Consiglio di Stato
Sezione III
Sentenza 29 gennaio 2025, n. 715
Presidente: Greco - Estensore: Prossomariti
FATTO E DIRITTO
La Casa di cura Maria Rosaria s.p.a. (d'ora in avanti Casa di cura) ha impugnato, con ricorso straordinario al Capo dello Stato, le deliberazioni dell'ASL Napoli 3 Sud nn. 756 e 757 del 27 giugno 2023, aventi ad oggetto la ridefinizione della Regressione Tariffaria Unica (RTU) anno 2012 e 2011 della Macroarea di assistenza specialistica ambulatoriale, unitamente agli atti presupposti e connessi, chiedendone l'annullamento.
A fronte dell'opposizione della controinteressata Clinica Stabia s.p.a., il ricorso è stato trasposto in sede giurisdizionale, di fronte al T.A.R. Campania, sede di Napoli.
Con sentenza n. 3229/2024 il T.A.R. ha dichiarato il ricorso inammissibile per difetto di giurisdizione. In particolare, il giudice campano, richiamando le ordinanze delle Sezioni unite della Corte di cassazione del 21 novembre 2023, nn. 32259 e 32265, ha rilevato che gli atti impugnati si limitano ad indicare l'importo di un pagamento dovuto per un credito certo, liquido ed esigibile; essi sarebbero quindi atti paritetici strumentali alla definizione del rapporto di credito di cui la ASL si ritiene titolare, con la conseguenza che la loro contestazione rientrerebbe nell'ambito della cognizione del giudice ordinario.
Avverso la predetta sentenza ha interposto appello la Casa di cura, chiedendo che sia dichiarata la giurisdizione del giudice amministrativo e che la causa sia rimessa al giudice di primo grado. In sintesi, secondo l'appellante, il T.A.R. non avrebbe correttamente inquadrato la fattispecie in esame rispetto ai principi enunciati dalle citate ordinanze della Cassazione. Infatti, a differenza di quanto avvenuto nei giudizi decisi dalla Suprema Corte, nel caso in esame, ad essere impugnati con specifiche censure, sono i provvedimenti a monte che hanno deciso la regressione tariffaria e stabilito i criteri per calcolarla.
Si è costituita in giudizio la ASL Napoli 3 Sud, chiedendo il rigetto dell'appello e la conferma della giurisdizione del giudice ordinario.
L'appello è fondato.
La Corte di cassazione, nell'ordinanza n. 32259/2023 ha ricordato come «proprio in materia di regressione tariffaria, la giurisdizione è stata devoluta al giudice ordinario, avendo la controversia quale oggetto soltanto l'effettiva debenza dei corrispettivi maturati in favore del concessionario del servizio senza coinvolgere una verifica dell'azione autoritativa della P.A.»; ciò però con riferimento a controversie caratterizzate da doglianze vertenti «sulle modalità e i tempi con cui è stata disposta la regressione tariffaria e che, pertanto, non investono i provvedimenti a monte che hanno deciso la regressione tariffaria e stabilito i criteri per calcolarla».
È quindi meritevole di conferma quell'orientamento giurisprudenziale secondo cui «le controversie aventi ad oggetto la decisione delle modalità di determinazione della regressione tariffaria unica (R.T.U.), quale espressione di potere autoritativo, rientrano nell'ambito della giurisdizione - oltretutto esclusiva - del giudice amministrativo in materia di servizi pubblici [...] attualmente ai sensi dell'art. 133, comma 1, lett. c), c.p.a.: alla quale si sottraggono le sole controversie aventi ad oggetto la contestazione della mera quantificazione e concreta debenza delle somme computate dall'Amministrazione a titolo di regressione (cfr. C.d.S., Sez. III, 13 settembre 2021, n. 6279; 30 agosto 2021, n. 6066; 30 ottobre 2019, n. 7426; 19 ottobre 2018, n. 6495)» (C.d.S., sent. n. 2792/2023).
Dalla lettura del ricorso emerge come l'odierna appellante abbia censurato i criteri di calcolo della RTU 2011 e 2012, denunciando come gli stessi criteri (in tesi illegittimi) si ripercuotano anche su quanto disposto per gli anni successivi. In particolare si è stigmatizzato come, per il 2011, sia stato utilizzato un diverso criterio rispetto alla rideterminazione per il 2010 (operata a seguito della sentenza di questo Consiglio di Stato n. 3806/2020), attribuendo rilevanza al momento in cui durante l'anno le strutture nel loro complesso hanno raggiunto il fatturato di branca, senza tenere in considerazione quali di queste avessero operato correttamente e quali avessero realizzato, nei primi mesi dell'anno, quello che sarebbe dovuto essere il fatturato annuale. Quanto al 2012, la ASL avrebbe riproposto i medesimi valori di cui alla delibera n. 796/2018, annullata dal T.A.R. Campania.
Ciò, sempre secondo le prospettazioni dell'odierna appellante, integrerebbe, appunto, anche violazione di giudicato rispetto a due sentenze (C.d.S., n. 3806/2020 e T.A.R. Campania, sede di Napoli, n. 56/2021) emesse dal giudice amministrativo nell'ambito di giudizi tra l'odierna appellante e l'odierna parte appellata.
In questo caso, dunque, la pretesa a una diversa determinazione delle poste patrimoniali risulta una mera conseguenza del diverso criterio che, secondo la Casa di cura, la ASL avrebbe dovuto seguire nella determinazione della RTU.
È chiaro dunque che il ricorso, nel suo petitum sostanziale, è volto a censurare le modalità con cui è stato esercitato un potere pubblicistico, il che, tanto più in una materia rientrante nella giurisdizione esclusiva, non può che implicare la giurisdizione del giudice amministrativo.
L'appello merita, dunque, di essere accolto, ai sensi dell'art. 105, comma 2, c.p.a., con conseguente annullamento della sentenza impugnata e rinvio al primo giudice, dinanzi al quale la causa dovrà essere riassunta.
Considerata la particolarità della controversia, le spese del doppio grado di giudizio possono essere compensate.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l'effetto, annulla con rinvio la sentenza di primo grado.
Spese compensate.
Ordina che la pubblica amministrazione dia esecuzione alla presente decisione.
Note
La presente decisione ha per oggetto TAR Campania, sez. I, sent. n. 3229/2024.