorso, per effetto di una determinazione amministrativa assunta autonomamente in pendenza del giudizio (C.d.S., Sez. VI, 19 settembre 2018, n. 5466).

Pertanto, i provvedimenti sopravvenuti adottati nell'ambito di un giudizio in cui sia stato emesso un ordine cautelare teso a imporre l'adozione di atti favorevoli al ricorrente o la riedizione del potere secondo criteri conformativi enucleati nel provvedimento giurisdizionale interinale da eseguire raramente risolvono il contenzioso, risolvendosi, per lo più, in atti di ottemperanza che se favorevoli al ricorrente non elidono la materia del contendere e se sfavorevoli, ossia se di conferma del provvedimento già impugnato con il ricorso introduttivo, onerano il ricorrente alla proposizione di motivi aggiunti, divenendo forieri di un aggravio processuale, sul piano dei costi e dei tempi di definizione del giudizio, a fronte dell'ampliamento del thema decidendum.

Pertanto, i principi di strumentalità ed interinalità propri della tutela cautelare, impongono un ricorso all'ordinanza propulsiva di riesame soltanto in funzione di proteggere la sfera giuridica della parte processuale nelle more della definizione del giudizio, senza pregiudicare la soluzione nel merito della controversia, e non di stimolare una cessazione della materia del contendere tenuto conto dell'inesauribilità del potere amministrativo, persistente in capo alla parte pubblica anche in pendenza del giudizio, che consente all'Amministrazione di riesaminare i provvedimenti censurati in sede giurisdizionale, spontaneamente pervenendo ad una rinnovata regolazione del rapporto sostanziale.

In siffatte ipotesi, qualora il ricorso palesi ragioni di fondatezza, è, dunque, opportuno concludere il giudizio con la pronuncia di una sentenza in forma semplificata ai sensi dell'art. 60 c.p.a., piuttosto che ricorrere ad un'ordinanza propulsiva statuente l'obbligo di riesame in considerazione delle dedotte censure di illegittimità ritenute contraddistinte da un fumus boni iuris.

Nel caso in esame, l'ordinanza cautelare n. 1216/2018, rilevando profili di fondatezza nel ricorso introduttivo, ha imposto il riesame dell'istanza della società ricorrente che l'Amministrazione ha eseguito adottando un nuovo provvedimento di diniego, in seguito impugnato con motivi aggiunti e divenuto il nuovo oggetto del contendere.

E poiché quest'ultimo costituisce un chiaro atto di conferma del provvedimento precedentemente impugnato, il ricorso introduttivo è stato dichiarato improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse.

Sennonché, l'appellante ha contestato la relativa statuizione, censurandone la correttezza in ragione proprio del dichiarato intento perseguito dall'Amministrazione di ottemperare ad un'ordinanza cautelare propulsiva.

Pertanto, la sentenza non può ritenersi in parte qua passata in giudicato.

II. Il primo motivo di appello.

II.1. Con il primo motivo di appello si lamenta l'erroneità della sentenza impugnata nella parte in cui non ha condiviso le censure dedotte con il primo motivo dei due ricorsi per motivi aggiunti volto a domandare, oltre all'annullamento per difetto di motivazione, l'accertamento della nullità ex art. 21-septies l. n. 241/1990 del d.d.g. n. 1851 del 7 novembre 2019 per violazione del giudicato cautelare formatosi sull'ordinanza del T.A.R. per la Sicilia, sede di Palermo, Sez. I, n. 1216 del 12 dicembre 2018 laddove, rilevata la sussistenza di un fumus boni iuris in ordine alla lamentata carenza di motivazione della mancata inclusione del progetto della ricorrente nell'elenco di quelli ammessi al finanziamento, disponeva il riesame dell'istanza della ricorrente medesima, non ritenendo adeguatamente esplicativa la sintetica indicazione della rilevata non cantierabilità dell'opera proposta per mancanza del prescritto nulla-osta occorrente in ragione della rilevata insistenza nell'area interessata del vincolo idrogeologico.

II.2. Il T.A.R. ha ritenuto il motivo infondato poiché l'Amministrazione avrebbe compiutamente riesaminato la posizione della ricorrente alla luce delle censure proposte nel ricorso, costituendo principio pacifico che «l'ordine cautelare di riesame del provvedimento originariamente avversato "alla luce dei motivi di ricorso" ha la limitata portata di indurre a rinnovate valutazioni circa i presupposti posti a fondamento della determinazione impugnata, prestando attenzione anche ai rilievi articolati in ricorso, ma rimanendo l'amministrazione libera di condividerli o meno, sicché la cautela ha soltanto la funzione di stimolare il rinnovato e ancora più consapevole esercizio della funzione amministrativa, tutt'al più arricchendo la portata dell'onere motivazionale» (T.A.R. Campania, Salerno, Sez. I, 20 luglio 2006 n. 1086).

Anche il Consiglio di Stato ha avuto modo di precisare che «... l'ordinanza per "il riesame" determina solo l'effetto di obbligare la Pubblica amministrazione a rideterminarsi formalmente, ma lascia intatta la sfera di autonomia sostanziale e la responsabilità della stessa, per cui non dà luogo ad un'inibitoria assoluta consentendo l'adozione di una nuova decisione confermativa ovvero di una determinazione comunque non satisfattiva del privato...» (C.d.S., Sez. IV, 14 maggio 2014, n. 2475).

II.3. L'appellante insiste nelle dedotte censure poiché non sarebbe stata esplicitata la ragione per la quale le opere in questione dovrebbero rientrare sotto l'egida dell'art. 10 del d.a. n. 659/2012 e non sotto quella dell'art. 9 e/o dell'art. 8 del medesimo d.a., avendo, dunque, l'Amministrazione violato l'ordinanza cautelare o, in subordine, l'art. 3 l. n. 241/1990.

II.4. Il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana ritiene che la dedotta nullità ex art. 21-septies l. n. 241/1990 per violazione del giudicato cautelare non sia configurabile.

II.4.1. Come noto, la questione è stata particolarmente dibattuta in giurisprudenza.

Secondo talune pronunce, infatti, «L'art. 21-septies della l. n. 241/1990, il quale dispone la nullità dell'atto violativo od elusivo del giudicato, trova applicazione anche con riferimento ai provvedimenti adottati in violazione o elusione delle statuizioni contenute in un'ordinanza cautelare non più soggetta a gravame e ciò sia per ragioni di effettività della tutela giurisdizionale, che sulla base di una ravvisata equivalenza tra giudicato di merito e giudicato cautelare, oltre che in ossequio al principio deducibile dall'art. 114, comma 4, c.p.a., il quale, alla lett. c), prevede che, in caso di accoglimento del ricorso, il giudice possa pronunciare l'inefficacia degli atti emessi in violazione od elusione di sentenze non passate in giudicato o di altri provvedimenti» (T.A.R. Sicilia, Catania, Sez. II, 11 ottobre 2016, n. 2539; in tal senso anche T.A.R. Lazio, Roma, Sez. III, 5 settembre 2017, n. 9583).

II.4.2. Secondo altre pronunce, invece, «L'atto amministrativo adottato in violazione di un'ordinanza cautelare del giudice amministrativo deve reputarsi annullabile e non nullo in quanto la nullità ex art. 21-septies l. 7 agosto 1990, n. 241 presuppone un contrasto con sentenze formalmente passate in giudicato, e non semplicemente con decisioni cautelari prive di efficacia di cosa giudicata» (T.A.R. Umbria, Perugia, Sez. I, 5 aprile 2017, n. 264; T.A.R. Liguria, Genova, Sez. II, 2 febbraio 2007, n. 158).

II.4.3. Il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana ritiene condivisibile il secondo orientamento.

La nozione di giudicato, nella sua accezione classica e tradizionale, è riferibile soltanto alla decisione che definisce il giudizio di merito, poiché presuppone quell'intangibilità del verdetto che consegue all'impossibilità di rimettere in discussione la pronuncia con gli ordinari mezzi di impugnazione (art. 324 c.p.c.), derivando dall'inoppugnabilità della sentenza (c.d. giudicato in senso formale) il passaggio in giudicato (c.d. sostanziale) della decisione e la conseguente assunzione dell'accertamento ivi contenuto quale regola di diritto facente stato ad ogni effetto tra le parti, i loro eredi o aventi causa (l'art. 2909 c.c.).

Il giudicato, dunque, non ammette rivisitazioni della decisione assunta, salvo nelle ipotesi eccezionali e tassativamente previste dalla legge in cui è ammissibile il ricorso ai c.d. mezzi straordinari di impugnazione.

La nullità di cui all'art. 21-septies l. n. 241/1990 per contrasto con il giudicato si riferisce proprio al caso in cui l'Amministrazione disattenda la regola di diritto affermata dal giudice in una sentenza definitiva, tentando così di rendere vana l'iniziativa processuale precedentemente intrapresa dall'interessato. Per tutelare, infatti, adeguatamente proprio le ragioni di quest'ultimo, il legislatore ha ritenuto necessario rendere (invece) vana l'attività dell'Amministrazione posta in essere in spregio alla statuizione con la quale è stato definito il precedente giudizio, sanzionando i provvedimenti così adottati con la più grave forma di invalidità disciplinata dal diritto positivo, ed ossia, la nullità.

Le medesime considerazioni non possono valere per il c.d. giudicato cautelare, in quanto, per sua natura, destinato a produrre effetti soltanto provvisori, a differenza di quello di merito poc'anzi esaminato.

Il provvedimento cautelare, infatti, quand'anche non più suscettibile di impugnazione non è idoneo a definire il giudizio, in quanto decisione assunta rebus sic stantibus, come tale suscettibile di revoca o modifica ai sensi dell'art. 58 c.p.a. in caso di sopravvenuto mutamento delle circostanze o di sopravvenuta conoscenza di fatti anteriori prima ignorati.

Inoltre, nel processo amministrativo il provvedimento cautelare non è autonomo, presupponendo sempre l'instaurazione e la definizione del giudizio di merito a pena di decadenza degli effetti, anche quando anticipatorio, a differenza di quanto previsto nel processo civile dall'art. 669-octies, comma 6, c.p.c. Al riguardo, basti considerare che, secondo quanto stabilito dall'art. 61, comma 5, c.p.a., il provvedimento cautelare ante causam perde efficacia, anzitutto, se non seguito, entro i 15 giorni successivi dalla sua emanazione, dalla notifica del ricorso con la domanda cautelare ed, in ogni caso, decorsi 60 giorni dalla sua emissione. Lo stesso dicasi per le misure cautelari adottate in corso di causa, considerato che l'accoglimento della domanda cautelare implica, ai sensi dell'art. 55, comma 11, c.p.a., la fissazione automatica (e non, dunque, su istanza di parte) dell'udienza di discussione del ricorso nel merito.

Il giudicato cautelare, inoltre, non vincola in modo alcuno il giudice amministrativo che può sempre in sede di decisione del ricorso nel merito ribaltare il precedente verdetto pronunciato in sede cautelare.

Considerate, dunque, le diversità strutturali caratterizzanti il c.d. giudicato cautelare dal giudicato propriamente inteso, non sembra condivisibile una lettura estensiva dell'art. 21-septies l. n. 241/1990 al punto da ammettere la nullità del provvedimento amministrativo in contrasto con un'ordinanza cautelare non più suscettibile di impugnazione, soprattutto se si considera che nel diritto amministrativo la nullità costituisce una tipologia di invalidità eccezionale rispetto a quella generale dell'annullabilità, ed in quanto tale ammissibile soltanto nei casi tassativamente previsti dalla legge, senza possibilità alcuna di estensione analogica, onde non incorrere nel divieto di cui all'art. 14 disp. prel. c.c.

Di conseguenza, la violazione del c.d. giudicato cautelare non può implicare la nullità del provvedimento, ma soltanto la sua illegittimità per eccesso di potere, presupponendo la nullità una carenza assoluta di potere, in questo caso, non sussistente.

In tal senso si è pronunciato anche il Consiglio di Stato escludendo la configurabilità di un giudicato cautelare in senso proprio rispetto ad una sentenza che definisce il giudizio (cfr. C.d.S., Sez. III, 28 giugno 2019, n. 4461; 29 agosto 2018, n. 5084) poiché le ordinanze cautelari, essendo prive di contenuto definitivamente decisorio, sono per loro intrinseca natura insuscettibili di passare in giudicato, analogamente ai provvedimenti istruttori, interlocutori o di rinvio al ruolo ordinario (cfr. C.d.S., Sez. V, 10 giugno 2015, n. 2847).

Ed invero, un provvedimento cautelare di sospensione dell'esecuzione di un atto amministrativo non fa venire meno l'atto sospeso e nemmeno la sua validità, né esercita una funzione ripristinatoria della situazione precedente, ma soltanto impedisce temporaneamente e con efficacia ex nunc la possibilità di portare l'atto ad ulteriore esecuzione e, per questo, è inevitabilmente connesso alla conclusione del giudizio. Peraltro, il provvedimento cautelare è emanato "con riserva" di accertamento della fondatezza nel merito, onde evitare che la pendenza del giudizio vada a danno dell'attore risultato vittorioso all'esito del giudizio, ed è dunque interinalmente subordinato alla verifica definitiva della fondatezza delle tesi del ricorrente. Tuttavia gli effetti di carattere sostanziale conseguono solo al passaggio in giudicato della pronuncia di merito favorevole al ricorrente, che è la sola idonea a rimuovere dalla realtà giuridica l'atto con effetti permanenti (cfr. C.d.S., Sez. III, 8 giugno 2016, n. 2448).

Il richiamato principio di diritto trova indiretta conferma nell'art. 92, comma 5, seconda parte, c.p.a. che, sia pure al diverso fine della definizione della competenza del giudice amministrativo adito, ha espressamente escluso la natura di decisione implicita delle ordinanze istruttorie o interlocutorie di cui all'art. 36, comma 1, c.p.a. e di quelle che disattendono l'istanza cautelare (cfr. C.d.S., Sez. IV, 20 aprile 2016, n. 1554).

Al riguardo va precisato che conferme in tal senso si desumono anche dalla disciplina del giudizio di ottemperanza.

L'art. 114, comma 4, lett. c), c.p.a., infatti, prevede che, nel caso di ottemperanza di sentenze non passate in giudicato o di altri provvedimenti (come ad esempio quelli cautelari), il giudice determina le modalità esecutive, "considerando inefficaci gli atti emessi in violazione o elusione", senza, però, dichiararne espressamente la nullità. Il legislatore, cioè, non afferma che i provvedimenti in contrasto con sentenze non definitive od ordinanze cautelari sono nulli, limitandosi soltanto a considerarli inefficaci, proprio in ragione sia della provvisorietà degli effetti che contraddistingue la pronuncia giurisdizionale da eseguire ed attuare (trattandosi in questi casi dell'ottemperanza di un giudicato che non c'è), sia dei limiti caratterizzanti la cognizione ed i poteri del giudice in sede di ottemperanza, non potendo quest'ultimo annullare provvedimenti che sebbene illegittimi sono pur sempre efficaci in quanto emessi non in violazione né in elusione di un giudicato propriamente inteso, essendo l'annullamento un potere riservato al giudice della cognizione.

In tal senso depone anche un'argomentazione di carattere intertemporale, poiché qualora i provvedimenti in contrasto con un c.d. giudicato cautelare fossero stati nulli ai sensi dell'art. 21-septies l. n. 241/1990 (introdotto dall'art. 14 l. 11 febbraio 2005, n. 15), il legislatore del 2010 non avrebbe avuto ragione alcuna di prevedere nell'ambito del giudizio di ottemperanza disciplinato dal codice del processo amministrativo (di cui al d.lgs. 2 luglio 2010, n. 104) un'apposita precisazione volta a considerare processualmente inefficaci atti che dovrebbero di per sé già esserlo, sul piano del diritto sostanziale, per nullità, estendendo la cognizione ed i poteri del giudice dell'ottemperanza oltre i limiti tradizionali, al punto da consentirgli di considerare non efficaci provvedimenti che, in realtà, lo sono, perché non in contrasto con un giudicato in senso tecnico.

In senso contrario alla tesi della nullità sostenuta dall'appellante si è espresso anche il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana (Sez. giur., 6 marzo 2023, n. 191), precisando che se il provvedimento cautelare è, per sua natura, un provvedimento interinale destinato a subire le sorti del giudizio nel cui ambito è emanato, la sua efficacia viene necessariamente meno: 1) a seguito di una pronuncia di rigetto del giudizio; 2) nel caso di successiva ordinanza di revoca del provvedimento cautelare melius re perpensa; 3) per la sopravvenienza di situazioni incompatibili con il mantenimento degli effetti della sospensione; 4) in conseguenza di qualunque vicenda processuale abbia effetti estintivi sul processo cautelare o sull'intero giudizio.

La giurisprudenza ha altresì evidenziato che dal punto di vista sistematico l'inconfigurabilità di un "giudicato cautelare" è direttamente dimostrata anche dall'art. 21-septies della l. n. 241 del 1990, il quale sanziona con la nullità solo ed esclusivamente l'atto che viola, o elude, il giudicato su di una sentenza e non anche una pronuncia giudiziale che non abbia ancora il carattere della definitività come quella che dispone misure cautelari. È allora evidente l'assoluta impossibilità di sostenere l'equivalenza sul piano degli effetti tra il "giudicato" in senso proprio ed un inesistente "giudicato cautelare" (così, C.d.S. n. 4461 del 2019).

Ancora sul piano sistematico è stato evidenziato che il sistema della nullità amministrativa si distingue dall'archetipo di matrice civilistica di cui all'art. 1418 c.c., in quanto risulta invertito il rapporto tra la categoria della nullità e quella dell'annullabilità: nel diritto amministrativo l'annullabilità per l'illegittimità dell'atto costituisce la forma generale di invalidità, mentre le nullità, con riferimento alle singole categorie indicate dalla legge, devono essere intese come ipotesi di invalidità dell'atto tassative e residuali (cfr. C.d.S., Sez. IV, 2 aprile 2012, n. 1957).

Ciò perché l'esigenza di certezza dell'azione amministrativa mal si concilia con la possibilità che questa possa restare esposta ad impugnative non assoggettate a termini certi di decadenza o prescrizione. Per cui, in considerazione del loro carattere pubblicistico, le norme riguardanti l'azione amministrativa, come tali, sono sempre di stretta interpretazione.

La giurisprudenza, sulla base delle considerazioni sopra esposte, è quindi pervenuta alla conclusione che deve essere escluso, tenuto conto della già ricordata tassatività della formulazione dell'art. 21-septies della l. n. 241 del 1990, che un atto amministrativo adottato in violazione di un'ordinanza cautelare del giudice amministrativo possa essere dichiarato nullo, in quanto la nullità presuppone un contrasto con sentenze formalmente passate in giudicato, e non semplicemente il contrasto con una decisione cautelare priva dell'efficacia di cosa giudicata.

Donde, l'infondatezza della tesi secondo cui il provvedimento impugnato sarebbe nullo per violazione del giudicato cautelare formatosi sull'ordinanza n. 1216/2018 del T.A.R. per la Sicilia.

II.4.4. Non sussiste neanche la dedotta illegittimità per difetto di motivazione.

Secondo quanto, infatti, chiarito dal Consiglio di Stato, l'accoglimento della domanda cautelare "ai fini del riesame", pur non essendo espressamente prevista all'art. 55 c.p.a. o aliunde nel codice del processo amministrativo, determina soltanto l'effetto di obbligare la P.A. a rideterminarsi formalmente, ma lascia intatta la sfera di autonomia sostanziale e la responsabilità della amministrazione in ordine al contenuto finale del provvedimento amministrativo successivo, per cui non dà luogo ad un'inibitoria assoluta consentendo l'adozione di una nuova decisione confermativa ovvero di una determinazione comunque non satisfattiva del privato (cfr. C.d.S., Sez. IV, 30 giugno 2006, n. 4239). Un'ordinanza di sospensione "ai fini del riesame" non può, dunque, costituire, di per sé, un formalistico elemento di illegittimità dei successivi provvedimenti di contenuto confermativo (C.d.S., Sez. IV, 14 maggio 2014, n. 2475).

II.5. Di conseguenza, il primo motivo di appello è infondato.

III. Il secondo motivo di appello.

III.1. Con il secondo motivo di appello si lamenta l'erroneità della sentenza impugnata nella parte in cui non ha accolto il secondo motivo del secondo ricorso per motivi aggiunti coincidente con il primo motivo del ricorso introduttivo erroneamente dichiarato improcedibile.

L'Amministrazione ha negato il finanziamento richiesto poiché il progetto presentato dall'appellante è stato ritenuto non cantierabile, in quanto privo del necessario nulla-osta attestante la compatibilità dell'opera con gli interessi pubblici tutelati dal vincolo idrogeologico esistente nella zona di interesse.

L'appellante ne lamenta l'illegittimità per violazione dell'art. 6 l. n. 241/1990 e per eccesso di potere poiché:

a) il progettista incaricato aveva asseverato che l'opera in questione non necessitava di alcun nulla-osta idrogeologico;

b) alle medesime conclusioni era pervenuto il Comune di Tripi con l'attestazione del 7 dicembre 2017 depositata a conferma dell'autorizzazione edilizia rilasciata il 2 febbraio 2017 e conclamante che i lavori previsti nel progetto di ripristino/ristrutturazione e ammodernamento dello stato di efficienza della infrastruttura stradale interaziendale agro-silvo-pastorale esistente Colla Secca-Calvagno-Torrente Immarotta "non sono soggetti a preventivo nulla-osta" in quanto rientranti tra quelli contemplati dall'art. 8 rubricato «Opere eseguibili senza rilascio di Nulla-Osta del citato Decreto dell'Assessore per il Territorio e l'Ambiente n. 569 del 17 aprile 2012, avente ad oggetto: "Nuove direttive unificate per il rilascio dell'autorizzazione e del nulla-osta al vincolo idrogeologico in armonia con il Piano per l'assetto idrogeologico (P.A.I.)"»;

c) al più sarebbe stato applicabile l'art. 9 del citato decreto assessoriale secondo cui sarebbe stato sufficiente il mero inoltro della dichiarazione ivi prevista prima dell'inizio dei lavori. Donde, la conclusione secondo cui ai fini della prova della cantierabilità del progetto non sarebbe stata necessaria l'allegazione del nulla-osta in questione;

d) l'opera di cui al progetto non rientrerebbe tra quelle per le quali l'art. 10 del decreto assessoriale citato impone il predetto nulla-osta, non determinando alcuna trasformazione della destinazione d'uso dei terreni o comunque movimenti del fondo che possano alterare la stabilità dei terreni e la regimazione delle acque;

e) la nota assunta al prot. n. 6844 del 29 gennaio 2020, con la quale il dirigente del Dipartimento regionale dello sviluppo rurale e della pesca marittima relaziona all'Avvocatura distrettuale dello Stato di Palermo in merito alla causa in questione, costituirebbe un'integrazione postuma della motivazione del provvedimento impugnato, come tale inammissibile.

III.2. Il T.A.R. non ha ritenuto fondate le dedotte doglianze poiché il progetto della ricorrente prevedeva lavori preordinati a riportare «in pristino una serie di strade interpoderali realizzate con contributi pubblici nel periodo 1979-1985 e oramai alquanto degradate dal tempo e dagli eventi meteorici, e contempla movimenti di terra significativi in zona soggetta a vincolo idrogeologico e, dunque, non sussumibili tra le "opere di modesta entità" bensì tra quelle contemplate dall'art. 10 (Opere e movimenti di terra soggetti a Nulla Osta).

L'Amministrazione ha rilevato che il computo metrico, contrariamente a quanto dichiarato nella richiesta di riesame, prevede scavi per complessivi mc. 689,78, oltre che la realizzazione ex novo di n. 9 piazzole di sosta insistenti su porzioni di terreno agricolo adiacente alla strada esistente. La realizzazione di tali piazzole di sosta andrà quindi a trasformare la situazione attuale dei luoghi, facendo diventare "strada" ciò che attualmente è terreno agricolo, seppure per brevi tratti e per piccole superfici (circa 450 mq previsti ripartiti su 9 piazzole).

Le opere previste nel progetto non sono pertanto assimilabili tra le opere di manutenzione ordinaria - che, tra l'altro, non potrebbero essere finanziate in quanto non previste dal bando della sottomisura 4.3.1, che prevede esclusivamente il finanziamento di opere di realizzazione ex novo e/o di manutenzione straordinaria/ristrutturazione di strade rurali - bensì vanno qualificate quali opere di "ripristino, ristrutturazione e ammodernamento", come del resto la stessa associazione le titola.

Non appare pertanto applicabile l'art. 8 capo II "Opere eseguibili senza rilascio di Nulla Osta o della Dichiarazione" delle nuove direttive unificate per il rilascio dell'autorizzazione e del nulla-osta al vincolo idrogeologico approvate con il d.a. n. 569 del 17 aprile 2012, che al paragrafo 2 considera esenti da n.o. e da comunicazione, esclusivamente opere di modesta entità che non comportano movimenti di terra o tagli alla vegetazione tali da arrecare danni, ai terreni sede d'intervento.

La zona oggetto dell'intervento ricade, invece, interamente in zona sottoposta a vincolo idrogeologico e, poiché il progetto non prevede una semplice "manutenzione ordinaria" dell'esistente, ma invece un "ripristino, ristrutturazione e ammodernamento" nonché costruzione di opere ex novo (piazzole di sosta), appare effettivamente necessaria la preventiva acquisizione del N.O. idrogeologico».

III.3. L'appellante critica la decisione del T.A.R. poiché: a) sarebbero state riprese argomentazioni dedotte con la nota assunta al prot. n. 6844 del 29 gennaio 2020 inviata dal dirigente del Dipartimento regionale dello sviluppo rurale e della pesca marittima all'Avvocatura distrettuale dello Stato di Palermo e non contemplate nei provvedimenti impugnati, al punto da integrare una motivazione postuma e da inficiare la validità della pronuncia del giudice di primo grado per violazione dell'art. 112 c.p.c.; b) la predetta nota sarebbe, comunque, illegittima per eccesso di potere poiché il dirigente che ne è l'autore avrebbe affermato di non avere alcuna competenza in ordine alla valutazione relativa alla necessità o meno del nulla-osta di cui agli artt. 9 e 10 del d.a. n. 569/2012, ritenendo la relativa valutazione di spettanza dell'Ispettorato ripartimentale delle foreste, quale "detentore del vincolo", che, con due note (n. 106292 dell'11 settembre 2017 e n. 121716 dell'11 ottobre 2017) avrebbe ritenuto la dichiarazione del progettista incaricato dalla ricorrente non pertinente, non essendo le opere annoverabili tra quelle di modesta entità; c) la predetta nota sarebbe, inoltre, illegittima per eccesso di potere da travisamento dei fatti poiché non sarebbe stato adeguatamente ponderato che il progetto proposto non realizzerebbe una nuova strada ma soltanto lavori di ripristino e di manutenzione di una strada già esistente e rientrerebbero nelle ipotesi escluse dal d.a. 569/2012 dall'obbligo di acquisizione del preventivo nulla-osta idrogeologico.

III.4. Il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, anzitutto, osserva che il profilo dirimente, dei molteplici dedotti dall'appellante, attiene ad un aspetto rientrante nelle valutazioni squisitamente tecnico-discrezionali dell'Amministrazione.

Non è, infatti, in dubbio che sull'area interessata dalle opere indicate nel progetto proposto insista il vincolo idrogeologico.

Quel che occorre verificare è se il relativo nulla-osta sia necessario o meno per la realizzazione del predetto progetto.

La disciplina di riferimento è contemplata nel d.a. n. 569/2012 emanato dall'Assessorato regionale del territorio e dell'ambiente per il rilascio del nulla-osta al vincolo idrogeologico in armonia con il piano d'assetto idrogeologico (P.A.I.), rilevando, in particolare, quanto previsto agli artt. 8, 9 e 10.

L'art. 8, infatti, prevede che il nulla-osta in questione non sia richiesto per l'esecuzione di opere e lavori che, come quelli di seguito elencati, non possano procurare danni di cui all'art. 1 del r.d.l. n. 3267/1923 o quando si discuta di opere di "modesta entità" che non comportino movimenti di terra o tagli alla vegetazione tali da arrecare, ai terreni sede d'intervento, danni significativi come:

a) manutenzione ordinaria di edifici o di altri manufatti a condizione che non comportino scavi e/o modificazioni morfologiche dei terreni vincolati;

b) manutenzione ordinaria della viabilità a fondo naturale a condizione che non comporti modificazione dell'ampiezza della sede stradale o la risagomatura andante delle scarpate naturali;

c) posa di tubazione nella viabilità a fondo asfaltato con scavi non superiori a m 1 di larghezza e m 1,50 di profondità a condizione che tali lavori non comportino modificazioni dell'ampiezza della sede stradale o la risagomatura andante delle scarpate;

d) sostituzione dei sostegni esistenti di linee aeree elettriche, telefoniche e di illuminazione a condizione che tali lavori comportino i soli movimenti di terra necessari per la sostituzione dei sostegni medesimi e a condizione che non vengano realizzate nuove piste di accesso;

e) manutenzione ordinaria di tubazioni e/o di linee elettriche telefoniche interrate, a condizione che non comportino modifiche del tracciato esistente;

f) recinzioni realizzate con paletti e reti, compresa l'installazione di cancelli o simili, a condizione che siano realizzate da paletti infissi nel suolo con eventuali opere di fondazione limitate al singolo paletto, senza cordolo di collegamento. Tali recinzioni dovranno essere poste al di fuori dell'alveo di massima piena di fiumi, torrenti o fossi, tanto al fine di consentire il regolare deflusso delle acque di impluvio e linee di sgrondo esistenti. I lavori non devono comportare in alcun caso l'espianto di piante e/o ceppaie, fatta eccezione per la potatura di rami od il taglio di polloni; non è consentito utilizzare le piante esistenti come sostegno della rete;

g) varianti in corso d'opera di progetti già assentiti con nulla-osta, purché non prevedano alcun movimento di terra, nel rispetto delle normative vigenti;

h) pratiche inerenti lavori da eseguire su terreni agricoli sottoposti a periodica lavorazione (nota prot. n. 36905 del 12 marzo 2002 Dipartimento foreste - Corpo forestale).

L'art. 9 disciplina, invece, le opere suscettibili di esecuzione a seguito di presentazione di apposita dichiarazione, annoverandovi quelle di modesta entità che non comportino, in alcun caso, movimenti di terra significativi tali da non arrecare un danno pubblico, denudazione, instaurare instabilità nei versanti e/o turbare il regime naturale delle acque ai terreni sede d'intervento e poi:

a) le realizzazioni di muretti di recinzione o di confine, che non comportino sbancamenti ma solo movimenti superficiali di terreno;

b) le realizzazioni di cancelli e di recinzioni, con cordolo continuo, a condizione che gli scavi siano limitati a quelli necessari;

c) la realizzazione di vasche "imhoff";

d) la rimozione di materiali detritici derivanti da eventi calamitosi configurabili quali lavori urgenti ed indifferibili ai fini della tutela della pubblica incolumità;

e) pozzi di attingimento d'acqua a condizione che non vengano realizzate nuove piste di accesso.

L'art. 10, infine, assoggetta al regime del preventivo rilascio del nulla-osta "tutte le opere che comportano la trasformazione della destinazione d'uso dei terreni attuata per la realizzazione di edifici, manufatti edilizi, opere infrastrutturali ed altre opere costruttive e comunque tutte le realizzazioni di opere o movimenti di terreno che possano alterare la stabilità dei terreni e la regimazione delle acque, comprese l'apertura delle cave e torbiere".

Con riguardo al caso in esame, l'appellante ritiene che le opere di cui al proprio progetto non necessitino di alcun nulla-osta in quanto rientranti tra le ipotesi di cui all'art. 8 o al più tra quelle di cui all'art. 9 del d.a. 569/2012, trattandosi di opere di modesta entità non implicanti movimenti di terra significativi, mentre l'Amministrazione annovera le opere in questione nell'ambito di applicazione dell'art. 10 del d.a. citato, ritenendo necessario il preventivo rilascio del nulla-osta.

La questione, come detto, coinvolge, dunque, le valutazioni tecnico-discrezionali dell'autorità amministrativa.

Il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, al riguardo, osserva che le valutazioni tecniche dell'Amministrazione possono essere sottoposte al sindacato del giudice amministrativo (sempre che non riguardino il merito dell'azione amministrativa) nella prospettiva di un vaglio ab externo preordinato ad accertare un eventuale eccesso di potere per manifesta irragionevolezza, erronea valutazione dei presupposti o contraddittorietà, la cui evidenza deve essere avvalorata dal ricorrente mediante l'introduzione in giudizio di appositi elementi. Pertanto, il giudice amministrativo può soltanto verificare che l'Amministrazione, nella valutazione contestata, abbia rispettato i canoni di ragionevolezza tecnica, di congruità scientifica e di rispetto della situazione fattuale. Un siffatto limite deve essere rispettato onde evitare il pericolo che il giudice si sostituisca, al di fuori dei tassativi casi sanciti dall'art. 134 c.p.a., alle valutazioni di merito (sia tecniche che discrezionali) riservate all'Amministrazione, sulla scorta di un mero giudizio di opinabilità, con conseguente lesione del principio di separazione dei poteri. Il sindacato, quindi, sulla motivazione delle valutazioni discrezionali: 1) deve essere rigorosamente mantenuto sul piano della verifica della non manifesta incongruità della valutazione degli elementi di fatto acquisiti; 2) non può avvalersi di criteri che portano ad evidenziare la mera non condivisibilità della valutazione stessa; 3) deve tenere distinti i profili meramente accertativi da quelli valutativi (a più alto tasso di opinabilità) rimessi all'organo amministrativo, potendo il giudice amministrativo esercitare più penetranti controlli, anche mediante c.t.u. o verificazione, soltanto con riguardo ai primi.

Pertanto, da un lato, la possibilità di accertare il fatto assicura un sindacato pieno dell'azione amministrativa mentre, dall'altro, la necessità di non operare una mera sostituzione di giudizio viene garantita dall'impossibilità per il giudice amministrativo di sindacare la gamma di valutazioni opinabili di soluzioni logiche e razionali a disposizione dell'Amministrazione, nell'ambito della quale in base ai principi costituzionali è solo quest'ultima deputata a scegliere.

Per queste ragioni ed entro questi limiti il c.p.a. consente di utilizzare gli strumenti della verificazione e della consulenza tecnica a supporto degli elementi indiziari di eccesso di potere posti all'attenzione del giudice amministrativo.

Nella fattispecie appare palese la fondatezza della doglianza con la quale si lamenta il difetto di motivazione della decisione assunta dall'Amministrazione.

A fronte, infatti, di specifiche contestazioni e di un riesame disposto in sede cautelare dal T.A.R. l'Amministrazione aveva il dovere di argomentare le proprie valutazioni in modo più approfondito e puntuale, non limitandosi ad affermazioni apodittiche presupponenti giudizi tecnici inespressi.

Ed invero, tutte le decisioni assunte in senso escludente impugnate dall'appellante richiamano le note n. 130513 del 31 ottobre 2017 e n. 106292 dell'11 settembre 2017 con le quali l'Ispettorato ripartimentale delle foreste di Messina si è limitato ad affermare che il progetto in questione necessitava del nulla-osta poiché rientrava tra quelli previsti dall'art. 10 d.a. n. 569 del 17 aprile 2012.

Sebbene la motivazione per relationem sia consentita per esplicitare le ragioni delle decisioni assunte con l'adozione dei provvedimenti amministrativi, tuttavia, in circostanze, come quella in esame, in cui sono sollevate specifiche censure l'Amministrazione è tenuta ad uno sforzo motivazionale adeguato che nella circostanza non si coglie, non essendo dato comprendere per quale ragione ricorrano nella fattispecie i presupposti per l'applicazione dell'art. 10 e non quelli dell'art. 8 o dell'art. 9 del d.a. n. 560 del 17 aprile 2012.

Di certo, il progetto proposto dall'appellante non può essere qualificato alla stregua di un'attività di manutenzione ordinaria ex art. 8 d.a. citato poiché se così fosse non meriterebbe, a priori, la concessione del chiesto finanziamento, essendo espressamente riservato dal bando alle opere di costruzione e/o ristrutturazione di strade rurali (art. 2 del bando, doc. 5 fasc. T.A.R. della ricorrente, depositato il 29 novembre 2018).

Tuttavia, occorre chiarire se rientri o meno tra le ipotesi di opere non implicanti significative movimentazioni di terra o se possa essere catalogata in una delle fattispecie di cui all'art. 8 o all'art. 9 del d.a. in questione.

Né, peraltro, può ritenersi che l'Amministrazione abbia significativamente integrato la motivazione dei provvedimenti impugnati in corso di causa, poiché le argomentazioni difensive formulate non incidono sul dirimente profilo tecnico di cui la decisione impugnata è carente sul piano motivazionale.

Donde, l'irrilevanza delle doglianze dell'appellante volte a censurare le note dell'Assessorato con le quali, a suo dire, sarebbe stata perpetrata ai suoi danni un'integrazione postuma della motivazione dei provvedimenti impugnati.

Tra i profili che l'Amministrazione dovrà approfondire in sede di riesame della posizione dell'appellante vi è anche quello della competenza a pronunciarsi sull'istanza di rilascio del nulla-osta idrogeologico, poiché la circostanza sembrerebbe essere stata revocata in dubbio dal Comune di Tripi con la dichiarazione del 4 agosto 2017 prodotta in atti (doc. 7.4 fasc. T.A.R. della ricorrente, depositato il 29 novembre 2018), essendo ivi stato affermato che «l'infrastruttura stradale esistente "Colla Secca-Calvagno-Torrente Immarotta", ivi compreso il tratto iniziale, a partire dall'innesto con la strada provinciale n. 115 "Tripiciana", realizzata con i contributi dell'Assessorato regionale agricoltura e foreste, in premessa evidenziati, oggetto di ripristino/ristrutturazione e ammodernamento dello stato di efficienza da parte dell'associazione interpoderale "Colla Secca-Calvagno-Torrente Immarotta", dopo la sua realizzazione è stata interamente consegnata dall'Assessorato regionale agricoltura e foreste al Comune di Tripi, al quale, pertanto, è demandata la titolarità e la relativa competenza».

III.5. Pertanto, l'effetto conformativo scaturente dall'accoglimento del motivo esaminato non implica l'automatica concessione del chiesto finanziamento, ma soltanto un adeguato ed approfondito riesame dell'istanza dell'appellante, onde verificare l'effettiva necessità del nulla-osta idrogeologico e la competenza dell'Ispettorato ripartimentale forestale di Messina a pronunciarsi sulla relativa questione.

IV. Il terzo motivo di appello.

IV.1. Con il terzo motivo di appello si lamenta l'erroneità della sentenza impugnata nella parte in cui non ha accolto la censura volta a contestare la necessità del chiesto nulla-osta a fronte delle previsioni della normativa di riferimento.

Secondo, infatti, l'appellante sarebbe applicabile l'art. 49, commi 5, 6 e 7, l.r. n. 13/1986 con la conseguenza che, qualora fosse ritenuta necessaria l'acquisizione del nulla-osta idrogeologico, avrebbe dovuto provvedere l'Assessorato regionale d'ufficio, tanto più considerata, nella circostanza, la sua competenza al rilascio proprio del nulla-osta in questione.

Diversamente opinando sarebbero, peraltro, violati gli artt. 6 e 14 l. n. 241/1990, poiché l'Assessorato avrebbe dovuto concedere il soccorso istruttorio o indire un'apposita conferenza di servizi.

IV.2. Il T.A.R. ha ritenuto il motivo infondato poiché la presentazione di tutti i nulla-osta e documenti preventivi alla costruzione dell'opera costituiva condizione necessaria per l'ammissibilità dei progetti partecipanti al bando e, quindi, la produzione posteriore di qualsiasi documento essenziale avrebbe violato il bando e leso la par condicio dei concorrenti, equiparando il soggetto diligente a quello manchevole.

IV.3. L'appellante critica la decisione del T.A.R. perché il progetto era cantierabile così come presentato e, qualora si ritenesse indispensabile l'acquisizione del nulla-osta idrogeologico, sarebbe il bando ad essere illegittimo per violazione dei commi 6 e 7 l.r. n. 13/1986 e degli artt. 6 e 14 l. n. 241/1990.

IV.4. Il motivo è infondato.

IV.4.1. In primo luogo occorre precisare che la disciplina del finanziamento in questione rinviene la sua fonte nella normativa unionale ed esattamente nel regolamento n. 1305 del 17 dicembre 2013 dell'Unione europea, espressamente richiamato nell'art. 1 del bando (doc. 5 fasc. T.A.R. del ricorrente, depositato il 29 novembre 2018).

L'art. 49 del predetto regolamento demanda all'Autorità di gestione del programma di sviluppo rurale la definizione dei criteri di selezione degli interventi nell'ottica di garantire la parità di trattamento dei richiedenti, un migliore utilizzo delle risorse finanziarie e una maggiore rispondenza delle misure alle priorità dell'Unione in tema di sviluppo rurale, nel rispetto del principio di proporzionalità.

Il che esclude l'applicabilità della disciplina contemplata dalla l.r. 25 marzo 1986, n. 13 (dedicata agli interventi in tema di credito agrario) se non espressamente richiamata dal bando.

Nella fattispecie, l'art. 4 del bando imponeva che i progetti fossero completi della documentazione prevista al paragrafo 14.1 delle disposizioni attuative della misura 4.3, azione 1, del p.r.s. Sicilia 2014/2020 approvate con d.d.g. n. 1030 del 31 agosto 2016 e modificate dal d.d.g. n. 1438 del 31 ottobre 2016.

L'art. 14.1 delle predette disposizioni attuative (doc. 6 fasc. T.A.R. del ricorrente, depositato il 29 novembre 2018), a sua volta, chiariva che "Il progetto presentato deve essere esecutivo e quindi prontamente cantierabile, pertanto, alla domanda dovrà essere allegata, in triplice copia (di cui una come copia conforme a quella inoltrata agli Enti che hanno rilasciato le autorizzazioni con l'attestazione datata e firmata dal progettista: Copia conforme a/ai Nulla Osta e/o Autorizzazione N... Del... Rilasciata da... Il ...), tutta la documentazione necessaria per la immediata esecuzione delle opere, ivi compresa quella comprovante l'attribuzione del punteggio", richiamando al punto 5/S soltanto l'art. 49, comma 5, l.r. n. 13/1986, secondo cui "Le istanze ed i relativi elaborati progettuali debbono essere corredati da una dichiarazione rilasciata dal progettista sotto la propria responsabilità professionale attestante che le opere progettate sono conformi alle norme e ai regolamenti che disciplinano le diverse materie interessate".

La disciplina, dunque, prevista dall'art. 49, commi 6 e 7, l.r. n. 13/1986 non è applicabile alla fattispecie in esame, poiché non espressamente richiamata.

Alle medesime conclusioni deve pervenirsi con riguardo alla dedotta violazione degli artt. 6 e 14 l. n. 241/1990, tanto più considerato che il soccorso istruttorio non può essere genericamente ammesso nell'ambito delle procedure selettive, come quelle in questione, poiché potenzialmente idoneo ad alterare la par condicio tra i concorrenti.

Pertanto, considerato che il nulla-osta rientrava tra i documenti che dovevano essere allegati unitamente alla domanda e che le previsioni del bando implicanti siffatto adempimento non possono ritenersi illegittime in relazione ai parametri invocati dall'appellante, il motivo è destituito di fondamento.

V. Conclusioni sulla domanda di annullamento ed effetto conformativo.

V.1. L'appello è in parte fondato e, pertanto, va parzialmente accolto con conseguente annullamento del provvedimento impugnato per difetto di motivazione con riguardo ai profili esaminati al punto III.

V.2. Il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana precisa, ai sensi dell'art. 34, comma 1, lett. e), c.p.a., che l'effetto conformativo scaturente dall'accoglimento dell'appello implica per l'Amministrazione il riesame dell'istanza dell'appellante onde verificare, ai sensi del punto III.5, anzitutto la propria competenza a rilasciare il nulla-osta in questione e, poi, se per il progetto proposto sia effettivamente richiesto il preventivo rilascio del nulla-osta idrogeologico.

V.3. Donde, il rigetto, allo stato, per infondatezza della domanda di risarcimento in forma specifica volta ad ottenere l'inserimento dell'appellante nella graduatoria e la concessione del chiesto finanziamento.

VI. Le spese processuali.

VI.1. L'esito della controversia contraddistinto da una reciproca soccombenza scaturente dal parziale accoglimento della domanda di annullamento, con salvezza delle ulteriori determinazioni dell'Amministrazione, e dal rigetto della domanda di risarcimento del danno in forma specifica giustifica l'integrale compensazione delle spese processuali del doppio grado di giudizio tra le parti in causa.

P.Q.M.

Il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, sezione giurisdizionale, definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie in parte e, per l'effetto, riforma la sentenza impugnata ed, in parziale accoglimento del ricorso di primo grado, annulla il provvedimento impugnato, salve le ulteriori determinazioni della Pubblica Amministrazione.

Rigetta la domanda di risarcimento del danno in forma specifica.

Compensa per intero le spese del doppio grado di giudizio tra le parti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Note

La presente decisione ha per oggetto TAR Sicilia, sez. I, sent. n. 3027/2021.