Corte di giustizia dell'Unione Europea
Grande Sezione
Sentenza 3 giugno 2025

Presidente: Lenaerts - Relatore: Piçarra

«Rinvio pregiudiziale - Spazio di libertà, sicurezza e giustizia - Controlli alle frontiere, asilo e immigrazione - Direttiva 2002/90/CE - Illecito di favoreggiamento dell'ingresso, del transito e del soggiorno illegali - Articolo 1, paragrafo 1, lettera a) - Interpretazione conforme alla Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea - Articolo 7 - Rispetto della vita privata e familiare - Articolo 24 - Diritti dei minori - Articolo 52, paragrafo 1 - Lesione del contenuto essenziale dei diritti fondamentali - Articolo 18 - Diritto di asilo - Persona che fa entrare illegalmente nel territorio di uno Stato membro minori cittadini di paesi terzi che la accompagnano e di cui è effettivamente affidataria».

Nella causa C‑460/23 [Kinsa] (*), avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell'articolo 267 TFUE, dal Tribunale di Bologna (Italia), con ordinanza del 17 luglio 2023, pervenuta in cancelleria il 21 luglio 2023, nel procedimento penale a carico di OB, con l'intervento di: Procura della Repubblica presso il Tribunale di Bologna.

[...]

1. La domanda di pronuncia pregiudiziale verte, da un lato, sull'interpretazione dell'articolo 52, paragrafo 1, della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea (in prosieguo: la «Carta»), in combinato disposto con gli articoli 2, 3, 6, 7, 17 e 18 di quest'ultima, e, dall'altro, sulla validità, alla luce di tali disposizioni, della direttiva 2002/90/CE del Consiglio, del 28 novembre 2002, volta a definire il favoreggiamento dell'ingresso, del transito e del soggiorno illegali (GU 2002, L 328, pag. 17), e della decisione quadro 2002/946/GAI del Consiglio, del 28 novembre 2002, relativa al rafforzamento del quadro penale per la repressione del favoreggiamento dell'ingresso, del transito e del soggiorno illegali (GU 2002, L 328, pag. 1).

2. La domanda in parola è stata presentata nell'ambito di un procedimento penale avviato a carico di OB, cittadina di un paese terzo, per favoreggiamento dell'ingresso illegale nel territorio italiano di due minori cittadine di tale paese terzo che la accompagnavano e di cui è effettivamente affidataria.

Contesto normativo

Diritto internazionale

Convenzione di Ginevra

3. L'articolo 31 della Convenzione relativa allo status dei rifugiati, firmata a Ginevra il 28 luglio 1951 [Recueil des traités des Nations unies, vol. 189, pag. 150, n. 2545 (1954)], entrata in vigore il 22 aprile 1954 e completata dal protocollo relativo allo status dei rifugiati, concluso a New York il 31 gennaio 1967, entrato in vigore il 4 ottobre 1967 (in prosieguo: la «convenzione di Ginevra»), intitolato «Rifugiati in situazione irregolare nel Paese di accoglimento», al paragrafo 1 prevede quanto segue:

«Gli Stati contraenti non applicheranno sanzioni penali per ingresso o soggiorno irregolare a quei rifugiati che, provenienti direttamente dal paese in cui la loro vita o la loro libertà era minacciata nel senso previsto dall'articolo 1, entrano o si trovano sul loro territorio senza autorizzazione, purché si presentino senza indugio alle autorità ed espongano ragioni ritenute valide per il loro ingresso o la loro presenza».

Protocollo di Palermo sul traffico di migranti

4. Il protocollo per combattere il traffico di migranti per via terrestre, aerea e marittima, addizionale alla convenzione delle Nazioni Unite contro la criminalità organizzata transnazionale, è stato firmato dalla Comunità europea il 12 dicembre 2000, conformemente alla decisione 2001/87/CE del Consiglio, dell'8 dicembre 2000 (GU 2001, L 30, pag. 44; in prosieguo: il «protocollo di Palermo sul traffico di migranti»). Tale protocollo è stato approvato con la decisione 2006/616/CE del Consiglio, del 24 luglio 2006 (GU 2006, L 262, pag. 24), nella misura in cui alle disposizioni del suddetto protocollo si applicavano gli articoli 179 e 181A CE, e dalla decisione 2006/617/CE del Consiglio, del 24 luglio 2006 (GU 2006, L 262, pag. 34), nella misura in cui dette a disposizioni si applicava la terza parte, titolo IV, del trattato CE. L'articolo 2 del protocollo di Palermo sul traffico di migranti così dispone:

«Lo scopo del presente Protocollo è di prevenire e combattere il traffico di migranti, nonché quello di promuovere la cooperazione tra gli Stati Parte a tal fine, tutelando al contempo i diritti dei migranti oggetto di tale traffico».

Convenzione sui diritti del fanciullo

5. L'articolo 27, paragrafo 2, della Convenzione sui diritti del fanciullo, adottata dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite il 20 novembre 1989 (Recueil des traités des Nations unies, vol. 1577, pag. 3), così dispone:

«Al genitore, ai genitori o ad altre persone che hanno l'affidamento del fanciullo spetta la responsabilità fondamentale di assicurare, entro i limiti delle loro possibilità e dei loro mezzi economici, le condizioni di vita necessarie allo sviluppo del fanciullo».

Diritto dell'Unione

Carta

6. Ai sensi dell'articolo 7 della Carta, intitolato «Rispetto della vita privata e della vita familiare»:

«Ogni persona ha diritto al rispetto della propria vita privata e familiare, del proprio domicilio e delle proprie comunicazioni».

7. L'articolo 18 della Carta è formulato come segue: «Il diritto di asilo è garantito nel rispetto delle norme stabilite dalla [convenzione di Ginevra] e a norma del trattato [UE] e del trattato [FUE] (...)».»

8. L'articolo 24 della Carta, intitolato «Diritti del minore», così dispone:

«1. I minori hanno diritto alla protezione e alle cure necessarie per il loro benessere. Essi possono esprimere liberamente la propria opinione. Questa viene presa in considerazione sulle questioni che li riguardano in funzione della loro età e della loro maturità.

2. In tutti gli atti relativi ai minori, siano essi compiuti da autorità pubbliche o da istituzioni private, l'interesse superiore del minore deve essere considerato.

3. Il minore ha diritto di intrattenere regolarmente relazioni personali e contatti diretti con i due genitori, salvo qualora ciò sia contrario al suo interesse».

9. L'articolo 52 della Carta, intitolato «Portata e interpretazione dei diritti e dei principi», al paragrafo 1 prevede quanto segue:

«Eventuali limitazioni all'esercizio dei diritti e delle libertà riconosciuti dalla presente Carta devono essere previste dalla legge e rispettare il contenuto essenziale di detti diritti e libertà. Nel rispetto del principio di proporzionalità, possono essere apportate limitazioni solo laddove siano necessarie e rispondano effettivamente a finalità di interesse generale riconosciute dall'Unione o all'esigenza di proteggere i diritti e le libertà altrui».

Direttiva 2002/90

10. I considerando da 1 a 5 della direttiva 2002/90 così recitano:

«(1) Uno degli obiettivi che l'Unione europea si prefigge è l'istituzione progressiva di uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia che implica, in particolare, la lotta all'immigrazione clandestina.

(2) Occorre pertanto adottare misure volte a combattere l'attività di favoreggiamento dell'immigrazione clandestina, tanto se correlata all'attraversamento illegale della frontiera in senso stretto quanto se perpetrata allo scopo di alimentare le reti di sfruttamento di esseri umani.

(3) In tale prospettiva, è essenziale pervenire ad un ravvicinamento delle disposizioni giuridiche vigenti, in particolare, da un lato, la definizione precisa dell'illecito e delle relative circostanze esimenti oggetto della presente direttiva e, dall'altro, le regole minime per le sanzioni previste, (...) oggetto della decisione quadro [2002/946].

(4) La presente direttiva è volta a definire il favoreggiamento dell'immigrazione clandestina e a rendere pertanto più efficace l'applicazione della decisione quadro [2002/946] al fine di reprimere tale reato.

(5) La presente direttiva integra altri strumenti adottati per combattere l'immigrazione clandestina, il lavoro illegale, la tratta degli esseri umani e lo sfruttamento sessuale dei bambini».

11. L'articolo 1 di tale direttiva, intitolato «Comportamenti illeciti», dispone quanto segue:

«1. Ciascuno Stato membro adotta sanzioni appropriate:

a) nei confronti di chiunque intenzionalmente aiuti una persona che non sia cittadino di uno Stato membro ad entrare o a transitare nel territorio di uno Stato membro in violazione della legislazione di detto Stato relativa all'ingresso o al transito degli stranieri;

(...)

2. Ciascuno Stato [m]embro può decidere di non adottare sanzioni riguardo ai comportamenti di cui al paragrafo 1, lettera a), applicando la legislazione e la prassi nazionali nei casi in cui essi abbiano lo scopo di prestare assistenza umanitaria alla persona interessata».

Decisione quadro 2002/946

12. L'articolo 1 della decisione quadro 2002/946, intitolato «Sanzioni», al paragrafo 1 prevede quanto segue:

«Ciascuno Stato membro adotta le misure necessarie affinché gli illeciti definiti negli articoli 1 e 2 della direttiva [2002/90] siano passibili di sanzioni penali effettive, proporzionate e dissuasive che possono comportare l'estradizione».

13. Ai sensi dell'articolo 6 di tale decisione quadro, intitolato «Diritto internazionale relativo ai rifugiati»:

«L'applicazione della presente decisione quadro non pregiudica la protezione concessa ai rifugiati e ai richiedenti asilo conformemente al diritto internazionale relativo ai rifugiati o ad altri strumenti internazionali sui diritti dell'uomo, e in particolare l'osservanza da parte degli Stati membri delle loro obbligazioni internazionali ai sensi degli articoli 31 e 33 della [convenzione di Ginevra]».

Direttiva 2011/95/UE

14. I considerando 16 e 18 della direttiva 2011/95/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 dicembre 2011, recante norme sull'attribuzione, a cittadini di paesi terzi o apolidi, della qualifica di beneficiario di protezione internazionale, su uno status uniforme per i rifugiati o per le persone aventi titolo a beneficiare della protezione sussidiaria, nonché sul contenuto della protezione riconosciuta (GU 2011, L 337, pag. 9) sono così formulati:

«(16) (...) Essa mira in particolare ad assicurare il pieno rispetto della dignità umana, il diritto di asilo dei richiedenti asilo e dei familiari al loro seguito e a promuovere l'applicazione degli articoli 1, 7, 11, 14, 15, 16, 18, 21, 24, 34 e 35 [della Carta], e dovrebbe pertanto essere attuata di conseguenza.

(...)

(18) Nell'applicare la presente direttiva gli Stati membri dovrebbero attribuire fondamentale importanza all'"interesse superiore del minore", in linea con la [convenzione sui diritti del fanciullo]. Nel valutare l'interesse superiore del minore gli Stati membri dovrebbero tenere debitamente presenti, in particolare, il principio dell'unità del nucleo familiare (...)».

15. L'articolo 23, di tale direttiva, intitolato «Mantenimento dell'unità del nucleo familiare», al paragrafo 1, prevede quanto segue:

«Gli Stati membri provvedono a che possa essere preservata l'unità del nucleo familiare».

Direttiva 2013/33/UE

16. Il considerando 9 della direttiva 2013/33/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, recante norme relative all'accoglienza dei richiedenti protezione internazionale (rifusione) (GU 2013, L 180, pag. 96), recita quanto segue:

«Nell'applicare la presente direttiva gli Stati membri dovrebbero provvedere affinché la direttiva rispetti pienamente i principi dell'interesse superiore del minore e dell'unità familiare, conformemente alla [Carta], alla [convenzione sui diritti del fanciullo] e alla convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali[, firmata a Roma il 4 novembre 1950,] rispettivamente».

Codice frontiere Schengen

17. L'articolo 3 del regolamento (UE) 2016/399 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 9 marzo 2016, che istituisce un codice unionale relativo al regime di attraversamento delle frontiere da parte delle persone (codice frontiere Schengen) (GU 2016, L 77, pag. 1; in prosieguo: il «codice frontiere Schengen»), intitolato «Campo di applicazione», è così formulato:

«Il presente regolamento si applica a chiunque attraversi le frontiere interne o esterne di uno Stato membro, senza pregiudizio:

(...)

b) dei diritti dei rifugiati e di coloro che richiedono protezione internazionale, in particolare per quanto concerne il non respingimento».

18. L'articolo 4 del codice frontiere Schengen, intitolato «Diritti fondamentali», così dispone:

«In sede di applicazione del presente regolamento, gli Stati membri agiscono nel pieno rispetto del pertinente diritto unionale, compresa la [Carta], del pertinente diritto internazionale, compresa la [convenzione di Ginevra], degli obblighi inerenti all'accesso alla protezione internazionale, in particolare il principio di non-refoulement (non respingimento), e dei diritti fondamentali. (...)».

Diritto italiano

19. L'articolo 12 del decreto legislativo n. 286 - Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, del 25 luglio 1998 (supplemento ordinario alla GURI n. 191, del 18 agosto 1998), nella versione applicabile ai fatti del procedimento principale (in prosieguo: il «testo unico sull'immigrazione»), intitolato «Disposizioni contro le immigrazioni clandestine», ai commi 1 e 2, così dispone:

«1. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque, in violazione delle disposizioni del presente testo unico, promuove, dirige, organizza, finanzia o effettua il trasporto di stranieri nel territorio dello Stato ovvero compie altri atti diretti a procurarne illegalmente l'ingresso nel territorio dello Stato, ovvero di altro Stato del quale la persona non è cittadina o non ha titolo di residenza permanente, è punito con la reclusione da uno a cinque anni e con la multa di 15 000 euro per ogni persona.

2. Fermo restando quanto previsto dall'articolo 54 del codice penale, non costituiscono reato le attività di soccorso e assistenza umanitaria prestate in Italia nei confronti degli stranieri in condizioni di bisogno comunque presenti nel territorio dello Stato».

Procedimento principale e questioni pregiudiziali

20. Il 27 agosto 2019, OB si è presentata alla frontiera aerea di Bologna (Italia), in arrivo con un volo proveniente da un paese terzo, accompagnata da due minori, di otto e tredici anni. Tutte erano in possesso di passaporti falsi.

21. Il 28 agosto 2019, OB è stata arrestata e, su disposizione del Tribunale per i minorenni (Italia), le due minori sono state affidate a una comunità. È stato avviato un procedimento nei confronti di OB dinanzi al Tribunale di Bologna (Italia), giudice del rinvio, per il reato di favoreggiamento dell'ingresso illegale di cittadini di un paese terzo, previsto all'articolo 12, comma 1, del testo unico sull'immigrazione, in concorso con il reato di possesso di documenti di identificazione falsi, previsto dall'articolo 497 bis del codice penale. OB non è invece sottoposta a procedimenti penali per il reato di ingresso illegale nel territorio italiano.

22. Il 29 agosto 2019, all'udienza di convalida del suo arresto dinanzi al giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Bologna, OB ha dichiarato di essere fuggita dal suo paese di origine per sottrarsi alle minacce di morte rivolte a lei e alla sua famiglia dall'ex compagno. OB ha altresì dichiarato di temere per l'incolumità delle minori che l'accompagnavano, ossia, a suo dire, sua figlia e sua nipote, che le era stata affidata a seguito del decesso della madre.

23. Con ordinanza dello stesso giorno, il giudice per le indagini preliminari ha convalidato l'arresto di OB e ha respinto la richiesta del pubblico ministero di applicazione della misura cautelare della custodia in carcere. Tale rigetto è stato confermato in appello, per il motivo che nessun elemento consentiva di dubitare della veridicità delle dichiarazioni rese da OB nella fase delle indagini preliminari.

24. Il 9 ottobre 2019, OB ha presentato una domanda di protezione internazionale. Il procedimento relativo a tale domanda non era ancora concluso alla data di proposizione della domanda di pronuncia pregiudiziale.

25. Con decisione del 30 settembre 2021, il Tribunale per i minorenni ha constatato, a seguito di un esame medico-legale, l'esistenza di un legame di filiazione tra OB e una delle due minori, cosicché a OB è stata riconosciuta la responsabilità genitoriale su tale minore. Per contro, detto giudice non ha potuto accertare l'esistenza di un legame di parentela tra OB e l'altra minore, avendo quest'ultima, il 10 settembre 2019, lasciato di propria iniziativa la comunità a cui era stata affidata.

26. Il giudice del rinvio rileva che, secondo la relazione dei servizi sociali redatta a seguito dei colloqui con le due minori, la seconda minore è effettivamente la nipote di OB ed è stata affidata a quest'ultima a seguito del decesso di sua madre. Esso constata che le due minori sono «sottoposte alla [...] tutela» di OB.

27. Il giudice in parola ritiene che la condotta di OB diretta a far entrare illegalmente le due minori nel territorio italiano rientri, sul piano sostanziale, nella fattispecie di reato prevista al comma 1 dell'articolo 12 del testo unico sull'immigrazione e non in quella del comma 2 di detto articolo 12, in quanto quest'ultima disposizione prevede che solo «le attività di soccorso e assistenza umanitaria prestate in Italia nei confronti degli stranieri in condizioni di bisogno comunque presenti nel territorio dello Stato» non costituiscono reato.

28. Il giudice del rinvio deduce da quanto precede che detto articolo 12 è contrario al principio di proporzionalità derivante dall'articolo 52, paragrafo 1, della Carta sotto il profilo non solo della necessità della compressione dei diritti fondamentali garantiti agli articoli 2, 3, 6, 7, 17 e 18 della Carta, al fine di perseguire gli obiettivi previsti dalla direttiva 2002/90 e dalla decisione quadro 2002/946, ma anche sotto il profilo del ragionevole bilanciamento fra i contrapposti interessi meritevoli di tutela.

29. Secondo tale giudice, sebbene una condotta come quella di OB sia esclusa dall'ambito di applicazione dell'articolo 12, comma 2, del testo unico sull'immigrazione, essa potrebbe tuttavia essere qualificata come atto posto in essere a fini di «assistenza umanitaria», ai sensi dell'articolo 1, paragrafo 2, della direttiva 2002/90. Pertanto, tale condotta non dovrebbe rientrare nell'ambito di applicazione dell'articolo 1, paragrafo 1, lettera a), della direttiva in parola, poiché consiste nell'agevolare l'esercizio, da parte delle minori interessate, in primo luogo, del loro diritto alla vita, all'integrità fisica nonché alla libertà e alla sicurezza, garantiti rispettivamente dagli articoli 2, 3 e 6 della Carta, dal momento che tali diritti sono minacciati nel loro paese d'origine, in secondo luogo, del loro diritto al rispetto della vita familiare, garantito dall'articolo 7 della Carta, tenuto conto dei legami di filiazione e di parentela esistenti tra OB e le minori di cui si tratta e, in terzo luogo, del loro diritto di asilo, garantito dall'articolo 18 della Carta, in relazione alla domanda di protezione internazionale presentata da OB.

30. Tuttavia, tenuto conto della conformità dell'articolo 12, comma 1, del testo unico sull'immigrazione all'«assetto normativo dettato dalla direttiva 2002/90 e dalla decisione quadro 2002/946», il giudice del rinvio ritiene inopportuno escludere l'applicazione di tale disposizione in ragione dell'eventuale contrasto con l'articolo 52, paragrafo 1, della Carta. A suo avviso è piuttosto necessario interrogare la Corte tanto sull'interpretazione di tale articolo 52, paragrafo 1, in relazione all'articolo 12, comma 1, del testo unico sull'immigrazione, quanto sulla validità, alla luce della Carta, dell'articolo 1, paragrafo 1, lettera a), e paragrafo 2, della direttiva 2002/90 nonché dell'articolo 1, paragrafo 1, della decisione quadro 2002/946, poiché da queste ultime tre disposizioni risulta che esse si limitano a prevedere il diritto, e non l'obbligo, per gli Stati membri, di non configurare come reato le condotte volte a favorire l'ingresso illegale nel loro territorio quando tali condotte hanno lo scopo di fornire assistenza umanitaria.

31. In tale contesto, il Tribunale di Bologna ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1) Se la [Carta], e segnatamente il principio di proporzionalità di cui all'articolo 52 paragrafo 1, letto congiuntamente al diritto alla libertà personale e al diritto al patrimonio di cui agli articoli 6 e 17, nonché ai diritti alla vita e all'integrità fisica di cui agli articoli 2 e 3, al diritto d'asilo di cui all'articolo 18 e al rispetto della vita familiare di cui all'articolo 7, osti alle previsioni della direttiva [2002/90] e della decisione quadro [2002/946] (attuate nell'ordinamento italiano con la disciplina di cui all'articolo 12 T.U.I.), nella parte in cui impongono agli Stati membri l'obbligo di prevedere sanzioni di natura penale a carico di chiunque intenzionalmente favorisca o compia atti diretti a favorire l'ingresso di stranieri irregolari nel territorio dell'Unione, anche laddove la condotta sia posta in essere senza scopo di lucro, senza prevedere al contempo l'obbligo per gli Stati membri di escludere la rilevanza penale di condotte di favoreggiamento dell'ingresso irregolare finalizzate a prestare assistenza umanitaria allo straniero;

2) Se la [Carta], e segnatamente il principio di proporzionalità di cui all'articolo 52 paragrafo 1, letto congiuntamente al diritto alla libertà personale e al diritto al patrimonio di cui agli articoli 6 e 17, nonché ai diritti alla vita e all'integrità fisica di cui agli articoli 2 e 3, al diritto d'asilo di cui all'articolo 18 e al rispetto della vita familiare di cui all'articolo 7, osti alla previsione della fattispecie incriminatrice di cui all'articolo 12 T.U.I., nella parte in cui sanziona la condotta di chi compie atti diretti a procurare l'ingresso illegale di uno straniero nel territorio dello Stato, anche laddove la condotta sia posta in essere senza scopo di lucro, senza escludere al contempo la rilevanza penale di condotte di favoreggiamento dell'ingresso irregolare finalizzate a prestare assistenza umanitaria allo straniero».

32. Nella sua domanda di pronuncia pregiudiziale, il giudice del rinvio ha chiesto alla Corte di sottoporre la presente causa al procedimento accelerato previsto all'articolo 105 del regolamento di procedura della Corte. Con ordinanza del 10 ottobre 2023, Kinsa (C‑460/23, EU:C:2023:784), il presidente della Corte ha respinto quest'ultima domanda per il motivo che la natura della causa non richiede un suo rapido trattamento.

Sulle questioni pregiudiziali

33. Con le sue questioni, che è opportuno trattare congiuntamente, il giudice del rinvio interroga sostanzialmente la Corte sulla validità dell'articolo 1 della direttiva 2002/90 e dell'articolo 1 della decisione quadro 2002/946 alla luce della Carta, nonché sull'interpretazione di quest'ultima al fine di stabilire se essa osti alle disposizioni nazionali che hanno recepito tali articoli nell'ordinamento giuridico italiano.

34. Secondo una giurisprudenza costante, nell'ambito della procedura di cooperazione tra i giudici nazionali e la Corte istituita dall'articolo 267 TFUE, spetta a quest'ultima fornire al giudice del rinvio una soluzione utile che gli consenta di dirimere la controversia ad esso sottoposta. In tale prospettiva, spetta alla Corte, se necessario, riformulare le questioni ad essa sottoposte (sentenze del 28 novembre 2000, Roquette Frères, C‑88/99, EU:C:2000:652, punto 18, e del 20 marzo 2025, Porcellino Grasso, C‑116/24, EU:C:2025:198, punto 34). Inoltre, la Corte può essere indotta a prendere in considerazione norme di diritto dell'Unione alle quali il giudice nazionale non ha fatto riferimento nella sua questione, estraendole dall'insieme degli elementi forniti da quest'ultimo, e in particolare dalla motivazione della decisione di rinvio, gli elementi del diritto dell'Unione che richiedono un'interpretazione tenuto conto dell'oggetto della controversia [sentenze del 20 marzo 1986, Tissier, 35/85, EU:C:1986:143, punto 9, e del 22 giugno 2023, K.B. e F.S. (Rilevabilità d'ufficio di una questione in ambito penale), C‑660/21, EU:C:2023:498, punti 26 e 27 nonché giurisprudenza citata].

35. Nel caso di specie, è pacifico che a OB viene contestato dinanzi al giudice del rinvio, in particolare, il reato di favoreggiamento dell'ingresso illegale nel territorio italiano, previsto all'articolo 12, comma 1, del testo unico sull'immigrazione - il quale recepisce nell'ordinamento giuridico italiano l'articolo 1, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 2002/90 nonché l'articolo 1, paragrafo 1, della decisione quadro 2002/946 -, per aver fatto entrare illegalmente nel territorio di dello Stato in parola due minori cittadine di un paese terzo che la accompagnavano. Peraltro, dalle constatazioni di detto giudice risulta che tali due minori, rispettivamente figlia e nipote di OB, erano sottoposte alla «tutela» di quest'ultima.

36. In tali circostanze, occorre rilevare, da un lato, che le questioni poste si fondano sulla premessa che la condotta di OB sopra descritta rientri nei comportamenti illeciti di favoreggiamento dell'ingresso illegale, come definito dall'articolo 1, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 2002/90, e che l'articolo 12 del testo unico sull'immigrazione si limita a recepire tale disposizione di diritto dell'Unione nell'ordinamento giuridico italiano. Pertanto, qualora una disposizione della Carta osti a che tale articolo 1, paragrafo 1, lettera a), si applichi a una condotta come quella di OB, una siffatta incompatibilità inciderebbe necessariamente su detto articolo 12, se dovesse essere interpretato nel senso che esso si applica alla condotta in parola.

37. Ciò posto, occorre ricordare che, secondo un principio generale di interpretazione, un atto dell'Unione deve essere interpretato, per quanto possibile, in un modo che non pregiudichi la sua validità e in conformità con l'insieme del diritto primario e, segnatamente, con le disposizioni della Carta. Pertanto, qualora una norma di diritto derivato debba essere interpretata, occorre farlo, nei limiti del possibile, nel senso della sua conformità con le disposizioni dei Trattati e con i principi generali del diritto dell'Unione [sentenze del 21 marzo 1991, Rauh, C‑314/89, EU:C:1991:143, punto 17, e del 13 giugno 2024, Commissione/Paesi Bassi (Valutazione di compatibilità di una misura non qualificata come aiuto di Stato), C‑40/23 P, EU:C:2024:492, punto 40].

38. Dall'altro lato, occorre constatare che, tenuto conto dell'esposizione dei fatti del procedimento principale, come risultante dalla domanda di pronuncia pregiudiziale, non solo l'articolo 7 della Carta, che sancisce il diritto al rispetto della vita familiare, e l'articolo 18 della Carta, relativo alla garanzia del diritto di asilo, ai quali il giudice del rinvio fa riferimento, ma anche, come sottolineato dalla Commissione europea nelle sue osservazioni scritte dinanzi alla Corte, l'articolo 24 della Carta, che sancisce i diritti del minore, rivestono un'importanza determinante per rispondere agli interrogativi di detto giudice.

39. Occorre quindi intendere che, con le sue questioni, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, da un lato, se l'articolo 1, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 2002/90, letto alla luce, in particolare, degli articoli 7, 18 e 24 della Carta, debba essere interpretato nel senso che non rientra nei comportamenti illeciti di favoreggiamento dell'ingresso illegale la condotta di una persona che, in violazione del regime di attraversamento delle frontiere da parte delle persone, fa entrare nel territorio di uno Stato membro minori cittadini di paesi terzi che la accompagnano e di cui è effettivamente affidataria e, dall'altro, se tali articoli della Carta debbano essere interpretati nel senso che ostano a una normativa nazionale che sanziona penalmente una siffatta condotta.

40. Ai sensi dell'articolo 1, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 2002/90, ciascuno Stato membro adotta sanzioni penali appropriate «nei confronti di chiunque intenzionalmente aiuti una persona che non sia cittadino di uno Stato membro ad entrare o a transitare nel territorio di uno Stato membro in violazione della legislazione di detto Stato relativa all'ingresso o al transito degli stranieri».

41. Dalla formulazione di tale disposizione, in particolare dai termini «chiunque» e «aiuti» ivi contenuti, risulta che il legislatore dell'Unione ha definito i «comportamenti illeciti» di cui alla disposizione in parola in modo astratto, non escludendo, a priori, nessuna delle forme che può assumere il favoreggiamento dell'ingresso illegale nel territorio di uno Stato membro né alcuna delle persone in grado di fornire tale aiuto. Lo stesso vale per le persone che possono ricevere un siffatto aiuto.

42. Tale definizione aperta dei comportamenti illeciti di favoreggiamento dell'ingresso irregolare si spiega con il fatto che, come confermano i considerando 1 e 2 della direttiva 2002/90, il legislatore dell'Unione ha inteso «adottare misure volte a combattere l'attività di favoreggiamento dell'immigrazione clandestina», nelle sue diverse forme, e ciò al fine di combattere efficacemente una siffatta immigrazione, tanto se correlata all'attraversamento illegale della frontiera in senso stretto quanto se perpetrata allo scopo di alimentare le reti di sfruttamento di esseri umani. Inoltre, dai considerando 3 e 4 di tale direttiva risulta che essa mira a definire con precisione l'illecito di favoreggiamento dell'immigrazione clandestina, al fine di garantire un'attuazione efficace della decisione quadro 2002/946, che stabilisce regole minime per le sanzioni previste, la responsabilità delle persone giuridiche e la competenza giurisdizionale. Infine, dal considerando 5 di detta direttiva risulta che quest'ultima integra altri strumenti adottati per combattere l'immigrazione clandestina, il lavoro illegale, la tratta degli esseri umani e lo sfruttamento sessuale dei bambini.

43. È vero che, a prima vista, la formulazione aperta dell'articolo 1, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 2002/90 si presta a diverse interpretazioni. In particolare, sebbene tale disposizione non riguardi esplicitamente la condotta di una persona che, in violazione del regime di attraversamento delle frontiere da parte delle persone, faccia entrare nel territorio di uno Stato membro minori cittadini di paesi terzi che l'accompagnano e di cui è effettivamente affidataria, detta disposizione, in quanto tale, neppure esclude espressamente un'interpretazione secondo la quale una siffatta condotta rientra nei comportamenti illeciti da essa previsti.

44. Tuttavia, quest'ultima interpretazione non può essere accolta.

45. In primo luogo, gli obiettivi della direttiva 2002/90 depongono contro l'interpretazione sopra esposta. Infatti, come rilevato dalla Commissione nelle sue osservazioni scritte, una siffatta condotta costituisce non già un favoreggiamento dell'immigrazione clandestina, che la direttiva in parola mira a combattere, ma deriva dall'assunzione, da parte di tale persona, della responsabilità che le incombe in quanto affidataria di detti minori.

46. Tale conclusione si impone a maggior ragione, in secondo luogo, alla luce degli articoli 7 e 24 della Carta.

47. L'articolo 7 della Carta garantisce ad ogni persona il diritto, in particolare, al rispetto della sua vita familiare, fermo restando che l'esistenza di una vita familiare è una questione di fatto dipendente dalla realtà pratica di stretti legami personali e che la possibilità per un genitore e il figlio di essere insieme rappresenta un elemento fondamentale della vita familiare (sentenza del 14 dicembre 2021, Stolichna obshtina, rayon «Pancharevo», C‑490/20, EU:C:2021:1008, punto 61).

48. Quanto all'articolo 24 della Carta, il suo paragrafo 1 dispone, in particolare, che i minori hanno diritto alla protezione e alle cure necessarie per il loro benessere. Inoltre, tale articolo 24 prevede, al suo paragrafo 2, che l'interesse superiore del minore deve essere considerato preminente in tutti gli atti relativi ai minori, siano essi compiuti da autorità pubbliche o da istituzioni private. Tale disposizione si applica anche a decisioni che non hanno come destinatario il minore, ma che comportano conseguenze importanti per quest'ultimo [v., in tal senso, sentenza del 21 dicembre 2023, GN (Motivo di rifiuto fondato sull'interesse superiore del minore), C‑261/22, EU:C:2023:1017, punto 41 e giurisprudenza citata]. Infine, detto articolo 24, al suo paragrafo 3, riconosce in linea di principio a ogni minore il diritto di intrattenere regolarmente relazioni personali e contatti diretti con i due genitori.

49. Secondo una giurisprudenza costante, l'articolo 7 della Carta deve essere letto in combinato disposto con l'obbligo di prendere in considerazione l'interesse superiore del minore, sancito dall'articolo 24, paragrafo 2, della Carta, tenendo conto della necessità per il minore di intrattenere regolarmente relazioni personali di cui all'articolo 24, paragrafo 3, della stessa [v., in tal senso, sentenze del 17 novembre 2022, Belgische Staat (Rifugiata minorenne coniugata), C‑230/21, EU:C:2022:887, punto 48, nonché del 30 gennaio 2024, Landeshauptmann von Wien (Ricongiungimento familiare con un minore rifugiato), C‑560/20, EU:C:2024:96, punto 49 e giurisprudenza ivi citata].

50. Inoltre, poiché l'articolo 24 della Carta costituisce, come ricordano le spiegazioni relative a quest'ultima, un'integrazione nel diritto dell'Unione dei principali diritti del minore sanciti nella Convenzione sui diritti del fanciullo, che è stata ratificata da tutti gli Stati membri, occorre, nell'interpretazione di detto articolo, tenere debitamente conto delle disposizioni di tale convenzione (sentenza del 14 dicembre 2021, Stolichna obshtina, rayon «Pancharevo», C‑490/20, EU:C:2021:1008, punto 63). In particolare, in forza dell'articolo 27, paragrafo 2, di detta convenzione, spetta in primo luogo al genitore, ai genitori o ad altre persone che hanno l'affidamento del fanciullo, la responsabilità di assicurare, entro i limiti delle loro possibilità e dei loro mezzi economici, le condizioni di vita necessarie allo sviluppo del fanciullo.

51. Nella prospettiva degli articoli 7 e 24 della Carta, alla luce dei quali l'articolo 1, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 2002/90 deve essere interpretato, la condotta di una persona che fa entrare illegalmente nel territorio di uno Stato membro minori cittadini di paesi terzi che l'accompagnano e di cui è effettivamente affidataria non può rientrare nei comportamenti illeciti di favoreggiamento dell'ingresso illegale, di cui a quest'ultima disposizione, anche qualora la persona in parola sia, ella stessa, entrata illegalmente in tale territorio.

52. Un'interpretazione in senso contrario della disposizione in parola comporterebbe un'ingerenza particolarmente grave nel diritto al rispetto della vita familiare e dei diritti del minore, sanciti, rispettivamente, agli articoli 7 e 24 della Carta, al punto da pregiudicare il contenuto essenziale di tali diritti fondamentali, ai sensi dell'articolo 52, paragrafo 1, della Carta.

53. Infatti, ammettere che una persona possa essere punita per aver semplicemente aiutato minori, di cui è effettivamente affidataria, ad entrare illegalmente nel territorio di uno Stato membro costituirebbe una lesione di tale contenuto essenziale.

54. Una persona, come OB, che fa entrare illegalmente nel territorio di uno Stato membro minori cittadini di paesi terzi che l'accompagnano e di cui è effettivamente affidataria si limita, in linea di principio, ad assumere concretamente un obbligo inerente alla sua responsabilità personale, che si fonda sul suo rapporto familiare con detti minori, al fine di garantire loro la protezione e le cure necessarie al loro benessere nonché al loro sviluppo. La condotta di tale persona è, anzitutto, l'espressione particolare e concreta della sua responsabilità generale nei confronti dei minori in parola.

55. Di conseguenza, salvo ledere il contenuto essenziale del diritto al rispetto della vita familiare e i diritti del minore sanciti, rispettivamente, agli articoli 7 e 24 della Carta, l'articolo 1, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 2002/90 non può essere interpretato come volto a far sì che la condotta di una persona come OB, consistente nel portare con sé, al momento del suo ingresso illegale nel territorio di uno Stato membro, il proprio figlio o un altro minore di cui è effettivamente affidataria, sia qualificata come «favoreggiamento dell'ingresso illegale» in tale territorio e che sia sanzionata penalmente a detto titolo.

56. Ne consegue che, alla luce degli articoli 7 e 24 della Carta, l'articolo 1, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 2002/90 deve essere interpretato nel senso che la condotta di una persona che, in violazione del regime di attraversamento delle frontiere da parte delle persone, faccia entrare nel territorio di uno Stato membro minori cittadini di paesi terzi che l'accompagnano e di cui è effettivamente affidataria non rientra nell'ambito di applicazione dell'illecito di favoreggiamento dell'ingresso illegale.

57. In terzo luogo, tale interpretazione dell'articolo 1, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 2002/90 si impone anche alla luce dell'articolo 18 della Carta, che è pertinente qualora, come nel caso di specie, la persona interessata, una volta entrata nel territorio dello Stato membro di cui si tratta, abbia presentato una domanda di protezione internazionale.

58. A tale riguardo, occorre sottolineare, sotto un primo profilo, che, ai sensi dell'articolo 18 della Carta, il diritto di asilo è garantito nel rispetto delle norme stabilite dalla convenzione di Ginevra e conformemente al Trattato UE e al Trattato FUE. Il rispetto di tali norme si impone agli Stati membri nell'attuazione tanto della direttiva 2002/90 quanto della decisione quadro 2002/946.

59. Come confermato dall'articolo 6 della menzionata decisione quadro, l'applicazione tanto di quest'ultima quanto della direttiva 2002/90 non pregiudicano la protezione concessa ai rifugiati e ai richiedenti asilo e, in particolare, l'osservanza, da parte degli Stati membri, delle loro obbligazioni internazionali ai sensi, segnatamente, dell'articolo 31 della convenzione di Ginevra. Quest'ultimo articolo vieta a tali Stati di applicare sanzioni penali per ingresso o soggiorno irregolare a quei rifugiati che, provenienti direttamente dal paese in cui la loro vita o la loro libertà era minacciata, entrano o si trovano sul loro territorio di detti Stati senza autorizzazione, purché si presentino senza indugio alle autorità ed espongano ragioni ritenute valide per il loro ingresso o la loro presenza irregolari.

60. Sotto un secondo profilo, il codice frontiere Schengen che, conformemente al suo articolo 3, lettera b), si applica a chiunque attraversi le frontiere interne o esterne di uno Stato membro, senza pregiudizio dei diritti dei rifugiati e di coloro che richiedono protezione internazionale, in particolare per quanto concerne il non respingimento, obbliga gli Stati membri, ai sensi del suo articolo 4, ad agire «nel pieno rispetto del pertinente diritto unionale, compresa la [Carta], del pertinente diritto internazionale, compresa la [convenzione di Ginevra], degli obblighi inerenti all'accesso alla protezione internazionale, in particolare il principio di non-refoulement (non respingimento) (...)».

61. Sotto un terzo profilo, il diritto di qualsiasi cittadino di un paese terzo o apolide di presentare una domanda di protezione internazionale nel territorio di uno Stato membro, comprese le sue frontiere o le zone di transito, anche qualora egli si trovi in una situazione di soggiorno irregolare in detto territorio, deve essergli riconosciuto, a prescindere dalle possibilità di successo della sua domanda. A partire dalla presentazione di una siffatta domanda, il richiedente non può, in linea di principio, essere considerato in situazione di soggiorno irregolare nel territorio dello Stato membro in questione, fintantoché non sia stata adottata una decisione sulla sua domanda in primo grado, salvo compromettere l'effettività del diritto di asilo, quale garantito dall'articolo 18 della Carta [v., in tal senso, sentenze del 17 dicembre 2020, Commissione/Ungheria (Accoglienza dei richiedenti protezione internazionale), C‑808/18, EU:C:2020:1029, punto 102, nonché del 16 novembre 2021, Commissione/Ungheria (Configurazione come reato del sostegno ai richiedenti asilo), C‑821/19, EU:C:2021:930, punti 136 e 137].

62. Inoltre, dalla giurisprudenza della Corte risulta che possono pregiudicare l'effettività del diritto di asilo, quale garantito dall'articolo 18 della Carta, misure che, senza una giustificazione ragionevole, conducano a dissuadere un cittadino di un paese terzo dal presentare la sua domanda di protezione internazionale alle autorità competenti [v., in tal senso, sentenze del 17 dicembre 2020, Commissione/Ungheria (Accoglienza dei richiedenti protezione internazionale), C‑808/18, EU:C:2020:1029, punti 102, 103, 118 e 119, nonché del 22 giugno 2023, Commissione/Ungheria (Dichiarazione d'intenti preliminare a una domanda di asilo), C‑823/21, EU:C:2023:504, punti da 47 a 51].

63. Sotto un quarto profilo, dal considerando 9 della direttiva 2013/33 risulta che gli Stati membri dovrebbero provvedere affinché, nell'ambito dell'accoglienza dei richiedenti protezione internazionale, i principi dell'interesse superiore del minore e dell'unità familiare siano pienamente rispettati.

64. Peraltro, l'atto finale della Conferenza dei plenipotenziari delle Nazioni Unite sullo status dei rifugiati e degli apolidi, del 25 luglio 1951, che ha elaborato il testo della convenzione di Ginevra, sottolinea che «l'unità della famiglia (...) è un diritto essenziale del rifugiato». Parimenti, la direttiva 2011/95 mira, conformemente al suo considerando 16, ad assicurare il pieno rispetto del diritto di asilo dei richiedenti e dei familiari al loro seguito e a promuovere l'applicazione, tra l'altro, degli articoli 7 e 24 della Carta. Il considerando 18 di tale direttiva precisa che, nell'applicare tale direttiva, gli Stati membri dovrebbero attribuire fondamentale importanza all'interesse superiore del minore e che, nel valutare tale interesse, essi dovrebbero tenere debitamente presente, in particolare, il principio dell'unità del nucleo familiare. Pertanto, l'articolo 23, paragrafo 1, della medesima direttiva impone esplicitamente agli Stati membri di provvedere a che possa essere preservata l'unità del nucleo familiare.

65. Nel caso di specie, dato che OB ha presentato una domanda di protezione internazionale, ella beneficia dei diritti derivanti dalla presentazione di una siffatta domanda e, pertanto, non può incorrere in sanzioni penali né a causa del suo proprio ingresso illegale nel territorio italiano né a causa del fatto di essere stata accompagnata, al momento di tale ingresso, da sua figlia e dalla sua nipote di cui è effettivamente affidataria.

66. In quarto luogo, come rilevato dalla Commissione nelle sue osservazioni scritte, l'interpretazione dell'articolo 1, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 2002/90, accolta ai punti da 45 a 65 della presente sentenza, è corroborata dal protocollo di Palermo sul traffico di migranti, alla luce del quale tale direttiva deve essere letta. Infatti, conformemente all'articolo 2 di detto protocollo, quest'ultimo ha l'obiettivo di criminalizzare il traffico di migranti, proteggendo al contempo i diritti dei migranti stessi.

67. Tale interpretazione non ha affatto l'effetto di sottrarre all'ambito di applicazione del diritto penale comportamenti che, sotto il pretesto di essere giustificati da legami familiari, potrebbero, in realtà, perseguire altre finalità quali l'immigrazione clandestina, il lavoro illegale, la tratta degli esseri umani o lo sfruttamento sessuale dei minori, esponendoli così a gravi violazioni dei loro diritti fondamentali. A tale riguardo, occorre sottolineare che la direttiva 2002/90, come precisa il suo considerando 5, integra altri strumenti adottati per combattere l'immigrazione clandestina, il lavoro illegale, la tratta degli esseri umani e lo sfruttamento sessuale dei bambini, senza sostituirsi a detti strumenti.

68. In quinto e ultimo luogo, poiché un'interpretazione dell'articolo 1, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 2002/90 conforme agli articoli 7 e 24 della Carta nonché all'articolo 52, paragrafo 1, di quest'ultima ha come conseguenza di escludere dall'ambito di applicazione del reato di favoreggiamento dell'ingresso illegale, ai sensi della prima disposizione, una condotta come quella di cui si tratta nel procedimento principale, non occorre esaminare la validità dell' articolo 1 della direttiva 2002/90 né interpretare il paragrafo 2 di quest'ultimo, che verte sull'esenzione dalla responsabilità penale nel caso in cui la condotta in parola abbia lo scopo di fornire un'assistenza umanitaria alla persona interessata.

69. Inoltre, alla luce degli interrogativi del giudice del rinvio quanto alla compatibilità con il diritto dell'Unione della disposizione nazionale che ha recepito in particolare l'articolo 1, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 2002/90 nell'ordinamento giuridico italiano, occorre ricordare che, secondo costante giurisprudenza, in sede di attuazione delle misure di recepimento di una direttiva, le autorità e i giudici degli Stati membri sono tenuti non solo a interpretare il loro diritto nazionale conformemente a tale direttiva, ma anche a fare in modo di non basarsi su un'interpretazione della stessa che entri in conflitto con i diritti fondamentali tutelati dall'ordinamento giuridico dell'Unione o con gli altri principi generali riconosciuti in detto ordinamento giuridico (sentenze del 29 gennaio 2008, Promusicae, C‑275/06, EU:C:2008:54, punto 68, nonché del 21 giugno 2022, Ligue des droits humains, C‑817/19, EU:C:2022:491, punto 87 e giurisprudenza citata).

70. In tale contesto, occorre altresì ricordare che, come rilevato al punto 42 della presente sentenza, dai considerando 3 e 4 della direttiva 2002/90 risulta che l'articolo 1, paragrafo 1, di quest'ultima mira a definire con precisione il reato di favoreggiamento dell'immigrazione clandestina, rendendo così più efficace l'attuazione della decisione quadro 2002/946.

71. Pertanto, in sede di recepimento dell'articolo 1, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 2002/90, gli Stati membri non possono introdurre, nel diritto nazionale, norme che andrebbero oltre la portata dell'illecito di favoreggiamento dell'ingresso illegale, come definito da tale disposizione, includendovi comportamenti non contemplati da quest'ultima, in violazione degli articoli 7 e 24 nonché dell'articolo 52, paragrafo 1, della Carta.

72. Peraltro, tali articoli 7 e 24 sono sufficienti di per sé e non devono essere precisati da disposizioni del diritto dell'Unione o del diritto nazionale per conferire ai singoli diritti invocabili in quanto tali. Pertanto, se il giudice del rinvio dovesse constatare che non è possibile interpretare il proprio diritto nazionale in modo conforme al diritto dell'Unione, esso sarebbe tenuto ad assicurare, nell'ambito delle sue competenze, la tutela giuridica spettante ai singoli in forza di tali articoli e a garantirne la piena efficacia, disapplicando all'occorrenza l'articolo 12 del testo unico sull'immigrazione (v., per analogia, sentenza del 17 aprile 2018, Egenberger, C‑414/16, EU:C:2018:257, punti 78 e 79).

73. In considerazione dei motivi che precedono, occorre rispondere alle questioni sollevate dichiarando che l'articolo 1, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 2002/90, letto alla luce degli articoli 7 e 24 nonché dell'articolo 52, paragrafo 1, della Carta, deve essere interpretato nel senso che, da un lato, non rientra nei comportamenti illeciti di favoreggiamento dell'ingresso illegale la condotta di una persona che, in violazione del regime di attraversamento delle frontiere da parte delle persone, fa entrare nel territorio di uno Stato membro minori cittadini di paesi terzi che l'accompagnano e di cui è effettivamente affidataria e, dall'altro lato, che tali articoli ostano a una normativa nazionale che sanziona penalmente una siffatta condotta.

Sulle spese

74. Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

P.Q.M.
la Corte (Grande Sezione) dichiara:

L'articolo 1, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 2002/90/CE del Consiglio, del 28 novembre 2002, volta a definire il favoreggiamento dell'ingresso, del transito e del soggiorno illegali, letto alla luce degli articoli 7 e 24 nonché dell'articolo 52, paragrafo 1, della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, deve essere interpretato nel senso che, da un lato, non rientra nei comportamenti illeciti di favoreggiamento dell'ingresso illegale la condotta di una persona che, in violazione del regime di attraversamento delle frontiere da parte delle persone, fa entrare nel territorio di uno Stato membro minori cittadini di paesi terzi che l'accompagnano e di cui è effettivamente affidataria e, dall'altro lato, che tali articoli ostano una normativa nazionale che sanziona penalmente una siffatta condotta.

Note

(*) Il nome della presente causa è un nome fittizio. Non corrisponde al nome reale di nessuna delle parti del procedimento.