Consiglio di Stato
Sezione V
Sentenza 13 gennaio 2025, n. 163
Presidente: Lotti - Estensore: Santini
FATTO E DIRITTO
1. Si controverte su un'ordinanza comunale (n. 124 del 26 novembre 2019) con cui era stato imposto alla sig.ra V., vicina di casa dei signori V.R., la bonifica e la messa in sicurezza del proprio terreno sovrastante quello dei medesimi signori V.R. i quali, a causa del pericolo incombente, erano stati costretti nel 2019 a sgomberare e dunque ad abbandonare la propria abitazione.
L'ordinanza stessa prevedeva che, in caso di inadempimento della V., il Comune avrebbe eseguito in danno i necessari lavori di messa in sicurezza del terreno sovrastante l'abitazione dei V.R.
Poiché la V., al mese di ottobre 2023, risultava ancora inadempiente (anche dopo un giudizio dinanzi al T.A.R. e poi davanti al Consiglio di Stato i quali avevano confermato la legittimità della suddetta ordinanza comunale), i signori V.R. inoltravano diffida al Comune di Zagarolo affinché quest'ultimo provvedesse in sostituzione della V. (come del resto previsto nella richiamata ordinanza comunale).
2. Dinanzi al silenzio della P.A., i V.R. ricorrevano ai sensi degli artt. 31 e 117 c.p.a. davanti al T.A.R. Lazio che, con la sentenza qui gravata, accoglieva il gravame ed ordinava al Comune di provvedere in sostituzione ossia mediante esecuzione in danno della inadempiente V.
3. La sentenza di primo grado veniva appellata dinanzi a questo Consiglio di Stato per erroneità nella parte in cui non sarebbe stato considerato che l'intervento sostitutivo comunale avrebbe costituito mera facoltà del Comune stesso, ai sensi dell'art. 54, comma 7, del t.u.e.l., nonché nella parte in cui non sarebbe stato considerato che alcun principio di attività era stato intrapreso in questo senso (ossia esecuzione in danno da parte del Comune).
4. Si costituivano in giudizio gli appellati sig.ri V.R. la cui difesa, nel richiedere il rigetto del gravame, sollevava comunque eccezione di irricevibilità dell'appello per tardività.
5. Alla camera di consiglio del 9 gennaio 2025 le parti rassegnavano le proprie rispettive conclusioni ed il ricorso in appello veniva infine trattenuto in decisione.
6. Tutto ciò premesso l'appello si rivela tardivamente proposto dal momento che: a) la sentenza di primo grado è stata notificata in data 2 luglio 2024; b) l'appello è stato notificato il successivo 27 settembre 2024; c) pertanto trova applicazione quel dato orientamento secondo cui: "la regola del dimezzamento dei termini tipica dei riti camerali non cautelari (silenzio, accesso, ottemperanza, ecc.) trova integrale applicazione in tutti i relativi giudizi di impugnazione (tra cui quello di revocazione), senza alcuna eccezione per la notifica del ricorso introduttivo, il cui termine, pertanto, sarà di trenta giorni decorrenti dalla notifica della sentenza e, in difetto di notificazione, di tre mesi decorrenti dalla pubblicazione della sentenza (in tal senso, cfr. C.d.S., Sez. IV, 26 marzo 2021, n. 2571, che richiama C.d.S., Sez. III, 14 dicembre 2011, n. 6572 in materia di dimezzamento del termine per il deposito del ricorso in appello)" (C.d.S., Sez. IV, 10 settembre 2024, n. 7502).
7. Osserva altresì il collegio che, oltre ad essere irricevibile, l'appello sarebbe stato comunque infondato anche nel merito dal momento che: a) l'uso del verbo servile "può", all'interno dell'art. 54, comma 7, del t.u.e.l. (allorché si prevede l'esecuzione in danno dei destinatari inadempienti di un'ordinanza comunale), non significa mera facoltà di intervento della P.A. ma soltanto apprezzamento discrezionale dei presupposti di fatto onde intervenire, ossia inadempimento del destinatario dell'ordinanza e persistente situazione di pericolo. Una volta che tali presupposti di fatto sussistono (e in questo caso pacificamente sussistono) allora l'intervento dell'amministrazione non è mera facoltà ma obbligo (si veda in questo senso il paragrafo 1.8 della circolare P.C.m. 2 maggio 2001 sulle regole di drafting normativo); b) l'esecuzione in danno era stata effettivamente avviata con delibera di giunta comunale n. 142 del 2020.
8. In conclusione il ricorso in appello deve essere dichiarato irricevibile in quanto tardivamente proposto. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo dichiara irricevibile.
Condanna l'appellante amministrazione comunale alla rifusione delle spese di lite, da quantificare nella complessiva somma di euro 3.500 (tremilacinquecento/00), oltre IVA e CPA.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Note
La presente decisione ha per oggetto TAR Lazio, sez. II, sent. n. 13232/2024.