Corte di giustizia dell'Unione Europea
Quarta Sezione
Sentenza 4 settembre 2025
Presidente: Jarukaitis - Relatore: Arabadjiev
«Rinvio pregiudiziale - Politica sociale - Accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato - Clausola 4 - Insegnanti che hanno maturato esperienza professionale presso talune istituzioni scolastiche il cui funzionamento e la cui organizzazione non rientrano nella competenza dello Stato - Assunzione a tempo indeterminato presso istituzioni scolastiche statali - Determinazione dell'anzianità ai fini della determinazione della retribuzione - Normativa nazionale che non prevede il computo dei periodi di servizio svolti in talune istituzioni scolastiche il cui funzionamento e la cui organizzazione non rientrano nella competenza dello Stato - Differenza di trattamento basata su un criterio diverso dal carattere determinato o indeterminato del rapporto di lavoro - Articoli 20 e 21 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea - Applicabilità - Assenza di attuazione del diritto dell'Unione».
Nella causa C‑543/23 [Gnattai] (*), avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell'articolo 267 TFUE, dal Tribunale di Padova (Italia), con ordinanza del 14 agosto 2023, pervenuta in cancelleria il 28 agosto 2023, nel procedimento AR contro Ministero dell'Istruzione e del Merito, con l'intervento di: Anief - Associazione Professionale e Sindacale.
[...]
1. La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull'interpretazione dell'articolo 157 TFUE, degli articoli 20 e 21 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea (in prosieguo: la «Carta»), della clausola 4, punto 1, dell'accordo quadro sul lavoro a tempo determinato, concluso il 18 marzo 1999 (in prosieguo: l'«accordo quadro»), che figura in allegato alla direttiva 1999/70/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, relativa all'accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato (GU 1999, L 175, pag. 43), della direttiva 2000/43/CE del Consiglio, del 29 giugno 2000, che attua il principio della parità di trattamento fra le persone indipendentemente dalla razza e dall'origine etnica (GU 2000, L 180, pag. 22), della direttiva 2000/78/CE del Consiglio, del 27 novembre 2000, che stabilisce un quadro generale per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro (GU 2000, L 303, pag. 16), dell'articolo 14 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950 (in prosieguo: la «CEDU»), nonché della Carta sociale europea, firmata a Torino il 18 ottobre 1961, come riveduta (in prosieguo: la «Carta sociale europea»).
2. Tale domanda è stata presentata nell'ambito di una controversia tra AR e il Ministero dell'Istruzione e del Merito (Italia) (in prosieguo: il «Ministero dell'Istruzione») relativamente alla determinazione dell'anzianità di servizio di AR.
Contesto normativo
Diritto dell'Unione
3. Ai sensi della clausola 1 dell'accordo quadro, quest'ultimo ha l'obiettivo, da un lato, di migliorare la qualità del lavoro a tempo determinato garantendo il rispetto del principio di non discriminazione e, dall'altro, di creare un quadro normativo per la prevenzione degli abusi derivanti dall'utilizzo di una successione di contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato.
4. La clausola 2 di tale accordo quadro, intitolata «Campo d'applicazione», al punto 1 prevede quanto segue:
«Il presente accordo si applica ai lavoratori a tempo determinato con un contratto di assunzione o un rapporto di lavoro disciplinato dalla legge, dai contratti collettivi o dalla prassi in vigore di ciascuno Stato membro».
5. La clausola 3 di detto accordo quadro, intitolata «Definizioni», così recita:
«1. Ai fini del presente accordo, il termine "lavoratore a tempo determinato" indica una persona con un contratto o un rapporto di lavoro definiti direttamente fra il datore di lavoro e il lavoratore e il cui termine è determinato da condizioni oggettive, quali il raggiungimento di una certa data, il completamento di un compito specifico o il verificarsi di un evento specifico.
2. Ai fini del presente accordo, il termine "lavoratore a tempo indeterminato comparabile" indica un lavoratore con un contratto o un rapporto di lavoro di durata indeterminata appartenente allo stesso stabilimento e addetto a lavoro/occupazione identico o simile, tenuto conto delle qualifiche/competenze. In assenza di un lavoratore a tempo indeterminato comparabile nello stesso stabilimento, il raffronto si dovrà fare in riferimento al contratto collettivo applicabile o, in mancanza di quest'ultimo, in conformità con la legge, i contratti collettivi o le prassi nazionali».
6. La clausola 4 del medesimo accordo quadro, intitolata «Principio di non discriminazione», stabilisce quanto segue:
«1. Per quanto riguarda le condizioni di impiego, i lavoratori a tempo determinato non possono essere trattati in modo meno favorevole dei lavoratori a tempo indeterminato comparabili per il solo fatto di avere un contratto o rapporto di lavoro a tempo determinato, a meno che non sussistano ragioni oggettive.
(...)
4. I criteri del periodo di anzianità di servizio relativi a particolari condizioni di lavoro dovranno essere gli stessi sia per i lavoratori a tempo determinato sia per quelli a tempo indeterminato, eccetto quando criteri diversi in materia di periodo di anzianità siano giustificati da motivazioni oggettive».
Diritto italiano
7. L'articolo 485 del decreto legislativo del 16 aprile 1994, n. 297 - Approvazione del testo unico delle disposizioni legislative vigenti in materia di istruzione, relative alle scuole di ogni ordine e grado (Supplemento ordinario alla GURI n. 115 del 19 maggio 1994; in prosieguo: il «decreto legislativo n. 297/1994»), così prevede:
«1. Al personale docente delle scuole di istruzione secondaria ed artistica, il servizio prestato presso le predette scuole statali e pareggiate, comprese quelle all'estero, in qualità di docente non di ruolo, è riconosciuto come servizio di ruolo, ai fini giuridici ed economici (...)
2. Agli stessi fini e nella identica misura, di cui al comma 1, è riconosciuto, al personale ivi contemplato, il servizio prestato presso le scuole degli educandati femminili statali e quello prestato in qualità di docente elementare di ruolo e non di ruolo nelle scuole elementari statali, o parificate, comprese quelle dei predetti educandati e quelle all'estero, nonché nelle scuole popolari, sussidiate o sussidiarie.
3. Al personale docente delle scuole elementari è riconosciuto, agli stessi fini e negli stessi limiti fissati dal comma 1, il servizio prestato in qualità di docente non di ruolo nelle scuole elementari statali o degli educandati femminili statali, o parificate, nelle scuole secondarie ed artistiche statali o pareggiate, nelle scuole popolari, sussidiate o sussidiarie, (...)».
8. L'articolo 1 della legge del 10 marzo 2000, n. 62 - Norme per la parità scolastica e disposizioni sul diritto allo studio e all'istruzione (GURI n. 67 del 21 marzo 2000; in prosieguo: la «legge n. 62/2000»), così dispone:
«1. Il sistema nazionale di istruzione, fermo restando quanto previsto dall'articolo 33, secondo comma, della Costituzione, è costituito dalle scuole statali e dalle scuole paritarie private e degli enti locali. La Repubblica individua come obiettivo prioritario l'espansione dell'offerta formativa e la conseguente generalizzazione della domanda di istruzione dall'infanzia lungo tutto l'arco della vita.
2. Si definiscono scuole paritarie, a tutti gli effetti degli ordinamenti vigenti, in particolare per quanto riguarda l'abilitazione a rilasciare titoli di studio aventi valore legale, le istituzioni scolastiche non statali, comprese quelle degli enti locali, che, a partire dalla scuola per l'infanzia, corrispondono agli ordinamenti generali dell'istruzione, sono coerenti con la domanda formativa delle famiglie e sono caratterizzate da requisiti di qualità ed efficacia di cui ai commi 4, 5 e 6.
3. Alle scuole paritarie private è assicurata piena libertà per quanto concerne l'orientamento culturale e l'indirizzo pedagogico-didattico. Tenuto conto del progetto educativo della scuola, l'insegnamento è improntato ai principi di libertà stabiliti dalla Costituzione. Le scuole paritarie, svolgendo un servizio pubblico, accolgono chiunque, accettandone il progetto educativo, richieda di iscriversi, compresi gli alunni e gli studenti con handicap. Il progetto educativo indica l'eventuale ispirazione di carattere culturale o religioso. Non sono comunque obbligatorie per gli alunni le attività extra-curriculari che presuppongono o esigono l'adesione ad una determinata ideologia o confessione religiosa.
4. La parità è riconosciuta alle scuole non statali che ne fanno richiesta e che, in possesso dei seguenti requisiti, si impegnano espressamente a dare attuazione a quanto previsto dai commi 2 e 3:
a) un progetto educativo in armonia con i principi della Costituzione; un piano dell'offerta formativa conforme agli ordinamenti e alle disposizioni vigenti; attestazione della titolarità della gestione e la pubblicità dei bilanci;
b) la disponibilità di locali, arredi e attrezzature didattiche propri del tipo di scuola e conformi alle norme vigenti;
c) l'istituzione e il funzionamento degli organi collegiali improntati alla partecipazione democratica;
d) l'iscrizione alla scuola per tutti gli studenti i cui genitori ne facciano richiesta, purché in possesso di un titolo di studio valido per l'iscrizione alla classe che essi intendono frequentare;
e) l'applicazione delle norme vigenti in materia di inserimento di studenti con handicap o in condizioni di svantaggio;
f) l'organica costituzione di corsi completi: non può essere riconosciuta la parità a singole classi, tranne che in fase di istituzione di nuovi corsi completi, ad iniziare dalla prima classe;
g) personale docente fornito del titolo di abilitazione;
h) contratti individuali di lavoro per personale dirigente e insegnante che rispettino i contratti collettivi nazionali di settore».
9. L'articolo 2, comma 2, del decreto-legge del 3 luglio 2001, n. 255 - Disposizioni urgenti per assicurare l'ordinato avvio dell'anno scolastico 2001/2002 (GURI n. 153 del 4 luglio 2001; in prosieguo: il «decreto‑legge n. 255/2001»), stabilisce che, in alternativa all'espletamento dei pubblici concorsi per l'assunzione a tempo indeterminato del personale docente, il Ministero dell'Istruzione può utilizzare graduatorie permanenti, ora ad esaurimento, nell'ambito delle quali «[i] servizi di insegnamento prestati dal 1º settembre 2000 nelle scuole paritarie (...) sono valutati nella stessa misura prevista per il servizio prestato nelle scuole statali».
Procedimento principale e questioni pregiudiziali
10. AR, professore abilitato per l'insegnamento di italiano, storia e geografia, ha lavorato presso una scuola «paritaria», ai sensi dell'articolo 1, comma 2, della legge n. 62/2000, nel periodo compreso tra il 2002 e il 2007, sulla base di cinque contratti a tempo determinato.
11. Il 1º settembre 2008 AR è stato assunto dal Ministero dell'Istruzione a tempo indeterminato al fine di esercitare la sua professione di insegnante in una scuola statale. Nell'ambito della ricostruzione della carriera di detto insegnante, operata al momento di tale assunzione, il summenzionato Ministero lo ha inquadrato nella fascia retributiva con «0 anni di anzianità». Detto Ministero ha infatti ritenuto, in sostanza, che l'articolo 485 del decreto legislativo n. 297/1994 non consentisse di prendere in considerazione, ai fini del calcolo dell'anzianità di servizio del ricorrente nel procedimento principale, gli anni di lavoro svolti alle dipendenze di detta scuola paritaria.
12. AR ha adito il Tribunale di Padova (Italia), giudice del rinvio, con un ricorso diretto a che il Ministero dell'Istruzione computi l'anzianità di servizio che egli avrebbe maturato per il suo impiego presso la scuola paritaria, sostenendo che l'articolo 485 del decreto legislativo n. 297/1994 costituisce una violazione della clausola 4 dell'accordo quadro nonché degli articoli 20 e 21 della Carta.
13. Il 25 febbraio 2022 l'associazione sindacale senza scopo di lucro Anief - Associazione Professionale e Sindacale è intervenuta nel procedimento dinanzi a detto giudice.
14. Il giudice del rinvio precisa che, in virtù del decreto legislativo n. 297/1994, il Ministero dell'Istruzione riconosceva tre tipologie di scuole private come equiparate alle scuole statali, vale a dire le scuole parificate, le scuole legalmente riconosciute e le scuole pareggiate. Tale decreto legislativo avrebbe inoltre previsto che l'esperienza professionale maturata dagli insegnanti nell'esercizio delle loro funzioni presso, in particolare, scuole pareggiate e scuole parificate dovesse essere computata ai fini della ricostruzione della carriera di tali insegnanti al momento della loro assunzione a tempo indeterminato da parte di tale Ministero.
15. La legge n. 62/2000 avrebbe sostituito queste tre categorie di scuole private con un'unica categoria di scuole, dette «scuole paritarie». In virtù dell'articolo 2, comma 2, del decreto‑legge n. 255/2001, l'esperienza professionale maturata dagli insegnanti nell'ambito di un impiego svolto presso una scuola che, dopo il 1° settembre 2000, sia riconosciuta come scuola paritaria, sarebbe considerata, ai fini dell'assunzione a tempo indeterminato di tali docenti da parte dello stesso Ministero, equiparata a quella maturata nell'ambito di un impiego svolto presso scuole statali. Tuttavia, dalla giurisprudenza della Corte suprema di cassazione (Italia) risulterebbe che tale prima esperienza non può essere computata, nell'ambito della ricostruzione della carriera di detti insegnanti realizzata in occasione della loro assunzione a tempo indeterminato da parte del Ministero dell'Istruzione, per la determinazione della fascia di anzianità in cui occorre inquadrarli, segnatamente perché manca una norma di legge che consenta un tale computo.
16. Il giudice del rinvio dubita della compatibilità con la clausola 4 dell'accordo quadro del mancato computo, ai fini della determinazione della retribuzione di questi stessi insegnanti, dell'esperienza professionale maturata in scuole paritarie.
17. Infatti, tale mancato computo equivarrebbe a trattare gli insegnanti che hanno lavorato con rapporti a termine nelle scuole paritarie in modo meno favorevole rispetto agli insegnanti che hanno svolto uno stesso periodo di lavoro con contratti a tempo indeterminato nelle scuole statali, la cui esperienza maturata nell'insegnamento sarebbe invece computata ai fini della determinazione della loro retribuzione, per il fatto che detti primi insegnanti non hanno superato un concorso per l'accesso alla Pubblica amministrazione.
18. Orbene, le situazioni di queste due categorie di insegnanti sarebbero comparabili, dal momento che non sussisterebbe alcuna differenza tra le funzioni, la formazione, i servizi e gli obblighi professionali di un insegnante a tempo indeterminato che esercita le sue funzioni in una scuola statale e quelli di un insegnante a tempo determinato che esercita le sue funzioni in una scuola paritaria e che la Corte suprema di cassazione avrebbe riconosciuto che queste due categorie di scuole sono «in tutto» assimilate.
19. Il giudice del rinvio ritiene, peraltro, che il mancato computo, ai fini della determinazione della retribuzione, dell'esperienza maturata nelle scuole paritarie non sia giustificato dalla circostanza che tali scuole costituiscono istituti privati. Infatti, la professionalità conseguente all'esperienza sarebbe indipendente dalla natura privata o pubblica del datore di lavoro. Inoltre, il legislatore nazionale avrebbe consentito il computo, ai fini del calcolo dell'anzianità, dei periodi di insegnamento svolti presso datori di lavoro tanto privati quanto pubblici, ivi compresi quelli svolti dagli insegnanti a tempo determinato nelle scuole statali.
20. Tale mancato computo non sarebbe neppure giustificato dalle diverse modalità di reclutamento dei docenti nelle scuole paritarie rispetto alle modalità di reclutamento dei docenti nelle scuole statali. Infatti, l'esistenza di un pubblico concorso che dà accesso all'insegnamento a tempo indeterminato nelle scuole statali non sarebbe rilevante, dal momento che l'articolo 485 del decreto legislativo n. 297/1994 prevedrebbe il computo, ai fini del calcolo dell'anzianità al momento dell'assunzione a tempo indeterminato da parte del Ministero dell'Istruzione, dei periodi di servizio svolti tanto in scuole nelle quali gli insegnanti sono assunti mediante concorso quanto in scuole in cui ciò non avviene.
21. Il giudice del rinvio ritiene che il mancato computo, ai fini della determinazione della retribuzione, del lavoro di insegnamento svolto in scuole paritarie sia altresì contrario al principio della parità di trattamento, sancito agli articoli 20 e 21 della Carta. Al riguardo, esso rileva che la normativa nazionale di cui trattasi nel procedimento principale opera una differenza di trattamento ingiustificata tra gli insegnanti delle scuole paritarie e gli insegnanti, in particolare, delle soppresse scuole pareggiate e parificate, rinominate «scuole paritarie» nel 2000. Infatti, l'esperienza acquisita nell'ambito di una scuola paritaria sarebbe di qualità e di valore superiori a quella acquisibile in altre scuole private. Orbene, solo quest'ultima esperienza potrebbe essere computata, ai sensi dell'articolo 485 del decreto legislativo n. 297/1994, ai fini del riconoscimento di una certa anzianità di servizio.
22. Peraltro, tale articolo 485 sarebbe contrario al principio generale della parità di trattamento in quanto opererebbe una differenza di trattamento tra gli insegnanti delle scuole paritarie e gli insegnanti a tempo determinato delle scuole statali.
23. Secondo il giudice del rinvio, la Carta è applicabile alla presente causa, dato che, da un lato, quest'ultima è finalizzata a statuire la conformità o meno del mancato computo del lavoro a tempo determinato svolto nelle scuole paritarie, stabilito dall'articolo 485 del decreto legislativo n. 297/1994, con l'obiettivo perseguito dall'accordo quadro di migliorare la qualità del lavoro a tempo determinato, garantendo il rispetto del principio di non discriminazione, e che, dall'altro lato, il ricorrente nel procedimento principale è un «lavoratore a tempo determinato», ai sensi della clausola 3, punto 1, di tale accordo quadro. Peraltro, un atto nazionale sarebbe un atto di «attuazione del diritto dell'Unione», ai sensi dell'articolo 51, paragrafo 1, della Carta, ogniqualvolta inerisca ad una materia nella quale l'Unione europea ha competenza. La presente causa, riguardando le condizioni alle quali vengono computati i periodi di insegnamento dei docenti a tempo determinato ai fini della quantificazione della loro retribuzione al momento della loro assunzione da parte del Ministero dell'Istruzione come docenti a tempo indeterminato, rientrerebbe indubbiamente nell'ambito di «attuazione del diritto dell'Unione», ai sensi di tale articolo 51, paragrafo 1, poiché verterebbe sull'interpretazione della clausola 4 dell'accordo quadro. A tale riguardo, occorrerebbe esaminare la compatibilità dell'articolo 485 del decreto legislativo n. 297/1994 con i principi di parità di trattamento e di non discriminazione in materia di condizioni di impiego quali sanciti anche dall'articolo 157 TFUE, dall'articolo 14 della CEDU, dalla Carta sociale europea nonché dalle direttive 2000/43 e 2000/78.
24. Date tali circostanze, il Tribunale di Padova ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:
«1) [s]e la clausola 4, punto 1, dell'accordo quadro sui contratti a tempo determinato concluso il 18 marzo 1999, che figura nell'allegato alla direttiva 1999/70/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, e il principio generale del vigente diritto [dell'Unione] di non discriminazione in materia di condizioni [di] impiego, letti alla luce dell'articolo 21 della Carta (...), debbano essere interpretati nel senso che essi ostano a una normativa nazionale, come quella contenuta nell'articolo 485 del Decreto legislativo n. 297/94, la quale, nel significato alla stessa attribuit[o] dalla Suprema Corte di Cassazione (v. Cass. S.L. sentenze n. 32386/2019, n. 33134/2019 e n. 33137 del 2019), prevede che i dipendenti a tempo determinato delle scuole paritarie di cui alla Legge n. 62/2000 siano trattati in modo meno favorevole, nell'ambito della ricostruzione della carriera, rispetto ai dipendenti a tempo indeterminato del Ministero dell'Istruzione e del Merito, per il solo fatto che non hanno superato un pubblico concorso o hanno insegnato alle dipendenze di una scuola paritaria legalmente riconosciuta, nonostante gli insegnanti a tempo determinato delle scuole paritarie si trovino in una situazione comparabile a quella degli insegnanti a tempo indeterminato delle scuole statali per quanto riguarda il tipo di lavoro e le condizioni di formazione e di impiego, svolgendo le stesse mansioni ed essendo in possesso delle medesime competenze disciplinari, pedagogiche, metodologiche - didattiche, organizzativo-relazionali e di ricerca, conseguite attraverso il maturare dell'esperienza didattica, riconosciuta dalla stessa normativa interna come identica ai fini dell'assunzione a tempo indeterminato mediante scorrimento delle Graduatorie permanenti, ora ad esaurimento (cfr. articolo 2, comma 2, del Decreto-legge n. 255/2001).
2) Se nell'ambito di applicazione della direttiva 1999/70, i principi generali del vigente diritto [dell'Unione] di uguaglianza, parità di trattamento e di non discriminazione in materia di impiego, consacrati anche negli articoli 20 e 21 della CDFUE, nell'articolo 14 della CEDU (rilevanti ex articolo 52 della CDFUE), nella Carta sociale europea approvata il 18.6.61, nell'articolo 157 del TFUE e nelle direttive 2000/43/CE e 2000/78/CE, debbano essere interpretati nel senso che essi ostano ad una norma come quella contenuta nell'articolo 485 del Decreto legislativo n. 297/94, che impone di prendere in considerazione ai fini retributivi, in sede di ricostruzione della carriera, esclusivamente i servizi di insegnamento svolti alle dipendenze dello stesso Ministero, oppure delle scuole parificate, pareggiate, sussidiate o sussidiarie, popolari e degli educandati femminili di provenienza, trattando in modo meno favorevole e discriminando, nella ricostruzione di carriera (effettuata dopo l'assunzione a tempo indeterminato da parte del Ministero dell'Istruzione e del Merito), gli insegnanti a tempo determinato delle scuole paritarie, a cui non viene riconosciuta la retribuzione aggiuntiva collegata all'anzianità, invece erogata agli insegnanti a tempo determinato delle scuole statali, comunali, parificate, pareggiate, sussidiate o sussidiarie, popolari e degli educandati femminili, che si trovano in una situazione comparabile agli insegnanti delle Scuole Paritarie per quanto riguarda la natura del lavoro, le funzioni, i servizi e gli obblighi professionali, nonché le condizioni di formazione e di impiego rispetto agli insegnanti delle scuole paritarie di cui alla Legge n. 62/2000, svolgendo le stesse mansioni ed acquisendo, attraverso il maturare dell'esperienza didattica, le medesime competenze disciplinari, pedagogiche, metodologiche - didattiche, organizzativo-relazionali e di ricerca degli insegnanti delle scuole paritarie.
3) Se la nozione di "lavoratore a tempo indeterminato comparabile" di cui alla clausola 4, punto 1, dell'accordo quadro sui contratti a tempo determinato concluso il 18 marzo 1999, allegato alla direttiva 1999/70, e i principi generali del vigente diritto [dell'Unione] di uguaglianza, parità di trattamento e di non discriminazione in materia di impiego, consacrati negli articoli 20 e 21 della CDFUE, debbano essere interpretati nel senso che, nell'ambito del riconoscimento degli scatti di anzianità, i servizi prestati in qualità di dipendente temporaneo delle scuole paritarie debbano essere equiparati a quelli espletati nelle scuole statali, nelle scuole parificate, nelle scuole pareggiate, nelle scuole popolari, nelle scuole sussidiate o sussidiarie, nonché negli educandati femminili, svolgendo tali insegnanti le medesime mansioni, avendo gli stessi obblighi professionali ed essendo in possesso delle medesime competenze disciplinari, pedagogiche, metodologiche - didattiche, organizzativo-relazionali e di ricerca.
4) Se in caso di accertato contrasto dell'articolo 485 del Decreto legislativo n. 297/94 con il diritto [dell'Unione] la trattizzazione della Carta (...), imponga al Giudice nazionale di disapplicare la fonte interna incompatibile».
Sulle questioni pregiudiziali
Sulle questioni prima e terza
Sulla ricevibilità della terza questione
25. In via preliminare, occorre rilevare che, nelle sue osservazioni scritte, la Commissione europea afferma, in particolare, che la terza questione è irricevibile in quanto il giudice del rinvio non avrebbe stabilito alcun collegamento tra l'articolo 21 della Carta, menzionato in tale questione, e la normativa nazionale di cui trattasi nel procedimento principale.
26. Inoltre, detta questione verterebbe sulla differenza di trattamento tra, da un lato, gli insegnanti assunti a tempo determinato delle scuole paritarie, ai sensi dell'articolo 1, comma 2, della legge n. 62/2000, e, dall'altro, gli insegnanti, ugualmente assunti a tempo determinato, delle scuole private che hanno preceduto la creazione delle scuole paritarie nonché delle scuole statali. Orbene, dalla giurisprudenza della Corte risulterebbe che il principio di non discriminazione è stato attuato e concretizzato dall'accordo quadro soltanto riguardo alle differenze di trattamento tra i lavoratori a tempo determinato e i lavoratori a tempo indeterminato che si trovano in situazioni comparabili, restando escluse le differenze di trattamento tra categorie di personale a tempo determinato.
27. A tale riguardo, occorre, in primo luogo, considerare che, nella misura in cui l'argomento esposto al punto precedente verte sulla questione dell'applicabilità del principio di non discriminazione e dell'accordo quadro a una differenza di trattamento come quella di cui trattasi nel procedimento principale, tale problematica rientra nel merito della terza questione, e non nella ricevibilità di quest'ultima, cosicché occorre esaminarla nell'ambito dell'esame nel merito di detta questione (v., per analogia, sentenza del 19 settembre 2024, Consiglio Nazionale delle Ricerche, C‑439/23, EU:C:2024:773, punto 27 nonché giurisprudenza citata).
28. In secondo luogo, va rammentato che, secondo costante giurisprudenza della Corte, nell'ambito della cooperazione tra la Corte e i giudici nazionali, la necessità di pervenire a un'interpretazione del diritto dell'Unione che sia utile per il giudice nazionale impone che quest'ultimo rispetti scrupolosamente i requisiti relativi al contenuto di una domanda di pronuncia pregiudiziale e indicati in maniera esplicita all'articolo 94 del regolamento di procedura della Corte, i quali si presumono noti al giudice del rinvio (sentenza del 6 ottobre 2021, Consorzio Italian Management e Catania Multiservizi, C‑561/19, EU:C:2021:799, punto 68 nonché giurisprudenza citata).
29. Pertanto, è indispensabile, come enunciato all'articolo 94, lettera c), del regolamento di procedura, che la decisione di rinvio contenga l'illustrazione dei motivi che hanno indotto il giudice del rinvio a interrogarsi sull'interpretazione o sulla validità di determinate disposizioni del diritto dell'Unione, nonché il collegamento che esso stabilisce tra dette disposizioni e la normativa nazionale applicabile alla controversia di cui al procedimento principale (sentenza del 6 ottobre 2021, Consorzio Italian Management e Catania Multiservizi, C‑561/19, EU:C:2021:799, punto 69 nonché giurisprudenza citata).
30. Nel caso di specie, dalla domanda di pronuncia pregiudiziale risulta che il giudice del rinvio ha sufficientemente illustrato il collegamento che esso stabilisce tra la normativa nazionale di cui trattasi nel procedimento principale e i principi di parità di trattamento e di non discriminazione, sanciti agli articoli 20 e 21 della Carta, e ha precisato i motivi per i quali l'interpretazione di tali principi gli sembra necessaria.
31. Ne consegue che la terza questione è ricevibile.
Nel merito
32. In via preliminare, occorre constatare che, con le sue questioni prima e terza, il giudice del rinvio chiede che siano interpretati la clausola 4 dell'accordo quadro nonché i principi di parità di trattamento e di non discriminazione, sanciti agli articoli 20 e 21 della Carta.
33. Al riguardo, occorre ricordare che il principio di non discriminazione enunciato all'articolo 21, paragrafo 1, della Carta costituisce una particolare espressione del principio della parità di trattamento, il quale configura un principio generale del diritto dell'Unione ed è sancito all'articolo 20 della Carta (v., in tal senso, sentenza del 18 aprile 2024, Dumitrescu e a./Commissione e Corte di giustizia, da C‑567/22 P a C‑570/22 P, EU:C:2024:336, punti 65 e 66).
34. Orbene, per quanto riguarda le differenze di trattamento tra i lavoratori a tempo determinato e i lavoratori a tempo indeterminato che si trovano in situazioni comparabili, tali principi sono stati attuati e concretizzati dalla direttiva 1999/70, e in particolare dalla clausola 4 dell'accordo quadro che figura nell'allegato di tale direttiva [v., in tal senso, ordinanza dell'11 novembre 2010, Vino, C‑20/10, EU:C:2010:677, punto 56, nonché sentenza del 15 dicembre 2022, Presidenza del Consiglio dei Ministri e a. (Ricercatori universitari), C‑40/20 e C‑173/20, EU:C:2022:985, punto 87].
35. Nel caso di specie, nella misura in cui le questioni prima e terza riguardano una tale differenza di trattamento, occorre esaminarle unicamente alla luce di detta direttiva e dell'accordo quadro (v., in tal senso, sentenza del 25 luglio 2018, Vernaza Ayovi, C‑96/17, EU:C:2018:603, punto 20, nonché, per analogia, sentenza del 15 maggio 2025, Melbán e Sergamo, C‑623/23 e C‑626/23, EU:C:2025:358, punto 49).
36. Di conseguenza, si deve ritenere che, con le sue questioni prima e terza, che occorre esaminare congiuntamente, il giudice del rinvio domandi, in sostanza, se la clausola 4 dell'accordo quadro debba essere interpretata nel senso che essa osta a una normativa nazionale che non prevede il computo, ai fini della determinazione dell'anzianità e della retribuzione degli insegnanti al momento della loro assunzione a tempo indeterminato presso un'istituzione scolastica statale, dei periodi di servizio precedentemente svolti da tali insegnanti nell'ambito di un impiego a tempo determinato in talune istituzioni scolastiche il cui funzionamento e la cui organizzazione non rientrano nella competenza dello Stato, ma che sono equiparate, in virtù di tale normativa, alle istituzioni scolastiche statali, mentre detta normativa prevede che i periodi di servizio svolti dagli insegnanti impiegati presso istituzioni scolastiche statali, in particolare a tempo indeterminato, siano computati ai fini della determinazione della loro anzianità e della loro retribuzione.
37. Per quanto riguarda l'applicabilità dell'accordo quadro a un insegnante che si trova nella situazione di AR, occorre ricordare che tale accordo quadro si applica a tutti i lavoratori che forniscono prestazioni retribuite nell'ambito di un rapporto di lavoro a tempo determinato che li lega al loro datore di lavoro. Il semplice fatto che l'interessato abbia acquisito la qualità di lavoratore a tempo indeterminato non esclude la sua possibilità di avvalersi, in determinate circostanze, del principio di non discriminazione enunciato alla clausola 4 dell'accordo quadro (v., in tal senso, sentenze del 18 ottobre 2012, Valenza e a., da C‑302/11 a C‑305/11, EU:C:2012:646, punti 33 e 34, nonché del 19 settembre 2024, Consiglio Nazionale delle Ricerche, C‑439/23, EU:C:2024:773, punto 38).
38. Atteso che AR sostiene dinanzi al giudice del rinvio di essere soggetto a una differenza di trattamento per quanto riguarda il computo dei periodi di insegnamento svolti in qualità di lavoratore a tempo determinato, si deve ritenere che l'accordo quadro si applichi, in linea di principio, a un insegnante che si trova nella situazione di AR.
39. Il punto 1 della clausola 4 dell'accordo quadro vieta che, per quanto riguarda le condizioni di impiego, i lavoratori a tempo determinato siano trattati in modo meno favorevole dei lavoratori a tempo indeterminato comparabili per il solo fatto di avere un contratto o un rapporto di lavoro a tempo determinato, a meno che un diverso trattamento non sia giustificato da ragioni oggettive. Il punto 4 di tale clausola enuncia il medesimo divieto per quanto riguarda i criteri del periodo di anzianità di servizio relativi a particolari condizioni di lavoro (sentenza del 19 settembre 2024, Consiglio Nazionale delle Ricerche, C‑439/23, EU:C:2024:773, punto 31).
40. A tale riguardo, la Corte ha già dichiarato che norme relative ai periodi di servizio necessari per poter essere classificati in una categoria retributiva, come quelle di cui all'articolo 485 del decreto legislativo n. 297/1994, rientrano nella nozione di «condizioni di impiego» ai sensi della clausola 4, punto 1, dell'accordo quadro (v., per analogia, sentenza del 19 settembre 2024, Consiglio Nazionale delle Ricerche, C‑439/23, EU:C:2024:773, punto 37 e giurisprudenza citata).
41. Ciò detto, dalla giurisprudenza citata al punto 34 della presente sentenza risulta che il principio di non discriminazione è stato attuato e concretizzato dalla clausola 4 dell'accordo quadro solo per quanto riguarda le differenze di trattamento tra i lavoratori a tempo determinato e i lavoratori a tempo indeterminato che si trovano in situazioni comparabili.
42. Infatti, tale clausola mira a dare applicazione al principio di non discriminazione nei confronti dei lavoratori a tempo determinato solo al fine di impedire che un rapporto di impiego di tale natura venga utilizzato da un datore di lavoro per privare tali lavoratori di diritti riconosciuti ai lavoratori a tempo indeterminato [v., in tal senso, sentenze del 22 gennaio 2020, Baldonedo Martín, C‑177/18, EU:C:2020:26, punto 35 e giurisprudenza citata, nonché del 15 dicembre 2022, Presidenza del Consiglio dei Ministri e a. (Ricercatori universitari), C‑40/20 e C‑173/20, EU:C:2022:985, punto 88].
43. Ne consegue che una differenza di trattamento basata su un criterio diverso dalla durata determinata o indeterminata del rapporto di lavoro non rientra nel divieto di cui alla clausola 4 dell'accordo quadro (v., in tal senso, sentenza del 22 gennaio 2020, Baldonedo Martín, C‑177/18, EU:C:2020:26, punti 53 e 54 nonché giurisprudenza citata).
44. Nel caso di specie, occorre rilevare che, come sottolineato, in sostanza, dall'avvocata generale ai paragrafi da 32 a 35 delle sue conclusioni, la differenza di trattamento risultante dall'articolo 485 del decreto legislativo n. 297/1994 è basata non già sul carattere determinato o indeterminato della durata del rapporto di lavoro, bensì sulla natura dell'istituzione scolastica presso la quale l'esperienza professionale è stata maturata dai lavoratori interessati.
45. Dalle indicazioni fornite dal giudice del rinvio emerge, infatti, da un lato, che il mancato computo dei periodi di lavoro svolti in qualità di insegnante a tempo determinato in una «scuola paritaria», nell'ambito della ricostruzione della carriera degli insegnanti effettuata al momento della loro assunzione a tempo indeterminato da parte del Ministero dell'Istruzione, risulta dal mancato riferimento alle «scuole paritarie» in tale articolo 485.
46. Pertanto, il mancato computo dei periodi di lavoro svolti in qualità di insegnante in una scuola paritaria riguarda tanto il lavoro svolto a tempo determinato quanto il lavoro svolto a tempo indeterminato in dette scuole.
47. Tale circostanza è peraltro confermata dallo stesso ricorrente nel procedimento principale, il quale afferma, nelle osservazioni scritte presentate alla Corte, che il diritto nazionale non consente di computare «sia il servizio svolto a tempo determinato, che quello espletato a tempo indeterminato presso le scuole paritarie».
48. Dall'altro lato, emerge altresì, in sostanza, dalle indicazioni fornite dal giudice del rinvio che, oltre al fatto che il diritto nazionale prevede che il lavoro svolto dagli insegnanti a tempo indeterminato delle scuole statali e la corrispondente anzianità si riflettano nella loro retribuzione, l'articolo 485 del decreto legislativo n. 297/1994 consente di computare i periodi di lavoro svolti in qualità di insegnante a tempo determinato in tali scuole, nell'ambito della ricostruzione della carriera di questi ultimi insegnanti al momento della loro assunzione a tempo indeterminato da parte del Ministero dell'Istruzione.
49. In tali circostanze, ammesso pure che gli insegnanti che erano stati assunti a tempo determinato nelle scuole «paritarie», ai sensi dell'articolo 1, comma 2, della legge n. 62/2000, prima di essere assunti a tempo indeterminato dal Ministero dell'Istruzione, e gli insegnanti assunti a tempo indeterminato nelle scuole statali lavorino «nello stesso stabilimento», ai sensi della clausola 3, punto 2, dell'accordo quadro, e che questi due gruppi di lavoratori si trovino, alla luce dei criteri stabiliti dalla giurisprudenza della Corte, in situazioni comparabili, cosicché questi ultimi insegnanti possono essere qualificati come «lavoratori a tempo indeterminato comparabili», ai sensi di tale clausola 3, punto 2, occorre ritenere che una differenza di trattamento come quella risultante dall'articolo 485 di detto decreto legislativo non rientri nel divieto di cui alla clausola 4 di tale accordo quadro.
50. Tenuto conto dell'insieme delle considerazioni che precedono, occorre rispondere alle questioni prima e terza dichiarando che la clausola 4 dell'accordo quadro deve essere interpretata nel senso che essa non osta a una normativa nazionale che non prevede il computo, ai fini della determinazione dell'anzianità e della retribuzione degli insegnanti al momento della loro assunzione a tempo indeterminato presso un'istituzione scolastica statale, dei periodi di servizio precedentemente svolti da tali insegnanti nell'ambito di un impiego a tempo determinato o a tempo indeterminato in talune istituzioni scolastiche il cui funzionamento e la cui organizzazione non rientrano nella competenza dello Stato, ma che sono equiparate, in virtù di tale normativa, alle istituzioni scolastiche statali, mentre detta normativa prevede che i periodi di servizio svolti dagli insegnanti impiegati presso istituzioni scolastiche statali, in particolare a tempo indeterminato, siano computati ai fini della determinazione della loro anzianità e della loro retribuzione.
Sulla seconda questione
51. In via preliminare, occorre osservare che, con la sua seconda questione, il giudice del rinvio chiede l'interpretazione dei principi di parità di trattamento e di non discriminazione in materia di impiego, sanciti in particolare dalla CEDU e dalla Carta sociale europea. Orbene, secondo costante giurisprudenza, la Corte non è competente ad interpretare la CEDU [v., in tal senso, sentenza del 10 febbraio 2022, Bezirkshauptmannschaft Hartberg-Fürstenfeld (Termine di prescrizione), C‑219/20, EU:C:2022:89, punto 15 nonché giurisprudenza citata] e la Carta sociale europea [sentenza del 29 luglio 2024, CU e ND (Assistenza sociale - Discriminazione indiretta), C‑112/22 e C‑223/22, EU:C:2024:636, punto 28 nonché giurisprudenza citata].
52. Ne consegue che la Corte non è competente a statuire sulla seconda questione nella parte in cui essa verte sull'interpretazione delle disposizioni della CEDU e della Carta sociale europea.
53. Peraltro, in considerazione della giurisprudenza ricordata ai punti 28 e 29 della presente sentenza, occorre rilevare, al pari della Commissione, che il giudice del rinvio non ha illustrato con la precisione e la chiarezza richieste i motivi per i quali ritiene che l'interpretazione dell'articolo 157 TFUE nonché delle direttive 2000/43 e 2000/78 gli sembri necessaria o utile ai fini della soluzione della controversia di cui al procedimento principale né il collegamento che esso stabilisce tra tali disposizioni del diritto dell'Unione e la normativa nazionale applicabile a tale controversia.
54. Pertanto, la seconda questione è irricevibile nella parte in cui verte sull'interpretazione dell'articolo 157 TFUE nonché delle direttive 2000/43 e 2000/78.
55. In tali circostanze, si deve ritenere che, con la sua seconda questione, il giudice del rinvio domandi, in sostanza, se i principi di parità di trattamento e di non discriminazione, sanciti agli articoli 20 e 21 della Carta, debbano essere interpretati nel senso che essi ostano a una normativa nazionale che non prevede il computo, ai fini della determinazione dell'anzianità e della retribuzione degli insegnanti al momento della loro assunzione a tempo indeterminato presso un'istituzione scolastica statale, dei periodi di servizio precedentemente svolti da tali insegnanti quando erano impiegati a tempo determinato in talune istituzioni scolastiche il cui funzionamento e la cui organizzazione non rientrano nella competenza dello Stato, ma che sono equiparate, in virtù di tale normativa, alle istituzioni scolastiche statali, mentre detta normativa prevede il computo, a questi stessi fini, dei periodi di servizio svolti da detti insegnanti quando erano impiegati a tempo determinato in altre istituzioni scolastiche, in particolare quelle statali.
56. Occorre ricordare che, secondo costante giurisprudenza, ove una situazione giuridica non rientri nella sfera di applicazione del diritto dell'Unione, la Corte non è competente al riguardo e le disposizioni della Carta eventualmente richiamate non possono giustificare, di per sé, tale competenza (sentenza del 24 febbraio 2022, Viva Telecom Bulgaria, C‑257/20, EU:C:2022:125, punto 128 e giurisprudenza citata).
57. Invero, le disposizioni della Carta si applicano, ai sensi dell'articolo 51, paragrafo 1, della medesima, agli Stati membri esclusivamente nell'attuazione del diritto dell'Unione. L'articolo 6, paragrafo 1, TUE nonché l'articolo 51, paragrafo 2, della Carta chiariscono che la Carta non estende l'ambito di applicazione del diritto dell'Unione al di là delle competenze dell'Unione né introduce competenze nuove o compiti nuovi per l'Unione, né modifica le competenze e i compiti definiti nei Trattati. La Corte è quindi chiamata a interpretare, alla luce della Carta, il diritto dell'Unione nei limiti delle competenze che le sono attribuite (sentenza del 17 marzo 2021, Consulmarketing, C‑652/19, EU:C:2021:208, punto 34 e giurisprudenza citata).
58. A tale riguardo, dalla giurisprudenza della Corte deriva che la nozione di «attuazione del diritto dell'Unione», di cui all'articolo 51, paragrafo 1, della Carta, presuppone l'esistenza di un collegamento tra un atto del diritto dell'Unione e la misura nazionale in causa che vada al di là dell'affinità tra le materie prese in considerazione o dell'influenza indirettamente esercitata da una materia sull'altra (sentenza del 22 gennaio 2020, Baldonedo Martín, C‑177/18, EU:C:2020:26, punto 58 e giurisprudenza citata).
59. Secondo costante giurisprudenza della Corte, per stabilire se una misura nazionale rientri nell'attuazione del diritto dell'Unione ai sensi dell'articolo 51, paragrafo 1, della Carta occorre verificare, inter alia, se la normativa nazionale in questione abbia lo scopo di attuare una disposizione del diritto dell'Unione, quale sia il suo carattere e se essa persegua obiettivi diversi da quelli contemplati dal diritto dell'Unione, anche se è in grado di incidere indirettamente su quest'ultimo, nonché se esista una normativa di diritto dell'Unione che disciplini specificamente la materia o che possa incidere sulla stessa (sentenza del 22 gennaio 2020, Baldonedo Martín, C‑177/18, EU:C:2020:26, punto 59 e giurisprudenza citata).
60. Nel caso di specie, come risulta dall'esame delle questioni pregiudiziali prima e terza, la clausola 4 dell'accordo quadro non osta a una disposizione nazionale come l'articolo 485 del decreto legislativo n. 297/1994, dal momento che la differenza di trattamento operata da tale disposizione nazionale non è basata sul carattere determinato o indeterminato della durata del rapporto di lavoro dei lavoratori interessati. Come rilevato dall'avvocata generale al paragrafo 50 delle sue conclusioni, l'applicazione di tale articolo 485 non presenta quindi un collegamento diretto con il divieto di discriminazione enunciato in detta clausola.
61. Inoltre, dal fascicolo a disposizione della Corte non risulta che detto articolo 485 presenti un collegamento con una qualsivoglia altra disposizione del diritto dell'Unione.
62. Pertanto, la normativa nazionale di cui trattasi nel procedimento principale non può essere considerata «attuazione del diritto dell'Unione», ai sensi dell'articolo 51, paragrafo 1, della Carta.
63. Di conseguenza, la differenza di trattamento operata dalla normativa nazionale di cui trattasi nel procedimento principale non può essere valutata alla luce delle garanzie previste dalla Carta, in particolare dai suoi articoli 20 e 21.
64. In tali circostanze, si deve constatare che la Corte non è competente a rispondere alla seconda questione.
Sulla quarta questione
65. Con la sua quarta questione il giudice del rinvio domanda, in sostanza, se il diritto dell'Unione debba essere interpretato nel senso che esso impone a tale giudice di disapplicare l'articolo 485 del decreto legislativo n. 297/1994 nel caso in cui tale disposizione nazionale sia considerata incompatibile con detto diritto.
66. Alla luce delle risposte fornite alle questioni dalla prima alla terza, non occorre rispondere alla quarta questione.
Sulle spese
67. Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.
P.Q.M.
la Corte (Quarta Sezione) dichiara:
La clausola 4 dell'accordo quadro sul lavoro a tempo determinato, concluso il 18 marzo 1999, che figura in allegato alla direttiva 1999/70/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, relativa all'accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato, deve essere interpretata nel senso che essa non osta a una normativa nazionale che non prevede il computo, ai fini della determinazione dell'anzianità e della retribuzione degli insegnanti al momento della loro assunzione a tempo indeterminato presso un'istituzione scolastica statale, dei periodi di servizio precedentemente svolti da tali insegnanti nell'ambito di un impiego a tempo determinato o a tempo indeterminato in talune istituzioni scolastiche il cui funzionamento e la cui organizzazione non rientrano nella competenza dello Stato, ma che sono equiparate, in virtù di tale normativa, alle istituzioni scolastiche statali, mentre detta normativa prevede che i periodi di servizio svolti dagli insegnanti impiegati presso istituzioni scolastiche statali, in particolare a tempo indeterminato, siano computati ai fini della determinazione della loro anzianità e della loro retribuzione.
Note
(*) Il nome della presente causa è un nome fittizio. Non corrisponde al nome reale di nessuna delle parti del procedimento.