Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana
Sentenza 27 maggio 2025, n. 388

Presidente: Giovagnoli - Estensore: Bottiglieri

FATTO

Con la sentenza in epigrafe il Tribunale amministrativo regionale per la Sicilia ha respinto il ricorso proposto dalla signora [omissis] avverso cinque determine dirigenziali del 2019, con cui il Comune di Licata, ai sensi dell'art. 31, comma 4-bis, del d.P.R. 380/2001, le ha irrogato cinque sanzioni pecuniarie di euro 20.000,00 ciascuna per l'inottemperanza ad altrettante ordinanze di demolizione di opere edilizie abusivamente realizzate. Ha condannato la ricorrente alle spese del giudizio in favore del Comune, costituitosi in resistenza.

L'interessata ha proposto appello. Ha dedotto: 1) erroneità e difetto di motivazione sul primo motivo di ricorso; violazione di legge; principio della responsabilità personale; 2) erroneità e difetto di motivazione sul terzo motivo di ricorso; illegittimità per violazione di legge; difetto di motivazione.

Ha concluso l'appellante per la riforma della sentenza gravata e l'annullamento degli impugnati provvedimenti.

Il Comune di Licata si è costituito in resistenza, sostenendo l'infondatezza dell'appello e concludendo per il suo rigetto.

La causa è stata trattenuta in decisione alla pubblica udienza del 26 febbraio 2026.

DIRITTO

1. In via preliminare, deve darsi atto che il Collegio ritiene di applicare al contenzioso in esame il c.d. "principio della ragione più liquida", corollario del principio di economia processuale, ammesso sia dalla giurisprudenza amministrativa (C.d.S., II, 7 novembre 2023, n. 9594; VII, 17 luglio 2023, n. 6928; V, 7 aprile 2023, n. 3622; III, 4 gennaio 2023, n. 179; Ad. plen., 5 gennaio 2015, n. 5; C.G.A., Sez. giur., 3 aprile 2023, n. 259; 5 giugno 2023, n. 387) che dalla giurisprudenza civile (Cass. civ., Sez. lav., ord. 20 maggio 2020, n. 9309; II, ord. 18 aprile 2019, n. 10839; VI-3, ord. 25 luglio 2018, n. 19708; Sez. un., 12 dicembre 2014, n. 26242; 8 maggio 2014, n. 9936).

Il principio consente di addivenire nella fattispecie alla decisione di merito della causa in forza della consistenza oggettiva di uno dei vizi dedotti con il secondo motivo di appello, che si appalesa tale anche in rapporto alle peculiari caratteristiche della vicenda controversa, e che assume valenza assorbente di ogni altra questione pure avanzata, anche perché, come meglio in seguito, la vicenda controversa va rimessa a una nuova valutazione dell'Amministrazione comunale resistente.

2. L'illustrazione in fatto dell'appello rimanda, per quanto qui di stretto rilievo, e in estrema sintesi, il seguente quadro.

L'appellante, unitamente al defunto marito, acquistava il 10 marzo 1982, insieme ad altri soggetti, per un 1/5 ciascuno, un fondo sito nel Comune di Licata, proprietà indivisa sulla quale venivano realizzati, anche dall'appellante, abusivamente e autonomamente, vari fabbricati, ciascuno a uso esclusivo dei diversi comproprietari del terreno.

Per tali fabbricati, tutti accatastati a nome di singoli comproprietari che, nella perdurante assenza di un formale atto di divisione delle proprietà, li possedevano e utilizzavano in modo esclusivo, venivano presentate al Comune di Licata nel 1986 autonome istanze di condono.

Con distinti provvedimenti adottati nel corso del 2018 il Comune respingeva le predette istanze e ingiungeva la demolizione dei fabbricati abusivi. Gli ordini demolitori erano notificati a tutti i comproprietari del terreno.

L'appellante dava spontanea esecuzione all'ingiunzione demolitoria n. 297 del 27 novembre 2018, avente a oggetto il fabbricato di suo interesse.

Non altrettanto facevano gli altri comproprietari del terreno.

Pertanto, nel 2019, il Comune di Licata contestava l'inottemperanza agli altri ordini demolitori con provvedimenti notificati a tutti i comproprietari.

All'esito, con nota 9 ottobre 2019, assunta al protocollo comunale al n. 63181 del 25 ottobre 2019, l'appellante chiedeva al Comune, in via di autotutela, l'annullamento dei sopradetti accertamenti di inottemperanza nelle parti a lei riferiti, evidenziando di non essere realizzatrice, proprietaria o utilizzatrice, come il suo coniuge, dante causa, dei manufatti oggetto delle ordinanze di demolizione rimaste inottemperate.

Il Comune di Licata irrogava le sanzioni pecuniarie oggi impugnate.

3. Tanto chiarito, e passando alla disamina del merito della controversia, con il terzo motivo dell'atto introduttivo del giudizio la ricorrente ha lamentato il difetto di motivazione delle determine dirigenziali impugnate per non avere il Comune: a) tenuto conto di quanto da lei evidenziato con la sopra detta nota 9 ottobre 2019; b) commisurato la sanzione alla reale entità dell'eventuale grado di colpevolezza a lei imputabile.

Il T.A.R. ha respinto il motivo con una motivazione del seguente tenore:

«... quanto alla misura della sanzione, non hanno pregio le doglianze di parte ricorrente, secondo cui avrebbe dovuto tenersi conto del grado di colpevolezza della proprietaria.

Invero, ai sensi del secondo periodo del comma 4-bis cit., "La sanzione, in caso di abusi realizzati sulle aree e sugli edifici di cui al comma 2 dell'articolo 27, ivi comprese le aree soggette a rischio idrogeologico elevato o molto elevato, è sempre irrogata nella misura massima"; l'art. 27, co. 2 fa riferimento, tra le altre, alle "aree assoggettate, da leggi statali, regionali o da altre norme urbanistiche vigenti o adottate, a vincolo di inedificabilità".

Il comune ha dichiaratamente - e correttamente - dato applicazione a tale disposizione, tenuto conto del fatto che gli abusi in esame sono stati realizzati nella fascia di 150 mt. dalla battigia, ove sussiste il vincolo di inedificabilità assoluta previso dall'art. 15, l.r. 71/78 (si confrontino le ingiunzioni di demolizione prodotte agli atti del presente giudizio dalla difesa del Comune)».

4. A questo punto occorre rilevare che, come evidenziato nel secondo motivo di gravame, il T.A.R. si è espresso sulla censura relativa alla quantificazione della sanzione pecuniaria; non ha invece delibato la doglianza sopra riassunta al punto a), che è stata qui riproposta, lamentando l'appellante la carenza di istruttoria e di motivazione da parte del Comune in ordine a quanto rappresentato con la ridetta nota 9 ottobre 2019, rilievo che, come anticipato, assume valenza dirimente di ogni altra questione rimessa a questa sede.

4.1. Sul tema, va innanzitutto osservato che, ancorché veicolate sotto la forma di "istanza di annullamento in autotutela", le argomentazioni espresse dall'appellante con la nota in discorso, presentate dopo la ricezione degli accertamenti di inottemperanza alle ingiunzioni demolitorie sopra menzionate, avevano valenza sostanziale di un apporto partecipativo, proveniente da uno degli interessati, alla fase finale del procedimento amministrativo di repressione degli abusi edilizi in parola.

4.2. Viene così in rilievo l'art. 10 della l. 241/1990, che stabilisce che, tra altri, i soggetti nei confronti dei quali il provvedimento finale è destinato a produrre effetti diretti "hanno diritto... di presentare memorie scritte e documenti, che l'amministrazione ha l'obbligo di valutare ove siano pertinenti all'oggetto del procedimento".

Al riguardo, la giurisprudenza, bene richiamata, da ultimo, dalla sentenza del Consiglio di Stato, VI, 26 settembre 2023, n. 8535, ha affermato i seguenti principi:

- in linea generale, a norma della l. 241/1990, deve sempre essere garantita all'interessato la piena ed effettiva partecipazione procedimentale mediante la produzione di memorie od osservazioni scritte (artt. 10 e 10-bis), che l'Amministrazione ha l'obbligo di valutare (art. 7), dando espressa, puntuale e adeguata ragione nella motivazione del provvedimento finale (artt. 3 e 10-bis) dell'eventuale mancato accoglimento delle stesse (C.d.S., V, 4 novembre 2014, n. 5447);

- in relazione all'onere di valutazione, la motivazione del provvedimento amministrativo è intesa a consentire all'interessato la ricostruzione del percorso logico e giuridico mediante il quale l'Amministrazione si è determinata ad adottare un dato provvedimento, controllando il corretto esercizio del potere a esso conferito dalla legge, sicché è illegittimo il provvedimento amministrativo nel quale non si dia conto delle motivazioni in risposta alle argomentate osservazioni proposte dal privato a seguito della comunicazione di avvio o dell'avviso;

- l'Amministrazione non può limitarsi ad affermare in modo apodittico e con formula di mero stile che gli elementi esposti non siano idonei a far volgere la decisione in senso favorevole a quanto richiesto dall'interessato (C.d.S., IV, 31 marzo 2010, n. 1834);

- in altre parole, se è vero che nell'adottare un provvedimento l'Amministrazione non è tenuta a riportare nelle premesse e nella motivazione il testo integrale delle controdeduzioni del destinatario del provvedimento, essendo sufficiente una loro valutazione nel loro complesso o per questioni omogenee, senza necessità di disattenderle in maniera analitica, è altresì vero che l'Amministrazione deve valutare dette controdeduzioni senza poterle respingerle con una mera formula di stile (C.d.S., V, 21 giugno 2013, n. 3402).

5. Tanto premesso, si osserva che il Comune di Licata, nell'adozione dei provvedimenti gravati, non ha in alcun modo confutato, e neanche menzionato, quanto esposto dall'appellante nella nota 9 ottobre 2019 più volte richiamata.

Detto apporto partecipativo, invece, tenuto conto delle coordinate normative ed ermeneutiche di cui si è fatta sopra rassegna, non poteva non essere vagliato dal Comune e riflettersi in valutazioni da esprimersi nella motivazione dei provvedimenti impugnati.

Nello stesso senso depongono la complessità fattuale e giuridica della vicenda procedimentale di che trattasi, chiaramente emergente anche solo da quanto riassuntivamente esposto in fatto, e la gravosità degli effetti rinvenienti in capo alla deducente dagli stessi provvedimenti.

6. Pertanto, come già anticipato, la doglianza in esame - in relazione alla quale il Comune non ha reso in questa sede alcuna difesa, limitandosi a sostenere la correttezza del capo di sentenza sopra riportato, che non la ha affrontata - è fondata.

7. Ne viene che, assorbita ogni altra questione pure dedotta, l'appello va accolto, con conseguente riforma della gravata sentenza, e annullamento, nei limiti dell'interesse della ricorrente, dei provvedimenti gravati, fatta salva ogni ulteriore determinazione amministrativa.

Le spese del doppio grado di giudizio, considerato l'andamento e l'esito del giudizio, possono essere compensate tra le parti.

P.Q.M.

Il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, in sede giurisdizionale, definitivamente pronunciando sull'appello di cui in epigrafe, lo accoglie, per l'effetto disponendo la riforma della sentenza gravata e l'annullamento dei provvedimenti gravati nei limiti dell'interesse della ricorrente, fatta salva ogni ulteriore determinazione amministrativa.

Compensa tra le parti le spese del doppio grado di giudizio.

Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'art. 52, commi 1 e 2, del d.lgs. 30 giugno 2003, n. 196, e dell'art. 10 del regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, a tutela dei diritti o della dignità delle parti interessate, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità della parte appellante e delle altre parti private indicate in epigrafe.

Note

La presente decisione ha per oggetto TAR Sicilia, sez. II, sent. n. 2352/2022.