Corte di giustizia dell'Unione Europea
Prima Sezione
Sentenza 11 dicembre 2025
Presidente: Biltgen - Relatore: Kumin
«Rinvio pregiudiziale - Convenzione di Roma sulla legge applicabile alle obbligazioni contrattuali - Articolo 6 - Contratto di lavoro - Scelta delle parti - Disposizioni imperative della legge che sarebbe applicabile in mancanza di scelta - Determinazione di tale legge - Luogo di lavoro abituale - Cambiamento del luogo di lavoro abituale nel corso del rapporto di lavoro - Collegamenti più stretti del contratto di lavoro con un altro paese - Criteri di valutazione - Presa in considerazione dell'ultimo luogo di lavoro abituale».
Nella causa C‑485/24, avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell'articolo 267 TFUE, dalla Cour de cassation (Corte di cassazione, Francia), con decisione del 10 luglio 2024, pervenuta in cancelleria il 10 luglio 2024, nel procedimento Locatrans Sàrl contro ES.
[...]
1. La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull'interpretazione degli articoli 3 e 6 della Convenzione sulla legge applicabile alle obbligazioni contrattuali, aperta alla firma a Roma il 19 giugno 1980 (GU 1980, L 266, pag. 1; in prosieguo: la «Convenzione di Roma»).
2. Tale domanda è stata presentata nell'ambito di una controversia tra la Locatrans Sàrl ed ES in merito a diverse domande risarcitorie proposte da ES nei confronti della Locatrans, suo precedente datore di lavoro, a seguito della risoluzione del suo contratto di lavoro.
Contesto normativo
Convenzione di Roma
3. L'articolo 3, paragrafo 1, della Convenzione di Roma sancisce quanto segue:
«Il contratto è regolato dalla legge scelta dalle parti. La scelta dev'essere espressa, o risultare in modo ragionevolmente certo dalle disposizioni del contratto o dalle circostanze. Le parti possono designare la legge applicabile a tutto il contratto, ovvero a una parte soltanto di esso».
4. L'articolo 6 della Convenzione di Roma, intitolato «Contratto individuale di lavoro», così prevede:
«1. In deroga all'articolo 3, nei contratti di lavoro, la scelta della legge applicabile ad opera delle parti non vale a privare il lavoratore della protezione assicuratagli dalle norme imperative della legge che regolerebbe il contratto, in mancanza di scelta, a norma del paragrafo 2.
2. In deroga all'articolo 4 ed in mancanza di scelta a norma dell'articolo 3, il contratto di lavoro è regolato:
a) dalla legge del paese in cui il lavoratore, in esecuzione del contratto compie abitualmente il suo lavoro, anche se è inviato temporaneamente in un altro paese,
oppure
b) dalla legge del paese dove si trova la sede che ha proceduto ad assumere il lavoratore, qualora questi non compia abitualmente il suo lavoro in uno stesso paese,
a meno che non risulti dall'insieme delle circostanze che il contratto di lavoro presenta un collegamento più stretto con un altro paese. In questo caso si applica la legge di quest'altro paese».
5. Il primo protocollo relativo all'interpretazione da parte della Corte di giustizia della Convenzione sulla legge applicabile alle obbligazioni contrattuali aperta alla firma a Roma il 19 giugno 1980 (GU 1989, L 48, pag. 1), al suo articolo 2 dispone quanto segue:
«Le seguenti giurisdizioni hanno il potere di domandare alla Corte di giustizia di pronunciarsi in via pregiudiziale su una questione sollevata in una causa pendente dinanzi ad una di esse e relativa all'interpretazione delle disposizioni contenute negli strumenti di cui all'articolo 1, quando tale giurisdizione ritiene che una decisione su questo punto sia necessaria per pronunciare la sentenza:
(...)
b) le giurisdizioni degli Stati contraenti quando si pronunciano in appello».
Regolamento Roma I
6. Il regolamento (CE) n. 593/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 giugno 2008, sulla legge applicabile alle obbligazioni contrattuali (Roma I) (GU 2008, L 177, pag. 6; in prosieguo: il «regolamento Roma I»), ha sostituito la Convenzione di Roma. Tale regolamento si applica ai contratti conclusi dopo il 17 dicembre 2009.
7. L'articolo 8 del regolamento Roma I, intitolato «Contratti individuali di lavoro», dispone quanto segue:
«1. Un contratto individuale di lavoro è disciplinato dalla legge scelta dalle parti conformemente all'articolo 3. Tuttavia, tale scelta non vale a privare il lavoratore della protezione assicuratagli dalle disposizioni alle quali non è permesso derogare convenzionalmente in virtù della legge che, in mancanza di scelta, sarebbe stata applicabile a norma dei paragrafi 2, 3 e 4 del presente articolo.
2. Nella misura in cui la legge applicabile al contratto individuale di lavoro non sia stata scelta dalle parti, il contratto è disciplinato dalla legge del paese nel quale o, in mancanza, a partire dal quale il lavoratore, in esecuzione del contratto, svolge abitualmente il suo lavoro. Il paese in cui il lavoro è abitualmente svolto non è ritenuto cambiato quando il lavoratore svolge il suo lavoro in un altro paese in modo temporaneo.
3. Qualora la legge applicabile non possa essere determinata a norma del paragrafo 2, il contratto è disciplinato dalla legge del paese nel quale si trova la sede che ha proceduto ad assumere il lavoratore.
4. Se dall'insieme delle circostanze risulta che il contratto di lavoro presenta un collegamento più stretto con un paese diverso da quello indicato ai paragrafi 2 o 3, si applica la legge di tale diverso paese».
Convenzione di Bruxelles
8. La convenzione di Bruxelles del 27 settembre 1968 concernente la competenza giurisdizionale e l'esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale (GU 1972, L 299, pag. 32), come modificata dalle convenzioni successive relative all'adesione dei nuovi Stati membri a tale convenzione (in prosieguo: la «convenzione di Bruxelles»), al suo articolo 5 prevede quanto segue:
«Il convenuto domiciliato nel territorio di uno Stato contraente può essere citato in un altro Stato contraente:
1) in materia contrattuale, davanti al giudice del luogo in cui l'obbligazione dedotta in giudizio è stata o deve essere eseguita; in materia di contratto individuale di lavoro, il luogo è quello in cui il lavoratore svolge abitualmente la propria attività; qualora il lavoratore non svolga abitualmente la propria attività in un solo paese, il datore di lavoro può essere citato dinanzi al giudice del luogo in cui è situato o era situato lo stabilimento presso il quale è stato assunto;
(...)».
Regolamento Bruxelles I
9. Il regolamento (CE) n. 44/2001 del Consiglio, del 22 dicembre 2000, concernente la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l'esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale (GU 2001, L 12, pag. 1), ha sostituito la Convenzione di Bruxelles.
10. L'articolo 19 di tale regolamento dispone quanto segue:
«Il datore di lavoro domiciliato nel territorio di uno Stato membro può essere convenuto:
1) davanti ai giudici dello Stato membro in cui è domiciliato o
2) in un altro Stato membro:
a) davanti al giudice del luogo in cui il lavoratore svolge abitualmente la propria attività o a quello dell'ultimo luogo in cui la svolgeva abitualmente, o
b) qualora il lavoratore non svolga o non abbia svolto abitualmente la propria attività in un solo paese, davanti al giudice del luogo in cui è o era situata la sede d'attività presso la quale è stato assunto».
Regolamento Bruxelles I bis
11. Il regolamento Bruxelles I è stato abrogato e sostituito dal regolamento (UE) n. 1215/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2012, concernente la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l'esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale (GU 2012, L 351, pag. 1; in prosieguo: il «regolamento Bruxelles I bis»). L'articolo 19 del regolamento Bruxelles I è divenuto l'articolo 21 del regolamento Bruxelles I bis.
Procedimento principale e questione pregiudiziale
12. Con un contratto di lavoro concluso il 15 ottobre 2002, ES è stato assunto come conducente dalla Locatrans, società di trasporti con sede in Bettembourg (Lussemburgo), con un orario di lavoro mensile pari a 166 ore. Tale contratto di lavoro stabiliva che la legge applicabile era quella lussemburghese e che i paesi principalmente interessati dai trasporti effettuati da ES erano la Germania, i paesi del Benelux, l'Italia, la Spagna, il Portogallo e l'Austria.
13. Con lettera del 14 gennaio 2014 la Locatrans ha informato ES della sua decisione di ridurre il numero delle sue ore di lavoro settimanale a 35 ore, per un totale di 151,55 ore mensili, a partire dal 16 luglio 2014. ES si è opposto a tale modifica.
14. Con lettera del 31 marzo 2014 la Locatrans ha informato ES che, a seguito dell'analisi della sua attività subordinata nei 18 mesi precedenti, aveva constatato che egli aveva svolto una parte sostanziale della medesima, vale a dire più del 50%, in Francia e che pertanto aveva l'obbligo di iscriverlo al sistema francese di sicurezza sociale.
15. Con lettera del 17 aprile 2014 la Locatrans ha confermato che ES beneficiava di una proposta di assunzione in una società francese e gli ha comunicato che egli non avrebbe più fatto parte dell'organico della Locatrans a partire dal 16 luglio 2014 a causa del suo rifiuto di accettare la riduzione del suo orario di lavoro.
16. L'8 gennaio 2015 ES ha proposto dinanzi al conseil de prud'hommes de Dijon (Tribunale del lavoro di Digione, Francia) un ricorso volto a contestare la risoluzione del suo contratto di lavoro e a ottenere il pagamento di diverse indennità.
17. Con sentenza del 4 aprile 2017 tale giudice ha respinto il ricorso di ES poiché all'esecuzione e alla risoluzione del suo contratto di lavoro era applicabile la legge lussemburghese, le dimissioni di ES erano chiare e inequivocabili e non c'era motivo di riqualificarle come risoluzione illegittima.
18. ES ha interposto appello avverso tale sentenza dinanzi alla cour d'appel de Dijon (Corte d'appello di Digione, Francia), la quale, con una sentenza del 2 maggio 2019, ha annullato la suddetta sentenza.
19. La cour d'appel de Dijon (Corte d'appello di Digione) ha rilevato che le parti del contratto di lavoro di cui trattasi avevano scelto di applicare al rapporto di lavoro il diritto lussemburghese, ma che, nella lettera del 31 marzo 2014 menzionata al punto 14 della presente sentenza, la Locatrans aveva riconosciuto che ES svolgeva la parte essenziale del suo lavoro in Francia, il che sarebbe stato confermato da ES. Tenuto conto dell'articolo 6 della Convenzione di Roma, tale giudice ha considerato che la scelta delle parti di applicare la legge lussemburghese non poteva avere come risultato quello di privare ES della protezione garantitagli dalle norme imperative della legge francese, in particolare quelle relative alla modifica e alla risoluzione del contratto di lavoro.
20. Di conseguenza, la cour d'appel de Dijon (Corte d'appello di Digione) ha riqualificato la risoluzione del contratto di lavoro di cui trattasi come licenziamento, ha constatato che tale licenziamento non era basato su una causa reale e seria e ha condannato la Locatrans a versare a ES diverse indennità.
21. La Locatrans ha impugnato tale sentenza dinanzi alla Cour de cassation (Corte di cassazione, Francia), giudice del rinvio.
22. Tale giudice ricorda che l'articolo 6 della Convenzione di Roma prevede, al paragrafo 1, che la scelta, ad opera delle parti, della legge applicabile al contratto di lavoro non può avere come risultato quello di privare il lavoratore delle garanzie previste dalle norme imperative della legge che sarebbe applicabile al contratto in mancanza di una simile scelta. Esso rileva inoltre che il paragrafo 2 di tale articolo 6 enuncia i criteri di collegamento del contratto di lavoro sulla base dei quali deve essere determinata la lex contractus in mancanza di scelta delle parti, e che il criterio previsto da detto articolo 6, paragrafo 2, lettera a), è quello del paese in cui il lavoratore «compie abitualmente il suo lavoro».
23. Il giudice del rinvio precisa inoltre che la Corte, nella sua sentenza del 15 marzo 2011, Koelzsch (C-29/10, EU:C:2011:151, punto 50), ha dichiarato che quest'ultima disposizione doveva essere interpretata nel senso che, nell'ipotesi in cui il lavoratore svolga le sue attività in più di uno Stato contraente, il paese in cui il lavoratore, in esecuzione del contratto, compie abitualmente il suo lavoro, ai sensi di detta disposizione, è quello in cui o a partire dal quale, tenuto conto di tutti gli elementi che caratterizzano detta attività, il lavoratore adempie la parte sostanziale delle sue obbligazioni nei confronti del suo datore di lavoro.
24. In tale sentenza la Corte avrebbe anche fatto riferimento alla sua giurisprudenza relativa all'interpretazione dei criteri previsti all'articolo 5, punto 1, della Convenzione di Bruxelles, il che dimostra, secondo il giudice del rinvio, l'intenzione della Corte di dare un'interpretazione univoca dei criteri di collegamento in materia di conflitto di competenza e di conflitto di leggi.
25. Orbene, per quanto riguarda tale articolo 5, punto 1, la Corte ha statuito, nella sua sentenza del 27 febbraio 2002, Weber (C‑37/00, EU:C:2002:122), che, nel caso di un contratto di lavoro in esecuzione del quale il lavoratore esercita le stesse attività per il suo datore di lavoro in più Stati contraenti, occorre, in linea di principio, tener conto di tutta la durata del rapporto di lavoro per determinare il luogo dove il lavoratore svolgeva abitualmente la sua attività, ai sensi della menzionata disposizione. Ciò premesso, si dovrebbe prendere in considerazione il periodo di lavoro più recente quando il lavoratore, dopo avere svolto il suo lavoro per un certo lasso di tempo in un determinato luogo, esercita la sua attività in maniera durevole in un luogo differente, allorché, secondo la chiara volontà delle parti, quest'ultimo luogo è destinato a divenire il nuovo luogo di lavoro abituale ai sensi del suddetto articolo 5, punto 1.
26. Tenuto conto di tale giurisprudenza, il giudice del rinvio si chiede se, nel caso di specie, al fine di determinare la legge che sarebbe applicabile in mancanza di una scelta delle parti, occorra tenere conto dell'intera durata del rapporto di lavoro per individuare il luogo in cui l'interessato compiva abitualmente il suo lavoro, ai sensi dell'articolo 6, paragrafo 2, lettera a), della Convenzione di Roma, o solo del periodo di lavoro più recente.
27. Secondo tale giudice, anche se il criterio dell'ultimo luogo in cui il lavoratore svolgeva abitualmente la sua attività è pertinente per determinare il giudice che il lavoratore può adire, in quanto tale criterio gli consente di intentare un'azione giudiziaria a spese inferiori, si pone il dubbio se un simile approccio debba essere seguito anche per determinare la legge applicabile in mancanza di scelta ad opera delle parti del contratto di lavoro, dal momento che, in particolare, un simile approccio porterebbe a sottoporre in successione lo stesso contratto di lavoro a leggi imperative diverse a seconda dei cambiamenti del luogo di lavoro del lavoratore.
28. In tali circostanze, la Cour de cassation (Corte di cassazione) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale:
«Se gli articoli 3 e 6 della [Convenzione di Roma] debbano essere interpretati nel senso che, nell'ipotesi in cui il lavoratore subordinato svolga le stesse attività a favore del suo datore di lavoro in più di uno Stato contraente, occorre, al fine di determinare la legge che sarebbe applicabile in assenza di una scelta delle parti, tenere conto dell'intera durata del rapporto di lavoro per determinare il luogo in cui l'interessato svolgeva abitualmente il suo lavoro, o se si debba prendere in considerazione il periodo di lavoro più recente nel caso in cui il lavoratore, dopo aver svolto il suo lavoro per un certo periodo in un determinato luogo, eserciti poi le sue attività in modo duraturo in un luogo diverso, destinato, secondo la chiara volontà delle parti, a divenire il nuovo luogo di lavoro abituale».
Sulla questione pregiudiziale
29. In via preliminare, occorre osservare che ES, senza eccepire esplicitamente l'irricevibilità della questione pregiudiziale, contesta la premessa di fatto su cui tale questione si fonda, facendo valere che, in realtà, il suo luogo di lavoro non è cambiato nel corso del suo rapporto di lavoro. Al contrario, egli si sarebbe trovato a dover esercitare la sua attività di trasporto in più luoghi, ma nell'ambito di un collegamento significativo con la Francia, e la Locatrans, in definitiva, non avrebbe fatto che confermare tale situazione di fatto al momento della risoluzione del suo contratto di lavoro. La questione sollevata non sarebbe quindi pertinente.
30. Al riguardo, occorre ricordare che, secondo una costante giurisprudenza, l'articolo 267 TFUE istituisce una procedura di cooperazione diretta tra la Corte e i giudici degli Stati membri. Nell'ambito di tale procedura, fondata su una netta separazione di funzioni tra i giudici nazionali e la Corte, qualsiasi valutazione dei fatti di causa rientra nella competenza del giudice nazionale, cui spetta valutare, alla luce delle particolarità del caso di specie, tanto la necessità di una pronuncia pregiudiziale per essere in grado di emettere la propria sentenza, quanto la rilevanza delle questioni che sottopone alla Corte, mentre quest'ultima è unicamente legittimata a pronunciarsi sull'interpretazione o sulla validità di un atto giuridico dell'Unione sulla scorta dei fatti che le vengono indicati dal giudice nazionale [v., in tal senso, sentenze del 16 marzo 1978, Oehlschläger, 104/77, EU:C:1978:69, punto 4, nonché del 4 ottobre 2024, Schrems (Comunicazione di dati al grande pubblico), C‑446/21, EU:C:2024:834, punto 42 e giurisprudenza citata].
31. Pertanto, occorre rispondere alla questione sollevata tenendo conto dei fatti sui quali essa si basa, quali esposti dal giudice del rinvio.
32. Con la sua questione, il giudice del rinvio chiede sostanzialmente se gli articoli 3 e 6 della Convenzione di Roma debbano essere interpretati nel senso che, qualora il lavoratore, dopo aver svolto il suo lavoro per un certo periodo in un determinato luogo, si trovi a dover svolgere le sue attività in un luogo diverso, destinato a divenire il nuovo luogo di lavoro abituale di tale lavoratore, occorre tener conto di quest'ultimo luogo nell'ambito della determinazione della legge che sarebbe applicabile in mancanza di scelta delle parti.
33. Al fine di rispondere a tale questione, occorre anzitutto ricordare che, conformemente alla regola generale contenuta nell'articolo 3 della Convenzione di Roma, il contratto è disciplinato dalla legge scelta dalle parti.
34. L'articolo 6 della Convenzione di Roma detta norme di conflitto speciali relative al contratto individuale di lavoro che derogano a tale regola generale, da un lato, nell'ambito del paragrafo 1 di tale articolo, limitando la libertà delle parti di scegliere la legge applicabile e, dall'altro, nell'ambito del paragrafo 2 di detto articolo, fissando i criteri di determinazione di quest'ultima in mancanza di simile scelta.
35. Pertanto, ai sensi del paragrafo 1 di tale articolo 6, nei contratti di lavoro, la scelta della legge applicabile ad opera delle parti conformemente all'articolo 3 della Convenzione di Roma non può avere il risultato di privare il lavoratore della protezione assicuratagli dalle norme imperative della legge che sarebbe applicabile, in mancanza di scelta, in forza del paragrafo 2 di detto articolo.
36. Quest'ultimo paragrafo enuncia i criteri di collegamento del contratto di lavoro in base ai quali deve essere determinata la lex contractus, in mancanza di scelta ad opera delle parti. Tuttavia, dal rinvio operato dal paragrafo 1 dell'articolo 6 della Convenzione di Roma al paragrafo 2 di tale articolo risulta che i criteri menzionati in quest'ultimo paragrafo sono pertinenti anche quando le parti hanno scelto la legge applicabile al contratto. Infatti, anche in tale ipotesi, detti criteri consentono, al fine di garantire al lavoratore, conformemente all'articolo 6, paragrafo 1, della Convenzione di Roma, la protezione assicuratagli dalle norme imperative della legge che sarebbe applicabile in forza di tali criteri, di determinare quale sia tale legge. L'applicazione di tali criteri può quindi condurre all'applicazione di una legge diversa da quella scelta dalle parti del contratto.
37. Tali criteri sono quello del paese in cui il lavoratore «compie abitualmente il suo lavoro», di cui all'articolo 6, paragrafo 2, lettera a), della Convenzione di Roma, e, in mancanza di un simile luogo, quello in cui si trova la «sede che ha proceduto ad assumere il lavoratore», quale previsto all'articolo 6, paragrafo 2, lettera b), di tale convenzione.
38. Inoltre, secondo l'ultima parte di frase di detto paragrafo 2, questi due criteri di collegamento non sono applicabili qualora risulti «dall'insieme delle circostanze che il contratto di lavoro presenta un collegamento più stretto con un altro paese. In questo caso si applica la legge di quest'altro paese».
39. Pertanto, quando è chiamato ad applicare l'articolo 6 della Convenzione di Roma, il giudice deve, in un primo tempo, procedere alla determinazione della legge applicabile sulla base dei criteri di collegamento specifici di cui al paragrafo 2, lettere a) e b), di tale articolo, che rispondono alla generale esigenza di prevedibilità della legge e quindi di certezza del diritto nelle relazioni contrattuali (sentenza del 12 settembre 2013, Schlecker, C‑64/12, EU:C:2013:551, punto 35 e giurisprudenza citata).
40. Per quanto concerne, al riguardo, la lettera a) del paragrafo 2 dell'articolo 6 della Convenzione di Roma, la Corte ha statuito che il criterio del paese in cui il lavoratore «compie abitualmente il suo lavoro», di cui a tale lettera, deve essere interpretato in senso ampio, mentre il criterio della sede che «ha proceduto ad assumere il lavoratore», di cui alla lettera b) del paragrafo 2 del medesimo articolo, dovrebbe trovare applicazione qualora il giudice adito non sia in condizione di individuare il paese di esecuzione abituale del lavoro (sentenze del 15 marzo 2011, Koelzsch, C‑29/10, EU:C:2011:151, punto 43, e del 15 dicembre 2011, Voogsgeerd, C‑384/10, EU:C:2011:842, punto 35).
41. Pertanto, nell'ipotesi di un lavoratore che svolge le sue attività in più di uno Stato contraente, il criterio di cui all'articolo 6, paragrafo 2, lettera a), può applicarsi anche quando per il giudice adito è possibile individuare lo Stato con il quale il lavoro presenta un collegamento significativo (sentenze del 15 marzo 2011, Koelzsch, C‑29/10, EU:C:2011:151, punto 44, e del 15 dicembre 2011, Voogsgeerd, C‑384/10, EU:C:2011:842, punto 36).
42. In un caso del genere, il criterio del paese del compimento abituale del lavoro deve essere inteso nel senso che si riferisce al luogo in cui o a partire dal quale il lavoratore esercita effettivamente le proprie attività professionali e, in mancanza di un tale centro di affari, al luogo in cui il medesimo svolge la maggior parte delle proprie attività (sentenze del 15 marzo 2011, Koelzsch, C‑29/10, EU:C:2011:151, punto 45, e del 15 dicembre 2011, Voogsgeerd, C‑384/10, EU:C:2011:842, punto 37).
43. Occorre tuttavia rilevare che le cause che hanno dato luogo alle sentenze del 15 marzo 2011, Koelzsch (C‑29/10, EU:C:2011:151), e del 15 dicembre 2011, Voogsgeerd (C‑384/10, EU:C:2011:842), riguardavano ciascuna un lavoratore che aveva svolto, durante tutto il suo rapporto di lavoro, le proprie attività in più di uno Stato contraente e per il quale il criterio di collegamento portava a determinare uno stesso luogo di lavoro abituale. Per contro, tenuto conto del contesto fattuale quale descritto dal giudice del rinvio, il procedimento principale riguarda la situazione di un lavoratore che esercitava anch'esso le sue attività in più Stati, ma per il quale il luogo di lavoro abituale si è spostato nel territorio di un altro Stato contraente nell'ultimo periodo di esecuzione del suo contratto di lavoro.
44. Per quanto riguarda una situazione come quella menzionata al punto precedente, occorre constatare che la formulazione dell'articolo 6, paragrafo 2, lettera a), della Convenzione di Roma non fornisce alcuna precisazione in merito al periodo del rapporto di lavoro da prendere in considerazione per determinare il paese in cui il lavoratore compie abitualmente il suo lavoro, ai sensi di tale disposizione. In mancanza di una simile precisazione, occorre quindi, ai fini di tale determinazione, tener conto del rapporto di lavoro nel suo insieme.
45. Orbene, qualora, nel corso del rapporto di lavoro nel suo insieme, sia intervenuto un cambiamento relativo al luogo di lavoro abituale, nessun paese, ai sensi dell'articolo 6, paragrafo 2, lettera a), della Convenzione di Roma, può essere individuato.
46. È in tale contesto che il giudice del rinvio chiede se il criterio del paese in cui il lavoratore «compie abitualmente il suo lavoro», ai sensi dell'articolo 6, paragrafo 2, lettera a), della Convenzione di Roma, possa essere interpretato in modo analogo al criterio del luogo «in cui il lavoratore svolge abitualmente la propria attività», di cui all'articolo 5, punto 1, della Convenzione di Bruxelles, come interpretato dalla Corte nella sua sentenza del 27 febbraio 2002, Weber (C‑37/00, EU:C:2002:122).
47. Il giudice del rinvio precisa che, a quest'ultimo riguardo, la Corte ha stabilito che, nel caso di un contratto di lavoro in esecuzione del quale il lavoratore esercita le stesse attività per il suo datore di lavoro in più Stati contraenti, occorre, in linea di principio, tener conto di tutta la durata del rapporto di lavoro per determinare il luogo dove il lavoratore svolgeva abitualmente la sua attività, ai sensi di tale articolo 5, punto 1 (sentenza del 27 febbraio 2002, Weber, C‑37/00, EU:C:2002:122, punto 58). Tuttavia, si dovrebbe prendere in considerazione il periodo di lavoro più recente quando il lavoratore, dopo avere svolto il suo lavoro per un certo lasso di tempo in un determinato luogo, esercita la sua attività in maniera durevole in un luogo differente, allorché, secondo la chiara volontà delle parti, quest'ultimo è destinato a diventare un nuovo luogo di lavoro abituale ai sensi dell'articolo 5, punto 1 (sentenza del 27 febbraio 2002, Weber, C‑37/00, EU:C:2002:122, punto 54).
48. A tal riguardo, è certamente vero che, al punto 33 della sua sentenza del 15 marzo 2011, Koelzsch (C‑29/10, EU:C:2011:151), la Corte ha fatto riferimento all'interpretazione dell'articolo 5, punto 1, della Convenzione di Bruxelles ai fini dell'interpretazione dell'articolo 6, paragrafo 2, della Convenzione di Roma.
49. Orbene, se certo è auspicabile che l'ambito di applicazione ratione materiae e le disposizioni della Convenzione di Roma siano coerenti con la convenzione di Bruxelles, non occorre interpretare tali disposizioni alla luce di quelle della Convenzione di Bruxelles (v., in tal senso, sentenza del 3 ottobre 2019, Petruchová, C‑208/18, EU:C:2019:825, punto 63 e giurisprudenza citata).
50. Infatti, la Convenzione di Roma e la Convenzione di Bruxelles perseguono obiettivi distinti. Mentre le disposizioni della Convenzione di Roma sono applicabili, ai sensi del suo articolo 1, paragrafo 1, nelle situazioni che comportano un conflitto di leggi, alle obbligazioni contrattuali, e ciò al fine di determinare il diritto sostanziale applicabile, la Convenzione di Bruxelles stabilisce norme che consentono di determinare il giudice competente a statuire su una controversia in materia civile e commerciale.
51. Pertanto, anche se, in materia di contratto individuale di lavoro, le due convenzioni dettano norme dirette alla protezione del lavoratore in quanto parte debole nel rapporto contrattuale, non è sempre possibile trasporre l'interpretazione delle disposizioni di una convenzione a quelle dell'altra.
52. In particolare, non è ipotizzabile interpretare il criterio del paese in cui il lavoratore «compie abitualmente il suo lavoro», ai sensi dell'articolo 6, paragrafo 2, lettera a), della Convenzione di Roma, in modo analogo all'interpretazione fornita dalla Corte nella sua sentenza del 27 febbraio 2002, Weber (C‑37/00, EU:C:2002:122), al criterio del luogo «in cui il lavoratore svolge abitualmente la propria attività», ai sensi dell'articolo 5, punto 1, della Convenzione di Bruxelles.
53. Occorre infatti rilevare che tale articolo 5, punto 1, è divenuto l'articolo 19 del regolamento Bruxelles I, poi l'articolo 21 del regolamento Bruxelles I bis, e che queste ultime disposizioni si riferiscono espressamente tanto al «luogo in cui il lavoratore svolge abitualmente la propria attività» e al «luogo in cui o da cui il lavoratore svolge abitualmente la propria attività» quanto all'«ultimo luogo in cui la svolgeva abitualmente» e all'«ultimo luogo in cui o da cui la svolgeva abitualmente». Per contro, l'articolo 6 della Convenzione di Roma è divenuto l'articolo 8 del regolamento Roma I, il quale non opera una simile distinzione poiché il legislatore dell'Unione si è astenuto dall'allineare tale disposizione a quella dell'articolo 19 del regolamento Bruxelles I.
54. Nei limiti in cui non è possibile determinare il paese in cui il lavoratore compie abitualmente il suo lavoro, ai sensi dell'articolo 6, paragrafo 2, lettera a), della Convenzione di Roma, occorre quindi fare riferimento al criterio della «sede che ha proceduto ad assumere il lavoratore», di cui all'articolo 6, paragrafo 2, lettera b), della Convenzione di Roma, che si trova, nel caso di specie, a Bettembourg.
55. Tuttavia, e conformemente all'articolo 6, paragrafo 2, ultima parte di frase, della Convenzione di Roma, qualora risulti dall'insieme delle circostanze che il contratto di lavoro presenta un collegamento più stretto con un altro paese rispetto a quello individuato sulla base dei criteri di collegamento di cui all'articolo 6, paragrafo 2, lettere a) e b), della Convenzione di Roma, spetta al giudice nazionale escludere tali criteri e applicare la legge di quest'altro paese (v. sentenza del 12 settembre 2013, Schlecker, C‑64/12, EU:C:2013:551, punto 36). Lo stesso vale quando le parti, come nel caso di specie, hanno scelto una legge nel contratto, se questa priva il lavoratore della protezione assicuratagli dalle disposizioni imperative di quest'altra legge.
56. A tal fine, il giudice nazionale deve valutare l'insieme degli elementi che caratterizzano il rapporto di lavoro ed esaminare quello o quelli che, a suo parere, risultano maggiormente significativi. Tra tali elementi vi sono, in particolare, il paese in cui il lavoratore versa le imposte e le tasse sui redditi della sua attività nonché quello in cui egli beneficia del sistema di previdenza sociale e dei vari regimi pensionistici, di assicurazione malattia e di invalidità. Il giudice nazionale deve anche tenere conto anche dell'insieme delle circostanze del procedimento, quali, segnatamente, i parametri presi in considerazione per stabilire la retribuzione e le altre condizioni di lavoro (v., in tal senso, sentenza del 12 settembre 2013, Schlecker, C‑64/12, EU:C:2013:551, punti 40 e 41).
57. Al riguardo, il luogo in cui il lavoratore ha svolto il suo lavoro durante l'ultimo periodo di esecuzione del suo contratto di lavoro, il quale è destinato a divenire un nuovo luogo di lavoro abituale, costituisce un elemento pertinente da prendere in considerazione nell'ambito dell'esame dell'insieme delle circostanze effettuato ai sensi dell'articolo 6, paragrafo 2, ultima parte di frase, della Convenzione di Roma.
58. Tale interpretazione dell'articolo 6, paragrafo 2, ultima parte di frase, della Convenzione di Roma è conforme agli obiettivi perseguiti da tale disposizione nonché da tale convenzione nel suo complesso.
59. Da un lato, poiché l'obiettivo dell'articolo 6 della Convenzione di Roma è assicurare una migliore protezione al lavoratore, tale disposizione deve garantire che sia applicata al contratto di lavoro la legge del paese con il quale tale contratto presenta il criterio di collegamento più stretto (sentenza del 12 settembre 2013, Schlecker, C‑64/12, EU:C:2013:551, punto 34).
60. Il fatto di prendere in considerazione, tra gli elementi pertinenti nell'ambito dell'esame dell'insieme delle circostanze effettuato ai sensi dell'articolo 6, paragrafo 2, ultima parte di frase, di tale convenzione, il luogo in cui il lavoratore ha compiuto il suo lavoro in modo duraturo durante l'ultimo periodo di esecuzione del suo contratto di lavoro, il quale è destinato a divenire un nuovo luogo di lavoro abituale, è conforme a tale obiettivo.
61. Dall'altro, l'obiettivo della Convenzione di Roma nel suo insieme è quello di aumentare il livello di certezza del diritto rafforzando la fiducia nella stabilità dei rapporti tra le parti del contratto, il che presuppone che il sistema di determinazione della legge applicabile sia chiaro e che quest'ultima sia prevedibile con un certo grado di certezza (v., in tal senso, sentenza del 6 ottobre 2009, ICF, C‑133/08, EU:C:2009:617, punto 44).
62. Al riguardo, occorre rilevare che l'applicazione del criterio di collegamento previsto all'articolo 6, paragrafo 2, ultima parte di frase, della Convenzione di Roma deve fondarsi, conformemente al requisito di certezza del diritto e di prevedibilità, su elementi oggettivi. Costituisce un simile elemento, che può essere oggetto di una constatazione oggettiva, la circostanza che il lavoratore, dopo aver svolto il suo lavoro per un certo periodo in un determinato luogo, eserciti le sue attività in modo duraturo in un luogo diverso, destinato a divenire un nuovo luogo di lavoro abituale.
63. Nel caso di specie, spetta quindi al giudice del rinvio determinare se, conformemente all'articolo 6, paragrafo 2, ultima parte di frase, della Convenzione di Roma, dall'insieme delle circostanze risulti che il contratto di lavoro di cui al procedimento principale presenta un collegamento più stretto con la Francia che con il Lussemburgo, la cui legge è stata scelta dalle parti come legge applicabile a tale contratto e nel cui territorio si trova la sede che ha assunto ES. Nell'ambito di tale esame, occorrerà tener conto di tutti gli elementi che caratterizzano il rapporto di lavoro, quali l'ultimo luogo di lavoro abituale di ES e l'obbligo di iscrizione alla previdenza sociale francese.
64. Tenuto conto di tutte le considerazioni che precedono, occorre rispondere alla questione sollevata dichiarando che gli articoli 3 e 6 della Convenzione di Roma, e in particolare l'ultima parte di frase dell'articolo 6, paragrafo 2, devono essere interpretati nel senso che, qualora il lavoratore, dopo aver svolto il suo lavoro per un certo periodo in un determinato luogo, si trovi a dover svolgere le sue attività in un luogo diverso, destinato a divenire il nuovo luogo di lavoro abituale di tale lavoratore, occorre tener conto di quest'ultimo luogo, nell'ambito dell'esame dell'insieme delle circostanze, al fine di determinare la legge che sarebbe applicabile in mancanza di scelta delle parti.
Sulle spese
65. Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.
P.Q.M.
la Corte (Prima Sezione) dichiara:
Gli articoli 3 e 6 della Convenzione sulla legge applicabile alle obbligazioni contrattuali, aperta alla firma a Roma il 19 giugno 1980, e in particolare l'ultima parte di frase dell'articolo 6, paragrafo 2, devono essere interpretati nel senso che, qualora il lavoratore, dopo aver svolto il suo lavoro per un certo periodo in un determinato luogo, si trovi a dover svolgere le sue attività in un luogo diverso, destinato a divenire il nuovo luogo di lavoro abituale di tale lavoratore, occorre tener conto di quest'ultimo luogo, nell'ambito dell'esame dell'insieme delle circostanze, al fine di determinare la legge che sarebbe applicabile in mancanza di scelta delle parti.